Praga: quadro astratto
Praga è una città da scorcio. È attraverso le porte e le finestre, che si riesce ad avere una percezione del mondo, di ciò che accade. Scendendo per le vie della periferia, tra le sale da gioco e i neon colorati che si accendevano e si spegnevano ad intermittenza, siamo entranti in un piccolo locale. Sobrio. Semplice. Ceco.
Mi sono seduta. Ho girato lo sguardo. Di fronte a me si aprivano le porte della cucina. Mattonelle bianche, sfumature d’azzurro e grigio. Grandi stufe e un cuoco stanco. Un cuoco che, da piccolo, avrebbe voluto fare altro. Nel suo sguardo non si leggeva certo la passione da chef, ma l’amarezza nauseante di trovarsi, ogni sera, di fronte ai medesimi abbinamenti, agli stessi colori. Sapori forti e intensi. Boemi. Sapori color verde peperone e giallo frittura. Retrogusto acido color dello yogurt. Cipolla. Cetriolo. Calma.
Si mangia presto a Praga, e si attendono tantissimo le portate. Chissà, forse è questione di precisione. L’arte sembra risiedere proprio in questo. Abbinare le forme e le sfumature. Creare vicinanze sensoriali tra gli ingredienti. Allietare l’occhio, con i profumi dei disegni, dipinti su ogni tavola. C’è creatività, e questo non si può negare. C’è fantasia nell’arredare i locali, nel tentativo di sorprendere. Nuovi materiali, nuove disposizioni, nuovo design. Rielaborazioni di ciò che già esiste. Collages. Quella sera, la parete che mi stava di fronte, sembrava un grosso mosaico di geometrie e di materiali. Quadri sparsi ovunque. D’ogni forma, senza senso. Creati banalmente, ma dal significato intrigante. Arte è immaginare che una cometa, quella che ha preso vita nella piccola cornice 30×30, possa avere una scia talmente scoppiettante, da bruciare il legno che tenta di imprigionarla. È questa la sua forza. Questo è osare e rischiare. Chi abita a Praga, corre veloce per la strada che oscilla sinuosa, corre mentre noi camminiamo. A me sarebbe piaciuto pedalare: guardarmi intorno con un leggero moto, una minima velocità di spostamento. Una brezza. Quella della Moldava, che fila via liscia, tagliando la città come se fosse una mela, due metà dello stesso frutto. Esercizio. Da una riva del fiume, osservate cosa accade di fronte a voi, sul lato opposto. Non vi sembra quasi che la corrente sfochi le case, le piante, i palazzi danzanti? Gli edifici sembrano andarsene. E tu li segui, di buon passo, perché dopotutto, Praga è una città a misura d’uomo.
Nonostante i palazzi siano slanciati, e tra i tanti tetti, primeggino soprattutto guglie, a Praga ti senti a tuo agio. Sarà la natura che, dolcemente, s’insinua tra gli edifici, rendondoli più leggeri e umani. Saranno i parchi delle colline circostanti, che incorniciano le nostre foto di foglie dai mille colori. Sarà il fiume. Saranno le sue isole. Verde, tanto verde. Prati e distese d’erba. Kampa. Vysehrad. Camminando a fianco dei binari, senti nel buio lo scorrere dell’acqua; sopra la tua testa, percepisci il luccichio delle stelle. Ecco cosa non si può dimenticare: Praga è una città che brilla di giorno e di notte, brilla d’estate e d’inverno.
Lo specchio del fiume, i bronzi delle statue, le guglie e i vetri delle case strette a perdifiato le une alle altre, si mescolano ai colori inebrianti della città moderna, che sfreccia tra le costruzioni e le colline.