Bangkok – nuova zelanda – sidney
Le tappe fondamentali del nostro viaggio saranno le seguenti : 2 giorni a BANGKOK, 8 giorni di fly & drive in NUOVA ZELANDA e per finire 2 giorni a SIDNEY.
La partenza è fissata per il 21 Dicembre.
Riesco a fuggire clamorosamente dal lavoro fingendo un malessere ma ecco che il destino si rivela subito avverso : incidente all’imbocco dell’autostrada . Riusciamo comunque ad arrivare in tempo e alle 18.45 ci imbarchiamo sul volo Alitalia con destinazione Roma.
A bordo il classico tristissimo snack: bicchiere d’acqua e sacchettino di noccioline.
A Roma inganniamo l’attesa al self service dell’aeroporto .Finalmente ci imbarchiamo. Il volo parte puntualissimo alle 23.35. L’aereo è un baraccone della Qantas piuttosto scadente ed anche il video per la proiezione dei films è unico per tutti. Che delusione ! Riusciamo a dormire e le 8 ore di volo passano in un baleno. Ci svegliamo giusto in tempo per gustare una discreta colazioncina a base di yogurt, frutta fresca e brioche. Ore 15.50 locali : siamo a BANGKOK (fuso orario rispetto all’Italia : + 6 ore).
Recuperati i bagagli troviamo ad attenderci il classico cino-giappo magro impiccato con camicia bianca, pantaloni blu e sorriso smagliante che ci conduce al taxi per il trasferimento all’Hotel Asia.
Durante il tragitto ci fornisce le solite informazioni generali e tiene ad informarci che ha studiato in Italia. Siamo sconvolti dal traffico caotico e dallo smog che costringe pedoni e motociclisti a portare sempre una mascherina protettiva davanti alla bocca.
L’albergo è davvero grandioso . Prenotiamo subito due escursioni per sfruttare al meglio la nostra breve permanenza. Il problema è farsi capire dalla semi troglodita seduta al banco della Gastaldi.
Alla fine riusciamo ad avere i biglietti per la visita guidata ai Budda ed al Palazzo Reale.
Ovviamente approfittiamo del te che ci viene offerto presentando il coupon dell’albergo e, tempo di depositare i bagagli in camera e siamo già pronti a scattare. Prima però dobbiamo mettere qualcosa sotto ai denti. Visitiamo i vari ristoranti dell’hotel Asia e alla fine optiamo per il mitico Tivoli che ci propone un magnifico buffet (lo rimpiangeremo spesso nel corso della vacanza, sia per la qualità del cibo che per la convenienza). Tra inchini e sorrisini vari dei camerieri ci facciamo una vera e propria scorpacciata di quanto proposto dai vari taglieri, zuppiere, teglie, pentole e tegamini, spaziando dal menu thailandese a quello internazionale. Non possiamo ovviamente fare a meno di assaggiare il famoso sushi giapponese.
Il problema è che i rotolini sono talmente piccoli che li ingoiamo quasi senza masticare e dobbiamo fare parecchi assaggi prima di riuscire a capirne veramente il gusto. Sazi del salato passiamo al dolce. Anche qui la scelta è davvero varia e passiamo dai budini (tanto per rimanere in tema) ai dolcetti di cocco che sono una vera squisitezza. Peccato sempre che siano troppo piccoli. Soddisfattissimi anche del prezzo (neppure Lit.20.000 a cranio).
Facciamo un giro nella zona dei centri commerciali che propongono pataccate allucinanti : miriadi di optionals per i cellulari, dalle covers più svariate alle antenne luminose, orologi di ogni tipo, occhiali, magliette e chi più ne ha più ne metta. Frastornati da questo caos riprendiamo la nostra passeggiata in direzione dell’Hard Rock Cafè.
Siamo fortemente impressionati dalla vitalità di questa metropoli : ovunque e a qualsiasi ora si possono trovare piccoli chioschi che offrono cibo locale come riso, spaghetti di soia in brodo o asciutti, pesce fritto o cotto al vapore e altre prelibatezze tipiche della cucina thailandese. I negozi ed i centri commerciali restano aperti fino a tardi tutte le sere per non parlare poi degli innumerevoli spettacolini per intrattenere i turisti ad ogni angolo di strada. Arrivati a destinazione, acquistiamo la solita t-shirt ed una caratteristica spilletta natalizia dopodiché, praticamente cotti, torniamo a piedi in albergo. Non è facile abituarsi al fuso orario (in Italia sarebbero le 16.30) ma ci proviamo ugualmente.
23 DICEMBRE 2001, DOMENICA Siamo riusciti a dormire qualche ora. Svegli, aspettiamo con ansia l’ora della colazione. Ci ritroviamo miticamente seduti al buon vecchio Tivoli circondati da camerieri sempre a mani giunte e dal solito ben di Dio : da uova e salsicce a yogurt, cereali, frutta, brioches, marmellate, panini, succhi di frutta, te e caffè a volontà.
Decidiamo di provare lo Sky Train, ovvero la modernissima sopraelevata (ovviamente costruita e probabilmente in parte anche sponsorizzata da italiani) approfittando del fatto che la fermata è proprio al secondo piano dell’albergo. L’acquisto dei biglietti si rivela semplicissimo grazie al veloce sistema creato da questi Tailandesi che ai nostri occhi sembrano sempre un po’ dei tontarelli ma che tra un inchino e l’altro sono più avanti di noi. Direzione iniziale : zona fiume. Sullo sky train accalappiamo subito il solito pazzoide di turno che non ci molla un secondo. Il fuso comincia a farsi sentire : a casa sono le 4 di notte e noi siamo completamente rinco. Tempo di scattare due foto ed eccoci di nuovo sulla monorotaia nella direzione opposta : Chatuchak Weekwnd Market.
Si tratta di un caratteristico mercato aperto al sabato e alla domenica dalle 8 alle 20. Ci addentriamo nel solito casino e all’inizio le merci esposte ci sembrano delle gran pataccate ma, osservando meglio, notiamo che alcuni banchi espongono articoli molto carini, soprattutto quelli che propongono accessori per la casa in legno scuro simile al tek.
Ci lanciamo nei primi acquisti ma decidiamo di non esagerare per salvare qualche soldino da spendere questa sera al famoso Patpong.
Acquistiamo nell’ordine : un blocchetto in carta di riso per gli appunti telefonici, uno zaino della North Sails per sole Lit.20.000, una borsina jeans a Lit. 5.000 . Vorremmo anche un orologio ma non troviamo quello di nostro gradimento.
Come due zombie facciamo ritorno all’hotel poiché alle 13 dobbiamo essere pronti per il Tour dei Templi : Wat Tramit che ospita il Budda d’oro, Wat Pho che ospita il Budda sdraiato o reclinato e Wat Benchamabophit, ovvero il tempio in marmo bianco di Carrara.
Giudizio complessivo sui “budini” : appena sufficiente, davvero niente di speciale. Ci riaccompagnano all’Hotel in autobus e il Nini ha sempre il testone ciondolante e il slabbrino in bellavista : forse avrà un po’ di sonnellino ? Non abbiamo ancora messo piede nella hall che già presentiamo al bar il coupon per avere il famoso cocktail di benvenuto. Doccia, due ore di meritato riposo ed eccoci come due missili al Tivoli. Anche stavolta non ci sfugge assolutamente nulla, compresi sushi, riso marrone squisito (chissà quali diavolerie contiene) e un maga pollo tagliato al momento che la Aui come sempre rincoglionita non nota in tempo reale. Per finire la solita abbuffata di dolcetti compreso uno slurposissimo gelato al cocco. E’ finalmente arrivato il momento di visitare il famoso Patpong. Abbiamo una mezza idea di andarci con i mitici Tuk-tuk, ovvero i famosi taxi locali con carrozzeria Ape ma è l’eccessivo smog a trattenerci, così optiamo ancora una volta per la monorotaia. Appena scendiamo prendiamo ovviamente la direzione sbagliata e ci ritroviamo nel bel mezzo di una enorme fiera di paese . Tra calci nelle gengive, pugni sui denti e inalazioni gratuite di ascelle pezzate raggiungiamo la nostra mitica meta. Il mercato in sé non è niente di eccezionale ma ciò che ci stupisce è la merce esposta. Siamo nell’autentica patria del tarocco ! Io addocchia subito un orologio Nike in una delle prime bancarelle che incontro. Entro in trattativa con la cino-giappa (qui funziona così) la quale pur di portare a casa due lire fa delle scenate di compassione allucinanti alle quali non posso rimanere insensibile. La morale è che l’orologio è nostro per poco più di Lit. 20.000 (in negozio costa tra le 200.000 e le 300.000 lire).
Proseguendo nel tour riusciamo a spendere tutti i bath che ci rimangono acquistando a prezzi stracciati una bellissima maglia Nike manica lunga ed un portafoto in carta di riso con elefanti in rilievo.
Volendo si potrebbero acquistare miriadi di altri tarocchi, dagli orologi ai telefonini, dai pantaloni alle magliette dalle svariate marche, dagli zainetti alle borse ai portafogli ovviamente tutti rigorosamente griffati. Forse è meglio darci un taglio.
24 DICEMBRE 2001, LUNEDI’ Sveglia di buonora. Stefano come al solito ha fatto i suoi sogni d’oro mentre io ho vegliato nervosa come un cane.Ovviamente quando suona la sveglia siamo nel bel mezzo del sonno ma dobbiamo prepararci per la visita guidata al Palazzo Reale.
Ultima colazione al mitico Tivoli .
Come al solito un taxi ci conduce allo Sheraton e qui ci vengono a recuperare con l’autobus Turismo Thai.
Guida e comitiva sono esattamente le stesse di ieri. Il Palazzo Reale merita veramente. Con tutte le piastrelle colorate messe a mosaico sembra quasi di essere al Luna Park. Di tanto in tanto abbiamo dei cedimenti e la guida, mossa a compassione, ci risparmia la visita programmata al bazar dove vige la legge “o compri qualcosa o da qui non esci”.
Ci riaccompagnano in hotel a mezzogiorno e siamo letteralmente a pezzi.Entriamo in catalessi per un paio d’ore e quando suona la sveglia è già ora di chiudere le valigie.
Nella hall ci attende un cino-giappo incaricato di condurci all’aeroporto. Il tipo è abbastanza pesante e lungo il tragitto non fa che raccontarci la rava e la fava di Bangkok. Di quello che dice non ce ne potrebbe fregare di meno e saremmo disposti a tutto pur di farlo tacere. Non c’è verso di tappargli la bocca fino a quando finalmente arriviamo in aeroporto. Ci mettiamo in coda per il check.In, dopodiché andiamo alla disperata ricerca di in panino. Sembra incredibile ma in tutto l’aeroporto non esiste un bar/ristorante salvo l’onnipresente KFC. Ci riduciamo a mangiare un tramezzino stantito con le sottilette ( e buono che è !) in piedi davanti ad un baracchino tristissimo con una cameriera completamente muta. Il volo parte poco dopo le 17.00.
L’aereo è di proprietà della British ed ogni sedile è dotato di un video autonomo. Peccato che per la bellezza di 10 ore continuano a proiettare gli stessi films. Il viaggio è interminabile anche perché non riusciamo a chiudere occhio.
25 DICEMBRE, MARTEDI’ Atterriamo a Sidney alle 6 del mattino ora locale (in Italia sono le 20 della sera prima). L’aeroporto è deserto e sembra costruito appositamente per noi. Siamo abbastanza eccitati , non ci sembra vero di essere così lontani da casa e soprattutto in un mondo così diverso. Scambiamo gli ultimi 100 bath che ci sono rimasti perché la fame comincia a farsi sentire e scopriamo che se a Bangkok con questa cifra acquistavamo un orologio, qui riusciamo a malapena a cavarci fuori un panino neppure troppo imbottito.
Che sproporzioni ! Attendiamo pazientemente di fiondarci sul volo per Auckland . Stavolta la compagnia è la Air Canada. Non fanno in tempo ad imbarcarci che siamo già nel mondo dei sogni. Ci svegliamo solo per mangiare ma forse era meglio continuare a dormire visto che i fagiolini passati al burro e guarniti con scaglie di cocco sono di una pesantezza ed indigeribilità indescrivibili.
Il volo dura circa 3 ore ed arriviamo ad Auckland alle 14 ora locale. In Italia sono le due di notte.
Ed ecco che ce ne capita una davvero bella. Infatti, mentre aspettiamo di recuperare i bagagli, io vengo letteralmente assalita dal cane dei NAS locali il quale ha fiutato odore di mela proveniente dallo zaino. Colta in flagrante, sotto tortura sono costretta ad ammettere di aver avuto nello zaino ben due mele verdi e di averle fortunatamente mangiate prima di atterrare in Nuova Zelanda. Non contenti della suddetta versione, mi fanno aprire la borsa davanti a tutti per mostrarne il contenuto commestibile : due panini ancora intatti ed uno mezzo rosicchiato fregati durante la colazione al Tivoli, qualche pacchetto di crackers e due barrette di Mars. Concentrati come erano sul cibo, probabilmente se avessimo avuto armi od esplosivi vari non se ne sarebbero neppure accorti.
Veniamo poi a sapere che la penale per chi importa mele in Nuova Zelanda è pari a $ 300. Roba da non credere ! Ancora mezzi sconvolti per lo scampato pericolo e per la conseguente figuraccia ci avviamo con il nostro carrellino agli sportelli della Budget. Incomincia una nuova avventura ! Tempo di stipulare il contratto, di pagare l’assicurazione e di interpretare l’inglese dell’impiegata ed ecco che entriamo in possesso delle chiavi della nostra auto a noleggio : una splendente Hyunday Lantra blu super accessoriata e profumata.
Il design lascia un po’ a desiderare ma quanto a optionals non esistono vetture al mondo in grado di competere.
Stefano si mette alla guida del bolide , ovviamente guida a destra. Direi che non se la cava niente male a parte la confusione tra frecce e tergicristalli.
Ci piazziamo dietro ad un furgoncino e preghiamo che ci guidi almeno sino alle porte della città. Per strada non incontriamo un’anima e senza particolari difficoltà raggiungiamo l’hotel .
Qui avviene il mio crollo totale, sia sul piano fisico che su quello psicologico, forse per colpa del fuso, forse per il caldo, forse per il mix fagiolini/scaglie di cocco. Per riprendermi ho bisogno di almeno mezz’ora di completo relax. Usciamo ad esplorare quasta città fantasma assolutamente diversa da quella che ci hanno fatto vedere in televisione ai tempi di Luna Rossa. Va bene che è il giorno di Natale ma non c’è mezzo locale aperto, neanche il Planet Hollywood che tra l’altro sembra quasi abbandonato (che sia forse fallito ?). Non ci resta che salire sulla SKY TOWER, ovviamente sino al livello più alto dal quale si gode una vista meravigliosa. Dopo un po’ ci cacciano anche da qui perché il piano è interamente occupato da un ristorante e si sta avvicinando l’ora di cena. Con il nostro bolide blu andiamo alla ricerca di un posticino strategico dal quale poter riprendere tutta la baia famosa per le sue vele. Il panorama è magnifico ma siamo talmente stanchi che non riusciamo neppure ad apprezzarlo come dovremmo. Sentiamo la necessità di mettere qualcosa sotto ai denti per tirare avanti (ormai siamo messi così) e l’unico ristorante aperto si trova nell’edificio che ospita anche la Sky Tower. Sarà la cena più schifosa ed oltretutto più cara di tutta la vacanza. Stefano (sempre il solito goloso!) ordina un “fish & chips” che gli viene servito su un pezzo di carta. Io invece voglio fare la fine ed ordino una “Greek salad” (a Auckland) e mi portano una zuppierina piena di olive nere amarissime e di pomodori lessi nella quale affiorano di tanto in tanto minuscoli pezzettini di un indescrivibile formaggio, ovviamente tutto senza condimento e senza pane.Rimpiangiamo tanto il nostro buon vecchio Tivoli e con il cuore spezzato raggiungiamo di nuovo il punto strategico per riprendere la baia con le luci della sera.
Notte parzialmente insonne : il fuso di 12 ore non è uno scherzo. Ne approfittiamo per leggere la guida e definire l’itinerario per il giorno seguente. Finalmente è mattina ! 26 DICEMBRE, MERCOLEDI’ Lasciato l’hotel ci troviamo alla disperata ricerca di un bar aperto per la colazione. Impareremo presto che in questo paese i locali aprono alle 10 del mattino e chiudono tassativamente alle 8 di sera.
Non ci rimane che bere una tazza di te allo Star 24, la famosa catena neozelandese aperta giorno e notte e dotata di tutti i generi di prima necessità o quasi : frutta, verdura, cioccolato, biscotti dolci e salati, yogurt, acqua , tramezzini, macchinetta per il caffè etc .
Grazie al mitico Star 24 tante volte siamo riusciti a fare colazione o addirittura a cenare.
Considerato l’andazzo, pensiamo bene di fare un po’ di scorta per il pranzo (acqua, panini, frutta e biscotti). Ci mettiamo in viaggio e presto raggiungiamo Waitomo , la località famosa per la grotta delle lucciole.
Dopo averci mostrato le classiche stalattiti e stalagmiti, ci fanno salire su una barchetta e ci conducono in questa meravigliosa grotta completamente buia il cui soffitto è costellato da innumerevoli lucciole.
E’ uno spettacolo veramente affascinante che non dimenticheremo facilmente.
Sembra di vivere nell’atmosfera magica di un presepe se non fosse per le due ragazzine Tahitiane sedute dietro di noi che continuano a chiamare la mamma dispersa su un’altra barca.
Vorremmo gettarle in acqua ma ci tratteniamo, è Natale e dobbiamo essere buoni.
Riprendiamo il viaggio in direzione Rotorua. Arriviamo nel primo pomeriggio e siamo accolti da un caldo soffocante e da un sole splendente.
Visitiamo subito la zona termale di WHAKAREWAREWA o WAKA, nella quale si trova il famoso gayser con almeno 7 getti tra cui spiccano il Prince of Wales ad il Pohitu.
Lo spettacolo non è male a parte l’acre odore di zolfo che dopo un po’ fa venire la nausea. Come al solito arriviamo al momento pomeridiano di cottura globale, pertanto cerchiamo l’albergo e ci riposiamo sino all’ora di cena. L’hotel è molto carino : la stanza è enorme ed è addirittura dotata di due bagni ma la cosa più bella sono gli accappatoi bianco candido che ci fanno quasi sembrare di essere a casa.
Usciamo per la cena ed andiamo alla ricerca di due locali segnalati dalla guida del Touring. Il primo dovrebbe essere ubicato in una meravigliosa serra con piante tropicali. Probabilmente le informazioni non sono del tutto esatte poiché ci troviamo di fronte ad una baracca con una scritta cinese dalla quale fuoriesce un potentissimo odore di fritto. L’altro ristorante segnalato, invece, è del tutto inesistente.
Perdiamo tempo a cercare questi locali e quando alle 21.07 entriamo da Valentine e le nostre papille gustative sono già in tilt nel vedere il ben di Dio che offre il buffet veniamo respinti perché il ristorante chiude alle 21, dunque chi c’è c’è e chi non c’è si arrangia. Affamati ed anche abbastanza infuriati ci fiondiamo nell’unico posticino aperto in tutta la città, il Fish Pot Cafè, domandandoci che fine hanno fatto tutti i turisti che oggi pomeriggio affollavano l’Information Centre. Ordiniamo pollo fritto, patatine e pesce fritto : di questo passo il colesterolo salirà alle stelle ! 27 DICEMBRE, GIOVEDI’ Ci svegliamo piuttosto presto perché anche oggi abbiamo parecchi chilometri da macinare e dopo aver fatto la scorta quotidiana in un supermercato locale ci mettiamo in viaggio in diresione di Wellington, la capitale.
Lungo il tragitto ci fermiamo a visitare le cascate di Huka ed il Taupo Bungee. Costeggiamo il lago Taupo ed arriviamo a Wellington nel primo pomeriggio. Cerchiamo subito l’albergo, depositiamo i bagagli e usciamo diretti verso il centro. La cittadina appare molto carina e molto viva, con una via pedonale piena di negozi , bar e ristoranti. Entriamo in un piccolo bar a prenderci un te e scopriamo che il cameriere ha vissuto per 7 anni in Italia, esattamente a Perugia e che il suo datore di lavoro era di Piacenza. Come è piccolo il mondo ! Purtroppo arriva il momento del crollo quotidiano e siamo costretti a rientrare in hotel per distendere le nostre membra provate dalla stanchezza e dal fuso orario.
Inizia a piovere a dirotto e siamo letteralmente fregati perché è praticamente impossibile mettere piede fuori dalla porta. Per fortuna c’è la nostra Hiunday Lantra blu fiammante che ci conduce da Nando’s, una sorta di Mc Donald’s del pollo. Insalata mista con pollo alla griglia e pollo con patate fritte saranno la nostra cena . Facciamo un giro di ispezione nel supermercato accanto all’albergo e visto che la pioggia torrenziale non concede una tregua, alle 8 di sera siamo già di ritorno nella nostra stanza peraltro neppure troppo accogliente.
28 DICEMBRE, VENERDI’ Ci alziamo all’alba e , visto che non ha ancora ricominciato a piovere, ne approfittiamo per scattare qualche foto in centro. Tra uno scatto e l’altro ci concediamo anche una buona colazione a base di te e muffins (ormai è un classico!) , dopodichè ci dirigiamo verso il porto. Qui dobbiamo abbandonare la mitica Hyunday Lantra blu e, imbarcati i bagagli, attendiamo pazientemente le 9.30, ora prevista per l’ imbarco passeggeri sul traghetto Interislander.
Inganniamo l’attesa osservando i nostri compagni di viaggio. Ne vediamo di ogni : disperati scalzi e tatuati seduti per terra a mangiare chissà quali zuppette energetiche, Maori che divorano panini giganteschi di primo mattino e persino una distinta signora texana un po’ alternativa che ha pensato bene di ingannare il tempo lavorando a maglia.
Il tragitto in barca da un’isola all’altra dura circa 3 ore . Il paesaggio è meraviglioso ed i colori limpidissimi.
Arrivati a Picton recuperiamo i bagagli dal nastro trasportatore (compreso il puzzone , lo zaino giallo ormai adibito solo al trasporto immondizia, ovvero panni sporchi), dopodichè raggiungiamo lo sportello della Budget per farci assegnare la nuova ammiraglia. Inizialmente ci propongono una Toyota Corolla blu ma, dopo varie peripezie per individuarla nel labirinto di parcheggi riservati alle auto a noleggio ci accorgiamo che non fa per noi perché ha il cambio automatico. Riusciamo a barattarla con una Ford Festiva argentata con un numero di optionals esattamente pari a zero.
Basta fare qualche esempio per capirci : manca la chiusura centralizzata e nel corso della vacanza rischieremo più volte di farci rubare tutti i nostri averi; non esistono gli alzacristalli elettrici e questo comporta un ulteriore dispendio di preziose energie ; quando si supera la velocità di 80 Km/h il motore produce un rumore talmente assordante che per riuscire a comunicare tra noi avremmo quasi bisogno dell’interfono (ovviamente di ascoltare la radio non se ne parla neppure).In compenso la Festiva è dotata di milioni di bip bip che scattano ad ogni minima dimenticanza : luci accese, chiavi nel cruscotto ecc.
All’alba delle ore 14 ci mettiamo in viaggio. Dobbiamo percorrere circa 500 kilometri per arrivare a Fox Glacier.
Lungo il tragitto siamo costantemente accompagnati da una pioggia torrenziale. Ci fermiamo solo a visitare Dolomite Point e appena ilo telefono dà segnali di vita proviamo a metterci in contatto con l’albergo per avvisarli che probabilmente arriveremo con un po’ di ritardo. Tanto per stare su di morale ci risponde una rincoglionita che addirittura dice di non trovare alcuna prenotazione a nostro nome. Fortunatamente ci passa il Direttore il quale ci assicura che è tutto a posto.
La pioggia scrosciante non ci abbandona un attimo. Stiamo per tutto il tempo con le dita incrociate perché se la Festiva cede è la fine : a chi possiamo chiedere aiuto in questo posto sperduto in mezzo al mondo dove le uniche forme di vita sono le innumerevoli piante di felce ? Siamo rabbiosamente affamati e alla prima locanda che troviamo inchiodiamo ma, ahimè, sono da poco passate le 9 di sera (orario off limits per i neozelandesi) e l’oste è in grado di offrirci solamente delle pinte di birra ma quanto a cibo non se ne parla nemmeno. Puntiamo dritti all’albergo (ovviamente hanno tutti nomi simili ed è impensabile trovare quello giusto al primo colpo) e andiamo a letto senza cena rimpiangendo il nostro Belpaese.
29 DICEMBRE, SABATO Appena svegli ci assale la tristezza perché il cielo è ancora completamente coperto e minaccia pioggia da un momento all’altro, inoltre il freddo è pungente. Vogliamo andarcene al più presto da questo posto ma prima abbiamo bisogno di un pieno di energia. Entriamo nell’unico bar aperto e facciamo colazione insieme alle guide Maori, ovvero dei veri e propri giganti della montagna o meglio dei ghiacciai.
Il breakfast merita veramente : torte dolci e salate, panini e muffins a volontà, yogurt e cereali, frutta, succhi, spremute, tè, caffè, latte etc etc.
Con la pancia finalmente piena e con l’ombrello a portata di mano visitiamo i ghiacciai Fox Glacier e Franz Josef (niente a che vedere con i nostri ghiacciai o con il Perito Moreno !). Io, la solita metereopatica/antipatica, comincio a dare i primi segni di cedimento e vorrei addirittura telefonare ad Alessandra per cambiare le varie mete della vacanza e spostarmi verso il sole ed il caldo. Stefano pazientemente cerca di farmi ragionare ma io come al solito sono testarda come un mulo e non voglio sentire storie.
Rassegnati ad avere la pioggia come compagna fissa di viaggio per tutto il resto della vacanza ci rimettiamo in marcia verso Queenstown.
Lungo il tragitto facciamo tappa a Depot Creek, a Thunder Creek, ad Haast Pass ed alle magnifiche Piscine Blu il cui unico accesso è costituito da un ponte di legno molleggiato in stile pionieristico. Il morale comincia ad alzarsi perché di tanto in tanto riusciamo ad intravedere squarci di cielo azzurro e talvolta anche qualche timido raggio di sole riesce a fare capolino.
Finalmente arriviamo al lago Wanaka e facciamo tappa nell’omonima cittadina che scopriamo essere veramente molto carina. Si tratta di una località estremamente turistica piena di negozietti sportivi, di locali e di gente giovane. Quando raggiungiamo Queenstown ovviamente piove ed abbiamo serie difficoltà a trovare l’hotel. Scopriamo poi che si tratta di un accoglientissimo residence in legno con vista sul lago. Quando usciamo per la cena ha smesso di piovere ed il lago ha dei colori meravigliosi. Ci lasciamo tentare da un ristorante italiano che ci propone una mega insalatona assolutamente scondita senza neppure servirci gli stuzzichini ed i dolcetti che vengono invece serviti a tutti gli altri clienti. Usciamo con la fame e facciamo appena in tempo (sono già le 22 e qui c’è il coprifuoco) ad ordinare una pizza vegetariana da Pizza Hut da mangiare in albergo.
Se continuaiamo a saltare i pranzi e le cene torneremo a casa invisibili ma in compenso avremo risparmiato tanto denaro da poterci permettere a breve un altro bel viaggetto.
30 DICEMBRE DOMENICA Stamattina ci svegliamo con tranquillità. La giornata si prospetta magnifica (almeno sul piano meteorologico). Colazione al Mc Cafè (ormai è un must) ed alle 9 siamo già sul molo ad informarci circa il Jet Boating. Il costo è di 69 dollari per la durata di circa un’ora, è un esperienza alla portata di tutti (così ci dicono) ed il primo tour inizia alle 10. Decidiamo di spararci i soliti 200/300 kilometri quotidiani sino a Te Anau, località niente di speciale in riva al lago e siamo di ritrono per le 15, giusto in tempo per prepararci psicologicamente a questa emozionante avventura.
Ci attrezzano con il giubbotto salvagente, foto di rito, individuale e di grupp, e ci fanno salire in dieci sul gommone giallo.
Il pilota si diverte a fare il bullo (ancora prima di partire !) e finalmente si incomincia : piroette a non finire, peli agli alberi ed alle rocce, cambi di velocità improvvisi, saltelli e via dicendo. Siamo completamente inzuppati ma fortunatamente al giornata è magnifica e asciugarsi non è un problema.
La “tortura” dura circa un’oretta e per finire ci fanno vsitare una stanzetta sottomarina dai cui oblò si possono vedere pesci enormi e bellissimi.
E qui ovviamente sta anche la fregatura in quanto per 20 dollari ci propongono la nostra foto formato poster da incorniciare e formato cartolina da sepdire. Ovviamente abbocchiamo.
Ci guardiamo in faccia e ci spaventiamo : colorito pallido/slavato, capelli a istrice, occhi pallati, pupille dilatate e stomaco in totale subbuglio.
Forse è il caso di tornare in hotel per cercare di riprenderci dall’effetto post jet boating.
Sera : grande cena cinese. Ci fiondiamo in un centro commerciale e, da veri esperti, scendiamo nel seminterrato, ovvero nel paradiso del take away. C’è di ogni : pasta, pizza, insalate, cibo turco, messicano, giapponese, cinese etc. Riusciamo a cenare divinamente con sole Lit 5.000 a cranio (spaghetti di soia e maiale in agrodolce). All’interno del centro commerciale scopriamo un negozietto carinissimo che realizza in tempo reale braccialetti e collanine con la tecnica del macramè. Stefano non riesce a resistere e ordina un bellissimo braccialetto color corda con perline colorate.
Io come al solito sono indecisa ma intorta la padrona del negozio per farmi spiegare la tecnica utilizzata. Per finire la serata, visto che a Queenstown come in Norvegia il sole non tramonta mai, scattiamo qualche foto ai giardini ed al molo, dopodichè ci concediamo un dolcetto al Mc Cafè. Il tutto rigorosamente prima del coprifuoco delle 10 di sera. 31 DICEMBRE LUNEDI’ Partiamo di buonora per Dunedin non prima di aver fatto colazione al Mc Cafè. Abbiamo deciso di prenderla un po’ alla lunga e di passare per Invercargill, la località più meridionale della Nuova Zelanda. La punta estrema dove finisce la strada si chiama Bluff e non possiamo non fotografare il mitico cartello con tutte le distanze chilometriche.
Arriviamo a Dunedin nel primo pomeriggio, Stefano crolla esanime per un paio d’ore sul letto dell’hotel, dopodichè usciamo a visitare la cittadina . Che immensa delusione ! L’unica costruzione degna di nota è la famosa stazione che la guida dice essere la più fotografata al mondo. Fa un freddo pazzesco ed il cielo minaccia pioggia da un momento all’altro. I negozi sono chiusi ed anche molti locali lo sono visto che nell’ultimo giorno dell’anno è vietato vendere alcolici dopo una certa ora del pomeriggio. Visto l’andazzo pensiamo bene di entrare nel primo super che troviamo per evitare di saltare l’ennesima cena.
Quando torniamo a recuperare la nostra affezionatissima Festiva ecco che troviamo una sorpresa. L’avevamo lasciata in buona compagnia ed pra eccola tutta sola soletta e circondata da alcuni strani birilli.
Un ragazzotto del posto probabilmente già mezzo alticcio blatera barbaramente qualcosa di assolutamente incomprensibile e ci fa degli strani gesti.
Ce ne andiamo al più presto e le ruote cominciano a fare uno strano rumore.
Ecco che ci assale il panico : e se ci avessero bloccato le ruote perché non potevamo parcheggiare in quel posto ? A chi dovremmo rivolgerci in questa città fantasma ? Nonostante qualche strano rumore la Festiva procede che è un piacere e ci conduce almeno sino all’albergo. Rimarremo per sempre con la curiosità di sapere quale sabotaggio è stato fatto alla Festiva in nostra assenza.
Ci organizziamo per il nostro intimissimo cenone di Capodanno a base di pane, prosciutto affumicato, brie, cheedar, hot pies e dolcetti alla mela. Finalmente una cenetta decente come piace a noi. Costo totale Lit. 20.000 (da notare che abbiamo riserve in abbondanza da destinare al pranzo del giorno successivo). Che miti che siamo ! Verso le 21.30 usciamo a fare un giro ma incontriamo solamente ubriaconi di ogni età, così entriamo a farci un te allo Star 24, l’unico locale di Dunedin rimasto aperto. Ci assale un po’ di nostalgia soprattutto se pensiamo che siamo così lontani dalla nostra amata casina. Riusciamo a rimanere svegli sino a mezzanotte giusto per festeggiare l’anno nuovo.
1 GENNAIO MARTEDI’ Sveglia di buonora. Solito te al Mc Cafè e via che si parte subito per la Penisola dell’Otago, sessanta chilometri di inciviltà e di paesaggio abbastanza insignificante. Arriviamo sino alla punta estrema. Scendiamo per scattare almeno una foto al faro e quasi congeliamo. Nel ritrono ci fermiamo a visitare il castello di Larnack, niente di speciale, e riprendiamo il nostro cammino verso Cristhurch. L’albergo è meraviglioso. Si tratta di una specie di castello in legno immerso in un parco, molto rilassante ed accogliente.
Tempo di depositare i bagagli ed ecco che scheggiamo in centro a depositare per sempre la mitica Festiva. Il Nini è molto felice perché è a livello ma sotto sotto qualche lacrimuccia gli scappa al pensiero di doverle dire definitivamente addio. Cristchurch è famosa per i Cable Car e prima cosa che facciamo è prenderne uno e fare il giro della città su questo caratteristico mezzo di trasporto.
Torniamo in albergo a riposarci e ci prepariamo per la cena. Approfittiamo del passaggio che gentilmente ci viene offerto dalla navetta dell’hotel. Ceniamo in un ristorante francese e non spendiamo neppure un’esagerazione. Facciamo un breve giro a piedi intorno al centro dopodichè decidiamo di rientrare in albergo. Purtroppo non possiamo più tagliare attraverso il parco perché dopo le 21 è rigorosamente chiuso e siamo costretti a costeggiarlo. Nonostante il nostro passo, impieghiamo più di un’ora per raggiungere l’albergo tanto che in alcuni momenti ci assale persino il dubbio di esserci persi.
2 GENNAIO MERCOLEDI’ Ci svegliamo e tempo 10 minuti inizia a piovere a dirotto.
Siamo costretti a prendere un taxi fino al centro e ci viene a costare ben 10 dollari. Cerchiamo un bar decente dove fare colazione ma l’impresa si rivela ardua dal momento che fino alle 10 del mattino tutta questa gente non esce di casa. Torniamo nella via dove abbiamo cenato ieri sera e troviamo un localino veramente molto accogliente.
Finalmente una teiera come si deve, zollette di zucchero bianco che dolcifica e brioches trooooppo buone ! Aspettiamo che smetta di piovere dopodichè saliamo sul Cable Car (i biglietti sono validi 2 giorni) diretti in cetro. Dopo aver scattato qualche foto facciamo ritrono all’albergo.
Ci riposiamo un’oretta, dopodichè ci prepariamo per andare all’aeroporto. Il volo per Sidney dura tre ore ma sembra interminabile. L’atterraggio poi è allucinante causa il fortissimo vento. Comunque finalmente a Sidney.
Io ancora una volta rischio larresto per i vasetti di miele e le barrette di cioccolato che tengo nello zaino. L’albergo è abbastanza in centro e in men che non si dica ci troviamo già sulla mitica monorotaia in direzione dell’Hard Rock Cafè. Acquistiamo maglietta, cappellino e due spilline e il ragazzo ce ne regala una terza. Ceniamo in un ristorante italiano : Octopus Salad e Caesar Chicken Salad.
3 GENNAIO GIOVEDI’ Ci svegliamo presto come al solito. Abbiamo praticamente solo oggi per visitare Sidney come si deve. Tanto per cominciare urge al più presto una buona ed abbondante colazione. Proprio appena fuori dall’hotel c’è una piccola degustazione con tavolini all’aperto che ci propone pane tostato con burro e marmellata. Riprendiamo la monorotaia e ci proponiamo di vedere almeno le cose più importanti. La giornata è splendida e fa parecchio caldo. Sotto a questo magnifico cielo azzurro Sidney si presenta ai nostri occhi come una città davvero meravigliosa costruita a misura d’uomo. Basti pensare che gli stessi abitanti la definiscono il luogo più bello del mondo. E’ la classica città cosmopolita nella quale regna il grande benessere economico. Si estende per 4000 kmq intorno alla baia ed è uno dei più importanti punti di arrivo e di partenza per iniziare e terminare il viaggio in Australia.
Numerosi ed effeicientissimi sono i mezzi di trasporto urbano e noi in particolare abbiamo sfruttato la comodissima monorotaia costruita in occasione delle Olimpiadi. La monorotaia, detta anche “mostrorotaia”, ha un affascinante percorso circolare che collega Darling Harbour alla City.
Nonostante il tempo a nostra disposizione sia piuttosto stringato, riusciamo comunque a vedere i punti più importanti. , raggiungendoli in parte con la monorotaia e in parte a piedi.
La prima tappa è l’Opera House, ovvero il simbolo della città,. Si tratta di una modernissima struttura costituita da vele in cemento armato ricoperte da tessere di ceramica bianca. Le vele sembrano incastrate le une con le altre e gonfiate dal vento. Successivamente raggiungiamo Prymont Bridge, il primo ponte mobile del mondo azionato elettricamente. Oggi è un passaggio pedonale che unisce le due sponde della Cocklee Bay.
Non possiamo ovviamente non provare l’emozione di prendere il taxi acquatico per fare il giro della baia. La stazione marittima di partenza è Circular Quay e da qui partono tutti i traghetti che attraversano la baia.
Ciò che comunque mai dimenticheremo di Sidney sarà sicuramente l’atmosfera di Darling Harbour. E’ il centro commerciale e ricreativo inaugurato nel 1988 in occasione del bicentenario del paese. Un tempo era esclusivamente un porto di traffici marittimi. Oggi è stato completamente ristrutturato diventando il cuore commerciale e turistico della città con negozi, centri commerciali, ristoranti e locali di ogni genere.Qui ogni sera si tengono spettacoli di artisti di strada e manifestazioni per attrarre i numerosi turisti. Siamo letteralmente affascinati da questo posto e ovviamente vi torneremo anche la sera per cenare nell’immensa “food court” in un take away cinese.
4 GENNAIO 2003, Purtroppo è arrivato anche l’ultimo giorno e la nostra vacanza volge al termine.Alle 16.30 abbiamo il primo volo per Singapore dove faremo scalo e ci imbarcheremo poi per Parigi. Infine da Parigi raggiungeremo l’Italia. Sarà un viaggio di ritrono davvero interminabile, almeno per me perché non riuscirò quasi mai a chiudere occhio . Ci pentiremo spesso per non aver fatto tappa almeno un giorno a Singapore ma il tempo a nostra disposizione era già stringatissimo ed era quasi matematicamente impossibile riuscire ad incastrare un’ altra tappa.