Avventura, imprevisti, incantesimi
Luca e Roberta sono già arrivati. Il tempo di ricontrollare tutti i documenti, fare il check-in, spedire le valige ed il nostro viaggio ha inizio con il saluto a tutti coloro che ci hanno accompagnato: Anna, Giorgio e Marzia.
Primo imprevisto: Luca ha con se un coltello che ovviamente viene bloccato al controllo: deve spedirlo come bagaglio: il volo Iberia per Madrid è già stato chiamato: manchiamo solamente noi all’appello. Finalmente Luca arriva e possiamo imbarcarci.
Il volo è tranquillo: arriviamo a Madrid e come da programma, veniamo accompagnati all’Hotel Colon per la notte.
Ultima notte europea…Poi chissà !!! 12 Agosto 2000 Alle 10,30 lasciamo l’Hotel Colon per l’aeroporto: spediamo gli ingombranti bagagli e attendiamo il nostro volo, previsto per le 12,00.
Iberia annuncia la partenza del volo per Caracas: ci imbarchiamo sul DC10 della Compagnia Spagnola che ci porterà fino in Sud America con un tranquillissimo volo di circa 10 ore.
Dall’oblò ecco spuntare la costa venezuelana…Le favelas…Siamo in Sud America !! Alle 15,30 circa atterriamo all’aeroporto Internazione Simon Bolivar di Caracas: l’impressione è di uno scalo piccolo rispetto a quanto ci si possa immaginare: ci sono pochi aerei e l’aerostazione non è grandissima…Strano..!! Attendiamo i nostri bagagli ,che ritiriamo da li a poco, e ci affrettiamo a compiere le formalità doganali per l’ingresso nel Paese.
Ci troviamo quasi subito circondati da una moltitudine di persone che ci propongono taxi,cambi, viaggi,escursioni, insomma un vero fastidio anche perché non è facile svincolarsi da questi personaggi che spesso sono insistenti e non cedono ai nostri rifiuti.
Ci rivolgiamo alla Herz per informarci sul noleggio di un’autovettura: prima “sparata” di prezzo: un milione di Lire per 5 giorni…Ci sembra davvero eccessivo e così decidiamo di andare al Terminal delle partenze nazionali per informarci circa un volo per Puerto La Cruz: purtroppo è tardi, l’ultimo volo della giornata sta completando le operazioni di imbarco e comunque non ci sarebbe stato posto: a questo punto chiediamo per un Volo su Cumanà: c’è posto e compriamo i biglietti ( 70 Dollari per persona): le operazioni di emissione dei biglietti e check-in sono effettuate manualmente e molto lentamente. Terminiamo e ci imbarchiamo quasi subito: sono ormai le 17,30.
Saliamo a bordo di un piccolo e scassatissimo aereo di una compagnia interna e decolliamo alla volta di Cumanà, nello Stato del Sucre dove arriveremo dopo 1 ora e mezza di volo.
Il cielo è temporalesco e il piccolo bielica ha qualche scossone: sorvoliamo le Isole del Parque National Mochima, che sarà la nostra prima meta. Da li a poco cominciano le operazioni di atterraggio: favelas, terra rossa per le strade e pozzanghere la prima sconcertante impressione…E dire che Cumanà è, insieme a Puerto La Cruz, punto di partenza per il Parque Mochima, uno dei più belli della costa Nord.
Scendiamo dal piccolo aereo ed entriamo nella minuscola e calda aerostazione per ritirare i nostri bagagli che, fortunatamente, arrivano senza problemi: siamo gli unici turisti…Ci sentiamo forse un po’ disorientati, ma non lo diciamo. Decidiamo di telefonare per prenotare un alloggio o un albergo: purtroppo nessuno vende targhe telefoniche e quindi vado insieme a Roberta, all’Ufficio della Budget a chiedere di poter fare una telefonata: gentilmente Amarylis, questo il nome della signorina che poi rincontreremo, ci suggerisce la Posada Bubulina’s nel centro di Cumanà: c’è posto e prenotiamo. Prendiamo un taxi che in poco ci porta alla Posada: ad accoglierci Josè Romero che ci accompagna nelle nostre camere: Bubulina’s è una Posada in un edificio coloniale recentemente ristrutturato con il tradizionale patio nel quale si aprono le porte delle camere: fa caldissimo e fortunatamente c’è il condizionatore che però è molto rumoroso e quindi impossibile da tenere acceso durante la notte.
Una rapida doccia e via alla scoperta della Capitale dello Stato del Sucre: sono quasi le 21,00 e abbiamo un po’ fame: decidiamo di cenare in un piccolo ristorante all’aperto nel Parco Ayacucho vicino al Rio Manzanares; nonostante l’ora tarda fa ancora molto caldo e l’atmosfera della città ed i volti delle persone non sono certo raccomandabili né rassicuranti.
Siamo sfiniti..Andiamo a letto.
13 Agosto 2000 Ci svegliamo abbastanza presto, facciamo colazione e cerchiamo di contattare qualcuno per noleggiare un’autovettura: purtroppo è domenica ed in Venezuela nessuno lavora.
Decidiamo, dopo diversi tentativi, di telefonare ad Amarylis, la cortese signorina della Budget: la macchina c’è. Josè Romero ci accompagna all’aeroporto (questo servizio avrà un prezzo) e contrattiamo per il noleggio della splendida Ford Festiva azzurra, che sarà nostra per i successivi quattro giorni.
Partiamo quindi alla volta di Puerto Mochima, uno dei punti di imbarco per le spiagge del Parque National Mochima: il caldo è quasi insopportabile e, dopo aver percorso diverse decine di chilometri lungo una polverosa e dissestata strada, finalmente ci imbarchiamo su una delle barche che accompagnano i turisti nelle diverse destinazioni; Puerto Mochima è un paesino che si sviluppa lunga un’unica strada in parte asfaltata, case di legno basse con lunghi porticati, qualche negozio, un paio di bar: di fronte uno scenario costituito da alte e verdissime montagne che si gettano nel mare formando una costa molto particolare simile ai Fiordi.
La nostra meta è Playa Blanca, forse la più bella; la domenica è sconsigliabile perché le spiagge sono affollatissime di venezuelani: attraversiamo in barca un tratto di mare molto particolare, ricchissimo di vegetazione alta e mangrovie: l’acqua è molto bella ed anche Playa Blanca non è assolutamente male. Cerchiamo subito un posto sulla spiaggia: primo bagno venezuelano in un’acqua cristallina, calda e tranquilla.
Pranziamo in un capanno in riva al mare a base di pesce, arepas e ananas: il paesaggio è stupendo ed il cibo è molto buono. Ci rilassiamo un po’ all’ombra e poi ancora in acqua, mentre si sta preparando a piovere: prendiamo il primo violento acquazzone tropicale che cesserà soltanto dopo il nostro arrivo a Puerto Mochima: sbarchiamo praticamente fradici e ci dirigiamo alla macchina.
Rientriamo a Cumanà e percorriamo una strada flagellata da buche profonde come voragini: sobbalziamo spessissimo e prometto di fare più attenzione per i giorni successivi.
Piccola riunione nel patio del Bubulina’s e, di comune accordo, decidiamo che questa sarà l’ultima sera a Cumanà: si parte per Puerto la Cruz nello Stato di Anzoátegui.
Mentre mettiamo a punto i dettagli per la partenza , ci avvisano che la nostra macchina, parcheggiata davanti alla Posada, ha appena subito un tentativo di scasso…Ci consigliano il garage…
Una volta messa al sicuro l’auto, ci incamminiamo per il centro di Cumanà alla ricerca di un posticino per cenare; ci sentiamo costantemente osservati…Non vediamo turisti in giro…Solamente una moltitudine di gente che mangia e beve ai bordi delle strade. Decidiamo di rientrare dopo aver assistito all’ennesimo lancio di sassi fra persone probabilmente ubriache.
14 Agosto 2000 Lasciamo Cumanà di buon’ora alla volta di Puerto La Cruz fermandoci spesso lungo il percorso. Scorgiamo da lontano la famosa Playa Colorada con le sue altissime palme da cocco e la sabbia rossa: davvero suggestiva.
Rimarremo quasi tutta la mattina a Playa Colorada in assoluto relax (ma non troppo…La macchina è carica di tutti i nostri bagagli e non ci fidiamo molto) fra bagni di sole, nuotate e passeggiate lungo la battigia. Di fronte a Playa Colorada uno dei gruppi di Isole del Parque National Mochima: Le Piscine: desidereremmo molto andarci ma veniamo trattenuti dal fatto che abbiamo la macchina carica e data l’esperienza del giorno precedente, preferiamo rinunciare…Pazienza.
Dopo un gustoso cocco decidiamo di rimetterci in cammino verso Puerto La Cruz, che dista poco meno di un’ora di macchina. Percorriamo ancora la strada costiera che ci regala fantastici paesaggi: spesso ci fermiamo a scattare qualche foto: da lontano ecco spuntare Puerto La Cruz ed il cementificio…Che brutta impressione, neppure la guida riporta questo scempio.
Entriamo in Puerto La Cruz, descritta dalla guida come una bella cittadina, turistica con il suo Paseo Colon pieno di ristorantini, locali e punti di ritrovo: troviamo invece una città bruttissima, sporca, caotica e per niente ospitale.
Ci dirigiamo verso Barcellona, al di la del promontorio, attraversando quindi tutto il paseo Colon, per cercare il complesso turistico Il Moro…Ma è troppo lontano e non ci conviene decentrare troppo la nostra posizione.
Ci fermiamo affamati da Mc.Donald’s, a Plaza Major, nuovo complesso turistico americaneggiante di Puerto La Cruz: il caldo è insopportabile e l’aria è pesante…Non si respira: dopo mangiato decidiamo di cercare un albergo per la notte ma…La macchina non parte !! Cerchiamo immediatamente di contattare telefonicamente la Budget di Puerto La Cruz: dopo moltissimi tentativi finalmente riusciamo a parlare con un responsabile che ci conferma l’arrivo, da li a poco, di un meccanico: guardiano della macchina è Luca, io e Roberta i telefonisti che facciamo la spola dai telefoni pubblici di Plaza Major alla macchina, per informare Luca circa gli sviluppi e le novità della situazione: Luca è un po’ sconsolato…Cerchiamo nostro malgrado di tenere alto il morale…È dura.
Arriva finalmente il meccanico che a fatica riesce a sistemarci la macchina, smontando alcuni pezzi dalla sua…
Roberta ed io siamo intanto a Plaza Major a cercare un’agenzia che possa fornirci qualche informazione: ne troviamo una ed esponiamo il nostro programma: le risposte ci saranno solamente il giorno successivo. Ritorniamo alla macchina spieghiamo tutto a Luca, che oramai ci aveva dato per dispersi, e decidiamo di alloggiare all’Hotel Hesperia Puerto La Cruz, un cinque stelle, il migliore della città. Ci rilassiamo e andiamo a cena…Karaoke ovunque…Che fastidio…L’impressione non è certo buona.
15 Agosto 2000 Grandissima prima colazione all’Hesperia…E approvvigionamento per il pranzo.
Il programma della giornata è la visita ad una delle Isole del Parque Mochima: scegliamo Isla el Faro.
Prima di partire in barca per l’sola, io e Luca andiamo a cambiare dei soldi all’Italcambio, nel Paseo Colon.
Sbrigate le pratiche valutarie entriamo da Ma.Ci.Te. Un’agenzia viaggi vicino all’Italcambio.
Parliamo con Tony, guida della Gran Sabana, che ci illustra diversi itinerari ed i suoi racconti ci rianimano. Ci accordiamo di ritornare nel pomeriggio.Partiamo quindi alla volta dell’Isla el faro: bellissima quanto stranissima isola del caribe venezuelano. Cactus, iguane, rapaci e acque calme e cristalline. La giornata trascorre in assoluto relax, fra stupendi bagni e passeggiate alla scoperta dell’altra parte dell’Isola, quella aperta all’oceano…Molto buoni i panini dell’Hesperia…Ma ancora più buona l’idea di averli preparati…Dopo il solito piovasco pomeridiano, rientriamo a Puerto La Cruz e ci precipitiamo, in macchina, all’agenzia dove incontriamo Tomaso, un italiano che lavora in Venezuela da diversi anni. Decidiamo dopo tantissime domande ed informazioni il nostro tour: Canaima, il Delta dell’Orinoco e Los Roques…Che prezzi !! L’avventura comincia: partiremo il giorno dopo, senza indugi ed altre perdite di tempo.
Il nostro morale, a parte i soldi appena spesi, sembra alto ed abbiamo voglia di andare.
Ceneremo al ristorante spagnolo dell’Hesperia: spenderemo molto e mangeremo male.
Prepariamo i nostri zaini: staremo fuori 8 giorni e non possiamo viaggiare con le valige…Siamo contenti, tanto che decidiamo di comprarci una borsa supplementare e qualche repellente locale per la foresta.
16 Agosto 2000 Dopo una ricca colazione all’Hesperia, telefoniamo in Italia…Per i successivi giorni non potremo avere alcun contatto.
Restituiamo la macchina alla Budget, vicino all’Hesperia, e trattiamo a fatica il risarcimento per l’inconveniente accaduto…Dopo quasi un’ora di estenuante discussione la Budget ci concede uno sconto: paghiamo e ce ne andiamo.
Andiamo in agenzia per ritirare i nostri vauchers e per gli ultimi accordi: l’appuntamento è fissato per le 13,00 e Tomaso ci accompagnerà al Terminal degli autobus. Dopo qualche commissione di carattere farmaceutico pranziamo in un ristorante sul mare ripassando l’itinerario ed i luoghi che toccheremo nei prossimi giorni: siamo consapevoli che l’avventura sta cominciando e che finalmente vedremo qualcosa che varrà la pena di ricordare.
Tomaso ci lascia davanti al brulicante Terminal degli autobus dove ritiriamo i nostri biglietti già prenotati: l’Expresos Caribe per Ciudad Bolivar parte alle 15,00 e nel piazzale del terminal non sono molti i turisti: ascoltiamo divertiti le urla di alcuni uomini che annunciano le partenze degli autobus…”Carrà…Carrà…Marracay…Marracay…Maracaibo…Maracaibo”…Roberta imita benissimo questa cantilena che sarà spesso ripetuta nel corso del nostro viaggio. Intanto Luca viene scambiato per un “venezuelano”: di questo non è molto contento ma in effetti dato il colore scuro della sua pelle, sembra proprio uno di loro.
Saliamo a bordo dell’Expresos Caribe, un pulman 5 stelle, aria condizionata polare, televisore, tende violette: viaggiamo bene e dopo una sosta di 30 minuti in un’area di servizio arriviamo a Ciudad Bolivar attraversando il ponte sull’Orinoco: già da qui possiamo notarne la vastità anche se in questo punto il fiume si stringe; infatti l’antico nome di Ciudad Bolivar era Angostura che significa strettoia.
Dopo una corsa di circa 4 ore siamo quindi a Ciudad Bolivar capitale dello Stato del Bolivar, nel centro del Venezuela: nell’affollato terminal notiamo molti Indios e osserviamo la diversità di aspetto e colore della popolazione rispetto a quella finora incontrata a Nord.
E’ oramai sera e fa caldo; prendiamo uno scassatissimo taxi che ci porterà all’Hotel da Gino, nei pressi dell’aeroporto: qui incontriamo Gulliermo che ci da istruzioni per l’indomani. Chiediamo informazioni su Ciudad Bolivar perché ci piacerebbe visitarla: Gulliermo ci sconsiglia data la pericolosità della gente…Ci crediamo e rinunciamo…Ma forse avremmo almeno potuto provare.
Dopo una frugale cena a base di pasta ci ritiriamo nella nostra caldissima camera…Dal balconcino vediamo sorgere una bellissima e grandissima luna ma da lontano scorgiamo il bagliore dei lampi…Più che normale.
…Sarà una notte calda e rumorosa: la squallida camera al secondo piano, si affaccia su una trafficata strada e sulla pista dell’aeroporto…Sotto c’è un casinò…Praticamente dormiamo molto poco e l’indomani dobbiamo svegliarci molto presto pazienza.! 17 Agosto 2000 Sveglia all’alba, fuori è ancora buio ed il caldo è già soffocante: rapida colazione in un “bar” vicino all’albergo: cafe con leche e arepas…:Gulliermo ci aspetta e ci accompagna all’aeroporto: si parte per Canaima.
Ci imbarchiamo su un piccolo aerea ad elica: sorvoliamo il grandissimo lago artificiale Embalse de Guri e dopo circa un’ora di volo cominciamo a scorgere la foresta e le prime cascate: atterriamo all’aeroporto “internazionale” di Canaima e la vista della laguna con il Salto Hacha è stupefacente.
Conosciamo Angel, la nostra guida, che ci da appuntamento per 12,15. Decidiamo di andare a fare una passeggiata per la laguna e arriviamo fino al Mirador del Salto Hacha: fa caldo e sulla spiaggia della laguna una donna India lava i panni: il fragore del Salto è fortissimo ed il paesaggio è davvero bello.
Ritorniamo a Canaima e vediamo il villaggio ordinato con i bungalows…Noi dormiremo in amaca, in mezzo alla foresta: sicuramente una sistemazione meno confortevole, più disagevole sotto tantissimi profili, ma certamente più emozionante ed “esclusiva”.
Arriviamo puntuali al nostro appuntamento e partiamo da Canaima in camion: arriviamo in un campamento non molto lontano dall’aeroporto con vista frontale del Salto Hacha: pranziamo a base di pollo, insalata e banane e, subito dopo, cominciamo i preparativi per la partenza. Angel distribuisce sacchetti plastica a protezione di tutto quanto possa bagnarsi…C’è ancora un bellissimo sole ed il cielo è di un blu quasi irreale.
Dopo un breve tragitto a piedi, arriviamo ai bordi del Rio Carrao dove ad attenderci ci sono le nostre lunghe canoe a motore: breve navigata sul Fiume e a piedi raggiungiamo il Salto el Sapo e El Sapito due straordinarie cascate incastonate nella montagna…È bellissimo…Lasciamo i nostri oggetti personali al riparo e attraversiamo un sentiero sotto la caduta della cascata…Dapprima qualche spruzzo poi una violentissima doccia che rende ceca la visuale: siamo nel centro della cascata e la potenza dell’acqua è fortissima…Comunque andiamo avanti ed arriviamo, fradici, nella piccola laguna rocciosa che, cadendo, forma il Salto el Sapito, sotto di noi. Un panorama straordinario fatto di montagne , altopiani e cascate: il contrasto dei colori è esasperato e tutto brilla sotto i raggi del sole in un cielo cobalto. Rimaniamo attoniti a guardare questo splendore della natura ma la divertente corsa sotto la cascata ci induce a ripetere ancora qualche passaggio.
Ci asciughiamo quasi subito ma è tempo di riprendere il cammino e, recuperati i nostri effetti, ci dirigiamo verso il successivo punto di imbarco attraverso una bellissima pianura dalla quale scorgiamo in lontananza l’Auyatepui dove c’è il Salto Angel. Ci imbarchiamo nuovamente e dopo un breve percorso con qualche rapida, ci fermiamo nuovamente per proseguire a piedi: il tempo sta cambiando e i nuvolosi minacciosi avanzano rapidamente…Comincia a diluviare e rapidamente indossiamo i nostri poncho. Il terreno rosso diventa scivoloso e Roberta parte con un grandioso capitombolo e relativa ferita al ginocchio.
Risaliamo a bordo delle canoe e la pioggia continua senza tregua: la meta successiva è il campamento, vicino all’Isola Orquidea,che sarà la nostra base. Dopo una corsa di circa due ore sul Rio Carrao ci addentriamo all’interno della Foresta in un labirintod i corsi d’acqua e, fra acquazzoni e rapide, arriviamo a l campamento: prendiamo possesso delle nostre amache: le nostre tre sono vicine alla toilette…Una scelta non certo ottimale ma..Comoda. L’ambiente non è da Grand Hotel né da Pensione Mariuccia…Ma ci adattiamo benissimo a vivere quest’esperienza con sportività e senso di avventura.
Abbiamo voglia di una doccia…Acqua fredda e buio…Ci laviamo come possiamo !!! Intorno al campamento sono ormai accesi dei fuochi e tra poco ceniamo: il rumore del generatore di corrente è fastidioso ma necessario. Alle 21,30 andiamo in amaca e cerchiamo di dormire alla bene-meglio cercando di ripararci dal freddo: andiamo a dormire vestiti e indossiamo tutto quanto possibile…Sarà una notte fredda nel mezzo della foresta amazzonica…Che esperienza…Speriamo almeno che non ci venga il mal di schiena !!! Roberta è fantastica, reagisce stupendamente ai disagi.
18 Agosto 2000 Poltrire in amaca è possibile ma dopo una notte intera è normale che non si veda l’ora di scendere…È prestissimo, c’è nebbia e pioviggina: una rapidissima doccia fredda e siamo pronti per rifocillarci. Partiamo prestissimo: sono circa le 7,30 e cominciamo una lunga corsa che ci porterà alle pendici del Salto Angel in circa 3 ore. Rapide e corsi d’acqua tranquilli: ogni tanto piove ma, ecco che finalmente il sole comincia a scaldare…Fa caldo ed è umido.
Lasciamo il Rio Carrao ed entriamo nel Rio Churùn dove l’Auyantepui è ben visibile nella sua maestosità.
Arriviamo ad un campamento che sarà la nostra base di partenza per la salita a piedi al Salto Angel.
Ci incamminiamo in fila indiana e saliamo con qualche difficoltà entrando nella foresta: non un animale, e la cosa ci sorprende, solo silenzio ed il rumore della cascata che sta sopra di noi, ma che ancora non vediamo: il cammino dura circa 1 ora e finalmente arriviamo al Mirador Laime dove, fra qualche nube ecco finalmente il Salto Angel: l’acqua che cade è abbondante grazie alla copiosità delle piogge tipiche di questo periodo dell’anno ma dato il salto di quasi 1000 mt.Questa si disperde con un effetto di evaporazione. Saliamo ancora fino a raggiungere la piccola laguna sotto il Salto: acqua gelata ma molto bella ed il panorama è sensazionale: di fronte a noi vediamo altre cascate. Rigenerati, decidiamo di scendere: sarà una discesa difficile perché si scivola moltissimo.
Dopo esserci persi ci ritroviamo con Angel che nel frattempo è venuto a cercarci e con lui arriviamo al campamento per il pranzo…Chissà cosa mangeremo: ovviamente pollo, patate e frutta.
C’è tempo per un bagno sulle rive del Churùn: l’acqua è rossa e la corrente è forte: comincia a piovere. Indossiamo i nostri inseparabili poncho e ripartiamo in canoa alla volta del nostro campamento: per fortuna durante il ritorno la pioggia ci concede una tregua fino al nostro arrivo..Appena in tempo: pioverà tutta la notte. Il tempo di una bella doccia gelata e ci riuniamo con Angel che ci racconta quello che in questi giorni abbiamo visto. Ceniamo con un piatto di pasta e una banana…Pochino…Abbiamo ancora fame…Troviamo del pane ammuffito che mangiamo molto volentieri accompagnato da un po’ di marmellata.
Familiarizziamo con alcuni ragazzi italiani e francesi ed insieme a qualche americano organizziamo una cantata…Questo è il nostro ultimo giorno a Canaima e lo spirito di fratellanza è molto forte tenuto conto del luogo e di dove ci troviamo. E’ ora di dormire: domani si parte per il Delta dell’Orinoco.
19 Agosto 2000 …La seconda notte in amaca è andata meglio, a parte il freddo e l’umido: ci svegliamo comunque al primo canto del gallo: riempiamo gli zaini dei nostri umidi indumenti, la giornata è bella e si prospetta calda. Salutiamo il nostro campo e saliamo in canoa alla volta di Canaima.
Arriviamo a Canaima attraverso un percorso contrario rispetto a quello dell’andata e ci accorgiamo che, anche se abbiamo vissuto solo tre giorni nella foresta, qui c’è la “civiltà”: infatti cominciano le estenuanti richieste per ottenere un imbarco sul primo volo per Ciudad Bolivar.
Finalmente ci danno l’O.K. E partiamo a bordo di un piccolissimo piper 4 posti pieno di fesure da tutte le parti: il volo è accettabile e arriviamo a Ciudad Bolivar intorno alle 11,00. Ad attenderci dovrebbe esserci una Jeep…Ma non vediamo nessuno: telefoniamo a Tomaso per chiedere notizie.
Dopo circa un’ora arriva Julio che ci carica sul Toyota…Partiamo per Ciudad Guayana via Puerto Ordaz. Lasciamo Ciudad Bolivar e attraversiamo una lunghissima e dritta strada dove la sola presenza è costituita da qualche animale al pascolo e sporadiche auto che ci incrociano.
Eccoci a Ciudad Guayana, nello Stato della Guayana, abbastanza ordinata, le case sono belle e si respira aria di benessere: Julio ci spiega che qui le compagnie petrolifere americane hanno costruito le case per i propri dipendenti e tutti o quasi hanno un lavoro.
Arriviamo al punto d’imbarco del ferry che collega Ciudad Guayana a Los Barrancos: non esiste nessun ponte che collega le due sponde dell’Orinoco e l’unico mezzo per attraversarlo è il ferry.
Facciamo un po’ di coda ed eccoci a bordo: ci guardano tutti, siamo gli unici turisti: la traversata è breve ed in poco sbarchiamo a Los Barrancos, poco più di un villaggio: fa caldissimo e sembra che qui non piova da tempo; ci fermiamo a comprare delle buonissime banane.
Riprendiamo il viaggio percorrendo una lunga strada in mezzo ad una sterminata pianura: la Sabana. Dopo circa un’ora e mezza attraversiamo un ponte sotto il quale scorre il Rio Morichal largo sulle sponde del quale vive una comunità di Indios Warao, gli antichi abitanti della zona del Delta e che qui hanno costruito il loro villaggio composto da diverse capanne su palafitta: di loro avremo modo di parlare più avanti.
Questa è anche la regione della Palma del Moriche che cresce lussureggiante creando delle vere e proprie oasi nel mezzo della Sabana. Siamo ormai quasi arrivati e deviando lungo una strada sterrata ci dirigiamo verso Villa Manantial dove ci accoglie il proprietario che ci offre da bere.
Salutato Julio, conosciamo Giovanna e Stefano le nostre due guide: sono quasi le 17 e siamo in viaggio da quasi 10 ore: fa molto caldo e siamo abbastanza stanchi. Giovanna ci propone una passeggiata a cavallo nella Sabana: siamo perplessi ma alla fine accettiamo rassicurandoci sulla docilità degli animali. Il tempo di cambiarci ed indossare qualcosa di adatto per cavalcare ed eccoci al ranch: i cavalli argentini sono già pronti…Qualche raccomandazione e istruzione e via che si parte.
E’ già emozionante, il colore si colora di arancio e rosso e siamo nel mezzo della Sabana con le sue palme e la sua pianura sterminata…E pensare che poche ore prima eravamo nel mezzo della foresta amazzonica con scenari e paesaggi totalmente differenti. Procediamo al passo senza pericolo, qualche accenno di trotto ma non troppo. Intanto la sera è ormai calata e ci affrettiamo a rientrare per la cena: siamo gli unici ospiti stranieri e ceniamo nel giardino con Giovanna e Stefano.
Una squisita cena a base di carne e salsiccia alla brace,verdure,frutta e vino cileno. Tutto perfetto, c’è un’atmosfera magica, la nostra stanchezza sembra essere svanita. Parliamo molto con Stefano (Bolognese, da cinque anni in Venezuela): i suoi discorsi, la sua calma ci affascinano: siamo curiosi, in particolare io, di conoscere il programma per giorno dopo…Ma sarà una sorpresa.
Prima di ritirarci nelle nostre camere facciamo una partita a domino, gioco molto popolare in Venezuela. E’ ormai mezzanotte…Forse è bene andare a dormire.
Entriamo nelle nostre camere con molto entusiasmo ma soprattutto con molta curiosità, eccitazione e trepidanza per ciò che vedremo nei giorni successivi: giorni che verranno ricordati come i più belli di tutta la nostra vacanza venezuelana.
20 Agosto 2000 Ci alziamo prestissimo, un giro nel bellissimo giardino di Villa Manantial e colazione a base di carne di maiale, arepas,uova,frutta e frullati di frutta: prepariamo un cambio di indumenti ed il materiale fotografico e partiamo a bordo del Toyota di Stefano.
Arriviamo al villaggio Warao di El Silenzio e ad attenderci le nostre guide Warao: saliamo a bordo della canoa motorizzata con un motore da 150 Cv.. Percorreremo circa 200 Km. Lungo il fiume: sono le 10 ed il rientro è previsto per le 19 circa.
Lasciamo velocemente l’ordinatissimo villaggio Warao non prima però di aver caricato viveri ed attrezzature…Partiamo !!! La canoa sfreccia velocissima lungo il fiume e davanti a noi si apre un mondo magico dai colori brillanti, la vegetazione è ricchissima di piante e di fiori che si specchiano nell’acqua del fiume confondendosi con l’azzurro del cielo ed il bianco delle nubi: il fiume è uno specchio incantato…Qui il clima è più secco e, nonostante faccia molto caldo, la temperatura è gradevole: le sensazioni sono molteplici…Sembra di vivere in un documentario; siamo l’unica presenza del fiume, non ci sono turisti e ciò rende questo luogo ancora più magico e impenetrabile, tutto sembra statico, una diapositiva…Ma il tempo passa ed ogni tanto ci ridestiamo e, affascinati, ci rendiamo conto di essere li e che ciò che stiamo vivendo è pressochè straordinario ed unico.
La barca corre rapida lungo il Rio, qua e la variopinte farfalle, le stupende Mariposse, scimmie ed uccelli; ci fermiamo in un’ansa del fiume vicino ad un tronco obliquo nell’acqua: li vicino una curiata la tipica imbarcazione degli Indios Warao. Saliamo a bordo facendo attenzione: con la nostra guida Warao di cui purtroppo non ricordo il nome. Percorriamo un piccolissimo Rio coperto di piante le cui lunghe fronte toccano l’acqua ed il cielo quasi non si vede…Dobbiamo fare attenzione alla testa: è incredibilmente straordinario , sembra di vivere nel passato; il lento pagaiare, il silenzio tutt’intorno, i colori ed il profumo ci avvolgono totalmente: veniamo “disturbati” solamente dagli urli delle scimmie. Peccato, siamo ritornati alla barca, qualche foto e si riparte. Vediamo qualche capanna India, non c’è nessuno, sono a caccia.
Il fiume si apre per un tratto e la vegetazione si dirada, ma restano le palme del Moriche incontrastate regine della zona: stiamo arrivando in un’ampia laguna che scorgiamo sulla destra. La barca si ferma in mezzo, ci tuffiamo nell’acqua caldissima e trasparente…Potremmo incontrare qualche presenza indesiderata ed inquietante: piraña ed anaconde…Niente di tutto ciò solo una bella nuotata.
Risaliamo e proseguiamo lungo il fiume incrociando la canoa di qualche Indios. Eccoci alla seconda laguna: il sole è bellissimo e la giornata è limpidissima e tutto brilla esasperando i colori…Canaima è solo un ricordo.
Attracchiamo sulla sponda più a Sud dove c’è un capanno: qui consumeremo il nostro lunch. Dietro, la Sabana che si perde a vista d’occhio…Ed intanto farfalle blu e arancio ci svolazzano intorno.
Dopo una piccola sosta ci incamminiamo a piedi per la Sabana fino ad una capanna Warao: non c’è nessuno: vediamo “l’ordine della casa”, l’amaca e le foglie di palma per la preparazione di ceste ed amache.
Ritorniamo alla nostra barca: sono le 14 ed è ora di cominciare a tornare. Da questo punto sono circa 200 i chilometri che ci separano dal mare: la regione del Delta è enorme ed è formata da un labirinto di corsi d’acqua: qui i narco trafficanti trovano quasi sempre un sicuro nascondiglio certi che difficilmente possono essere scovati.
Durante il ritorno ci fermiamo in un piccolo villaggio, costituito da un’unica famiglia, dove gli uomini riposano e le donne lavorano: pappagalli e animali da cortile rallegrano la comunità: più in la un fuoco sopra il quale, in un tegame, bolle del liquido rosso: sangue di piraña. I bambini pescano piranha su di un piccolo pontile In legno dove poco lontano, in una tinozza, vediamo un caimano: i caimani vengono catturati dagli Indios per essere venduti ai mercati: l’anaconda invece viene solo uccisa.
Mangiamo dei frutti color arancio molto dolci e sugosi dal grande nocciolo. Salutiamo il nucleo per l’ospitalità e ripartiamo con l’intenzione di pescare qualche piraña: utilizziamo delle canne di canna e budella di vacca come esca: il fondale ne è pieno…Ne peschiamo una decina che regaleremo ai Warao.
E’ ora di cambiarsi…Si va a piedi nella giungla del fiume: pantaloni lunghi, camicia a maniche lunghe, calzettoni, stivali autan e… via ci immergiamo nell’acqua paludosa e fangosa quasi fino alle spalle…Tutto intorno zanzare, farfalle, scimmie e aquile ed un’atmosfera da Indiana Jones: fiori rossi dai lunghi steli, foglie grossissime dal color verde brillante: difficile fare foto…Non c’è sufficiente luce; camminiamo per circa 40 minuti, si scivola: la sensazione è stranissima, quasi manca il fiato per ciò che stiamo facendo. Arriviamo alla barca e ci togliamo tutto ciò che di bagnato e infangato indossiamo: praticamente tutto tranne il costume: comincia a piovigginare mentre la barca corre sul fiume virando rapidamente e a tutta velocità seguendo le curve del Rio. Spunta un meraviglioso arcobaleno a 180°…Che meraviglia.
Siamo ormai ritornati al El Silencio, sbarchiamo e salutiamo i Warao e ci dirigiamo ad acquistare qualche piccolo oggetto di artigianato locale come collanine e animali in legno.
Rientriamo a Villa Maniantal con un bagaglio di immagini sensazionali che ci lasciano ammutoliti.
Beviamo un drink alla frutta nel patio, si chiacchiera…”perché non andiamo a cavallo?” chiedo ! La proposta viene accolta con piacere da tutti: sono ormai le 19 passate ed il sole tramonterà fra poco: andiamo velocemente a cambiarci ed eccoci di nuovo pronti: montiamo sui nostri cavalli e partiamo, con Luna che ci anticipa sempre.
Il cielo è quasi blu, i pappagalli volano verso il riparo per la notte: il sole, ormai basso, incendia la Sabana di arancio,celeste,blu cobalto, lasciando pian piano posto alla notte. Le sagome delle palme svettano nella pianura e miliardi di vicinissime stelle lucenti cominciano a brillare nel cielo…Ma …Dov’è il cielo??? Tutt’intorno un tappeto di lucciole brillano come stelle: lo spettacolo è suggestivo ed emozionante: stelle, lucciole, silenzio e noi a cavallo…Siamo impietriti di fronte a tutto questo.
…Ma è ora di tornare e pian piano in sella ai nostri cavalli ci dirigiamo nella notte buia verso Villa Manantial scortati sempre dal nostro fido Luna.
Ceniamo quasi subito: carne macerata al sole e cotta poi alla brace, verdure e salse piccanti…Un po’ di chiacchiere e poi a letto.
Siamo realmente esausti ma felici: è stata una giornata intensa che ricorderemo come la più bella di tutto il nostro viaggio, ricca di emozioni uniche, vissute intensamente in un vero e proprio paradiso.
21 Agosto 2000 Ci svegliamo di buon’ora coscienti che questo è l’ultimo giorno che trascorreremo qui ed un po’ ci dispiace. Facciamo colazione tutti insieme e partiamo in Toyota accompagnati sempre da Luna che puzza terribilmente: la notte passata ha ucciso una puzzola e poi ovviamente…L’ha mangiata.
Arriviamo vicino ad una laguna dove lasciamo l’auto. Camminiamo per circa 30 minuti lungo un sentiero che ci porta ad un piccolissimo rio che percorriamo: l’acqua è cristallina e calda, tutt’intorno silenzio, palme ed un fortissimo profumo di ananas: siamo in una zona dove nasce spontanea…Ne cerchiamo qualcuna matura, le troviamo, le puliamo e le mangiamo…Sono buonissime e dolcissime.
Rimaniamo qui quasi un’ora rinfrescandoci in una laguna all’estremità del rio in totale relax: il sole è caldissimo e si sta bene solo in acqua…Ma è ora di rientrare e ci incamminiamo verso la macchina percorrendo un altro torrente ed un sentiero: eccoci arrivati alla laguna dove c’è la nostra macchina: qui mangiamo del cocco, un’altra bella nuotata e si ritorna indietro.
Pranziamo a Villa Manantial degli ottimi spiedini di pollo, peperoni e cipolle: Stefano ci accompagnerà alle 15 al Terminal dell’Aeroexpreso di Maturin da dove partiremo per Puerto la Cruz.
Una rapida doccia, prepariamo le ultime cose e ci accingiamo a lasciare, davvero rammaricati, il Delta dell’Orinoco: forse valeva la pena rimanere qualche giorno in più.
Partiamo alle 17 a bordo di un comodissimo pullman e con noi c’è anche Giovanna che torna a Puerto La Cruz.
Ci lasciamo alle spalle otto giorno davvero incredibili e straordinari: ma il pensiero è alle immagini del Delta, alla sua gente ai suoi colori ed ai suoi contrasti mentre, fuori dal finestrino, scorgiamo immense distese di pozzi di petrolio e favelas.
Arriviamo nella caotica e brutta Puerto la Cruz, vicino al terminal dei Ferries per Porlamar (Isla Margarita): ad attenderci la Jeep di Paolo che ci porta in agenzia per gli ultimi accordi inerenti la nostra prossima ed ultima tappa in terra venezuelana: l’arcipelago di Los Roques. Decidiamo quindi di partire il 23 con il primo volo per Caracas per poi raggiungere Gran Roque con un volo in coincidenza.
Il 22 Agosto sarebbe dovuto essere un giorno di riposo ma, prendendo al volo l’occasione di un volo per l’Isla Tortuga, decido senza troppo indugiare di aggregarmi a Giovanna: tutto confermato, pago 100 dollari: passeranno a prendermi alle 6,00 del giorno dopo all’Hesperia: l’aereo partirà da Barcellona alle 7,00.
Luca e Roberta decidono di utilizzare il 22 agosto per fare un giro alle Isole del Mochima.
Ceniamo molto tardi e Puerto la Cruz ci sembra ancora più brutta, sporca, puzzolente e caotica.
Rientriamo all’Hesperia : punto la sveglia alle 5,30…Che levataccia.
22 Agosto 2000 …Ed infatti alle 5,30 suona la sveglia…Mi preparo facendo attenzione a non svegliare gli altri. Alle 6 in punto Giovanna e Paolo mi prelevano come d’accordo. Il tempo di una breve sosta per ritirare il ghiaccio e qualche altra vettovaglia e via di corsa all’aeroporto di Barcellona: il piccolo piper ci sta aspettando, carichiamo viveri e ghiaccio e decolliamo immediatamente.
La giornata non è bellissima, deve aver piovuto durante la notte: da li a poco comincia a piovigginare ma a Tortuga di solito non piove mai ed infatti…Due gocce cadranno anche a Tortuga, sperduto angolo di mondo da poco segnato sulle carte nautiche, un tempo invece rifugio di pirati: Tortuga è un’isola piatta, bassa praticamente invisibile dal mare.
I nuvolosi neri che avvolgono l’isola pian piano si diradano mentre il piper si appresta ad atterrare sull’unica striscia di terra battuta dell’isola che funge da pista di atterraggio: ci attende Davide, a Tortuga da 45 giorni: Giovanna gli darà il cambio.
Sull’isola non ci sono infrastrutture di nessun tipo: non c’è acqua ne luce, ci sono solamente tre capanni adibiti a turisti in cerca di forti emozioni…Ci si lava con l’acqua di mare e si mangia se si pesca . Sull’isola vive solamente una persona, un uomo dai tipici tratti indios, che provvede alla pesca e a far da mangiare.
Chi decide di trascorrere una vacanza su quest’isola deve mettere in preventivo qualche piccolo disagio anche di carattere fisico come le irritazioni provocate dal sale e dal sole, non avendo a disposizione acqua dolce. Tortuga non ha ovviamente strade, ma spesso, qualche ricco petroliere venezuelano atterra col proprio jet privato per acquistare le favolose aragoste che il “guardiano” dell’isola procura a tutti coloro che ne fanno richiesta: Tortuga non è totalmente isolata dal mondo:ha a disposizione una vecchissima ricetrasmittente…Peccato che il più delle volte non funziona.
Intanto il nostro Indio è andato a pesca…E sicuramente il pranzo sarà assicurato.
Faccio un rapido giro di ispezione nella zona dove sorgono i capanni…Tutt’intorno sabbia corallina bianchissima, acque turchesi e un bellissimo reef corallino: qualche yacht è alla fonda nella baia antistante i capanni. Dietro, una splendida laguna dai colori tipicamente caraibici , protetta dalle correnti dell’oceano permette un tranquillo relax agli amanti dei bagni di sole e di mare…Da qui ci si può avventurare verso il vicino reef, e attrezzati di maschera e pinne, si può fare dell’ottimo snorkeling.
Il nostro Indio ci sta preparando del buonissimo tonno e qualche piccola aragosta. Mangiamo di gusto sotto un capanno…Fa caldo … non vedo l’ora di sdraiarmi in acqua.
La parte nord di Tortuga è occupata prevalentemente da una lunghissima spiaggia bianca orlata di mangrovie: c’è anche un relitto di una vecchia barca a vela arenatasi anni fa.
Una bellissima giornata di sole e di mare ascoltando l’esperienza di Davide e dei suoi 45 giorni trascorsi su quest’isola.
Intanto il rumore del nostro aereo ci dice che è quasi ora di tornare. A piedi raggiungiamo l’air strip di Tortuga.
Saluto il caro Indio e Giovanna ed insieme a Davide salgo a bordo del piper che ci riporterà a Barcellona.
Il gruppo si riforma al Paseo Colon di Puerto la Cruz: ritiriamo i biglietti e vauchers per Los Roques, ultima tappa del nostro viaggio.
Prepariamo i bagagli e puntiamo l’odiata sveglia, che anche stavolta suonerà prestissimo: alle cinque !!!! 23 Agosto 2000 – 27 Agosto 2000 Rapidamente ci prepariamo, chiamiamo un taxi e in circa 25 minuti siamo all’aeroporto di Barcellona. Solite lunghissime code e finalmente siamo sul volo della Transaven per Caracas.
Il volo dura poco più di un’ora e dopo aver ritirato i bagagli ci incamminiamo all’altro terminal per prendere il volo della Avior per Gran Roque…Ancora un piccolissimo sforzo e poi finalmente un po’ di riposo dopo tanto correre.
Ci imbarchiamo sul piccolo aereo che in meno di quaranta minuti ci condurrà nel più grande parco marino dei Caraibi. Dall’oblò del piccolo aereo ecco apparire l’arcipelago: il panorama è mozzafiato e mano a mano che scendiamo vediamo spiagge bianchissime, lagune turchesi e l’oceano che infrange sul grande reef. Atterriamo nel piccolo aeroporto di Gran Roque, unica isola abitata,composta sostanzialmente da colorate Posade che ospitano i turisti: ognuna di esse ha una o più barche che ogni mattina accompagnano i clienti nei diversi atolli per trascorrervi la giornata.
Niente macchine e sabbia ovunque . Ci accoglie il proprietario della Posada presso la quale alloggeremo e, sbrigate le formalità per l’ingresso nel Parco di Los Roques ci dirigiamo verso il nostro alloggio che raggiungeremo in pochi minuti.
L’aria è tersa ed asciutta ed il caldo è reso sopportabile da una leggera brezza: prendiamo possesso delle nostre camere ed in poco siamo pronti: la lancia ci sta aspettando, già carica di tutto quanto ci serve: frigorifero contenente sandwiches, frutta acqua e bibite oltre ad ombrellone e sdraio.
In questi quattro giorni visiteremo Francisqui, Espenqui, Cayo de Agua, Dos Mosquises ,e Madrisqui. Le giornate scandite dal lento ritmo caraibico ci hanno rigenerato: bagni di sole, snoorking , variopinti pesci e tartarughe, e poi la sera, tornati a Gran Roque, una passeggiata nel piccolo centro in attesa del tramonto magari sorseggiando un frullato di frutta. …È il 27 e dobbiamo partire…Lasciamo l’Arcipelago e rientriamo a Caracas che lasceremo nel tardo pomeriggio: ciao Venezuela ! “Un viaggio straordinario in un Paese dai mille volti, complesso e non sempre ospitale ma ricchissimo di fascino e di indiscutibile bellezza, che ricorderò come una delle più belle esperienze vissute e che difficilmente dimenticherò.
Un particolare ringraziamento ai miei compagni di viaggio Luca e Roberta”.
Marco M.