Kashmir…. Sul tetto del mondo!
Finalmente arriviamo aShrinagar. Ma che ore sono? Le 6 del pomeriggio?!?…Beh…È stato il viaggio in bus più lungo della mia vita: 28 ore. Cerchiamo un rikshawallah (conducenti dei tipici taxi a 3 ruote) che ci porta a casa dei suoi. Prendo in affitto una delle “houseboat” (casa galleggiante) di famiglia per 1000 rupie al giorno, comprensive di vitto (20 euro circa). Un tempo erano le case-vacanza dei britannici residenti in India che però non dominarono mai politicamente il Kashmir. Infatti il raja locale non diede loro il permesso di costruirvi residenze sulla terraferma. La mia casa galleggiante si trovasul lago “Nagin” vicino al più grande epiù famoso lago “Dal”. Mi trovo nella Valle del Kashmir. Una vallea 3000 metri sopra illivello del mare. Mi trovo nella terra un tempo amata dai sovrani Moghul che, anche loro, prima degli inglesi, solevano “fuggire”, appena potevano, dalle torride estati di Delhi, per godersi il fresco e il verde montano. Il tempo passa pigramente.Quasi ne perdo la cognizione. Ma tanto che importa? Non ho programmato nulla in anticipo. Se voglio fare un’escursione basta che la decido il giorno prima:il tempo sufficiente a Mubarak per prenotare un’auto con relativo autista e per comprare le provviste necessarie. La cucina della Sig.Ra Baktoo (la madre di Mubarak) è assolutamente genuina e saporita: il pollo ha carne così soda che quasi non sono abituata (in India non ci sono polli allevati in batteria). Ma dopo qualche giorno il mio palato che non è abituato a quantità così generose di peperoncino, chiede pietà. I miei curries di verdure e di carne si smorzano e io riesco a mangiare senza accompagnare i miei bocconi con abbondanti sorsi d’acqua, mentre Mubarak e la sua famiglia continuano con la loro alimentazione infuocata. “Mangiare peperoncini aiuta a proteggersi dal malocchio” mi dice Mubarak. Persino a Bisma, la nipotina di tre anni, primogenicta di Gulzar, nonna Baktoo porge amorevolmente peperoncini verdi freschi e lei se li mangia come fossero caramelle! “Da noi in Italia, specialmente nel sud, vige l’usanza di indossare ciondoli di corallo a forma di peperoncino” gli dico. Una variazione sul tema.
La mattina mi sveglio sempre prima dell’alba. Il mio ritmo sonno-veglia sembra essere perfettamente in sintonia con quello dei mullah che alle 4,30 del mattino sono già nelle moschee perrecitare le sure del Corano. E facendolo dagli altoparlanti, invitano (o obbligano, a seconda dei casi) tutti i fedeli, a fare altrettanto. Il Kashmir è l’unico stato indiano a maggioranza islamica. Mubarak a volte latita la prima preghiera del mattino (o la posticipa di qualche ora) comunque le preghiere non si concludono prima delle 6. Io ne approfitto per fare meditazione, o il “puja”, come lo chiama Mubarak. Il puja à una breve cerimonia mattutina con la quale gli hindu, cioè la maggioranza degli indiani, rendono omaggio alle divinità che variano a seconda della casta, della professione…O dei bisogni e delle inclinazioni personali. “Io non capisco priprio questa cultura hindu” dice Mubarak “…Non sono mai fedeli ad una sola divinità: hanno Ganesh, Hanumana, Shiva…” e io di rimando “ma no, anche loro sono coscienti che c’è un’unica fonte da cui tutto proviene: Ishwara, o Maheshwara, l’Altissimo, il Signore Assoluto. I deva e le Devi non rappresentano altro se non i suoi molteplici aspetti e qualità…” Mubarak rimane un po’ perplesso per questa mia affermazione…L’avrò convinto? Mi vengono in mente le parole di Gandhi: “Ishwara, Allah tere nam…” Ishwara, Allah…È il nome tuo…
Il primo mattino sul lago Nagin è bellissimo. Dalla poppa della Houseboat che fa anche da salottino all’aperto, si gode un bellissimo panorama: sulla sponda opposta del lago, verso ovest, ci sono altre case galleggianti e si vedono uccelli di diverse specie: il martin pescatore dal piumaggio azzurro/truchese sembra sospeso ad un filo proveniente dal cielo, immobile nell’aria, prima di tuffarsi a piombo nell’acqua. Due piccole aquile si contendono in volo un brandello di preda. Alcune anitre nuotano lentamente in fila indiana, delle piccole gallinelle d’acquasi destreggiano tra la fitta flora del lago: una sorta di alghe le cui foglioline in superficie profumano di fresco. Un greve muggito di tanto in tanto spezza un silenzio mistico. Neanche l’acqua del lago parla, immobile, senza onde…Se non quando il martin pescatore ci si tuffa per acciuffare un pesciolino. Vicino al fianco dellahouseboat rivolto a sud c’è un fior di loto bianco. Verso mezzogiorno si apre completamente offrendo alla vista tutta la sua bellezza.
Un mattino io e Mubarak, assieme alla piccola Bisma, ce ne andiamo a visitare i giardini “Nishat”. Prendiamo una “shikara”, specie di gondola locale, attraversando i laghi Nagin e Dal mi godo la pace e il silenzio, interrotti solo dal dolce remare e dal nostro discorrere. Bisma parla solo il kashmiro e io le parlo un po’ in inglese e un po’ in italiano. Ma preferisco parlarle in italiano, che essendo la mia madre-lingua, mi viene più spontaneo. Mi faccio capire a gesti. Lungo il tragitto scorgo altri bellissimi, enormi loti rosa adagiati sulle grandi foglie tondeggianti a pelo dell’acqua. Mubarak: “sono gli ultimi della stagione, tra luglio e agosto il lago ne è pieno”.
Un altro giorno Mubarak mi propone un picnic a Sonamarg,località a circa 80km da Shrinagar, una zona d’alta , anzi, altissima montagna. Dopo un viaggio in auto di un paio d’ora siamo a circa 7000metri d’altezza. Epensareche non sono stata mai nemmenosul monte bianco, lanostra vetta più vetta che ci sia. Sono sul tetto del mondo! A Gulmarg, altra località d’alta montagna, c’è addirittura un’ovoviache porta ancora più in alto. “A maggio i prati e gli alveri sono ancora piùverdi…Come quei tetti” Mubarak mi indica i tetti smeraldini degli edifici che compongono la stazione dell’ovovia.”Prima degli attentati terroristici all’inizio degli anni ’90 nel Kashmir venivano a sciare molti turisti, sia indiani che stranieri” dice Mubarak.
Mancano un paio di giorni alla fine del mio soggiorno in Kashmir e io non me la sento di fare un altro viaggio in bus fino a Delhi. Bando ai risparmi, prendiamo l’aereo! Andiamo in città con”tre ruote”e l’intenzione di acquistare due biglietti Shrinagar-Delhi di sola andata, in un’agenzia turistica. Operazione che richiederebbe al massimo un’ora tra andata, acquisto/emissione biglietti e ritorno. Shrinagar è una città di neanche 800.000 abitanti…Ma ci sono dei “ma”. Il traffico c’è ugualmente, l’agenzia turistiche che Mubarak conosce si è spostata altrove e nessuno ci sa dire dove, lealtreagenzia non accettano carte di credito come forma di pagamento e io non ho abbastanza contanti. Alla fine la “Canara Bank” una banca del Kerala “estrae” 14.000rupie dalla mia VISAe last, but not least, riusciamo a comprare due biglietti aerei.Il mio costa un po’ di più: 4000 rupie per Mubarak e 125 dollari per me. Sono le 13, ci fermiamo a fare uno spuntino…Wow, c’è una caffetteria!Mi mancaun po’ il caffè dopo 10 giorni di “chai”. Leggo sul menù al tavolo, posso sceglieretra cappuccino, espresso caffè all’americana, ma l’illusione svanisce quando Mubarakricevedal barista, serissimo, un’amararisposta: “caffè finito, stiamo aspettando il rifornimento”. Ei tempi d’attesa indiani non si sa mai quanto potrebbero essere lunghi. Visto che è una bella giornata di sole (26°/28°) optiamo peruna granita al limone:due enormi bicchieri pieni di ghiaccio semi-scioltocon dello sciroppo giallo. Fa niente, paghiamo, usciamo. Mubarak porta la mia attenzione verso un albergo ancora in costruzione con una bella piscina all’aperto: “Sai, quando vedo costruire nuovi edifici, sono felice, è un buon segno.Vuol dire che l’economia si sta riprendendo”.
21 settembre, ore 15: decolliamo dall’aereoporto di Shrinagar per Delhi. Durata del volo: 1,30! Alcune nuvole formano una specie di semicerchio attorno a noi, ma il cielo azzurro e senza smog si ritrasforma nel cielo grigiastro e umido lasciato 11 giorni prima. Il 23 settembre partiamo per jaipur e Ajmer. Un assaggio, solo un assaggio di Rajasthan. Non c’è stato il tempro materiale per fareuna visita né nell’una, né nell’altra città. 3 giorni sono pochi e io il 27, alle tre di notte, devo essere all’aereoporto di Delhi per tornare a Roma. Senza contare che ambedue i viaggi di andata e di ritorno da Jaipursono stati rallentati da soste di oltre due ore grazie (si fa per dire) ad una gomma a terra. Ho giusto il tempo di constatare che il rosa di Jaipur è più arancio che rosa, che l’albergo in cui abbiamo alloggiato ha un grazioso giardino, che il nuovo cinema della città ha una sala d’attesa che sembra il foier di un teatro un po’ kitch e che i negozi sono pieni di bellissime cose da comprare. Quando torno a Delhi ho una scatola con una nuova collezione di bei “churi” (i braccialetti indiani in vetro o metallo smaltato dai colori più vari) equalche paio di “jute” le tipiche scarpe del rajasthan in pelle di cammello. Il Rajasthan lo visiterò meglio un’altra volta, forse…
Delhi, 26 settembre. Gli ultimi acquisti di rito prima del lungo viaggio di ritorno.
27 settembre, all’una di notte: suona la sveglia, finisco di impacchettare e all’1,30 salto sul taxi prenotato solo qualche ora prima. Mubarak mi accompagna. L’aereoporto”Indira Gandhi” è pieno di gente come se fosse mezzogiorno. E’ normale, tanti voli partono daDelhi nelle prime ore del mattino. Prendiamo un “chai”, bollente come al solito, io mi metto in fila per il check-in. Mubarak: “posso andare?” mi chiede Mubarak, prima di salutarmi con un bacio. Un po’ a malincuore lo lascio riprendere il taxi…