22 giorni in Senegal con Shangri Là
ITINERARIO e DIARIO DI VIAGGIO attraverso i villaggi più poveri e primitivi per consegnare indumenti e quaderni, dove manca l’acqua e la luce, dove tutto viene ancora prodotto artigianalmente, vivendo insieme alle tribù locali ma anche un viaggio attraverso i parchi naturali per un contatto diretto con la fauna selvatica africana messa a rischio dalla piaga del bracconaggio, la conoscenza dei colleghi guardiaparco africani, un confronto diretto con le loro lotte, i loro problemi… Un’esperienza umana e culturale unica, organizzata dalla mia associazione onlus SHANGRI LA’, fondata nell’anno 2000, nata allo scopo di valorizzare le altre culture del mondo e sensibilizzare, attraverso le numerose iniziative, verso il rispetto e la salvaguardia dell’ambiente naturale. Un’esperienza che mi piacerebbe condividere con gli altri, rendendo pubblica questa preziosa esperienza. Siamo partiti in cinque persone, con le valigie cariche di indumenti, penne e quaderni. Che abbiamo lasciato nei numerosi villaggi visitati. Sono state realizzate numerose fotografie nonchè diapositive e un filmato.
Il viaggio è durato 22 giorni : è iniziato a Dakar, la capitale, ed è proseguito a nord fino a raggiungere Saint Louis per poi andare a est, spingendosi sempre più all’interno del paese, attraverso le regioni più desertiche, dove le rotte turistiche non arrivano, fino a immergersi nello splendido parco nazionale di Niokolo Koba per poi andare a sud, attraversando lo stato del Gambia con tutte le difficoltà che presenta questo piccolo stato indipendente (c’è voluta una giornata intera per percorrere una striscia di terra lunga appena 300 km e larga in media 35 km), e poi ancora più a sud fino a penetrare nella verde Casamance per risalire quindi lungo la costa dell’oceano atlantico… Popolazioni, religioni, culture, paesaggi, tradizioni via via sempre diversi ma uguali nel regalare un’esperienza di vita che difficilmente potrà essere dimenticata! ITINERARIO Dakar Isola di Gorèe St. Louis Lago Rosa Parco Nazionale Langue de Barbarie Guetndar Louga Diourbel Kaolack Touba Toubakouta Parco Nazionale del delta del fiume Saloum Stato del GAMBIA Banjuil Ziguinchor Casamance Villaggio di Dioher Villaggio di Niambalang Cap Skiring Villaggio di Badi Nieriko Parco Nazionale Niokolo Koba Tambacounda Saly Joal-Fadiout Mbour
SENEGAL DIARIO DI VIAGGIO E SPIEGAZIONE DEL VIDEO
Sono tanti anni che viaggio attraverso il mondo, eppure ogni volta l’emozione di esplorare un luogo del mondo nuovo mi cattura, mi esalta, ricordo il mio primo viaggio e passo in rassegna tutte le avventure vissute… Ho raggiunto la soglia dei 40 anni e mentre mi trovo su questo aereo provo le stesse emozioni di tanti anni fa, ogni volta è come se fosse la prima volta.
Credo che quando non proverò più queste emozioni, così vive e così profonde, allora … Sarà allora che mi sentirò vecchia e sarà allora che, forse, non viaggerò più… Ma quel giorno mi sembra così lontano…
L’aereo è pieno di senegalesi, stanno tornando a casa e già mi sento integrata nella loro civiltà, nella loro cultura, così strana, così lontana dalla mia… E l’emozione aumenta sempre più, l’aria è piena di aspettative, di imprevisti… Ho letto la guida di questo paese come se fosse un vangelo ed ora sono in trepidante attesa… M’incanto ad osservare dei bimbi senegalesi che stanno giocando su questo aereo che mi sta portando sempre più lontano da casa e intanto cerco d’immaginare a come sarà questa nuova avventura, organizzata dalla mia associazione onlus SHANGRI LA’, fondata nell’anno 2000, nata allo scopo di valorizzare le altre culture del mondo e sensibilizzare, attraverso le numerose iniziative, verso il rispetto e la salvaguardia dell’ambiente naturale.
Siamo partiti in cinque persone, con le valigie cariche di indumenti, penne e quaderni. Senegal, in lingua Wolof, significa “LA NOSTRA PIROGA” e mi chiedo dove ci porterà… Dakar, la capital del Senegal, ci accoglie in un’atmosfera festosa : si è appena svolta una partita di calcio molto seguita e sofferta… Il Senegal ha vinto e nelle strade l’euforia che si respira è palpabile, grida e schiamazzi si mischiano al rumore del traffico automobilistico e ci accompagnano verso l’albergo che ci ospiterà per questa prima notte in Senegal.
La mattina dopo noleggiamo un mini-pulmino con un autista locale che ci farà da guida per tutto il nostro viaggio: si chiama Mustafà e gli spieghiamo quali sono le nostre intenzioni, qual è lo scopo del nostro viaggio e dell’associazione Shangri Là, vogliamo evitare le classiche rotte turistiche e Mustafà ci tranquillizza dicendoci che sarà semplice accontentarci in quanto il Senegal è davvero un paese poco turistico, ancora poco frequentato e non ancora pronto ad accogliere il turismo di massa. L’unico problema sarà attraversare alcune zone presidiate da gruppi di guerriglieri : per evitarle e raggiungere ugualmente il sud del Senegal, si potrebbe attraversare lo stato del Gambia anche se ciò comporterà una grande perdita di tempo… In effetti, capiremo in seguito quanto Mustafà avesse ragione : in 22 giorni, trascorsi a vagabondare per questo paese, incontreremo meno di dieci turisti e, quasi tutti, presenti nel paese per le vacanze in quanto sposati a donne senegalesi. Ci abituiamo in fretta nell’essere circondati da persone dalla pelle nerissima e facciamo fatica a distinguerli l’uno dall’altro ma ci sentiamo, in qualche modo, bene integrati nei loro ritmi di vita. L’attraversamento del Gambia sarà davvero poco piacevole e ci riserverà sorprese inaspettate ma sarà sempre più sicuro di alcune zone del Senegal. La mattina dopo, all’alba, noto una donna che sta scopando la strada di fronte alla sua casa : mi colpisce non solo per l’accuratezza con cui lavora ma, soprattutto, per il fatto che la scopa non ha bastone e la donna rimane con la schiena piegata tutto il tempo… Deve essere scomodissimo ma forse lei direbbe di noi la stessa cosa vedendoci alle prese con le scope moderne… mentre aspettiamo il traghetto che ci porterà all’isola di Gorèe, ci soffermiamo a guardare un artigiano che, incollando su una tavoletta di legno strati di sabbia del deserto, colorata dai diversi minerali che la compongono , crea dei quadri bellissimi, è davvero un artista ed è velocissimo a realizzare forme e colori di grande varietà.
Sul traghetto conosciamo una donna di nome Macumba, circondata da diversi bambini: in Senegal è ammessa la poligamia e si usa definire “figli di latte” se hanno la stessa madre e “figli di cintura” se hanno lo stesso padre ma madri diverse. Durante il viaggio assistiamo ad un’animata discussione tra appassionati di calcio : è uno sport molto sentito in questo paese e ancora oggi non sono ancora stati smaltiti gli entusiasmi della partita realizzata il giorno del nostro arrivo. Gorèe è una piccola isola grande 900 mt X 300 mt, fondata dai portoghesi nel 1444 e costruita nel classico stile architettonico dei fondatori. E’ davvero piccola ma racchiude in sé il ricordo tragico di un periodo storico che ci fa vergognare di far parte del genere umano: da questa isola, per più di 300 anni, 20 milioni di schiavi lasciarono per sempre la loro terra natia. Esiste tutt’oggi la casa dove migliaia di sventurati, uomini, donne e bambini, venivano imprigionati in attesa di essere imbarcati verso destinazioni lontane e sconosciute. Era un viaggio senza ritorno: dopo giorni trascorsi in questa casa, incatenati e ingrassati, nel caso fossero più leggeri di 70 kg, varcavano la soglia di una porta che dava sull’oceano, attraverso un pontile costruito con legno di palma e da lì iniziava un lungo ed estenuante viaggio che, per molti, significava la fine della propria vita. Chi tentava di scappare veniva ucciso dai bianchi o divorato dai pescecani che brulicavano sotto il pontile. Fa un strano effetto guardare quella porta e sembra di sentire le urla o il tacito assenso di chi, ormai, è rassegnato alla propria sorte. La tratta degli schiavi durò dal 1536 al 1848 : si legge su una porta della casa “ La memoria è la forza dei popoli” di J. Ndiaye. Questa casa viene conservata proprio allo scopo di non dimenticare : i piani superiori erano riservati ai padroni bianchi, gli ufficiali che coordinavano questo sporco mercato mentre gli schiavi erano confinati ai piani terra e ogni stanza era destinata a categorie differenti di persone. Gli uomini venivano scelti in base al peso mentre le donne in base alle dimensioni del seno e alla loro verginità. Venivano tenuti legati con delle catene al collo, pesanti più di 10 kg , fissate alle braccia e alle caviglie. Venivano liberati una volta al giorno per i bisogni corporali ma le condizioni igieniche erano pessime tanto che nel 1779 la terribile epidemia di peste, che colpirà estese zone dell’Africa, partì proprio da qui. Rimango colpita da un’altra frase “In Africa un vecchio che muore è una biblioteca che brucia”… Lasciamo quella triste casa decisi a non dimenticare! In una chiesa viene ricordata Madre Anne Marie Javouhey (1779 – 1851), una suora che iniziò la sua missione come educatrice delle giovani fanciulle ricche ma poi dedicò la sua vita a combattere la schiavitù e aiutando gli orfani, vittime di questa barbaria. Mustafà ci fa notare un albero corallino : è splendido ma la sua rossa e vivace fioritura ci annuncia che la stagione delle piogge si sta avvicinando a grandi passi. Una lucertola dai colori blu e giallo sgargianti attira la nostra attenzione, vediamo la pianta dell’Hennè, fiorita e dai frutti vellutati. Ci fermiamo per un veloce spuntino e un cantastorie ci accompagna suonando il kora : uno strumento tipico a 21 corde che ripropone una musica che era riservata ai ricchi, dilettati dai cantastorie all’interno delle lussuose corti.
. Si torna a Dakar, ci fermiamo di nuovo dal pittore di quadri di sabbia e decidiamo subito di battezzare così la nostra spedizione umanitaria facendoci creare un quadro sul cui retro facciamo scrivere con la sabbia “SHANGRI LA’ 2003″. Attraversiamo piazza dell’Indipendenza con i palazzi più moderni e i quartieri più benestanti, la stazione e la moschea ma anche i quartieri più poveri e ceniamo in un ristorantino frequentato da uomini d’affari : assistiamo così all’esibizione di un cliente, proveniente dallo stato del Ghana (lo riconosciamo dal costume tipico che gli lascia scoperta una spalla) che danza al ritmo di una musica locale. E’ lunedì e lasciamo la capitale per dirigerci verso nord, lasciamo volentieri il traffico e la confusione cittadina, ognuno impegnato nelle sue attività quotidiane. Giungiamo al cosiddetto LAGO RETBA o più comunemente LAGO ROSA, reso di questo insolito colore dalla presenza di microorganismi che vivono sul fondo e la cui salinità è dieci volte superiore a quella dell’oceano. Decidiamo d’immergerci in quell’incanto e pare di galleggiare in un letto di rose: l’alta densità ci tiene sospesi nell’acqua e più ci muoviamo e più il colore rosa si accentua, cambiando di tonalità a seconda dell’incidenza dei raggi solari. Ci sciacquiamo da tutto quel sale con un secchio d’acqua preso da una risorgiva nel villaggio, è l’unica fonte d’acqua dolce presente. L’attività economica di queste zone è concentrata tutta sulla raccolta del sale. Giriamo in mezzo a uomini, donne e bambini che, ininterrotamente, raccolgono chili e chili di sale dal fondo del lago: gli uomini chinati sulle canoe riempiono i secchi e le donne, molte con legato il proprio bimbo sulla schiena, trasportano i pesanti secchi di sale, appoggiandoli sulla testa; li versano su montagne bianche di sale che verrà messo in appositi sacchi e quindi venduto. Chiedo quanto viene a costare un sacco di sale e rimango sbigottita : meno un euro! Meno di un euro per tutto quel lavoro! Ci aspettano due giorni di viaggio percorrendo una strada relativamente in buone condizioni, poi diventerà molto più accidentata… Così ci ha detto Mustafà, ma mi chiedo come diventerà poi, dal momento che questa strada che stiamo percorrendo è già piena di buche! Raggiungiamo Thies, località famosa per ospitare una rinomata fabbrica di arazzi e ci fermiamo per seguire il lavoro dei tagliatori di alberi : sono dei veri acrobati muovendosi da un ramo all’altro, da altezze vertiginose. La strada che stiamo seguendo è costellata da numerosi baobab dalle forme più fantasiose; questo affascinante albero è il simbolo del Senegal e si racconta che il suo grosso e tozzo tronco nonchè i rami deformi, simili a radici, derivano dal fatto che il baobab scontentò una divinità e questa, per la rabbia, lo sradicò ripiantandolo nel terreno a testa in giù. A LOUGA incontriamo uno dei più grandi BAOBAB esistenti: è un vero spettacolo, entro all’interno del suo enorme tronco e più che pareti legnose mi pare di guardare una roccia; è forte e maestoso, un vero capolavoro della natura ed è ritenuto in grandissima considerazione dalle popolazioni locali per la sua capacità di tollerare lunghi periodi di siccità e di vivere per centinaia di anni. Venerato come dotato di poteri magici, in effetti, possiede delle virtù terapeutiche per la cura della dissenteria e per i dolori articolari; il frutto ha un nome curioso “Il pane delle scimmie” dal tipico sapore di limone… Ci incuriosiamo subito e chiediamo a Mustafà di farcelo assaggiare, appena possibile… È una promessa che verrà mantenuta. Ed eccoci a St. Louis! Pernottiamo in un gradevole lodge immerso in un bellissimo giardino tropicale, con fiori dai colori variopinti, le piante di mango, buono e succoso… Sono le sette del mattino e dormono ancora tutti… Dalla boscaglia arrivano i versi e le grida di animali sconosciuti, ogni tanto qualcuno appare d’improvviso lasciandosi scorgere dal terrazzino dove sono io : splendidi, liberi e selvaggi! E’ esaltante sentire quanta vita ci sia in questa foresta e oggi ci aspetta un lungo viaggio in piroga, per risalire parte del lungo fiume senegal, 1783 km, e raggiungere l’isola dove cormorani, pellicani, aironi, gabbiani, garzette nidificano. Ci inoltreremo nel PARCO NAZIONALE DE LA LANGUE DE BARBARIE. Mentre ci avviciniamo al fiume, percorrendo una strada sterrata, un indigeno ci insegue per un lungo tratto come se volesse agganciarsi al nostro pulmino ma poi rinuncia… Sulla riva del fiume attendiamo la canoa che ci porterà all’interno del parco e, come sempre succede in questo paese, veniamo subito circondati dai bambini del villaggio vicino. Sono curiosi e in cerca di caramelle e di penne. Con la barca scivoliamo lentamente tra i banchi di fango e le isolette, dove gli uccelli vanno ad appollaiarsi e a cibarsi e giungiamo all’isola principale, dove nidificano: ce ne sono migliaia!!! Che spettacolo!!! Approdiamo su una delle isolette e, a piedi, raggiungiamo la riva dell’oceano preceduta da una vasta e deserta spiaggia. Il fiume Senegal nasce nella Guinea francese, insieme ai fiumi Niger e Gambia, dal monte Futa Jallon e risalirlo infonde un senso di calma. Quando facciamo ritorno a St.Louis, veniamo di nuovo assaliti dai numerosi bambini che rimangono affascinati dalla nostra macchina fotografica digitale, sono come incantati nel vedersi nello schermo…
St. LOUIS è una cittadina costruita tutta in stile coloniale portoghese, si presenta colorata e tranquilla, fu fondata dai francesi in ricordo del re di Francia Luigi 13̊. Lasciamo il nostro pulmino presso un locale dove consumiamo uno spuntino alla maniera dei senegalesi : un piatto di antipasto costituito da verdure crude e pesce, una seconda portata che è il piatto principale di carne o pesce con verdure cotte e, per finire, un dolce o frutta. Visitiamo St. Louis in calesse, il modo migliore per assaporare la calma che si respira in questa cittadina, ci fermiamo ad osservare la strana architettura delle case e, quando torniamo al calesse, scopriamo che è letteralmente stato invaso da una marea di ragazzini che non ne vogliono proprio sapere di scendere. Mustafà, con la sua consueta flemma, riesce a restituirci il calesse… Andiamo nel villaggio di Guetndar, sulla riva del fiume dove vivono di pesca : centinaia di pesci sono messi ad essiccare al sole sopra barcollanti palafitte, brulicano le mosche dappertutto, gli uomini si occupano della pesca vera e propria mentre le donne curano l’essicatura del pesce. Proseguiamo il nostro viaggio spingendosi un po’ più all’interno lungo una strada che attraversa una regione desertica costellata da acacie e alberi da frutta, cittadine piene di gente, villaggi con le capanne di paglia. Toccheremo le città di Louga, Diourbel, Touba e Kaolack e lungo la strada ci fermiamo in un villaggio molto povero, uno dei tanti disseminati in questa regione. Niente acqua a parte la riserva nel pozzo e questo è uno dei villaggi più fortunati: infatti, mentre viaggiavamo, abbiamo visto diverse donne percorrere chilometri a piedi, con in testa un’otre, per recarsi al primo villaggio che disponesse di un pozzo. Entriamo nel villaggio e subito veniamo circondati come fossimo marziani, sono una bella razza e anche qui, la macchina digitale e la videocamera colpiscono la loro fantasia. Decine e decine di bambini ci circondano, ci ospitano all’interno delle loro case, lasciamo un po’ di cose che abbiamo nelle valige. Rimaniamo colpiti da un bimbo: abbiamo terminato le caramelle, dobbiamo fare scorta e non abbiamo più niente a portata di mano, i bagagli sono sul tetto del pulmino tutti legati… Abbiamo soltanto un piccolo cucchiaino di plastica e, un po’ imbarazzati, lo porgiamo al bimbo che, con aria delusa per non avere ricevuto né le caramelle né altro, ci sta osservando… Lo vediamo illuminarsi, un sorriso raggiante e poi lo osserviamo correre da tutti a mostrare il cucchiaino come fosse oro! Inevitabile confrontare la nostra vita alla loro, meditiamo soprattutto sul senso della felicità… Arriviamo alla città di TOUBA, che significa FELICITA’, è la città santa dove, ogni anno, giungono migliaia di fedeli dell’Islam. La moschea è meravigliosa, tutta costruita in marmo bianco di Carrara e in marmo rosa del Portogallo, suddivisa in un’ala per le donne e una per gli uomini. Ci permettono di entrare a condizione di toglierci le scarpe e indossare, per noi donne, un foulard. E’ estremamente arricchita con decorazioni di fabbricazione marocchina. Il suo fondatore, Amadou Bamba, morì nel 1927 ed è tutt’ora il marabout più famoso e più importante del Senegal, a cui si attribuisce la qualifica di capo religioso, investito di potere divino, che svolge un ruolo intermediario tra Dio e la gente comune.
Ci fermiamo quindi alla moschea di DIOURBEL e facciamo scorte in un mercatino allestito lungo la strada, dove viene tutto steso per terra. Il localino dove ci fermiamo a mangiare, non dispone di acqua e tramite un secchio ci laviamo almeno le mani…Meta finale della giornata è la città di Kaolack, dove dormiamo e facciamo altre scorte prima d’inoltrarci sempre più all’interno del paese : siamo consapevoli che troveremo sempre di meno man mano ci spingeremo verso est ma è lì che vogliamo andare! Il viaggio si presenta lungo e monotono, chilometri di pista desertica, intercalata da enormi mandrie di mucche, magrissime che sono in attesa dell’arrivo delle prime piogge per poter mangiare un po’ di erbetta verde… Il terreno sabbioso è stato preparato per coltivare le arachidi: anche gli agricoltori attendono con impazienza l’acqua… Se da un lato le arachidi contribuiscono in misura notevole all’economia dello stato, dall’altro le estese piantagioni impediscono ai contadini di trarre il proprio sostentamento dalla terra oltre ad avere un effetto devastante sull’ambiente; queste colture assorbono, infatti, i valori nutritivi del terreno e, al momento del raccolto, la pianta viene estirpata completamente (radici comprese) lasciando il suolo, ormai povero e secco, alle intemperie. Il terreno ne risulta impoverito oppure dilavato in brevissimo tempo e per questo è necessario dar vita a nuove piantagioni, a discapito dei prati, degli arbusti e di altre forme di vegetazione, nonché degli stessi animali selvatici, che si vedono privati del loro habitat naturale. Inoltre le piantagioni si estendono fino ad inglobare le zone adibite a pascolo che dovrebbero, invece, essere riservate alle etnie seminomadi come i FULA. Ci stiamo spostando verso sud-ovest in direzione di TOUBAKOUTA, vogliamo raggiungere il delta del fiume SINE’ SALOUM, “dove vanno a dormire gli uccelli” … Quando Mustafà ci racconta di questo luogo pensiamo che ci stia prendendo in giro ma presto ci accorgeremo che non stava scherzando! Stasera, dopo la navigazione sul fiume, pernotteremo in gradevoli bungalows sulla riva del Sinè Saloum, immersi in un bel giardino. Andiamo sul pontile e da lì cominciamo il nostro viaggio in piroga… E’ l’unico mezzo per raggiungere il “riposo degli uccelli”, arriveremo laggiù dopo il tramonto, l’ora propizia per iniziare il “riposo”… Solchiamo il fiume attraverso estese foreste di mangrovie che crescono nelle distese di fango create dalle maree e che prosperano nelle acque salmastre, in una calma assoluta… Approdiamo su un’isoletta camminando su un terreno cosparso di conchiglie e dove dominano immensi baobab : mentre mi allontano dalla barca osservo il pescatore che tira fuori, a secchi, l’acqua dall’imbarcazione… È per questo, allora, che ci siamo fermati? No! mi sbaglio o almeno non è soltanto per questo! Mustafà, infatti, mantiene la sua promessa e ci fa assaggiare il famoso frutto di questo mitico albero, il “pane delle scimmie”… Facciamo onore a questo nuovo sapore misto tra il limone e qualcosa d’indecifrabile e Mustafà ci spega tutte le proprietà di questo frutto. E intanto trascorrono le ore… Dobbiamo arrivare al luogo dove vanno a dormire gli uccelli… È un’isoletta che pare essere uguale a tutte le altre, l’attesa… E noi che ci guardiamo continuamente in giro, il motore della piroga è spento, c’è una calma strana, non sappiamo bene cosa stia per succedere … Poi, d’improvviso, cominciano ad arrivare pellicani, aironi neri e bianchi, cormorani, fenicotteri, martin pescatori… Arrivano da ogni direzione e ognuno sembra avere un luogo prestabilito dove sistemarsi per la notte, a volte uno costringe l’altro a spostarsi, come se ci fossero dei posti prenotati, chi si mette ai piani di sotto e chi ai piani di sopra, non sappiamo più da che parte guardare, ne arrivano da tutte le parti e ce ne sono a migliaia! L’isoletta che li ospita per la notte è brulicante di vita e mi appare come un grande condominio: mi emoziono e mi esalto in un’alternanza di sensazioni mai provate… Ormai è buio, il sole è definitivamente tramontato, davanti a noi migliaia di uccelli, appollaiati sui rami delle mangrovie attendono la notte, al sicuro senza rischiare di essere predati dalle scimmie o da altri predatori, ma noi non possiamo dormire qui… A noi non è dato questo privilegio… Ce ne andiamo consci di aver assistito a uno degli spettacoli naturali più belli in assoluto. Sono tanto felice!!! Dobbiamo raggiungere la Casamance andando a sud, ma attraversare il Senegal in questa regione è molto pericoloso: settimana scorsa tre turisti hanno perso la vita imbattendosi in un gruppo di guerriglieri… L’unico modo per evitare certe regioni è raggiungere il sud del Senegal, attraversando lo stato del GAMBIA, dove le strade sono così sconnesse e piene di buche, che si viaggia meglio e un po’ più spediti percorrendo il bordo sterrato della strada, fiancheggiata da strisce di terra rossa e costeggiata da numerosi e grandi termitai. Occorrerà una giornata intera per percorrere una striscia di terra lunga appena 300 km e larga in media 35 km. Perdiamo tantissimo tempo per i numerosi posti di blocco che ci esasperano con le formalità burocratiche, i controlli doganali e i regali che ci chiedono… Ad ogni fermata il nostro pulmino viene letteralmente assalito dai venditori ambulanti che vendono di tutto, aggrappandosi ai vetri, bussando e insistendo pur di destare la nostra attenzione. Raggiungiamo BANJUIL, la capitale, e il fiume Gambia, dove una chiatta ci trasporterà sull’altra riva: dobbiamo attendere parecchio tempo prima di riuscire ad imbarcarci, sta scendendo sulla terra ferma un fiume di gente, proveniente dall’altra parte del fiume, ognuno con il proprio fagotto, scendono in continuazione, pare non finiscano mai e poi sbarcano i camion e le macchine… Ma quanto è grande questa chiatta?! Finalmente saliamo: l’altra riva non è lontana e a bordo siamo in tantissimi, siamo tutti in piedi, così compatti da non riuscire a fare un passo e NOI SIAMO GLI UNICI BIANCHI! E siamo tornati in Senegal, nella verde regione della CASAMANCE: il paesaggio è cambiato completamente, paludi e foreste di anacardi e manghi si estendono dovunque, qui l’acqua non manca e la vegetazione è rigogliosa! Un branco di babbuini ci attraversa la strada: sono aggressivi perché hanno al seguito uno stuolo di cuccioli. Pernottiamo in un delizioso alloggio sul fiume, ma popolato di zanzare e insetti di ogni genere, anche a causa della vicinanza del mercato del pesce. Raggiungiamo la capitale della Casamance , ZIGUINCHOR, nome derivante dal portoghese che significa “Sono arrivato e loro piangono” proprio a causa della schiavitù portata qui dai portoghesi. Entrando in una chiesa cattolica, notiamo un gruppo di donne mentre puliscono il pavimento, con lo stesso sistema della donna che avevo notato a Dakar, usando una scopa senza manico. Compriamo altri sacchetti di caramelle nonché saponette e penne, faccio amicizia con alcuni bambini e lasciamo qualche maglietta ai bimbi che indossano i vestiti più laceri e sporchi. Ci fermiamo al villaggio di DIOHER, di religione animista, come lo sono quasi tutti i villaggi della Casamance : i sacrifici agli dei dominano nelle cerimonie più importanti e qui ospitano un albero sacro, un enorme CEIBA, sulle cui radici e spettacolare tronco, davvero incredibili, viene versato il sangue del sacrificio consumato presso l’altare che si trova di fianco all’albero, riparato da un tetto di paglia. I ceiba sono alberi fiabeschi, alti e slanciati con profonde insenature lungo il tronco, che mi fanno pensare a qualcosa di magico e irreale. Prima di lasciare il villaggio ci inteneriamo nell’osservare decine di ragazzini mentre, tutti in fila assiepati, attendono che gli adulti gli diano le cose che abbiamo portato, uno alla volta, senza litigare…Le donne, ai bordi della strada, vendono il MAD, un succoso frutto da cui si ottiene un liquore… e via si riparte, alla volta del villaggio di NIAMBALANG : ci vedono arrivare e, in un batter d’occhio, veniamo circondati da decine di ragazzini che corrono da tutte le parti, sembra ci sia stato un avviso generale e tutti, ma proprio tutti, siano corsi ad accoglierci… Ci prendono per mano, anzi sarebbe meglio dire si aggrappano alle nostre mani e non ci lasciano più, facciamo qualche fotografia e qualche ripresa video ma, a fatica, perché sono affascinati e vogliono capire come funzionano i vari attrezzi elettronici. Prendiamo in braccio i più piccolini perché non riescono a stare al passo e, rimanendo indietro, piangono. Veniamo ospitati in una CASA A IMPLUVIO, ovvero una casa adibita a raccogliere acqua in una cisterna tramite un doppio tetto costruito a imbuto. L’interno è semplicissimo ed essenziale. Una piccola sosta a CAP SKIRING, una delle più belle spiagge dell’Africa occidentale e si riparte…
Dobbiamo spingerci sempre più all’interno, sempre più a est, fino a raggiungere il Parco Niokolo Koba, a Simenti. Dovremo riattraversare il Gambia, ci sarebbe una strada più breve ma anche qui sarebbe imprudente passare in quanto sono stati segnalati gruppi di guerriglieri armati che rivendicano l’indipendenza; in effetti, in questi giorni trascorsi in Casamance, abbiamo incontrato parecchi posti di blocco dell’esercito militare. Percorriamo una strada sconnessa per raggiungere MANSA KONCO, il punto dove riattraverseremo il fiume Gambia e ci fermiamo ad osservare una pianta di cotone e alcune persone che danno fuoco alla foresta (Mustafà ci spiega che è una prassi comune per rendere il bosco pulito…). L’attesa al traghetto è interminabile, tra il caldo e la sporcizia che aleggia dovunque, siamo in parecchi ad attendere, con enormi carichi ammucchiati sui tetti dei pullman e dei furgoni; sono numerosi i camion pieni di manghi, di rottami, di mercanzia di ogni genere e poi pulmini di linea, stipati di gente e di bagagli fino all’inverosimile… Continuano a salire, sembra che i posti siano infiniti, chi con il piatto di banane, chi con le pecore, chi con il marmocchio legato dietro alla schiena. Numerosi e asfissianti sono i venditori ambulanti, vendono di tutto, perfino l’ACQUA NEI SACCHETTINI DI PLASTICA ! Attraversiamo il Gambia e proseguiamo il nostro viaggio attraverso il Senegal verso est: un gruppo di ragazzi si sta divertendo sguazzando nelle acque del fiume, ci stiamo avvicinando sempre di più alla più remota regione del Senegal. Ci aspettano 400 km di viaggio, una breve sosta a TAMBACOUNDA e si prosegue… Buchiamo una gomma e siamo costretti a fermarci in un villaggio dove ci soccorrono. Nel giro di un’ora saremo pronti a ripartire e nell’attesa facciamo amicizia con la gente locale : regaliamo una maglietta a un ragazzino che indossa una camicia lacera, piena di buchi e sporca, se ne sta in disparte mentre gli altri ci attorniano. Il viaggio riprende, i villaggi si susseguono mentre il grano comincia a crescere, i prati inverdiscono, stanno arrivando le piogge …Mandrie di mucche, pecore e capre attraversano le praterie, carretti carichi di donne e bambini tornano con la loro mercanzia dai mercati. Siamo vicini al parco nazionale ma Mustafà ci chiede di potersi fermare a salutare degli amici nel villaggio di BADI NIERIKO, che significa “villaggio della pace”. La moglie del suo amico è prossima a partorire e ci presenta gli altri suoi figli e tutti gli altri abitanti del villaggio. Infine, attraversando una pista nella foresta, arriviamo al PARCO DI NIOKOLO KOBA : un enorme albero caduto durante la notte ci blocca la strada, superiamo l’ostacolo percorrendo un fuori pista e cominciamo a vedere i primi animali… È un vero paradiso : qui vivono antilopi, facoceri , gazzelle, babbuini, bertucce, leopardi e leoni, ippopotami, coccodrilli, sciacalli, scoiattoli, tartarughe, varani nonché uccelli dai colori magnifici. Il terreno è disseminato da numerosi termitai : alcuni rossi e altissimi, dalle forme spettacolari, altri bassi e grigi, dalla tipica forma di fungo.
L’arrivo al lodge, nel cuore del parco, è proprio come prevedevo : siamo fuori dal mondo… Niente luce, niente acqua calda, a lume di candela con geki e insetti vari come compagni di camera… Un caldo umido insopportabile, allucinante, sento le goccioline di sudore scendere per tutto il corpo, ma in compenso siamo in un vero eden naturale!!! Qui gli animali selvatici vivono indisturbati se non fosse per i bracconieri… Giriamo il parco a bordo di un grosso fuoristrada, con ruote motrici capaci di uscire dagli enormi solchi di fango che si formano lungo le piste quando piove. Un po’ di chilometri li percorriamo a piedi, per raggiungere zone più inaccessibili. Dobbiamo attraversare un PONTE VERTIGINOSO, SOSPESO sul grande fiume che attraversa il parco, camminare sopra quelle assi di legno non ti dà per niente sicurezza, sembra di volare giù da un momento all’altro e, nella seconda metà del ponte, le assi si sono tutte stortate da una parte… Così per farci provare maggiormente l’emozione del brivido… Partiamo ogni giorno dal lodge all’alba per tornarci dopo il tramonto, le ore centrali della giornata sono poco propizie per l’osservazione degli animali, fa troppo caldo e aleggia nell’aria una calma piatta. Ma quando la foresta si sveglia è tutta un’altra cosa: sono affascinata soprattutto dai mille rumori, dai versi degli uccelli, dalle grida, dalle urla, dall’abbaiare dei babbuini. La foresta è viva!!! I facoceri sono seguiti dai merli : un ottimo esempio di commensalismo animale, il merlo si nutre dei parassiti del facocero che , in questo modo, si libera di un fastidioso problema; un coccodrillo se ne sta pigramente sdraiato sulla riva del fiume; un gruppo di ippopotami domina nell’acqua, un maschio con il suo harem di femmine; un cucciolo di gazzella mangia il latte dalla mamma; gruppi familiari di scimmie si lasciano avvicinare… Scene di vita naturale splendide!!! Una guardia del parco ci conduce a vedere un leopardo, protetto in un recinto, in quanto i bracconieri gli hanno ucciso la madre, è stato allevato in cattività ed ora sarà un problema restituirlo alla vita selvatica… Continuiamo il nostro percorso e, dopo tanto girovagare, finalmente, riusciamo a scorgere due leopardi selvatici, in libertà!!! Sono stupendi: fieri e maestosi ! Stanotte ha piovuto e le piste sono allagate, dobbiamo continuamente uscire dalla strada maestra… Raggiungiamo il Mirador, un punto panoramico da cui si può godere una visione ampia del parco. Lasciamo il parco per tornare verso la costa dell’Atlantico, ci aspettano più di 600 km. Dobbiamo fermarci di nuovo al villaggio di BADI NIERIKO perché la nostra guida Mustafà è stato nominato padrino : il bimbo che stava per nascere è nato proprio il giorno della nostra prima visita ed è stato battezzato Mustafà! Il padrino è molto emozionato, entriamo tutti nella capanna per ammirare quella piccola creaturina, nata da pochi giorni… Stiamo come in adorazione mentre il capo villaggio sorride fiero del nuovo arrivato. Dei bimbetti mi si aggrappano alle mani per non abbandonarmi più e per condurmi a visitare l’intero villaggio. Lasciamo altre cose che possono servire a questa comunità.
Pranziamo a TAMBACOUNDA e poi via, attraverso il Senegal alla volta dell’oceano… Il viaggio è lungo, guardo scorrere, attraverso il finestrino del pulmino, la terra del Senegal: piantagioni, villaggi, gruppi di persone all’ombra degli alberi, pozze d’acqua con decine e decine di mucche, mandrie di pecore, baobab splendidi e fatati, il traffico è molto limitato… Incontriamo carretti carichi di merci, cittadine, capanne, pastori e, infine raggiungiamo l’oceano : siamo a Saly affacciata sull’oceano, immersa tra splendidi giardini fioriti. Degli uomini stanno rifacendo un tetto di paglia, dei pescatori stanno tirando a riva una rete sulla bella spiaggia di Saly e un avvoltoio volteggia nel cielo, incurante di ciò che avviene sotto di lui. Qui è tutto molto bello ma mi mancano tanto le scimmiette del parco, che salivano sul tavolo a rubarmi il pane, mentre facevo colazione… E mi mancano le voci della foresta e i suoni della savana! Ci rechiamo nell’isola di JOAL-FADIOUT, un’isola completamnete costruita con le conchiglie, dalle pareti delle case, al cimitero, al suolo dove si cammina. Assistiamo alla messa africana, cantata e suonata con i tamburi e altri strumenti locali, è molto suggestiva e rimango estasiata a guardare il fiume di gente che esce alla fine della funzione : una moltitudine di colori nei costumi delle donne che indossano il tipico BOUBOU… Sono bellissime! Il miglio e il grano vengono fatti essiccare su delle palafitte piantate nel fiume, per ripararli dai topi e dagli insetti terrestri.
Visitiamo MBOUR, a sei chilometri da Saly. Qui vive la popolazione PEULH, nomadi provenienti dall’Etiopia e sono di pelle più chiara rispetto al resto del paese.
Assistiamo a uno spettacolo folkloristico, danzano come fossero indiavolati al ritmo dei tamburi, accendono un fuoco sulla spiaggia e l’effetto è meraviglioso : rimpiango di non poter vedere un simile spettacolo in uno dei tanti villaggi che ho visitato!!! Domani torniamo in Italia e decido di portarmi un ricordo dal Senegal : mi faccio fare le famose TRECCINE AFRICANE! La ragazza che mi sta pettinando è velocissima, muove le dita in modo impressionante ma, nonostante la sua abilità, ci vorrà un’ora e mezza per completare la pettinatura. Oggi si parte, è l’ultimo giorno che trascorriamo in Senegal, stiamo facendo colazione e un grazioso uccellino viene a prenderci un pezzetto di torta, è venuto a salutarci… Ripenso a tutto questo viaggio, a tutto ciò che ho visto, a tutta la gente che ho incontrato, dai Wolof che costituiscono il 43% circa della popolazione totale, insediati soprattutto nella regione centrale, a nord e a est di Dakar e lungo la costa, ai Serer, che vivono anch’essi nelle regioni centrali, ai Fula sparsi nel Senegal settentrionale e orientale, ai Tukulor nel nord, ai Mandinka nelle zone di confine con il Gambia, ai Malinkè nel nord-est e ai Diola della Casamance… Niente di ciò che ho vissuto in questi 22 giorni potrà essere cancellato dalla mia memoria, tutto sarà custodito come qualcosa di prezioso, qualcosa che mi ha reso più grande, più saggia e più felice. E anche questa volta lascio una parte del mio cuore in quella terra d’Africa… Un giorno, forse, riuscirò a ricomporre il mio cuore in tutte le sue parti, quella parti che ho abbandonato in ogni parte del mondo.