Magnifico Sahara

L’organizzazione del nostro itinrario in Tunisia si è svolta sostanzialmente in due fasi. Prima abbiamo cercato di capire se era possibile un viaggio fai da te nel sud del paese ed eventualmente quanto sarebbe costato. Quando ci siamo resi conto che, nonostante la fattibilità, il budget avrebbe superato abbondantemente i 1.200 euro a testa, ci...
Scritto da: Oliviero Forti
magnifico sahara
Partenza il: 30/06/2003
Ritorno il: 08/07/2003
Viaggiatori: in gruppo
Spesa: 1000 €
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L’organizzazione del nostro itinrario in Tunisia si è svolta sostanzialmente in due fasi. Prima abbiamo cercato di capire se era possibile un viaggio fai da te nel sud del paese ed eventualmente quanto sarebbe costato. Quando ci siamo resi conto che, nonostante la fattibilità, il budget avrebbe superato abbondantemente i 1.200 euro a testa, ci siamo piegati alle logiche del mercato prenotando un viaggio all inclusive, non prima comunque di aver ripetutamente consultato il sito di turisti per caso e letto almeno tre volte la Lonley Planet. Alla fine abbiamo scelto: “tour delle piste berbere”. Il costo finale, volo compreso, ha superato di poco i 600 euro. Cosa ci avrebbe riservato, però, un tour il cui nome aveva qualche pretesa pseudo culturale e il cui costo poteva coprire a mala pena il prezzo di un albergo in mezza pensione nel posto meno attraente della Sardegna in bassa stagione, nessuno poteva saperlo. Peraltro l’organizzazione del viaggio è avvenuta solo su depliant e l’itinerario indicato era etichettato dalla Lonley Planet come una “trappola per turisti”.

La nostra mente era affollata da molte domande e l’incertezza cominciava a montare. Ma ormai i giochi erano fatti; avevamo pagato la nostra quota e non ci rimaneva che verificare personalmente.

Siamo partiti la prima settimana di luglio 2003 quando a Roma la temperatura media era di 35 gradi con un tasso di umidità che sfiorava il 90%. Potete immaginare come hanno reagito amici e parenti alla notizia che da lì a qualche giorno, il sottoscritto, Simona (mia moglie), Armando (mio cugino) e Antonella (sua moglie) si sarebbero ritrovati in mezzo alle sabbie del deserto sahariano. Ma ogni volta lo scetticismo altrui veniva goffamente superato con la classica frase: “nel deserto, però, il caldo è diverso, è secco”.

1° giorno: Per farla breve io e Simona ci siamo ritrovati il sabato mattina all’aeroporto di Fiumicino a ritirare i biglietti presso un banco appositamente dedicato alle truppe di viaggiatori organizzati. La sensazione è meno sgradevole del previsto, forse perché non ci hanno fatto “gentile” omaggio né di cappellini né tanto meno di inutili zainetti. Il volo, affollato all’inverosimile e popolato da personaggi difficili da descrivere, avviene con AirOne e si svolge nel migliore dei modi concludendosi con un anacronistico e quanto mai fragoroso applauso. Giunti a Djerba siamo accolti dalla ben nota bolla sahariana e considerando che ci trovavamo ai margini del deserto potete immaginare la temperatura esterna. Ma forse è meglio che ve lo dica io: il pilota, prima che vengano aperti i portelloni, serafico annuncia che al suolo si registrano 48 gradi. Può essere una consolazione sapere che nel deserto il clima è secco e quindi il caldo si sente di meno? Forse per qualcuno sì, ma per noi l’impatto è di quelli che non si dimenticano facilmente. Ma ancora peggio del caldo sono le frotte di turisti che si riversano a ritirare il bagaglio con il telefonino in mano, pronti a scambiarsi utili consigli sul roaming e su come ricevere messaggini dall’Italia. Mi sono bastate poche ore per capire l’utilità di figure quali l’antropologo o il sociologo del turismo.

Dopo i controlli di rito incontriamo i corrispondenti del tour operator che ci smistano verso i mezzi che ci condurranno in albergo. Da una parte c’era un grande pulmann che ha caricato la quasi totalità dei turisti e dall’altra una vecchia jeep che attende solo quattro persone. Provo una sensazione di grande sollievo quando capisco che due di quelli siamo noi. Gli altri sono i nostri compagni di viaggio, Sergio e Francesca, ai quali si aggiungeranno mio cugino e la moglie da Palermo, insieme ad altre tre persone che conosceremo domani.

Il primo impatto con l’isola di Djerba non è particolarmente significativo soprattutto per noi che, conoscendo molto bene il sud d’Italia, ci sembra di muoverci nelle campagne dell’agrigentino. La prima vera sorpresa è l’hotel Vincci, un lussuoso cinque stelle che ci permette di rinfrescarci in una splendida piscina: a dire il vero, viste le dimensioni, sembra piuttosto un lago. Dopo una lauta cena a buffet andiamo a dormire in attesa di domani quando due jeep passeranno a prenderci alle 7,00 per incominciare il tour sahariano della durata di 5 giorni attraverso le più belle oasi della Tunisia, tra Libia ed Algeria.

2° giorno: puntuali come degli orologi svizzeri, la guida Munir e i due autisti Sadì e …, sono fuori dall’albergo ad aspettarci per la partenza. Da subito abbiamo apprezziamo la professionalità, la gentilezza e la simpatia di chi ci dovrà accompagnarci lungo tutto il nostro viaggio.

Nella nostra jeep (una moderna auto di marca giapponese con aria condizionata) siamo in cinque tra cui Eugenia, una viaggiatrice solitaria di Milano e i miei cugini.

Lasciamo Djerba attraverso il ponte romano e ci dirigiamo verso Medenine. Lungo il tragitto siamo purtroppo testimoni della devastazione portata dalla siccità degli ultimi anni: migliaia di ulivi, alcuni secolari, sono in attesa di essere tagliati perché completamente secchi.

A Medenine possiamo visitare una delle cose più caratteristiche della Tunisia meridionale ovvero gli Ksour, antichi granai oggi diventati frequentato luogo turistico. Nonostante tutto è una meta molto bella e in alcune sue parti ancora evocativa. Dopo aver visitato il mercato e mangiato un dolce tipico, le corna di gazzella, ci muoviamo alla volta di un famoso villaggio berbero verso l’interno. Si tratta di Chenini. Sono le 13,00 circa e la temperatura esterna tocca i 52 gradi. In quattro decidiamo di affidarci ad un abitante del luogo che si presta a farci girare il villaggio e ci conduce all’interno di casa sua. Grande sorpresa: la temperatura all’interno non supera i 26-27 gradi. E’ una sensazione piacevolissima e per questo ci intratteniamo in una piacevole discussione e apprendiamo che le case sono scavate nella roccia, mantenendo per questo una temperatura costante. L’abitazione è piccola ma molto dignitosa. Il pranzo, come la maggior parte di quelli che faremo, è presso un ristorantino turistico dove servono uova, couscous con carne, insalata e l’immancabile briq à l’oeuf.

Durante il viaggio abbiamo l’occasione di approfondire la conoscenza con Eugenia che si rivela una persona piacevolissima e piena di spirito: si dimostrerà un’ottima compagna di viaggio.

Il pomeriggio prevede una sosta in un altro Ksour dal nome Haddada e la cui particolarità consiste nel fatto di essere stato uno dei set del colossal Guerre Stellari. E’ un bel posto perché poco affollato e meglio tenuto di tanti altri.

Finalmente incominciamo ad inoltrarci nel deserto e l’entusiasmo è alle stelle. Man mano che avanziamo il paesaggio cambia. Si passa da distese di roccia brulla, colonizzata da qualche cespuglio secco, fino al deserto che abbiamo sempre immaginato. Un’immensa distesa di sabbia rossa e finissima che alla luce del tramonto assume un colore ocra difficilmente descrivibile. Ci fermiamo per una sosta non prevista presso un gruppo di pastori che gentilmente ci offre un bicchiere di the rosso: il migliore che abbiamo bevuto durante tutto il viaggio.

Intorno alle 18,00 giungiamo nell’oasi di Ksar Ghilane dove ci alloggiano presso un campo molto ben attrezzato. Si dorme all’interno di confortevolissime tende da quattro coperte con teli berberi nelle quali ci sono dei letti con tanto di materasso e lenzuola. Non posso non pensare che qui il turista è un’irrinunciabile fonte di ricchezza alla quale bisogna dedicare tutte le attenzioni possibili. Ci portano a fare il bagno in un mini laghetto all’interno dell’oasi. Noi preferiamo fare due passi tra le dune e scattare qualche foto alla luce del tramonto. Anche qui le cosiddette trappole per turisti (termine di cui abusa la Lonley Planet, peccando qualche volta di poca oggettività) sono ad ogni angolo ma basta un po’ di attenzione e una buona dose di adattamento per scoprire che il giro in cammello piuttosto che la passeggiata in calesse possono essere buone occasioni per scambiare due parole con chi riesce a sbarcare il lunario grazie alla nostra presenza. Dopo una cena frugale e una bella chiacchierata sotto il cielo stellato del deserto andiamo a dormire con circa 25-26 gradi. L’atmosfera è un po’ surreale ma molto coinvolgente. 3° giorno: Dopo una semplice colazione ci inoltriamo nuovamente nel deserto con le nostre jeep fermandoci in un piccolo punto di ristoro costruito nel nulla. Il nostro autista, che si rivelerà un amicone, conosce tutti coloro che incontriamo durante il tour e anche questa volta non perde occasione per farci vedere ed assaggiare qualcosa. Mangiamo del pane fatto direttamente dai gestori del piccolo bar accompagnato con il tonno e l’harissa, una salsa piccantissima: è ottimo!! Scopro, peraltro, che per tenere al fresco le bibite utilizzano dei frigoriferi a gas, dal momento che lì non arriva la luce elettrica. Unica nota stonata è un fennec, la volpe del deserto, chiuso in una gabbia per la gioia dei turisti, pronti a fotografarlo in qualsiasi posa. In tarda mattinata ci sistemiamo in un albergo a nord di Douz ed esattamente a Kebili. Queste sono grandi oasi che, diversamente da quanto ci si aspetta, non sono fazzoletti di deserto con tre palme e due cammelli ma vere e proprie cittadine con tutti i servizi, in alcuni casi anche l’aeroporto come a Tozeur. Nel pomeriggio abbiamo deciso di pagare una quota volontaria per sfuggire all’ozio della piscina e affrontare un breve trekking in cammello nel deserto alle porte dell’oasi di Douz. E’ stato divertentissimo e molto suggestivo. Accompagnati da quattro o cinque giovanissimi cammellieri abbiamo raggiunto un luogo isolato, con qualche palma e nient’altro. Aspettando il tramonto tra le dune di sabbia bianchissima, i cammellieri ci hanno preparato, cuocendola sotto la sabbia, una focaccia. Ho deciso di affrontare il ritorno a piedi, anche per parlare un po’ con questi ragazzi che lavorano durante l’estate, quando la scuola è chiusa, e contribuiscono in questo modo al budget familiare. La sera mangiamo il peggiore pasto della vacanza. Alla fine questo albergo, anche per una serie di altri disservizi, è risultato il meno confortevole di tutti quelli visitati. Nel complesso, comunque, lo standard del servizio è stato elevato soprattutto se rapportato al prezzo finale.

4° giorno: dopo la colazione partiamo verso Chott El Jarid, il lago salato più grande della Tunisia. E’ un paesaggio lunare, privo di qualsiasi asperità che lascia spaziare lo sguardo verso l’infinito. E’ un’immensa pianura di sale dove non esistono all’apparenza forme di vita ed è percorsa da un terrapieno sul quale sfrecciano furgoni e jeep. Ai lati della strada scorrono dei canali di acqua salata con concentrazioni elevatissime di sale che alcune volte colorano l’acqua di rosso. Dopo questa meraviglia arriviamo a Tozeur dove non perdiamo occasione per ascoltare in macchina l’omonima canzone di Franco Battiato cercando di unire alle suggestioni della musica quelle del paesaggio. L’oasi è molto grande e presenta i caratteri di una vera e propria cittadina con il centro storico, il mercato, la stazione dei treni e l’aeroporto. L’albergo dove alloggiamo è dignitoso e la sua immancabile piscina è in una posizione scenografica ai bordi del deserto cosicché il bagno refrigerante è accompagnato anche da una vista impareggiabile. E’ intorno alle 17,00 che partiamo per un’esperienza unica: la scalata delle dune con le jeep. Anche questo è un fuori programma che tutti insieme abbiamo deciso di concederci dietro il pagamento di una somma assolutamente modesta. Abbiamo l’opportunità di conoscere altre tipologie di deserto, tutte accomunate, però, da un minimo denominatore: silenzio assoluto e spazi infiniti. Solo questo basterebbe per suggerire un viaggio da queste parti. La jeeppata si conclude con la visita al set di guerre stellari: anche questa era stata descritta come una semplice trappola per turisti ed invece si è rivelata un’ulteriore sorpresa in una giornata ricca di emozioni. La guida Munir si dimostra sempre premurosa e attenta a tutti i particolari. E’ una persona di grande cultura, pronta sempre al confronto e al dialogo.

5° giorno: Ormai la temperatura si è attestata su valori normali (30-35 gradi). Ci svegliamo presto per intraprendere il giro delle oasi di montagna. Chebicka è la prima che visitiamo e la troviamo affollata di turisti. Nonostante ciò il suo fascino è tale da far superare il primo impatto negativo. Ci troviamo davanti a magnifici canyon che in certi punti appaiono quasi come una tavolozza dai colori intensi dove al rosso ocra della terra, si mischia il blu cobalto del cielo e il verde intenso delle palme. L’acqua scorre alla base di queste alte pareti che costituiscono la parte finale della catena dell’Atlante. L’Algeria è a pochi chilometri. Più in là c’è Tamerza la cui bellezza è dovuta alla presenza di un’abbondante cascata d’acqua freschissima che forma una pittoresca piscina in mezzo al deserto. Nemmeno a dirlo ci tuffiamo tutti per un bagno ristoratore e, grazie al suo spirito intraprendente, Sergio incomincia una partita a pallone con due ragazzi tunisini alla quale poi mi aggrego anche io, Armando e Simone, il simpatico imprenditore veronese. E’ un bel modo per condividere dei momenti di gioia anche con delle persone del luogo. Mi sono dovuto ulteriormente ricredere sul fatto che nei viaggi organizzati non si ha l’occasione di entrare in contatto con le popolazioni locali. Anzi, se nel tuo gruppo hai delle persone come quelle che ho trovato in Tunisia probabilmente hai molte più chances di fare degli incontri che non viaggiando da solo. Dopo il pranzo in albergo andiamo a Nefta per un giro didattico in calesse. E’ un pomeriggio ventoso. Veniamo introdotti in un appezzamento di terreno dove una famiglia ci spiega il ciclo delle oasi, ci offre del thè e ci fa fumare una curiosa pipa fatta con una canna e il braciere in terracotta. La sera decido insieme a mia moglie e ai miei cugini di andare a cena in un ristorante pensato solo per turisti. Munir ci assicura che nonostante lo show di un incantatore di serpenti e di altri saltimbanchi e l’immancabile danza del ventre, peraltro molto apprezzata dall’autista Sadì che ha cenato con noi, la cena è di grande qualità. Alla fine dobbiamo dargli ragione. Siamo introdotti in una mega tenda berbera e veniamo accompagnati a dei tavoli apparecchiati elegantemente. Tutto è perfetto: cibo ottimo, servizio impeccabile e tanta allegria grazie soprattutto alla presenza dell’incontenibile Sadì che partecipa attivamente alla serata.

6° giorno: è arrivato il momento di fare rientro a Djerba. Arriveremo di pomeriggio dopo un viaggio di 350 km circa che si svolge sempre tra paesaggi bellissimi. Ci fermiamo all’ora di pranzo presso il famosissimo villaggio troglodita di Matmata dove abbiamo l’occasione di visitare l’abitazione di una famiglia del luogo. La casa è scavata sotto terra ed è tenuta molto bene, forse anche perché è costante meta di turisti. L’accoglienza è buona come sempre Intorno alle 15,00 rientriamo a Djerba via mare, prendendo il traghetto e arrivando in breve all’hotel Vincci. Un po’ stanchi ci sollazziamo in piscina prima della lauta cena in albergo.

7° giorno: il penultimo giorno è dedicato alla visita della città principale dell’isola, Houmt Souq, e del suo mercato. L’atmosfera è vivace e piacevole. Il nostro ultimo pasto insieme alla guida e agli autisti è presso un anonimo ristorante vicino l’albergo. E’ giunto il triste momento dei saluti che tutti vorremmo fossero solo degli arrivederci. Dopo il rituale scambio di indirizzi torniamo nella nostra gabbia dorata, l’hotel Vincci. La sera ci incontriamo con gli altri del gruppo e tutti e 9 ci dedichiamo ad un’attività estremamente “faticosa”: fumare il narghilè. Per me e Simona è la prima volta e ci divertiamo moltissimo. I più bravi in questa operazione sembrano Armando e Cinzia, l’altra persona di Verona.

8° giorno: prepariamo le ultime cose in valigia e dopo un paio d’ore di piscina salutiamo tutti e con Sergio e Francesca veniamo prelevati per essere trasportati in aeroporto alla volta di Roma. In conclusione, questo viaggio si è svolto sotto un segno decisamente positivo, oltre ogni aspettativa. Ho imparato molte cose non ultimo il fatto che non bisogna demonizzare (…E nemmeno esaltare!!!) i viaggi organizzati. Ho incontrato diverse persone interessanti grazie alle quali ho potuto apprezzare le bellezze di un paese che riserva ad ogni angolo delle sorprese. E’ inutile che vi stia a raccontare anche tutti i problemi che comunque affliggono la Tunisia. Per questo potete consultare l’irrinunciabile Lonley Planet di cui io sono un culture ma che questa volta mi ha un po’ deluso, non riuscendo a raccontare fino in fondo un paese dai mille colori.

Alcuni consigli per chi decidesse di partire per questa meta: – se volete fare il tour della Tunisia, da nord a sud, scegliete di fermarvi almeno 15 giorni altrimenti rischiate di passare la maggior parte del vostro tempo lungo la strada; – è possibile andare nella Tunisia del sud affittando un auto, ma certamente vi serve un po’ di esperienza per avventurarvi nel deserto; – a parte la bolla sahariana, la prima settimana di luglio è un periodo consigliabile, anche se i periodi di maggio, giugno, settembre e ottobre sono i migliori; – per mangiare e dormire si spende molto meno che in Italia; – non è consigliabile pianificare una settimana di solo mare, a meno che non cercate esclusivamente un ambiente di lusso, animatori e cibo a volontà. Sono troppe le bellezze del paese per rinchiudersi in albergo.

Un saluto affettuoso a tutti.



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