Quintana Roo, Yucatan, Campeche e Chiapas
21 MARZO: partenza da Malpensa alle 10 di mattina, trasvolata regolare ed arrivo puntuale dopo 11 ore circa a Cancun. Il fuso orario ci permette però di essere ancora nel primo pomeriggio messicano, quindi ci tuffiamo subito nel caldo afoso che circonda l’aeroporto alla ricerca della sede locale della Hertz. Preleviamo i primi pesos da un bancomat locale (vi confermo che è possibile prelevare sia con la carta di credito, sia con la tessera bancomat) e una volta ritirata la nostra mitica Nissan Tsuru (munita di aria condizionata), partiamo alla volta di Playa del Carmen. Nel ritirare la macchina vi chiederanno se volete pagare il primo pieno della benzina in anticipo; il vantaggio ventilato è quello di poterla riportare vuota alla fine del viaggio. Vi diranno anche, x convincervi, che non ci sono distributori vicino all’aeroporto e che quindi è conveniente fare come dicono loro. In pratica alla fine del viaggio non si riesce mai a portarla vuota (quindi loro ci guadagnano i litri che voi lasciate nel serbatoio), distributori ce ne sono fin che volete ed inoltre il prezzo applicato è leggermente più elevato rispetto a quanto comunemente potete trovare in giro (il tutto comporta una perdita di circa 15-20 Euro, non un granché, ma se si può farne a meno…).
Ma torniamo a noi. Arriviamo a Playa in meno di un’ora e dopo un paio di giri per il centro causati dai sensi unici, arriviamo al “Mosquito Blu”, l’unico albergo prenotato dall’Italia. L’impatto è notevole, l’albergo è veramente fantastico e ci stupiamo del fatto che sia costato così poco: 35 USD! Eppure un controllo veloce sulla ricevuta di prenotazione rilasciata dalla Hotelplan, ci conferma che è così. Purtroppo quando dieci giorni dopo ci dirigeremo sicuri verso il medesimo albergo, ci sentiremo chiedere 140 USD a notte (trattabili fino a 90-100 USD se si paga in contanti). La morale? Se pensate di tornare a Playa, prenotate direttamente l’albergo dall’Italia per tutte le notti che pensate di trascorrervi (in loco un albergo anche di categoria inferiore costa almeno 50 USD).
Arrivati in camera ci togliamo i vestiti “italiani” ed indossato un costume al volo ci lanciamo verso la spiaggia. L’albergo dista 2 minuti dalla riva ed in men che non si dica siamo face to face con il Mare dei Caraibi…certo me lo aspettavo diverso! Avete presente i documentari o anche solo le cartoline che ti fanno vedere una spiaggia bianchissima, con le palme ed il mare di mille colori? Ecco, niente di tutto questo. Playa ha subito purtroppo un intenso sfruttamento edilizio (mirato esclusivamente al turismo) ed anche la spiaggia sembra la Rimini locale. Pub, ristoranti, discoteche e quant’altro sono li, a portata di mano, peccato che a noi non interessino. Certo, la sabbia è spettacolare (ma anche in Europa si trovano luoghi simili), ma il mare è agitato e di un grigio scuro e di palme neanche l’ombra (per onor del vero, nei due giorni che passeremo qui a fine vacanza, rivaluteremo anche Playa. Per i dettagli vedi più avanti). Quindi abbiamo fatto una bella retromarcia e ci siamo andati a buttare nella piscina dell’albergo. In piscina, in Messico?!? Ebbene si! Sappiamo che potrebbe sembrare un controsenso, ma eravamo talmente stanchi, accaldati e delusi dal primo impatto con il mare caraibico e l’albergo era talmente carino (giuro che non ci hanno pagato) che siamo stati benissimo nella occidentalissima piscina. Anche perchè eravamo gli unici a sguazzare nella vasca, circondati da una lussureggiante vegetazione tropicale, ricca di fiori colorati e profumatissimi…e la chicca finale della cascata che si getta direttamente nell’acqua…troppo idillio! Non ci ricordiamo di aver mangiato quella sera, troppo jet lag! Alle 19 eravamo a letto. 22 MARZO: alle 4 Andrea era sveglio, al solito causa jet lag, (Carolina, la nota dormigliona del gruppo avrebbe potuto andare avanti almeno fino alle 8) ed alle 5 eravamo pronti per partire verso Chichen Itza. Alle 8 meno 10 eravamo fermi alla sbarra del parcheggio del sito che rigorosamente apre alle 8 in punto. Parcheggiamo e ci avviamo verso l’entrata. Qui la prima sorpresa; il 20-21-22 marzo tutti i monumenti sono chiusi al pubblico. La spiegazione che ci danno è che la notevole affluenza a Chichen Itza di indios locali durante l’equinozio di primavera (ed i giorni prossimi a tale data), dovuto al famoso fenomeno del “serpente che sale i gradini della piramide”, potrebbe causare incidenti (soprattutto la piramide detta “El Castillo” ha la scalinata più ripida e quindi più pericolosa in presenza di folla). Ci consultiamo velocemente ed appurato che vogliamo salire su tutti i monumenti (od almeno avere la libertà di farlo), scatta il piano B: cioè fai oggi quello che dovevi fare domani.
Quindi retromarcia fino a Valladolid e poi direzione nord verso Ek-Balam e Rio Lagartos. Ci fermiamo innanzitutto nella piccola cittadina per rifornirci di acqua potabile. Compriamo 12 bottiglie di “agua purificata” da 1,5 litri che piazziamo nel bagagliaio della Tsuru; in Messico è sempre meglio non trovarsi senza (costa più della benzina peraltro). Fatta la prima scorta di liquidi (molte ne seguiranno), con una certa emozione ci accingiamo a visitare il nostro primo sito Maya (consigliamo vivamente di documentarsi prima di partire perchè si riesce ad apprezzare al meglio ciò che si vede). Siamo gli unici visitatori di Ek-Balam, i colori sono fortissimi, un verde ed un marrone che non ho mai visto, i resti della civiltà Maya sono affascinanti nella loro immobilità e chiudendo gli occhi il vento ti porta le immagini del tempo che fu. E che emozione (e fifa) la prima salita, ma soprattutto la prima discesa da una piramide. Se siete fortunati e se non c’è foschia, salendo sulla piramide principale, potrete scorgere i resti delle altre due città che formavano il “Triangolo d’Oro” insieme ad Ek-Balam: Cobà e Chichen Itza. Intorno, a perdita d’occhio, foresta, un mare verde, questo si superiore alle aspettative di qualsiasi documentario o cartolina.
Inebriati da quello spettacolo ci dirigiamo ancora più a nord, verso Rio Lagartos ed i suoi fenicotteri. Non appena giunti al villaggio, veniamo assaliti da almeno 5 o 6 locali che ci offrono una splendida gita in barca per ammirare i famosi fenicotteri rosa…peccato che sia praticamente una rapina. Partiamo da 600 pesos (circa 60 Euro) per due ore di navigazione (forse neanche Venezia ha questi costi). La contrattazione ci porta fino a 300 pesos, forse si potrebbe andare ancora più giù, ma essendo il costo abbastanza ragionevole e vedendo le condizioni in cui vive la popolazione, accettiamo. E direi che abbiamo fatto benissimo. Nonostante un uragano abbia sterminato nel settembre del 2002 gran parte della colonia di fenicotteri, lo spettacolo ancora una volta è di quelli da togliere il fiato. Anzi la scarsità dei fenicotteri (comunque ancora qualche centinaio) fa si che ci si possa avvicinare a pochissimi metri da questi fantastici uccelli senza alcun pericolo per la loro incolumità (in presenza di colonie più numerose un eventuale spavento, provocato ad esempio dal rumore di una imbarcazione, fa si che migliaia di fenicotteri si alzino in volo simultaneamente, causando la morte di numerosi esemplari schiacciati dai loro simili). A Rio Lagartos quindi si può assistere al “decollo” o alla planata dei fenicotteri, praticamente intorno alla barca.
Ma non finisce qui! Il barcaiolo, infatti, una volta “parcheggiata” la barca in una piccola spiaggetta al centro della laguna vi chiederà di scendere e di seguirlo (se non lo fa chiedetelo voi). Inizialmente non si capisce bene quale sia la finalità, ma superato una piccola duna di sabbia di 3-4 metri, si mostra ai vostri occhi un altro incredibile miracolo della natura. Due specchi d’acqua di colore rosa intenso. Il colore è dato da alghe microscopiche (ovviamente rosa) di cui poi si cibano i fenicotteri (e da qui il colore particolarmente forte di questi uccelli, proprio qui a Rio Lagartos). E le sorprese non sono ancora finite: se vi portate un costume potrete farvi una nuotata in questo angolo di paradiso…e siccome il tasso di salinità del luogo è molto elevato (tipo Mar Morto), vi sembrerà di galleggiare e di non pesare niente.
Al ritorno, mentre il barcaiolo cercava di dirci qualcosa, probabilmente sulla possibilità di essersi guadagnato una mancia vedendoci così soddisfatti, ci siamo detti che già il primo giorno in Messico avrebbe giustificato il viaggio fin qui.
Tornati sulla terraferma, ci siamo avviati verso Valladolid per la notte. D’ora in avanti non vi tedieremo più circa alberghi e ristoranti. Come detto ci siamo serviti della Lonely Planet e ci siamo trovati sempre bene. L’unico dettaglio che vi forniamo è che abbiamo scelto sempre alberghi con aria condizionata e di categoria indicata come “Prezzi Medi” e “Prezzi Alti” dalla guida.
23 MARZO: ancora una volta indovinate chi si sveglia prima? Carolina? Ma va! Al solito è Andrea a svegliarsi alle 4 ed a preparare il programma della giornata, mentre qualcun altro continua a ronfare. Ma alla fine si deve alzare anche lei e si parte alla volta di Chichen Itza. Anche oggi siami i primi alla sbarra del parcheggio e quindi i primi ad entrare nel sito insieme agli indios locali che vi lavorano (consiglio da amici: se volete visitare e godervi al meglio i siti archeologici principali, arrivate alle 8 di mattina, orario di apertura, per evitare i pullman di turisti che arrivano verso le 10.30-11.00. La stessa cosa vale soprattutto per gli amanti della fotografia per eviatare di immortalare più turisti che monumenti).
Dalle 8 alle 11 il sito è veramente fantastico e non dovete perdervi il fascino e il mistero che questo luogo emana, dopo diventa quasi un parco di divertimenti (pic-nic, giochi, ecc…). In realtà l’erbetta inglese che circonda tutto il sito, i tombini per i cavi elettrici, gli steccati in legno che delimitano le aree più interessanti e gli ovunque presenti cartelli di divieto, infastidiscono un po’.
In particolare non è più possibile salire sul tempio dei guerrieri, uno dei più significativi. Andrea, la mattina presto, sperando di non essere visto, è riuscito a salire fino alla sommità ed a scattare una fotografia. Tempo 10 secondi è intervenuto un guardiano del sito (non si capisce dove siano, ma sono ovunque) decisamente e giustamente alterato. Le minacce più grandi parlavano di polizia, ma l’intervento di una ragazza americana, il cui fidanzato si era macchiato della medesima colpa, ci ha salvato. Comunque non trasgredite, rischiate di rovinarvi la vacanza.
Dopo un primo giro fotografico ed un secondo più orientato alla visita in senso stretto del sito, verso le 11, in concomitanza all’arrivo dell’orda di turisti, siamo usciti da Chichen Itza (si può entrare e uscire a piacimento) per andare all’imperdibile cenote “Ik Kil”. Il costo è un po’ elevato (40 pesos), ma ne vale la pena. Noi non siamo stati fortunatissimi in quanto per motivi di restauro non si poteva fare il bagno, ma già così è stato fantastico.
Passate le ore più calde nella frescura del cenote, siamo tornati a Chichen Itza, dove nel frattempo alcuni turisti incominciavano ad andarsene, per completare la visita del sito. La visita, compreso il cenote Ik Kil, richiede una intera giornata.
Quindi trasferimento a Merida per la notte. La città è molto simile a Valladolid e non ci ha impressionato tanto, qualche edificio coloniale e l’atmosfera da film di Zorro, carina e niente più.
Maggiore emozione suscitano i “paesi” (anche solo poche case di paglia e legno) che si incontrano lungo le strade non turistiche (e qui il vantaggio di avere una macchina propria che ti permette di vedere la vera realtà della popolazione locale) e le caratteristiche Haciendas.
24 MARZO: non contenti di una sola colonia di fenicotteri, partiamo all’alba verso Celestun, una riserva naturale dove è possibile vivere un altro incontro con i fenicotteri rosa. Anche in questo caso il costo è altino: 800 pesos (circa 80 Euro). La Lonely suggeriva di attendere l’arrivo di altri turisti interessati, per dividere i costi, ed effettivamente dopo pochi minuti si presentano due tedeschi che noi convinciamo a seguirci. Diviso quattro è più onesto.
Ci imbarchiamo e dopo circa mezz’ora incominciamo a vedere sullo sfondo un’immensa macchia rosa. In questo caso riusciamo ad avvicinarci a non più di 50 metri, per il problema già spiegato, ma l’emozione è comunque fortissima. Sono migliaia e fanno un “casino” che metà basta. Dopo un paio di rullini di foto ai fenicotteri (era impossibile fermarsi, ogni inquadratura meritava uno scatto), ci dirigiamo verso una fitta foresta di mangrovie dove l’acqua assume le colorazioni più varie; il marrone intenso, il rosso accesso fino al verde smeraldo ed al turchese delle sorgenti di acqua dolce.
Dopo un’ultima foto ai pellicani grigi, ci dirigiamo verso la Ruta Puuc (Labnà e Kabah), così definita per lo stile particolare che caratterizza questi siti. La giornata è di quelle da segnare sugli annali, il cielo è di un colore blu che chi non ha mai visto non può capire, ed il caldo ve lo lascio solo immaginare. Anche in questo caso siamo noi, le iguane ed alcuni coloratissimi uccelli tropicali. Ormai le emozioni non si contano più! Al termine di questa fantastica giornata ci concediamo un po’ di lusso e dormiamo al Club Med di Uxmal a 100 metri dalle rovine, pronti per essere ancora una volta i primi ad aprire il sito.
25 MARZO: ed infatti alle 8 eccoci puntuali all’entrata. L’impatto con l’imponente piramide toglie il fiato, anche oggi il cielo è “spaziale” ed aiuta a vivere il sogno dell’antica civiltà Maya. Nel suo complesso e qui ci sbilanciamo, Uxmal è per noi forse il sito più bello insieme a quello di Palenque. Non ci sono le barriere che invece ostacolano la visione di Chichen Itza (anche se sulla Piramide dell’Indovino non si può salire a causa degli incidenti dovuti all’inclinazione della gradinata), c’è un minor afflusso di turisti essendo fuori dalle rotte tipiche dei villaggi della Riviera Maya, è molto raccolto ed offre un colpo d’occhio davvero notevole, inoltre esiste una notevole varietà di strutture, religiose, politiche ed abitative, che lo rendono unico nel suo genere.
Terminata la visita ad Uxmal, che ci ha preso l’intera mattinata, ci siamo diretti verso Edzna. Dopo Uxmal forse qualsiasi sito non sarebbe risultato particolarmente interessante e così è stato per noi. Edzna è molto imponente, ma non ci ha suscitato le stesse emozioni di altri siti. Il sito è molto aperto, piatto sia fisicamente che metaforicamente, senza movimento di rilievi o della foresta che lo circonda; la piramide è notevole, così come gli spalti dello stadio, ma il suo fascino non riesce a conquistarti.
Un altro giorno volge al disio e Campeche ci accoglie tra le sue braccia per la notte. Qui ci permettiamo un suggerimento culinario ed uno ambientale. Mangiate i “Camarones” al cocco, gamberoni appena pescati fritti in una pastella di cocco e serviti con salsa di mango…e per un dopocena romantico andate sul lungomare a gustarvi il fantastico tramonto nell’oceano (non so perché, ma il sole è più grande quando tramonta).
26 MARZO: con un po’ di timori ci avviamo verso il Chiapas; infatti solo un mese prima 20.000 zapatisti avevano invaso nuovamente la capitale San Cristobal. All’ultimo posto di blocco prima di entrare nella regione abbiamo chiesto un ragguaglio sulle condizioni di sicurezza. Ci hanno risposto che di giorno non ci sono problemi, ma con il buio era meglio non girare.
Rassicurati, raggiungiamo le cascate di Agua Azul, immerse nella foresta pluviale, che in questa stagione superano qualsiasi aspettativa. Per godrle al meglio, conviene risalire le cascate per trecento metri circa per evitare la folla e raggiungere ampie vasche di colore verde smeraldo nelle quali è possibile fare il bagno in completa sicurezza.
La stradina per raggiungere le cascate, una volta lasciata la “carretera” principale, è disseminata di “posti di blocco” fatti da bambini e donne che assaltano la macchina tentando di vendervi qualunque cosa. La tecnica usata per fermare le macchine è molte semplice: viene tesa una corda da un capo all’altro della strada che obbliga il conducente a rallentare ed eventualmente fermarsi (al primo assalto, prima di vedere chi fossero gli assalitori, ci siamo chiesti perché non avevamo dato retta alle nostre mamme e non fossimo rimasti in Italia. Poi ovviamente basta un semplice “no grazie” per respingere l’assalto).
Ancora con il verde dell’acqua negli occhi, torniamo verso Palenque e la nostra amica Lonely ci consiglia di pernottare nel campeggio a 400 metri dalle rovine. E’ proprio un altro mondo…pensate infatti che Carolina (non so come abbia fatto, non è mai successo e mai più succederà) si è svegliata alle 2 di notte e scrollando il povero Andrea gli ha detto con incredibile emozione “senti, senti, queste sono le scimmie urlatrici”…ed erano li fuori.
27 MARZO: Al solito, alle 8 apriamo il sito. Palenque è unica, non esistono aggettivi per descriverla, il bianco delle rovine che si staglia contro i colori intensissimi della foresta, le conferiscono un fascino senza eguali. E anche la foresta in sé trasmette un’incredibile forza ed energia, un senso di primitivo e di atavico. Se si abbandona il sentiero principale e ci si addentra anche solo di poco nella vegetazione, si incontrano alberi maestosi dalle forme più articolate, avvolti da fasci di liane, le cui radici lottano con le rovine minori e più abbandonate per riprendersi il loro spazio. Non si sente, né si percepisce la civiltà odierna, emerge invece lo stretto connubbio tra natura e civiltà Maya.
Purtroppo anche Palenque, dopo le 11, è assediata dai pullman delle scolaresche (qui siamo troppo lontani per gli Italiani della Riviera Maya) e bisogna perdersi nella foresta per ritrovare l’incanto della magia. Comunque a Palenque un’intera giornata può trascorrere senza mai stancarsi e stupendosi ad ogni scorcio. Venite fino a qui, ne vale la pena.
Il problema è dove dormire risalendo verso nord. Non ci sono molte città e noi ci siamo fermati nella triste Escarcega. Buona notte! 28 MARZO: la meta di oggi è un po’ particolare, decisamente fuori dalle salite rotte turistiche e probabilmente molti di voi non l’avranno mai sentita nominare. Lungo la “carretera” 186, superato Xpujil, si apre verso sud una strada lunga circa 60 km (i primi 20 ok, gli ultimi 40 a una corsia molto stretta ed invasa dalla vegetazione in molti punti) che porta a Calakmul.
E’ un sito appena scoperto che probabilmente è molto più grande ed importante di quanto finora conosciuto. Il grosso punto interrogativo riguarda i fondi necessari per rendere il sito interessante alla massa dei turisti. Durante la nostra visita, c’eravamo noi ed una decina di operai (pensate che l’area archeologica interessata si estende per decine di Km quadrati), a questo ritmo tra 50 anni saremo ancora al punto di partenza.
Comunque per chi ha voglia di sognare questo è il posto giusto (saremo ripetitivi, ma è così). Di turisti neanche l’ombra e dalla cima delle piramidi (avete capito bene, ce ne sono ben tre già agibili) la foresta sembra non finire mai.
Purtroppo bisogna partire anche dai luoghi più belli ed ancora una volta la meta è una anonima cittadina deputata ad ospitarci per la notte: Felipe Carrillo Puerto.
29 MARZO: oggi apriamo il sito di Tulum. Niente di eccezionale per chi ha visto altre aree archeologiche, ma l’ora mattutina, la conseguente mancanza di turisti e la sua posizione a picco sul Mar dei Caraibi fanno si che anche Tulum abbia il suo fascino.
Certo è che alle 9, mentre ancora l’orda dei visitatori era appena partita dai villaggi turistici e mentre le bancarelle si accingevano ad aprire, noi stavamo già abbandonando il sito.
Dopo tanta storia eccoci alla parte della vacanza che prevede un po’ di relax. Discusso a lungo sulla volontà o meno di farci rapinare dai parchi a tema (Xpu-Ha, Xel-Ha, ecc…) abbiamo deciso di vivere il mare in maniera molto più naturale. Certo, probabilmente nei parchi menzionati trovate di tutto, ma altrettanto probabilmente è come entrare in uno zoo. Abbiamo quindi optato per una laguna ancora poco nota ai più (soprattutto agli Italiani che rappresentano la maggioranza dei turisti della Riviera Maya): Yal-Ku. Viaggiando lungo la “carretera” che da Tulum porta a Playa del Carmen, nei pressi di Akumal, sulla destra trovate un piccolo cartello in legno (40 cm x 30 cm) con la scritta a mano in vernice bianca “Yal-Ku”. Andate avanti ed alla fine della strada trovate l’ingresso (ormai a pagamento anche quello, anche se si tratta di pochi pesos “politici” per la gestione del luogo). E’ possibile parcheggiare all’interno dello spazio riservato alla laguna, mentre non è possibile utilizzare creme solari protettive per evitare l’inquinamento ambientale (quindi andateci quando avete un po’ di abbronzatura e con una maglietta come abbiamo fatto noi). Anche in questo caso avrete una laguna tutta per voi e per pochi intimi. Lo spettacolo è unico e non si può non fare snorkelling in queste acque popolate da miriadi di pesci coloratissimi. Praticamente sono loro ad avvicinare l’uomo e non si spaventano della nostra presenza.
Ancora una volta stanchi, ma soddisfatti, ci dirigiamo verso Playa del Carmen dove abbiamo intenzione di soggiornare fino al termine della vacanza. Puntiamo decisi verso il Mosquito Blu, l’albergo della prima sera, ma come già riferito, dobbiamo ripiegare verso qualcosa di meno dispendioso. Troviamo comunque, sempre via Lonely, un posto grazioso, con parcheggio privato (che a Playa non è male) e i cui proprietari (italiani) sono molto ospitali.
30 MARZO: finalmente dormiamo fino a tardi, oggi non sono previste aperture di siti archeologici! Ci aspetta una giornata di puro relax. Chiesto consiglio all’amico italiano dell’albergo ci dirigiamo verso una spiaggia fantastica frequentata solo da indios locali. Ci sembra di ricordare che l’entrata , sempre sulla “carretera” costiera, sia indicata dalla scritta “Akumal” (questa volta cartello classico verde) sulla sinistra venendo da Playa. La fine della spiaggia (percorsa da noi a piedi, saranno 500 metri) porta al villaggio “Robinson”, quindi se sulla strada superate questo resort, dovete tornare indietro.
Ma veniamo alla spiaggia ed al mare che abbiamo trovato. Ci siamo completamente riappacificati con il Mar dei Caraibi dopo l’incontro negativo del primo giorno. La spiaggia è proprio quella delle cartoline. Una mezzaluna bianca con le palme che fanno da contorno e se osservi meglio la sabbia, ti accorgi che non è completamente bianca, ma rosa pallido. Il motivo sono una miriade di frammenti di corallo rosa che nel corso dei millenni si sono staccati dalla barriera corallina che si trova a poche centinaia di metri (200-250 metri).
Sebbene la giornata non sia delle migliori, il mare assume colori inimmaginabili, con sfumature che variano dal grigio scuro al turchese intenso. Ovviamente scatta la corsa alla fotografia ed il paesaggio ci da decisamente una mano.
Nel pomeriggio il tempo peggiora e comincia a cadere qualche goccia di pioggia. Perché non approfittrne per fare qualche regalino ad amici e parenti che sono rimasti a casa a lavorare? La 5° Strada di Playa è un ricettacolo di bancarelle, mercatini e negozietti vari che vendono un po’ di tutto e che ti permette di passare qualche ora senza accorgertene. I prezzi a Playa sono però turistici. Vi conviene, se volete fare acquisiti, fermarvi presso uno dei numerosi “outlet” che trovate lungo la solita “carretera” costiera. Qui i prezzi sono almeno un 20-30% inferiori. Ovviamente dovete contrattare secondo l’usanza locale. Di solito il primo prezzo proposto può essere ridotto del 50%.
Le coperte messicane (quelle per intenderci a bande orizzontali multicolore) sono un must. Danno allegria solo a vederle, sono ben fatte e poi non costano neanche tanto. Non rimpiangete il fatto di non averla comprata.
31 MARZO: anche oggi il mare ci attende e visto che ieri ci siamo trovati così bene, perché non tornare nella spiaggetta ormai a noi familiare? Oggi il sole scotta parecchio (e ce ne accorgeremo alla sera) e non possiamo esonerarci dal passare molto tempo nelle fantastiche acque che abbiamo di fronte.
1° APRILE: la vacanza volge al termine, ma all’appello manca ancora una tappa. E poi volevate forse non aprire più alcun sito? Quindi eccoci a Cobà alle 8. Pur essendo molto vicina alla Riviera Maya, Cobà è sicuramente meno conosciuta e per questo meno turistica di Tulum e di Chichen Itza. E’ ancora immersa nella foresta e mantiene un non so che di misterioso, il campo della pelota è forse uno dei meglio conservati ed anche la struttura religiosa che ne determinava le regole, è intatta. E’ inoltre incredibilmente affascinante percorrere le cosiddette “sacbeob”, le strade lastricate degli antichi Maya che congiungevano Cobà con Ek-Balam, Chichen Itza e Tulum.
Usciamo da Cobà e ci dirigiamo verso l’aeroporto di Cancun. Abbiamo ancora qualche pesos e ci fermiamo a Playa del Carmen per finirli. Parcheggiamo inconsapevolmente in corrispondenza di un tratto di marciapiede di colore rosso (la colorazione dei marciapiedi indica divieti e limitazioni). Tempo 10 minuti torniamo alla macchina e la troviamo priva di targa (dopo un’ora avremmo dovuto riconsegnarla alla Hertz). Per fortuna il polizziotto era ancora nelle vicinanze, quindi gli abbiamo dato 15 Euro (non so perché li ha presi) e siamo riusciti a farla franca (quindi controllate sempre di avere la targa, noi non ce ne saremmo accorti se non avessimo visto il polizziotto con una targa in mano).
A questo punto è proprio ora di ripartire, ma ci torneremo sicuramente! Tutto ciò che avete letto non rappresenta neanche minimamente ciò che abbiamo vissuto, dovete proprio venire in Messico per capire.
Carolina & Andrea