Finestra d’Africa

La nostra vacanza in Kenia è nata come “stacco” dall’interminabile inverno italiano. Eravamo propensi a scegliere i caraibi, ma non abbiamo trovato nulla di interessante nella settimana a nostra disposizione. Il prezzo che l’agenzia di last minute ci ha proposto era veramente irresistibile, così abbiamo prenotato – con un anticipo di...
finestra d'africa
Partenza il: 27/01/2003
Ritorno il: 04/02/2003
Viaggiatori: in coppia
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La nostra vacanza in Kenia è nata come “stacco” dall’interminabile inverno italiano. Eravamo propensi a scegliere i caraibi, ma non abbiamo trovato nulla di interessante nella settimana a nostra disposizione.

Il prezzo che l’agenzia di last minute ci ha proposto era veramente irresistibile, così abbiamo prenotato – con un anticipo di una sola settimana – senza preoccuparci di fare la profilassi antimalarica, o altre vaccinazioni eventualmente consigliate per la nostra destinazione.

Lunedì 27 Il volo previsto dal pacchetto era un charter della Air Europe (gruppo Volare) in partenza da Verona alle 20.30 per Mombasa, con sosta a Roma. Il puro volo continentale in effetti non è troppo lungo (7 ore), ma la sosta a Roma di un’ora e mezza/ due ore è veramente spropositata, soprattutto nel volo di ritorno. Consiglio quindi a chi proviene dal norditalia di non lesinare sui km.Per raggiungere l’aeroporto (noi siamo di Bologna) e scegliere piuttosto il charter diretto in partenza da Milano Malpensa.

Discreto servizio a bordo, anche se lo spazio tra una fila di sedili e l’altra è un po’ angusto. Vediamo una splendida alba e un Kilimangiaro sgombro da nubi, che non avremo più occasione di vedere, poiché si trova molto distante dalla costa di Malindi. Martedì 28 Atterriamo in perfetto orario alle 9.20 locali (+ 2 ore rispetto all’Italia). Disbrigo di formalità doganali ($ 50 / a testa per visto d’ingresso) e caldo soffocante ci aspettano all’aeroporto; in breve io e Maurizio siamo in maglietta e pantaloncini, perché in queste occasioni ci vestiamo “a strati”.

L’aeroporto dista 120 km dal nostro resort – il Karibuni Villas di Mambrui – località una decina di chilometri a nord di Malindi. Impiegheremo 2 ore e mezza per arrivarci su uno scalcinato pullman dell’hotel. Si tratta di una struttura molto vasta, con giardini curatissimi e vegetazione rigogliosa, composta da camere e da cottage – questi ultimi in mono- o multiproprietà. Abbiamo anche la fortuna di ricevere l’assegnazione di un cottage – per cui non abbiamo problemi di spazio. Esploriamo la spiaggia nel pomeriggio e nei giorni seguenti: non è la classica spiaggia tropicale di sabbia bianca (la troveremo più avanti nell’escursione al parco marino di Malindi), ma ha toni più caldi di un giallo dorato, ed è orlata di piccole dune. Più a nord c’è infatti la spiaggia di Che Chale (o spiaggia dorata) per la gran percentuale di minerale rilucente che vi si trova.

E’ inoltre soggetta alle forti maree, come tutto l’oceano indiano, per cui per circa metà della giornata il mare si ritira di 100-200 mt. Lasciando scoperta una sorta di barriera su cui camminare con dovute precauzioni (sandali in gomma). Con l’alta marea si può fare il bagno – magari più verso sud, appena oltre il villaggio di Mambrui (600 mt.) dove le rocce finiscono. Di fatto la apprezziamo per le interminabili passeggiate, nelle quali godiamo della compagnia dei cosiddetti beach boys – per niente invadenti e amichevoli.

Dovete sapere che in ogni resort la zona spiaggia è così divisa: nella prima fetta lettini e ombrelloni “presidiati” in modo soft dalla security del resort; più avanti e sul bagnasciuga vi è una sorta di terra di nessuno dove si viene a contatto con i venditori o curiosi del posto.

Avevamo letto diversi diari di viaggio che ci inducevano a non diffidare dei beach boys: in alcuni casi si tratta di bambini e ragazzini che hanno solo voglia di fare due chiacchiere, a cui lasciare biro o caramelle per i fratelli più piccoli.

Altre volte sono adulti che fungono da procacciatori per l’agenzia di Malindi (alternativa a quella presente nel resort) che cercano di convincere i turisti ad effettuare con loro escursioni (safari o mare) a prezzo più conveniente.

Per parte nostra pensavamo a una settimana di puro “polleggio” con qualche scappata a Malindi per shopping e giro del circondario: invece la navetta del resort risulta sospesa e i taxi individuali sembrano un pò cari. Ci convinciamo quindi con un’altra coppia (Mercoledì 29) a sondare l’agenzia alternativa (ci portano a Malindi gratis, e dopo la sosta all’agenzia ci fanno fare il giro del paese) e dopo estenuanti trattative ci accordiamo per due escursioni: un safari di due giorni/1 notte al parco Tsavo Est e una gita in barca (con pranzo) al parco marino di Malindi rispettivamente a 160 e 25 us$ a testa (o euro – li davano alla pari).

Lasciamo un acconto e ci diamo appuntamento per venerdì 7 fuori dal Karibuni.

Il giro a Malindi è un po’ deludente. Di fatto si tratta di un incrocio di strade: da una parte la zona dei casinò e dei negozi-souvenir per occidentali, dall’altra il mercato con la visita alla fabbrica del legno. Qui visitiamo una bassa tettoia in lamiera, dove gli intagliatori sono al lavoro su varie essenze di legno (teak, ebano e altri legni chiari e scuri); ci aggiriamo su un tappeto di trucioli e vediamo innumerevoli animali intagliati, semilavorati, mezzi dipinti, che ritroveremo nell’attiguo capannone pronti per la vendita. Su ogni opera c’è l’etichetta con il prezzo in scellini kenioti e il numero del lavoratore che l’ha intagliata (pensiamo che sia quindi una sorta di cooperativa). Sarà l’unico posto dove i prezzi sono fissi – altrove è d’obbligo trattare.

Nel mercato visitiamo la parte di bancarelle con generi alimentari, e anche quella di vestiti e generi vari. La povertà è veramente molto evidente, ma anche la dignità delle persone che ci circondano e ci offrono le loro mercanzie ci tocca molto. Gigi (dell’altra coppia) compra per una sciocchezza un casco di piccole banane locali, e man mano le passa ai bambini che ci sono intorno; io do loro un po’ di biro e di caramelle che ho portato dall’Italia, ma sono operazioni che occorre fare in modo un po’ defilato per non ritrovarsi assaliti all’improvviso da troppe mani protese.

Mi colpisce un banchetto che vende scarpe e ciabatte usate, e mi rendo conto di come mai i ragazzini in spiaggia ci chiedono – con modi garbati – se alla fine della vacanza lasceremo loro i nostri cappellini, ciabatte, magliette. Penso che i ragazzi di Mambrui – che visiteremo l’indomani pomeriggio – o di tanti altri villaggi, probabilmente non soffrano la fame (poiché ogni villaggio coltiva cereali, ortaggi e frutta) ma tutto il resto – vestiario incluso – può essere ritenuto voluttuario. Giovedì 30 Passiamo la mattinata passeggiando sulla spiaggia, fino alle dune a sud verso la foce del fiume Subachi (distante altri 3 chilometri – un po’ troppi da fare sotto il sole che di solito sbuca dalle nubi a metà mattina), scambiando due chiacchiere con gli altri turisti che incontriamo per via: chi ha deciso di fare il fantomatico safari solo con l’agenzia interna al villaggio perché non si fida dei beach boys, e chi ci dice di aver spuntato prezzi migliori dei nostri e di avere visto più parti di Malindi nel giretto del pomeriggio precedente. Ci restano i dubbi sulla scelta effettuata – che si scioglieranno solo con l’inizio dell’avventura.

Ci rendiamo conto che siamo già un po’ cotti (nonostante la crema ad alta protezione e il sole velato del mattino): nel pomeriggio – adeguatamente vestiti in maglietta e pantaloncini – e scortati dai ragazzini con cui abbiamo fatto amicizia, facciamo un giretto nel villaggio di Mambrui: vediamo quasi tutte case in muratura (i giorni seguenti per arrivare al parco Tsavo vedremo molte capanne di fango), diverse moschee e infine la scuola. Sono le 4 del pomeriggio e gli alunni sono già tutti usciti: troviamo alcuni maestri davanti alla scuola e scambio qualche opinione con uno di loro in inglese. Mi dice ha la scuola ha 600 ragazzi e 6 maestri (gli abitanti del villaggio sono circa 4000) e che con il nuovo governo insediato a inizio gennaio la scuola è diventata gratuita.

Prometto a Tom, uno dei ragazzini che spesso ci accompagna, che gli manderò copia delle foto che ho scattato sulla spiaggia presso la casella postale della scuola: avrò così l’occasione di ringraziare il loro insegnante per iscritto. Venerdì 31 Si parte finalmente col pulmino usato anche l’altro pomeriggio a Malindi. Sono con noi solo Gnazio – il beach boy che ci ha proposto la gita in spiaggia – e l’autista, detto “lupo della savana” (quasi tutte le persone che lavorano con i turisti si “attribuiscono” dei nomi ad uso e consumo degli europei e più comprensibili di quelli veri). Constatiamo con piacere che non è stato aggregato al nostro gruppo alcun altro turista. Viaggiare in 4 su un pulmino da 8 posti fa veramente la differenza. Impiegheremo circa 3 ore su strada sterrata per raggiungere l’ingresso est del parco – dalla parte del fiume Galana (altro nome dello stesso che sfocia vicino alla nostra costa): facciamo un pipi-stop al Buffalo Camp su un’ansa del fiume, prima di entrare nel parco vero e proprio. Qui vediamo il primo elefante, nonché un paio di coccodrilli (opportunamente rifocillati perché rimangano nei pressi) e numerosi camaleonti e lucertoloni dai colori vivaci.

Entriamo finalmente nel parco intorno alle h. 10.45 (eravamo partiti dal resort alle 7): per ogni turista viene pagato un ingresso valido 24 h. Dell’importo di us$ 23 – per noi già compreso nel prezzo del safari: domani usciremo dal parco da un altro “gate” prima dello scadere del termine.

La pista è molto polverosa e di stacca dal resto per la colorazione rossastra: la vegetazione diminuisce man mano che ci allontaniamo dal fiume. Cominciamo a vedere qualche animale: gazzelle, zebre, un uccello “segretario”. Traversiamo tutto il parco Tsavo Est e arriviamo verso le piane circostanti l’altro ingresso (detto Voi gate), vicino all’altro e più importante fiume, appunto il Voi. Qui si vedono molti più erbivori, anche se in distanza. Appena si incrocia un altro pulmino i due autisti si scambiano le informazioni su quanto visto finora: i conciliaboli diventano più frenetici e capiamo che c’è qualcosa in vista – infatti poco dopo Gnazio ci dice di tenere pronte le macchine fotografiche. Poco dopo l’autista è impegnato in un fuoripista (assolutamente vietato) per raggiungere un albero distante un centinaio di metri dal sentiero, all’ombra del quale sta riposando una famigliola di leoni. Due leonesse e 4 piccoli sono accoccolati e per nulla intimoriti dalla nostra presenza. In breve arrivano altri due pulmini; rimaniamo il tempo di pochi scatti, ma la nostra meraviglia è proprio tanta. Finalmente paghi per la fruttuosa mattinata, raggiungiamo il Tarhi Camp, il campo tendato permanente dove dormiremo stanotte, che ci aspetta anche per il pranzo. Arriviamo intorno alle 13 in questa oasi di tranquillità all’interno del parco; il pranzo viene servito all’aperto, e ritroviamo anche altre persone provenienti dal ns. Resort. Passiamo un paio d’ore – le più calde della giornata – all’ombra di grandi alberi fra uno svolazzare di uccelli grandi e piccoli.

Verso le 16.00 si riparte: arriviamo in un’altra zona con molta acqua, e subito ci appare una colonna di elefanti che si avvicina, e poi ancora bufali, gazzelle e zebre. Ci dirigiamo verso le colline dalla parte del Voi gate, da cui usciremo il giorno dopo: troviamo sempre più elefanti e molto vicini, in uno scenario che cambia rapidamente.

Non si vedranno gnu, che ci sono solo nel Masai Mara, e nemmeno rinoceronti (nello Tsavo Est ce ne sono solo una cinquantina). Il giro del pomeriggio termina verso le 18.15, quando torniamo al campo soddisfatti e … impolverati. Non avevo detto che il pulmino ha il tettuccio apribile per consentire una migliore visione degli animali e per rinfrescare l’interno, ma le nostre magliette e tutto il resto ne hanno fatto le spese. Passiamo l’ultima mezz’oretta a contemplare il tramonto attorno al fuoco e poi via verso le tende per una doccia. Niente da dire sulla qualità dell’accomodation: la tenda principale ha un comodo letto matrimoniale in legno, comodino, armadietto, è dotata di luce elettrica, ventilatore, acqua in bottiglia e torcia per le emergenze: nella tenda-bagno posteriore ci sono WC con sciacquone (canalizzato), doccia e lavandino. Alle 20 ci viene servita un’ottima cena nella tenda ristorante a base di carne alla brace e contorni a buffet – con tanto di cuoco con cappellone e cameriere in papillon. Questa Africa non finisce di stupirci. Per il dopo cena tante chiacchiere attorno al fuoco preparato vicino al fiume e poi a nanna.

Sabato 1 Sveglia alle 6.00 alle prime luci dell’alba. Abbiamo dormito come un sasso – altri meno, impauriti da rumori noti e meno noti provenienti dall’esterno o da altre tende (i tedeschi russavano alla grande). Foto al panorama e discreta colazione. Lasciamo con rammarico questo campo tendato che ci è molto piaciuto (in alternativa sarebbe stato possibile dormire al campo Ndololo – di livello leggermente inferiore). Fa ancora fresco e dobbiamo tenere una felpa nella prima oretta. Passiamo di nuovo nella zona delle colline intorno al Voi gate (ancora elefanti), le passiamo e arriviamo ad altre pianure dopo distanti: abbiamo la fortuna di vedere altre due leonesse, proprio a fianco del sentiero, e dopo un attimo è tutto un affollarsi di pulmini (comunicano fra loro con la radio). Ancora una splendida pozza con tante zebre intorno, un iguana, un branco di bufali, un paio di aquile appollaiate, uno struzzo, un gruppo di babbuini e ancora gazzelle e giraffe.

Al termine dei cosiddetti big five (animali di grossa taglia) non avremo visto solo il rinoceronte e il leopardo… Ma pazienza.

Poco prima dello scadere del permesso facciamo un pipi-stop presso il Voi Lodge situato su una collinetta subito sopra a una pozza d’acqua, con un panorama straordinario: fa un po’ impressione vedere questi turisti danarosi che possono vedere direttamente gli animali mentre fanno colazione, mentre noi ci siamo “sudati” e “cercati” gli animali in giro per il parco. Comunque è stato meglio così. Usciamo dal parco e intorno alle 11.30 arriviamo alla cittadina di Voi – dove pranziamo presso un discreto ristorante – arriveranno poco dopo anche gli altri pulmini che ricalcano il nostro itinerario.

In seguito ci informano di una possibile sosta (a pagamento – us$ 10 a testa) per vedere un vero villaggio masai; la cosa non ci convince e chiediamo di non fermarci: faremo comunque una sosta, poiché il ritorno dalla superstrada Nairobi-Mombasa (e poi strada sterrata che passa per le campagne) fino a Mambrui durerà circa 4 ore.

Ci riprendiamo polleggiati in piscina da queste intense giornate, chiedendoci come fanno quelli che fanno il safari di un giorno solo, con tappe di viaggio così lunghe, anche se risparmiano sulla cifra finale: 100 dollari invece che 150 o 160. Potersi riprendere al campo tendato – sia nel pomeriggio del primo giorno che di notte con una buona dormita, è stato per noi un “must” del safari.

Domenica 2 Oggi speriamo di levarci la voglia di mare, con l’escursione detta Safari blu. Siamo più di una ventina che aspettiamo alla sbarra alle 9 fuori dal Karibuni: il pulmino che ci porta a Malindi è veramente nuovo e ha l’aria condizionata sparata a palla (non ci eravamo abituati). Capiamo meglio come è fatta Malindi. Oltre alle poche strade viste giorni prima, notiamo che non ha una zona mare – come possiamo considerarla noi – con lungomare e passeggiata, ma solo strade interne sulle quali si affacciano alcuni hotel per occidentali e ville private: poco oltre arriviamo alla spiaggia prospiciente l’entrata al parco marino (entrata a pagamento, compresa nella quota). La spiaggia è molto bianca, in bassa marea con molte zone scoperte con alghe. Veniamo divisi su due barche e capiamo che noi 4 (gli stessi del safari) veniamo aggregati a un gruppo che parte da Malindi, e faremo le stesse soste degli altri, ma pranzeremo però nella barca a noi assegnata.

Su ogni barca il capitano e i marinai caricano infatti quanto ci occorrerà per il barbecue – in enormi sportoni: Finalmente si parte verso il troncone di barriera che fronteggia Malindi e che evidentemente ha dato origine alla spiaggia da cui siamo partiti – così diversa dalla nostra di Mambrui. Vediamo i pesci già dalla barca e possiamo fare un po’ di snorkeling con maschera e pinne – purtroppo il sole è velato e l’acqua non è proprio trasparente. Comunque è bello riassaporare l’effetto “film” alla Folco Quilici.

Poi ci spostiamo verso sud, verso un’isola formata dalla bassa marea, dove ritroviamo i colori delle spiagge tropicali, ma anche tanti ragazzini arrivati lì con minuscole canoe che sperano di vendere souvenir di legno intagliato (tra l’altro è domenica e non vanno a scuola). Nel frattempo l’equipaggio prepara il pesce che verrà cotto nella tappa successiva – un’altra isola formata dalla bassa marea – e cominciano i confronti fra le vivande: ci dicono <> e così via.

Anche nella seconda isola (detta per gli italiani Sardegna 2) si ripete il copione precedente: equipaggio alle prese con carbonella e barbecue, turisti alla ricerca dell’inquadratura perfetta e a mollo nell’acqua, ragazzini all’inseguimento per un souvenir … ma è uno stress che si può sopportare. Il colpo d’occhio è abbacinante: siamo “stra-incremati” con cappellino e occhiali da sole: comunque il pranzo ci viene servito a bordo della barchetta così stiamo seduti e all’ombra. Riso con verdure, pesce e aragoste alla griglia – acqua, birra e vino bianco – tutto molto apprezzato anche se mangiato con posate rimediate, o con le mani. Intanto la marea sale e il barbecue viene smontato in fretta. Si riparte verso Malindi: notiamo una costa di sabbia bianca, orlata di rocce scure su cui si affaccia – di tanto in tanto – la zona mare di alcuni resort o ville private. Ci fermiamo in una spiaggietta dove ci sono donne e bambini che aspettano il ritorno dei pescatori: di lì a poco il pesce pescato sarà eviscerato e caricato in sportoni alla volta dei villaggi dell’interno – intorno alle barchette e piroghe il mare diviene rosso per il sangue del pesce. Salpiamo ancora e dopo una mezz’oretta arriviamo di fronte all’entrata del parco marino, dove ci aspettano gli altri turisti del Karibuni.

Alle 16.30 siamo di ritorno al ns. Resort, e prima di rilassarci di nuovo in piscina prendo il coraggio a due mani e prenoto – poiché è compresa nel pacchetto – una passeggiata a cavallo per la mattina dopo con Gigi e Isabella (Maurizio non è interessato – dice che qualcuno dovrà pure guidare verso Bologna al ritorno e lui vuole avere le gambe sane – facciamo gli scongiuri !!!) Lunedì 3 La passeggiata a cavallo è prevista per le h. 8: decido di fare colazione dopo. Ho detto che siamo “absolute beginner” – anche se è vero solo per me. Comunque i cavalli sono molto buoni e vanno al passo. In spiaggia non c’è ancora nessuno e arriviamo fin sopra alla duna oltre il villaggio. Peccato non aver portato la macchina fotografica piccola – ma ero troppo preoccupata a tenere le redini. Dopo un’ora e mezza siamo tornati sani e salvi.

L’ultimo giorno prosegue con le solite passeggiate, e con la contrattazione degli ultimi souvenir in spiaggia; nel tardo pomeriggio lasciamo ai ragazzini conosciuti – come promesso – i sandali di gomma, i cappellini, le magliette, che sono stati molto graditi. Qualche altra persona sapeva di questo interesse per l’abbigliamento, e aveva portato apposta molte magliette da casa.

A serata apprendiamo che il charter proveniente dall’Italia ha accumulato del ritardo, per cui anche il nostro volo è posticipato. Avremo una sveglia più comoda l’indomani.

Martedì 4 Partiamo alla volta di Mombasa col solito pullman scassato, e lasciamo alla reception i fortunati che fanno 2 settimane di vacanza. Il volo decolla alle 14.30 e arriviamo a Verona – dopo l’interminabile sosta a Roma per rifornimento e aeroporto congestionato – solo alle 23.30.

Considerazioni finali Abbiamo gradito molto la nostra breve vacanza in Kenia – tra l’altro nel periodo migliore, la stagione secca (non abbiamo visto una zanzara).

Consiglierei una permanenza di almeno due settimane per godere appieno del mare e delle immancabili puntate nei parchi per i safari – concordo nel dire che non si va in Kenia solo per il mare.

Se si fa base sulla costa il parco più vicino è lo Tsavo Est. Gli altri più all’interno (Masai Mara, Amboseli, riserva privata Kimana, lago Nakaru) sono raggiungibili in aereo, oppure facendo base a Nairobi.

La nostra sistemazione al mare era molto bella ma forse un po’ isolata: i resort nella parte sud di Malindi sono certamente più centrali. Ci hanno detto un gran bene di Watamu (30 km.A sud di Malindi) dove ci sono molti resort e la spiaggia è corallina, ma noi non siamo riusciti ad organizzare una gita per mancanza di tempo.

Vorrà dire che abbiamo un’ottima ragione per tornare, magari con la figlia adolescente lasciata per quella settimana in ostaggio ai nonni (o era viceversa ?!?).



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