Andiamo in Messico???

Tutto cominciò alcuni anni fa con una videocassetta che il mio amico nonche' compagno di viaggi e avventure Manuel mi prestò, dicendo: guardalo, è un filmone!!! Si trattava di "Puerto Escondido", di Gabriele Salvatores, liberamente tratto dall'omonimo romanzo del grande Pino Cacucci; fu quello, insieme ad anni di letture dei libri (tutti) di...
Scritto da: Andrea Olla
andiamo in messico???
Partenza il: 08/05/2001
Ritorno il: 22/05/2001
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 3500 €
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Tutto cominciò alcuni anni fa con una videocassetta che il mio amico nonche’ compagno di viaggi e avventure Manuel mi prestò, dicendo: guardalo, è un filmone!!! Si trattava di “Puerto Escondido”, di Gabriele Salvatores, liberamente tratto dall’omonimo romanzo del grande Pino Cacucci; fu quello, insieme ad anni di letture dei libri (tutti) di Pino che mi ha spinto e stimolato a fare questo tour. Eravamo in due, io e la mia ragazza; siamo partiti alle 7.15 da Firenze per per Parigi, da dove saremmo ripartiti per la grande traversata verso il D.F., l’immensa quanto inquinata Città del Messico. All’arrivo, dopo circa 12 ore di aereo (vi lascio immaginare il mal di c…) una brutta sorpresa: la mia valigia era rimasta a parigi ed era stata imbarcata sul volo successivo, quindi c’era da aspettare un’ora in aeroporto… Ritirato il bagaglio, dopo chegli stessi erano stati spruzzati con qualche disinfettante per prevenire l’afta epizootica, la mucca pazza, eccetera, acquistiamo il biglietto “Setta” del taxi, e un tassista scorteseci accompagna all’albergo, vicino allo Zòcalo. In stato semicomatoso e nonostante siano solo le 20.30, decidiamo di saltare la cena. Al mattino dopo, naturalmente, ci svegliamo all’alba, quindi alle 7.30 ci alziamo affamati e andiamo a cercare un bar (non esistono, almeno come li intendiamo noi in Italia), e ci imbattiamo in una panetteria-pasticceria simile a una mensa, dove ci servono un Cafè con leche pessimo. Apprenderemo che i negozi in Messico non aprono prima delle 9.30, quindi vaghiamo un po’ e iniziamo la visita allo Zòcalo (la piazza principale di tutte le città messicane), che è una delle piazze più grandi del mondo con al centro il tricolore messicano, verde, bianco e rosso, probabilmente la bandiera più grande del mondo; vi si trova la Cattedrale, costruita sopra il Templo Mayor, che era il luogo di culto più grande dell’antica Tenochtitlan, le rovine dello stesso Templo Mayor e l’annesso museo, il Palacio Nacional con i meravigliosi murales di Diego Rivera che rappresentano con incredibile realismo e la storia antica e recente del Messico, e per gli appassionati il giardino interno con una grande varietà di piante grasse. Dopo il pranzo e un breve riposo, siamo andati nella vicina Plaza Santo Domingo, dove c’è un portico pieno di publici scrivani che si occupano di scrivere a macchina lettere e documenti per i cittadini; all’angolo della piazza visitiamo il museo della medicina dove sono esposte apparecchiature mediche e strumenti chirurgici antichi, cere anatomiche, e nella sala dedicata allo sviluppo umano (sic) dei feti VERI dal concepimento al parto (scioccante). Dopo questa visita, abbiamo percorso la 5 de Mayo passando davanti alla Casa de Los Azulejos (pensavamo meglio), e abbiamo raggiunto lil parco dell’Alameda, vicino al quale c’è il Palacio de Bellas Artes, un edificio imponente ed elegante, teatro e sede di esposizioni. Rientro in albergo per doccia e siesta e cena in Plaza Garibaldi, una piazza dove ogni sera si ritrovano decine di gruppi “Mariachi”, musicisti tradizionali che aspettano di essere ingaggiati per serenate, concerti, ecc. Il giuorno dopo tappa obbligata al Museo de Antropologia; per arrivarci abbiamo attraversato tutto il Parque de Chapultepec, un vero polmone verde dove uccelli e scoiattoli girano liberamente e in quantità. Il museo è una vera esperienza Multimediale: mentre si girano le sale dedicate alle varie civiltà si possono ascoltare le voci e i canti degli indios nelle loro lingue: incomprensibili ma suggestive!! Dopo il museo prendiamo un taxi che ci porta sotto “El Angel”, una vittoria alata ricoperta d’oro sul Paseo de la Reforma, per fare un giro nella Zona Rosa; la zona in questione è la più ricca e turisticizzata della città con banche, ristoranti, negozi di lusso e con i prezzi più alti della media della città ma non altissimi per la media europea. All’ora di pranzo abbiamo preso la metropolitana e siamo andati al mercato della Merced, il mercato più grande che abbia mai visto (un’insegna dice che sia il più grande dell’America latina) in cui c’è tutto e in quantità industriali. Rientro in albergo con frutta e relativo disinfettante (Montezuma è sempre in agguato…), e mega siesta fino a sera; a cena abbiamo provato ad andare a Xochimilco, la laguna dove si può affittare una barca e fare un giro fra i giardini galleggianti, ma la simpatica Rough Guide, purtroppo compagna di questo viaggio, coi ha portato in un punto che ci ha scoraggiato dal prendere una barca (immondizia, cani randagi, posto deserto), e quindi siamo tornati indietro con un viaggio che dà l’idea dell’immensità di Città del Messico (40/50 minuti) e abbiamo cenato in un locale in centro. Venerdì mattina alle 12.45 prendiamo il volo che ci porterà a Merida, nella rovente penisola dello Yucatan; l’uscita dall’aereo è da schianto: caldo soffocante (37°) e sbalzo di altitudine rispetto a C.D.M.. Prendiamo un taxi fino all’albergo che la guida raccontava “con piscina”: l’equivalente di tre vasche da bagno sporche… Usciamo dall’albergo e andiamo all’ufficio turistico, dove un uomo corpulento e sudatissimo ci spiega le attrazioni della città e ci fornisce di cartina. Nel breve tratto che ci separa dallo Zocalo incontriamo un ragazzo con la maglia “pecorino sardo”: alla nostra sorpresa il tipo ci si incolla e ci fa un’altra lezione sulla città e giura di non essere uno di quelli che ti propongono di comprare qualcosa; dieci minuti dopo lo ritroviamo in piazza: ci ha portato in un negozio di una sedicente “cooperativa” dal quale, dopo alcuni minuti, siamo riusciti a uscire senza comprare niente. Nel giro abbiamo visto la cattedrale (tanto per cambiare) ed il palazzo di Montejo, il fondatore della città; al momento di prelevare contanti con la carta di credito mi rendo conto di non avere il codice giusto: un contrattempo che ci creerà diversi problemi. Infatti, il sabato (giorno di chiusura di quasi tutte le banche) andiamo a cambiare i traveller’s cheques, e seguendo le indicazioni della guida finiamo, anziché all’ufficio American Express, in una banca (Bital) dove un ultimo tentativo alla cassa automatica mi risucchia la carta e dove un simpatico impiegato (che probabilmente è già sottoterra dopo le nostre maledizioni…) ci trattiene più di due ore perché non era in grado di connettersi con l’American Express; dopo l’ennesimo tentativo andato male chiedo al tipo se esiste un ufficio dell’A.E.: l’ufficio era sulla stessa strada, e da lì abbiamo capito che per una misera commissione l’impiegato morto ci ha fatto perdere una mattinata e la mega escursione a Chichen-Itza!!! Dopo aver lasciato l’albergo e aver passato diverse ore nella piazza principale, andiamo alla stazione degli autobus, che al contrario di ciò che diceva la guida non ha l’aria condizionata, e facciamo i biglietti per Palenque (Chiapas), dove arriviamo all’alba. La cittadina è avvolta in una specie di bruma magica, a causa dell’umidità della giungla chiapaneca, e il suo aspetto notturno contrasta notevolmente con quello diurno: la città si anima di merci, persone, colori e grida: veniamo svegliati dalla luce e dal grido ripetuto di “ruinas, ruinas!” proveniente dai colectivos che portano, appunto, alle rovine; facciamo i biglietti e partiamo. Il sito Maya di Palenque è bellissimo; non solo per le rovine che raggruppa (molte delle quali sono ancora coperte dalla vegetazione), ma anche perché è immerso nella giungla, dove si possono avvistare uccelli tropicali, insetti, scimmie (le abbiamo sentite solo urlare), e probabilmente serpenti: mentre camminavo nell’erba alta ho calpestato qualcosa che ha tremato forte sotto il mio piede; non saprò mai cos’era perche dopo due passi ho fatto un salto sul primo gradino che mi è capitato…). Rientriamo in albergo e la sera andiamo verso lo zocalo, una piazza quasi prefabbricata e coloratissima con musica e tanta gente. Tornando all’albergo ci fermiamo in uno degli innumerevoli ristorantini per cenare, e mentre la televisione trasmette la versione messicana di “Fantastico” o qualcosa di simile, scoppia un temporale violentissimo, che ci trattiene nel locale: la proprietaria del ristorante e le sue figlie aspettavano solo noi per chiudere… Lunedi’ mattina, abbastanza presto, partenza per San Cristobal de las Casas (4 ore di curve), dove ci fermiamo per mangiare e fare una pausa; compriamo dei panini e ci sediamo in una piazza nei pressi di un mercatino coperto nel quale donne indie ricamano tessuti in lana variopinti e vendono piccolo artigianato e dolci locali; nel pomeriggio ripartiamo per Tuxtla Gutierrez (altre 2 ore di curve, ma peggiori), e dopo i panorami mozzafiato sugli “Altos de Chiapas” arriviamo stremati a Tuxtla: con nostra sorpresa non troviamo una stanza se non dopo 5 alberghi (anche qui la guida ci aiuta: nomi e indirizzi di 2 alberghi sono invertiti e ci fanno fare più strada a vuoto con le valigie). Tuxtla Gutierrez, la capitale, è una città piuttosto moderna che stona nel contesto del Chiapas, sempre affollata e animata di manifestanti; ceniamo e andiamo a dormire in previsione del giorno dopo. Martedì mattina ci svegliamo e facciamo una buona colazione vicino all’albergo, portiamo i bagagli in un altro albergo e dopo il trasferimento andiamo alla “stazioncina” (una panchina dentro un parcheggio) dei “combi” per Chiapa de Corzo, dove ci imbarcheremo per visitare il Canyon del Sumidero. Durante il tragitto l’autista e il suo collega cercano di radunare più gente possibile urlando dalle portine aperte la destinazione del pulmino che si riempie all’inverosimile; arrivati a Chiapa, sotto un sole da paura, controlliamo uno per uno i menù dei ristoranti sul “lungofiume” e decidiamo per il primo della fila, dove pranziamo accompagnati da musica “marimba” dal vivo. Ci uniamo quindi a un gruppone di turisti messicani e facciamo l’escursione in lancia (circa 2 ore) del Canyon: begli scenari, grotte, uccelli rapaci, pareti a strapiombo, insomma una bella cosa, salvo che alla fine del canyon, vicino alla diga, ci viene richiesta la “propina” (la mancia), e non avendo ancora ricevuto i soldi dall’Italia facciamo una magrissima figura. Il mattino successivo, dopo aver constatato che i soldi non erano ancora arrivati in banca, decidiamo di proseguire: dobbiamo tornare a Città del Messico, quindi faccio i biglietti del bus con l’intenzione di andare a Puerto Angel, sul Pacifico, sennonchè siamo costretti a scendere a Tehuantepec per cambiare i Travel Cheques; dopodichè ci guardiamo in faccia e decidiamo di rinunciare al mare per non rischiare di rimanere al verde. Tehuantepec è il classico pueblo messicano in cui ho trovato:1) piazza centrale con mercato multicolore e musica a tutto volume; 2) caldo tropicale da paura (erano circa le 3 del pomeriggio); 3) teschi di buoi lungo la strada vicino a vecchie carcasse di macchine riarse dal sole (molto Western); fortunatamente ho trovato anche una banca aperta, quindi sono tornato alla stazione e abbiamo preso un bus per Oaxaca. All’arrivo, più o meno alle 9.00 di sera, abbiamo cercato un albergo e il sonno si è impossessato di noi… 17 maggio 2001 Al risveglio mi sono precipitato al primo ufficio della Western Union e fortunatamente ho trovato i soldi che aspettavo; andiamo quindi a cercare il noleggio di motorini consigliato dalla guida, che naturalmente non esisteva più o era chiuso, quindi proseguiamo nella passeggiata visitando la Cattedrale sullo Zocalo , curiosando tra le bancarelle circostanti e per i negozi del centro storico. Dopo una siesta rilassante andiamo a prendere un gelato nello spazio antistante la chiesa de La Soledad, una piazza quasi europea con sedie e tavolini, dove abbiamo trovato i gusti di gelato più strani del mondo, tra cui latte bruciato, formaggio e tutti i frutti tropicali possibili. Avevamo intenzione di andare a vedere Tehuacan con le sue sorgenti e le vicine foreste di cactus, ma in questi ultimi giorni abbiamo preferito poltrire un po’; quindi siamo rimasti nella piacevole Oaxaca dove mi è capitato di visitare il mercato del sabato: una moltitudine di indios, soprattutto donne, vengono a vendere i loro manufatti; è una sensazione strana, soprattutto per noi europei, sentire lingue così diverse dallo spagnolo e incomprensibili parlate da queste indie, che riescono ad addolcirle con i loro modi ed il loro sorriso gentile… sembra di essere davanti ad eventi di “archeologia vivente”, e sorprende come certi popoli siano riusciti, nonostante la brutalità della conquista spagnola, a mantenere vive lingua e tradizioni. I giorni successivi abbiamo vagabondato per la città curiosando tra negozi che vendono solo “chocolate” (in tavolette o in polvere, da NON PRONUNCIARE assolutamente in inglese!), mezcal (simile alla tequila ma con il verme in fondo), e artigianato vario. Mi è capitato anche di sperimentare la cucina oaxaquena: ottimi i tamales, un po’ strano il pollo in mole (salsa composta di numerose spezie in cui predomina il cacao), ma decisamente da paura i “chapulines” (grilli fritti di diversi formati che le donne vendono in bancarelle o nei mercati) che non ho avuto il coraggio di assaggiare!!! Sabato 19/05 prepariamo le valigie per rientrare al D.F., e ci rechiamo alla stazione dei bus, dove (se ce ne fosse stato ancora bisogno) ho avuto la conferma che “como Mexico no hay dos”: nell’attesa vediamo un bambino che gioca con una bottiglietta di plastica, e vedendoci incuriositi ce la passa: dentro c’è uno scarabeo cornuto enorme, roba da Cecchi Paone!!! Dopodichè, avendo la partenza dell’autobus alle 23.15, abbiamo avuto la possibilità di vedere negli schermi della stazione un intero ciclo di film “Sabato Horror”: zombie, morti ammazzati, macelleria varia, giusto per rilassarci un po’ prima di affrontare il viaggio notturno di 6.30h per Città del Messico. Arrivati al D.F. Andiamo a dormire per un po’, e dopo aver fatto una scorta di prodotti alimentari tipo tortillas, peperoncini e tequile varie andiamo all’aeroporto per prendere l’aereo che ci riporterà nella vecchia Europa.


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