Al matrimonio in interrail
Arriviamo ad Amsterdam, finalmente riposate. Il gran camminare di Berlino ci ha così stancato che siamo riuscite a fare una gran dormita nonostante il via vai di passeggeri che ogni tanto ci urtavano passando nel corridoio del treno. La mattina seguente veniamo percio’ accolte da una Amsterdam multicolore, caotica e piena di luce. Ci informiamo sul treno per raggiungere De Wiuk, il paesino dove si sposera’ Luca. E’ vicino a Groningen, a nord. Ci vorranno almeno 3 ore di treno. Saliamo in un treno locale che attraversa intere distese verdi invase da mandrie di mucche bicolori e pecore. Tutto, anche il bestiame al pascolo, da l’impressione di un gran ordine. Sembra che anche i fili d’erba rispettino un programma di pianificazione di perfezione del paesaggio. Ad ogni modo l’Olanda è sempre stata una delle mie mete preferite. Mi è sempre piaciuta l’idea di pensare che, non essendoci colline e montagne, mi venga permesso di vedere lontano. L’orizzonte qui è piu’ orizzonte in quanto questa terra piatta non è altro che una lunga distesa che si fonde con il cielo.
Scendiamo alla stazione di Meppel un piccolo ed ordinato paesino con fiumiciattolo e ponti. Cerchiamo un taxi. Lo dividiamo con un ragazzo che va nelle nostra stessa direzione. Il taxi ci scarica nel giardino dell’ostello che ci ospitera’. E’ un immersione nel verde. L’ostello è un’antica casa dalle grandi vetrate. E’ tutto circondato da un prato verdissimo dove pascolano anche le mucche. Non c’è nessuno pero’. Proviamo a bussare e a fare il giro, ma è proprio tutto chiuso. Provo ad tornare in strada, ma sembra proprio che il centro abitato sia alquanto distante. Allora, apriamo i nostri sacchi a pelo e ci distendiamo nell’erba, ammirando questo paesaggio bellissimo.
Dopo diverse ore un rumore di una macchina rompe questa solenne pace. La macchina parcheggia proprio all’entrata dell’ostello ed è targata Treviso. Scende una rumorosa comitiva di giovani . Sono senz’altro gli amici di Luca, arrivati fino a qui per il suo matrimonio. Mi presento. Mi dicono che sono reduci dall’abitazione dove Luca e Saskia stanno facendo i preparativi per la cerimonia. Vengo caricata in macchina e con questa allegra combriccola di ragazzi mi dirigo verso la dimora della famiglia di Saskia. E’ una villa splendida ed enorme. Nel grande parco che si staglia imponente davanti a questa casa bianca curatissima vedo Luca. Mi viene incontro ed è felicissimo di vedermi. Non credeva che alla fine sarei riuscita ad arrivare fino a questo sperduto paesino. Mentre parliamo, c’è un alternarsi di gente che sale, scende, corre, si sposta a destra poi a sinistra. I preparativi sono in fermento, il matrimonio sarà domani e tutto deve essere perfetto. Ci incamminiamo nel centro del piccolo paese intriso di vecchi mulini a vento. Vengo ufficialmente invitata alla cena che si terrà nel parco della villa nella serata. Quale unica rappresentante della famiglia dello sposo, oltre che ai genitori, nonna e fratello, non posso indietreggiare a questo onere. D’obbligo l’abito lungo, Luca se ne raccomanda. Mi fa un po’ ridire tutto questo conformismo, soprattutto da Luca. Non è mai stato uno incline alle regole, ma si sa’, l’amore a volte cambia le persone…Torno all’ostello che nel frattempo è stato aperto ed è caratterizzato dal continuo arrivo di ospiti. Sono perlopiu’ inglesi, scozzesi e qualche irlandese, venuti tutti appositamente per questo matrimonio. Il gruppo degli italiani è il meno numeroso, ma di gran lunga il piu’ vivace. L’interno dell’ostello è caldo ed ospitale. Le camere hanno i letti di legno. Il salone al piano terra è molto grande, pieno di libri e con un grande acquario al centro. Estraggo percio’ dallo zaino il tanto desiderato vestito lungo, stropicciato, ma elegante. Mi preparo per questa serata ufficiale e saluto Fede e i ragazzi che si dirigono verso qualche birreria.
Alla villa l’atmosfera è decisamente formale. Nel grande parco sono stati allestiti grandi tavoli rotondi finemente addobbati da candele e fiori. Vengo invitata a sedere al tavolo , assieme allo sposo. Mi siedo vicino allo zio della sposa, il padrone di casa, un aristocratico olandese, console di qualche stato della ex Unione Sovietica (non mi ricordo piu’ quale) Ha un aspetto un po’ solenne ed austero, ma simpatizza subito per me. Parliamo per tutta la serata. Luca è soddisfatto della mia performance e non smette mai di ringraziarmi. La serata procede un po’ monotona, ma tutto sommato mi piace l’idea di dialogare di alti concetti politico culturali con persone molto piu’ colte di me. Il mio inglese poi, a quanto pare, non è proprio male ed abilmente riesco anche ad esprimere concetti profondi e mirati (…Il vinello a dir la verità, mi deve avere dato fortemente una mano quella sera!) Torno a alla mia dimora in un bel taxi e quasi arrivo contemporaneamente a Fede che mi racconta di essere stata in un locale dove si è divertita molto.
Il giorno dopo ci prepariamo per la cerimonia. La piccola chiesa del paese sembra una casetta di bambole. E’ piccola e fatta in legno bianco. Osservo gli invitati, tutti elegantissimi. Le signore inglesi hanno dei buffi cappellini in testa ed alcune anche i guanti bianchi. Il prete è decisamente “un personaggio”. Sembra sbucato da un film degli anni 70. Ha grossi occhiali, capelli rossicci tagliati a caschetto ed indossa un completo bianco. La cerimonia si svolge in inglese, solo qualche lettura viene fatta in italiano. Mi piace il rito dell’accensione delle candele da parte degli sposi dopo lo scambio degli anelli. Poi tutti al rinfresco nel parco. E’ un occasione per socializzare, anche se, inevitabilmente, si creano dei gruppetti distinti tra inglesi ed italiani. Ma alla sera ci sarà la grande cena con le danze aperte. Torniamo tutti in ostello, piccola siesta, cambio d’abito e tutti siamo pronti per la nottata di follie! Senza dubbio, anche in questa sede, gli italiani la fanno da padroni. Gli amici di Luca sono scatenati ed improvvisano scherzi e buffonate, che, dopo un’iniziale titubanza, coinvolgono anche i piu’ freddi anglofoni. Poi balliamo e balliamo e balliamo.
La mattina seguente siamo tutti con le occhiaie piu’ o meno accentuate, e ci si prepara per la partenza. Chi va a casa e chi, come noi, continua la vacanza. Ci dirigiamo ad Amsterdam e a noi si aggrega Laura, un’amica di Luca conosciuta al matrimonio. Amsterdam ci accoglie festosa e disordinata. Troviamo rifugio in un ostello dal nome alquanto orginale : the flying pig, il maiale volante. C’e’ una nebbia fittissima quando si entra. Nell’angolo ci sono dei cuscini gettati a terra con gruppi di ragazze e ragazzi distesi che fumano. La nostra stanza è al terzo piano ed è caldissima. Così riscopriamo Amsterdam che , rispetto all’anno scorso, sembra piu’ bersagliata da masse di turisti. Ci sono perlopiu’ italiani, nella folla intravediamo anche qualche conoscente di Treviso. Dopo 2 giorni Laura ci saluta. Proseguiamo il viaggio verso Haarleem, un piccolo e grazioso paese non troppo distante da Amsterdam. Si dice nella cattedrale ci sia l’organo piu’ grande d’Europa. Non posso confermarlo, perché quando sono arrivata alla cattedrale, questa era già chiusa al pubblico. Di certo pero’ le strade sono molto caratteristiche, come i tanti negozi che vendono le cose piu’ bizzarre. Mi compro una girandola fatta di legno con delle mucchine bicolori che girano. Mi sembra simpatica, anche se il trasporto si rivela a volte un po’ scomodo.
La prossima tappa in programma è quella di fermarci a Stoccarda, dove proprio in questi giorni, si sta svolgendo un festival rock. Proviamo a telefonare in giro, ma i biglietti risultano tutti esauriti. Allora decidiamo di tornare a Monaco, dove ci siamo trovate molto bene. Alla stazione di Waterloo sale in treno un ragazzo alquanto particolare. Si siede nel nostro scompartimento e socializza subito con noi. E’ veramente gentile e dal suo grande zaino non fa altro che estrarre cibarie varie da dividere con noi. Il viaggio è molto lungo, e lui ci racconta la sua storia. E’ giovane e veramente carino e da quando ha 16 anni abita in una casa occupata . Suona la batteria ed è diretto a Vienna per un’audizione. Il biglietto lo ha comprato usato, da un ragazzo che glielo ha venduto alla stazione. E’ davvero simpatico, e noi due, a volte incredule, ci dilettiamo ad ascoltarlo nelle sue mille storie! Ritroviamo la “nostra” Monaco e il “nostro” ostello. I ragazzi dell’ostello sembrano felici di rivederci. Passiamo le nostre ultime giornate girovagando per Monaco, ballando al Backstage, una discoteca veramente bella, e guardando gli episodi di X -files in tedesco, assieme ai ragazzi dell’ostello. Il viaggio di ritorno in Italia è massacrante. I vagoni sono strapieni, è un caldo soffocante e sembra di non arrivare mai. A Verona prendiamo pure la multa perché non abbiamo fatto il supplemento per l’intercity (e chi lo sapeva che il treno era un intercity??).
Torniamo a casa esauste, è stata una bella vacanza…Ma che faticata!!!