Da un po’ di tempo di “ronza” un viaggio per la testa. L’occasione finalmente mi si presenta quando Gabry, un vecchio amico, mi propone di “fuggire” dal grigiore invernale con lui. Quasi a farlo apposta, entrambi proponiamo la stessa meta: Capo Verde. Giusto il tempo di raccogliere un po’ di informazioni, che in una fredda mattina di fine febbraio ci troviamo catapultati con i nostri zaini all’aeroporto di Verona. Partiamo senza un programma preciso, Capo Verde è un arcipelago composto da 10 isole, non abbiamo ancora le idee chiare su quali e quante riusciremo a visitarne. A dir la verità io vorrei vederle tutte, dicono che ogni isola sia un frammento di cultura e tradizioni a se stante, ma, aihmè il tempo non è sufficiente per poter catalogare le caratteristiche salienti di ognuna di loro …Il nostro punto di arrivo è l’Isola di Sal, dove ha sede l’aeroporto internazionale. Il primo impatto è di una terra lunare, piana e desertica. Non a caso l’Isola, prima di essere chiamata Sal (per via delle antiche saline), era stata battezzata Lhana, che significa piana. Percorriamo quella che ci dicono essere l’unica strada asfaltata dell’Isola, che ci porta direttamente al paesino di St. Maria, un piccolo agglomerato di case in costruzione sulla sinistra, e un gran agglomerato di alberghi acchiappaturisti sulla destra. Questo è l’unico centro “mondano” di tutta l’isola, perennemente contaminato da masse di turisti alla ricerca del caldo e della possibilità di fare wind surf. L’invasione italiana è allarmante, intervallata da qualche sporadico tedesco o da qualche procace portoghese. Tutto sommato, pero’, l’idea di passare qualche giorno in pieno relax, in un bungalow proprio fronte mare non mi addolora. Ci sara’ tempo, in questo viaggio, per dover adattarsi a qualche sistemazione di fortuna… La spiaggia è molto bella, profonda e bianca. L’oceano evidenzia la sua presenza con imponenti onde che si infrangono a riva. Poco piu’ a sinistra del nostro bungalow, a circa 10 minuti di passeggiata c’è il piccolissimo paesino di Santa Maria, con il mare davanti e l’arido deserto di terra dietro. Bastano poche ore per capire che il punto focale di St. Maria è l’improbabile molo di legno, così precario che camminarci sopra puo’ far star male. Quotidianamente i pescatori qui scaricano i pesci serra, simili ai tonni. La trattative avvengono direttamente in questo pontile-palafitta dove, una volta venduti, i pesci vengono squartati e curati. La maestria con la quale i pescatori asportano le interiora è uno spettacolo da vedere, anche se, dai contorni un poco raccapriccianti. Trascorriamo qualche giorno in pieno e meritato relax, intervallando i bagni nell’oceano, a lunghe passeggiate sulla spiaggia. Poi un giorno, animati dal desiderio di vedere le balene, che qui vengono a svernare, decidiamo di salire sulla barca a vela di Paolo, un ex imprenditore di Udine, che, stanco della solita routine quotidiana, ha deciso di fare il giro del mondo con la sua barca. Anche se dicono che a Capo Verde non piove mai, incappiamo in una giornata poco favorevole. Tanto vento, cielo uggioso e pioggia certo non sono l’ideale per una gita in barca a vela. Il mare è comunque piatto e partiamo. Trascorriamo un’allegra giornata imparando come manovrare una barca a vela, costeggiando il monte Leon, per poi riattaccare al piccolo porto di Palmeira. La solita sfortuna non ci permette pero’ di avvistare nessuna balena….Pazienza! Il giorno seguente si va all’aeroporto di Espargos, dove ci sono gli uffici della TACV, la compagnia aerea capoverdiana. In questi giorni, parlando anche con qualche nativo, abbiamo deciso la nostra rotta per il resto del viaggio: ci dirigeremo verso nord, quindi approderemo nell’Isola di Sao Vicente e poi, con un po’ di fortuna, arriveremo nell’Isola di St. Antao. Prenotiamo perciò il volo interno che, tra qualche giorno, ci porterà in una nuova realtà. Prima di lasciare Sal pero’, non posso non approfittare per farmi fare le treccine da una delle numerose ragazze che in spiaggia propongono a tutte le turiste questa acconciatura. La monotonia di Sal pero’ puo’ stancare. L’isola oltre al mare e le spiagge non offre molto di piu’ . La possibilità di entrare in contatto con la cultura capoverdiana autentica è molto bassa. Angolani, Senegalesi, popolazioni della Guinea Bissau, qui pare ci siano tutte le rappresentanze africane tranne che quelle Capoverdiane. In realtà questa, insieme a Boavista, è l’unica isola frequentata dal turismo di massa, quindi sicura fonte di lavoro e di guadagno per le popolazioni dei poverissimi stati confinanti Capo Verde, popolazioni che mescolano le loro culture e i loro usi e costumi creando una realtà sfalsata rispetto alle vera essenza di questa nazione. Questa massiccia presenza di turismo, legittima poi, una lievitazione dei prezzi. Qui la vita è notevolmente piu’ cara rispetto alle altre isole, lo standard dei prezzi è allo stesso livello di quello italiano. Incredibile! Caricati gli zaini in spalla, prendiamo un taxi che ci porta in aeroporto e qui, pazientemente attendiamo il volo che, in circa 50 minuti ci porterà nell’Isola di Sao Vicente. Durante l’attesa, conosciamo un signore italiano, un veterano che per motivi di lavoro conosce Capo Verde molto bene. Ci dà qualche utile informazione su dove alloggiare, dove mangiare e cosa vedere a Mindelo, il capoluogo di Sao Vicente, nonché cardine della musica e della cultura capoverdiana. Da amante della musica di Cesaria Evora, come potrei farmi mancare la visita alla sua città ?(dove ancora attualmente vive) Dopo aver sorvolato un oceano blu intenso, atterriamo in una piccola striscia di terra, incastonata tra colline frastagliate. La sensazione è quella di schiantarsi al suolo, ma arriviamo sani e salvi. L’aeroporto di San Pedro è piccolo e squallido. In una saletta attendiamo i nostri zaini tra il via vai di locali che attendono i loro voluminosi pacchi arrivati da chissà dove. Recuperata la nostra mercanzia prendiamo uno sgangherato taxi che ci porterà a Mindelo. Dopo circa 10 Km, vediamo all’orizzonte la cittadina di Mindelo. Una baia, dei rottami arrugginiti di vecchie navi e tante case colorate ci danno il benvenuto. Ci facciamo “scaricare” all’hotel Amarante, un piccolo hotel all’entrata della città. Giusto il tempo di posare i bagagli che subito ci cimentiamo nell’esplorazione della città. Subito questa mi appare come una cittadina molto vivace, c’è un continuo via vai di gente, odori e colori mi rapiscono i sensi. Ci sediamo in una panchina di un’assolata Praca Estrelas, caratterizzata dal suo mercato dell’abbigliamento e dai numerosi azulejos che tanto mi ricordano Lisbona. In effetti, girovagando per la città ho sempre piu’ la netta sensazione che questa assomigli incredibilmente a certi quartieri di Lisbona. Mi sento quasi a casa!! Ci dirigiamo verso il lungomare, dove, neanche a farlo apposta, staziona la riproduzione della torre di Belem di Lisbona. C’è tanta gente per le strade, siamo un po’ spaesati: è tutta un’altra dimensione rispetto a Sal! Ad un certo punto un gruppetto di ragazzi attira la nostra attenzione. Riconosciamo due ragazzi che erano seduti accanto a noi nel volo da Verona. Li chiamiamo e così conosciamo anche Bartolo e Beppe, due simpatici ragazzi napoletani e Roberto, un ragazzo milanese che, arrivato qui per 5 giorni di vacanza, non è piu’ tornato a casa e da circa un anno abita a Mindelo. Capitanati da lui, proseguiamo la nostra visita raggiungendo Laginha, la spiaggia cittadina, per poi terminare il giro passando per la centrale Rua de Lisboa e per Praca Amilcar Cabral. Ci diamo appuntamento con il resto della comitiva per la serata, Roberto ci promette di farci vivere le scatenate notti mindelesi, tra balli e discoteche. Torniamo in albergo dove aihmè, la doccia è gelata e ci prepariamo per la serata. Trascorriamo un’allegra serata, andando a mangiare la murena fritta, specialità capoverdiana in un ristorante dove un malinconico signore, accompagnato dalla sua chitarra, si intestardisce nel volerci allietare, cantando canzoni italiane. Non ci sono versi per fargli capire che, dato che siamo a Mindelo, gradiremmo molto di piu’ un assaggio di morna! Roberto ci presenta Paolo, un simpatico milanese che fa la guida nell’Isola di Sao Vicente. Ne approfittiamo per chiedergli informazioni su come raggiungere l’Isola di St. Antao. A sua volta percio’ Paolo ci presenta Blaise, un francese che proprio abita a St. Antao. Prendiamo subito accordi su come raggiungerlo nei prossimi giorni. Poi andiamo a Praca Amilcar Cabral dove finalmente entriamo in contatto con la popolazione locale. La piazza è frequentatissima da giovani, che passeggiano lungo la piazza prima di andare in discoteca. I ragazzi, e soprattutto le ragazze, sono bellissimi. Ci sediamo in una panchina ed assistiamo a questa sfilata di bellezze. Gabriele, Bartolo e Beppe sono estasiati !!! (ma come dar loro torto?) Sinceramente provo un po’ d’invidia per i corpi scultorei che sfoggiano le ragazze: gambe lunghissime, sedere alto e sodo e portamento regale. Hanno una grazia innata qui le donne, quando ti parlano sembra quasi ti accarezzino….Il “clou”della serata arriva, quando finalmente entriamo in discoteca. Prima tappa discoteca O’Astro. La musica è bellissima, ma la cosa piu’ spettacolare è vedere come ballano i giovani. In un piccolo fazzoletto di pista ragazzi e ragazze si muovono avvinghiati. Le coppie sono ferme, l’unica parte del corpo che si muovo è il bacino. I movimenti sono molto sensuali e lenti. E’ una sensazione strana trovarmi, unica ragazza bianca, in questo piccolo e fumoso locale, inebriata da note di musica bellissima (Kizomba) e vedere questi balli. Sono tentata ad una prova, ma il coraggio tarda ad esplodere in me. Dopo un po’ di tempo Roberto ci conduce in un’altra discoteca, la piu’ “in”della città. In effetti alla discoteca “Syrius” ragazzi e ragazze sono ancora piu’ belli! Un ragazzo si avvicina e mi chiede di ballare, così decido di “buttarmi” nella mischia e provare anch’io questo ballo. Così inizio ad apprezzare questo modo di ballare molto particolare. Nonostante i movimenti possano apparire molto osè, i ragazzi si dimostrano sempre molto rispettosi. Mi faccio prendere dall’entusiasmo e cambio un sacco di cavalieri, che in fila attendono il loro turno per poter ballare con me!!! (prima ed ultima volta nella vita che mi capita una cosa del genere!!) Inutile dire che anche Gabry e gli altri si fanno “prendere la mano” e si cimentano molto volentieri in questi strusciamenti. Dopo qualche giorno carichiamo nuovamente in spalla i nostri zaini e ci dirigiamo verso il porto di Mindelo dove prenderemo una barca che ci trasporterà fino all’Isola di St. Antao, la seconda in grandezza di tutto l’arcipelago. L’aspetto della barca è assai inquietante, con le dita incrociate saliamo, pregando che riesca a resistere alle onde! Quando raggiungiamo il mare aperto e la barca inizia a dondolare pericolosamente tra le onde, capiamo che i capoverdiani sono un popolo che soffre il mal di mare. Praticamente quasi tutti i passeggeri della “carretta dei mari” si sentono male. L’aspetto comico della situazione è che la barca è dotata di secchi raccogli-vomito che iniziano ad essere passati da persona in persona con il risultato che anche chi non dava segni di cedimento, alla vista del secchio tracolla! Fortunatamente Roberto ci aveva avvertito della precarietà della barca e noi, prudentemente, abbiamo affrontato il viaggio a stomaco vuoto. Dopo circa un’ora e mezza di sballottamenti, approdiamo a Porto Novo. Qui prendiamo un Aluguer, un taxi collettivo, che ci porterà a casa di Blaise, a Ponta do Sol. Durante il tragitto il paesaggio cambia repentinamente passando da panorami rocciosi, a panorami rigogliosi e verdi. Basta poco per rendersi conto che questa è un isola di contadini che vivono tra montagne terrazzate e che la presenza di turisti è del tutto marginale. Arriviamo a Ribera Grande, per poi prendere una strada che sale a picco sul mare. E’ impressionante come l’autista riesca a mantenere il controllo del suo mezzo. Ogni volta che incrociamo un automezzo che procede nel senso opposto, mi sembra di precipitare dal ciglio della scarpata. Poi, finalmente, raggiungiamo Ponta do Sol, un piccolo paese di pescatori affacciato sul mare. La casa di Blaise è molto carina ed ospitale. Qui troviamo anche 4 ragazze italiane e con loro ci apprestiamo ad affrontare 4 ore di trekking che ci porteranno a scoprire piano piano questa isola dal sapore incontaminato. Rimango quasi senza fiato nell’ammirare certi panorami. Mi rallegra il fatto di sapere che al mondo esistano ancora posti come questi. Un’eden della natura, un esplosione di meraviglie incontaminate. Non ho parole per descrivere lo scenario spettacolare che si staglia sotto ai miei occhi….
La mattina dopo, all’alba, nonostante le gambe doloranti per la scarpinata del giorno precedente, prendiamo un aluguer che ci scarica a Cova. Da qui prenderemo dei sentieri che in circa 7 ore ci porteranno a Paùl, sul mare. Camminiamo avvolti da nuvole basse e veniamo costantemente bagnati dalla condensa umida che scende dagli alberi. Attraversiamo boschi di mimose in fiore, campi terrazzati dove i contadini ci salutano cordialmente, incrociamo muli e donne che, con incredibile agilità, trasportano sacchi carichi di patate sulla testa. Poi ci perdiamo. Raggiungiamo un piccolo agglomerato di case dove conosciamo Francisco, un ragazzo che si offre di accompagnarci per un tragitto di strada, dato che anche lui deve scendere a valle. Lo seguiamo con fiducia. Il paesaggio cambia velocemente mentre cerchiamo di mantenere l’equilibrio cavalcando le minuscole piste sassose sulle creste delle montagne (che paura ragazzi!!). Incrociamo case poverissime dove la gente ci guarda con curiosità, attraversiamo coltivazioni di canne da zucchero, di caffè e di banane. Il nostro accompagnatore si dimostra molto cordiale. Di tanto in tanto si ferma e ci indica il nome dei villaggi che dall’alto delle montagne dominiamo. Poi, attraverso le Ribeiras immense, saluta i contadini che a valle piantano le patate dolci. Dopo qualche ora ci abbandona. E’ arrivato alla piantagione di banane del padre. Ci presenta il padre e altri contadini. Sono tutti estremamente cordiali con noi. Proseguiamo esausti, animati solo dalla visione di una natura così fantastica. Incrociamo i bambini che stanno scendendo a Paùl per andare a scuola. La loro innata curiosità li spinge a seguirci e scrutarci. Mi fermo un po’ per riposare i miei stanchi piedi e cerco di fare amicizia con loro. Sono buffissimi quando mi rispondono! Poi proseguiamo con il seguito di bimbi in divisa blu che scalzi, come ogni mattina, fanno 15 km a piedi per raggiungere la scuola… L’ultimo tratto di strada lo facciamo attraversando una vegetazione dall’intenso colore verde, allietati dal costante rigoglio proveniente dai ruscelli. Quando sbuchiamo nella strada asfaltata, chiediamo un passaggio ad un pick up, che ci trasporta fino a Paùl. Io sono letteralmente a pezzi, i piedi si ribellano alla clausura delle pesanti scarpe da trekking. A Paùl prendiamo un aluguer, che con lo stereo a tutto volume, ci trasporta fino a Ribeira Grande. Qui troviamo un altro aluguer, che, dopo aver raccattato altri clienti, finalmente ci porta, esausti, fino a Ponta do Sol dove Blaise ci sta aspettando. Ceniamo con lui e altri 3 ragazzi capoverdiani. E’ bello parlare con loro, ascoltare i loro desideri e confrontarci sui gusti musicali. La mattina seguente ci fermiamo ad osservare i pescatori che con infinita abilità riescono a sorpassare altissime onde uscendo dal minuscolo porticciolo. Poi il pomeriggio ha inizio il nostro viaggio di ritorno che ci porterà a Porto Novo dove un’altra nave arrugginita ci riporterà a Mindelo. La traversata questa volta si rivela ancora piu’ violenta della precedente. Anche Gabry inizia a dare segni di cedimento. Arriviamo a Mindelo con lo stomaco in agitazione. Ritroviamo Roberto, che nel frattempo, ha custodito parte dei nostri bagagli. Siamo pronti per le ultime nottate di follia. Conosciamo anche Angelo, un altro ragazzo milanese arrivato da Sal il giorno precedente. Andiamo a ballare e rincontriamo il piacere del ballo-strusciamento…. La mattina seguente andiamo in spiaggia, dove, in un angolo c’è una pseudo palestra all’aperto. Sistemati alla meno peggio ci sono attrezzi per sviluppare la muscolatura. Ovviamente Gabry e Roberto si mettono all’opera. Io mi diletto invece in ben altra ginnastica. Alleno gli occhi fissando l’esplosione di bicipiti , tricipiti, addominali ecc. Che ragazzi mulatti dagli intensi occhi verdi non disdegnano di farmi ammirare mentre compiono i loro esercizi ginnici quotidiani. Che dire, mi sto proprio divertendo! Gli ultimi giorni proseguono tranquillamente, in una Mindelo che ci sembra così famigliare ed accogliente. Inutile dire che l’avvicinarsi della fine della vacanza ci provoca un gran dolore. Non vorremmo piu’ partire, speriamo in un improvviso annullamento del volo, meditiamo scuse plausibili per evitare di rientrare in patria….Ma aihmè, anche questa volta, il nostro senso del dovere ci fa fare i conti con la nostra coscienza. Tristemente carichiamo gli zaini in spalla e dal finestrino di un taxi salutiamo la vivace Mindelo, e mentre le case diventano sempre piu’ piccole e lontane, già programmiamo un nostro ritorno in questa terra ospitale.