Fino alla fine del mondo 2

Argentina 2001/2002 - Fino alla fine del mondo Sabato, 22 dicembre 2001 - I preparativi e la partenza In mattinata mi reco in agenzia viaggi per pagare e per ritirare documentazione e biglietti aerei. Non sono certo in anticipo sui tempi. Gli operatori dell'agenzia mi dicono che vogliono assolutamente avere un resoconto di questo viaggio, che si...
fino alla fine del mondo 2
Partenza il: 22/12/2001
Ritorno il: 02/01/2002
Viaggiatori: fino a 6
Spesa: 3500 €
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Argentina 2001/2002 – Fino alla fine del mondo Sabato, 22 dicembre 2001 – I preparativi e la partenza In mattinata mi reco in agenzia viaggi per pagare e per ritirare documentazione e biglietti aerei. Non sono certo in anticipo sui tempi. Gli operatori dell’agenzia mi dicono che vogliono assolutamente avere un resoconto di questo viaggio, che si preannuncia fantastico, al mio ritorno. Nel pomeriggio si parte per la Malpensa dove, alle 19.30 (con mezz’ora di ritardo) parte l’aereo della Iberia diretto a Madrid Barajas. Viaggio con un simpatico friulano diretto a Portorico. Madrid è un punto di smistamento verso tutto il centro e sud America. Dopo due ore atterriamo e mi dirigo verso l’imbarco per Buenos Aires. Non vedo molti italiani … Anzi, non ne vedo proprio. Il volo parte verso le 24.00 ed atterra alle 8.30 ora locale dopo 12 ore e mezza di volo (il fuso orario è di -4 ore rispetto all’Italia). Il volo è andato bene anche se le ultime ore non passavano più.

Domenica, 23 dicembre 2001 – L’immensa Buenos Aires Arriviamo all’aeroporto Ezeiza di Buenos Aires. Verso le 9 del mattino ritiro i bagagli ed esco dall’area arrivi. Trovo un corpulento signore ad aspettarci con la scritta “Azeta Viaggi”. Sorpresa: siamo solo in sei: Chiara, Paolo, Biagio e una coppia di Como in luna di miele. Questi ultimi però non sono alloggiati nel nostro albergo e faranno un giro completamente diverso, li ritroveremo solo al ritorno. Con un pulmino ci trasferiamo in albergo (hotel El Conquistador, in via Suipacha). Il viaggio attraverso Buenos Aires è emozionante: siamo in piena estate, fa caldo, il cielo è azzurro ed il sole è alto in cielo, si sente nell’aria il profumo del mare, c’è tantissimo verde ben curato con molte famigliole che fanno pic-nic all’ombra dei tanti alberi … La sensazione è veramente bella, di vacanza, di una nuova estate inaspettata. Vediamo però subito anche la povertà della gente, la periferia è piena di case e palazzi fatiscenti, baracche che diresti impossibile abitare nelle quali si vedono panni stesi al sole.

Dopo una rinfrescata in hotel decidiamo di andare a mangiare qualcosa, entriamo in un ristorantino deserto e scopriamo una caratteristica degli argentini che ritroveremo nel corso di tutto il viaggio: la calma. Tutto scorre lentamente. I dollari sono ben accetti, non ho infatti cambiato nulla in pesos argentini. Nel pomeriggio un bus ci viene a prendere per un giro attraverso i principali quartieri della città. La guida (Vittoria, una ragazza molto carina) parla spagnolo e inglese. Ritroviamo i due comaschi, più gruppi di inglesi e americani. Vediamo le zone de:  “La Boca”: dove ci fermiamo, è molto caratteristico, le case sono tutte molto colorate, di solito in giallo e blu, i colori del Boca Juniors, la squadra dove Maradona ha iniziato la sua carriera (passiamo anche davanti allo stadio del Boca: “La Bombonera”) e dove è tuttora venerato come un santo.  San Telmo, anche qui ci fermiamo e visitiamo le decine e decine di negozi di antiquariato. Dovunque incontriamo bancarelle che vendono di tutto. C’è anche uno spettacolo di tango in mezzo a una piazzetta.

 Plaza De Mayo con la Casa Rosada, sede del traballante governo argentino. La piazza è bellissima, c’è tantissima polizia e numerose televisioni perché si sta insediando il nuovo presidente Saa (che non durerà molto).

 Palermo, un elegante quartiere, detto “Il quartiere delle ambasciate”. Infatti si incontrano ville lussuose, sede di ambasciate e non, il tutto immerso nel verde. Vi sono parchi ovunque e perfettamente mantenuti, con l’erba rasata e maestosi alberi multitronco.

 Recoleta, l’anima di Buenos Aires. Decidiamo di fermarci qui e di tornare in albergo a piedi. Anche qui centinaia di bancarelle, gente che suona per le strade, animazione e colori. Visitiamo la chiesa della Vergine del Pilar (non mi sembra eccezionale). Tornando a piedi verso l’albergo passiamo per la Avenida 9 de Julio, la strada più larga del mondo (così dicono qui), 12 corsie, 6 per ogni senso di marcia più uno spartitraffico in mezzo, due giardinetti laterali ed altre tre corsie per senso di marcia. Credo che siano 120 metri da un parte all’altra. Code qui non ce ne sono.

La città è spaziosa, bella, con tanto verde ed immersa nel tranquillo pomeriggio estivo assomiglia ad un gigante buono (13 milioni di abitanti).

Alla sera decidiamo di andare a mangiare a Puerto Madero, ex porto di Buenos Aires, ora trasformato in una miriade di ristoranti, bar e locali vari. Stranamente troviamo pochissima gente per le strade, anche tornando verso l’albergo incontriamo strade deserte, senza macchine e senza gente, tipo città fantasma, dove l’unica presenza è il vento che solleva la carta dall’asfalto delle strade. Fino ad un paio di giorni fa questa era una città in stato d’assedio … Lunedì, 24 dicembre 2001 – Il sogno diventa realtà: la Patagonia Dopo una ottima colazione a base di croissant e frutta, decidiamo di fare un giro in città. Passiamo attraverso Florida (una strada pedonale gremita di magnifici negozi e di gente), visitiamo di nuovo la Plaza De Mayo (con la Catedral Metropolitana ieri chiusa) ed arriviamo fino ai grattacieli del quartiere Retiro. Visitiamo il famoso Caffè Tortoni. Alle pareti ci sono fotografie che ritraggono gli avventori più famosi del locale, tra gli altri: Borges, Menem, Evita Peron e … D’Alema, Mastella e numerosi altri politici italiani. Pensa te !! Ciò che maggiormente ci colpisce di Buenos Aires:  I magnifici negozi, tutti rigorosamente deserti  I negozi e negozietti non tanto magnifici, comunque deserti  I bar ed i ristoranti … Deserti  Il numero enorme di taxi neri e gialli per le strade (quasi tutti girano vuoti)  Tutti i marciapiedi sono ridotti a colabrodo (ma perché ???)  La polizia è ovunque  Ogni banca ha i suoi poliziotti, presenti all’interno della stessa per tutta la giornata (notte compresa)  Tanta gente vive di espedienti (c’è una signora con un tavolino che misura la pressione per un pesos, numerosissimi sono i lustrascarpe … E anche la gente che se le fa lustrare, non si sa se per superiorità o per pietà) Mangiamo qualcosa in un bar completamente deserto (come tutti gli altri) e torniamo in albergo. Anche oggi abbiamo camminato parecchio. Nel pomeriggio il nostro amico con il pullmino torna a prenderci per condurci all’altro aeroporto di Buenos Aires, detto “Aeroparque”, destinato ai voli interni. Partiamo verso le 16.25 ed atterriamo a Trelew alle 18.15. L’aeroporto è il più piccolo che abbia mai visto: i gate di imbarco, qui detti “puertas” sono delle vere e proprie “porte”, che gli addetti arrivano ad aprire con una chiave !!! C’è un ragazzotto con una divisa del centro di controllo zooprofilattico di Trelew che palpa tutti gli zainetti (???) alla ricerca non si sa di che cosa. Siamo finalmente in Patagonia. Il nostro accompagnatore ci trasporta fino alla città di Puerto Madryn (60.000 abitanti). La strada, lunga quasi 70 km, è completamente diritta, finisce all’orizzonte; tutt’intorno un deserto di arbusti (una sorta di steppa) che si estende a perdita d’occhio in ogni direzione. C’è un vento caldissimo … La sensazione è di pace totale, di infinito e anche, un po’ inquietante, di nulla. E tutt’intorno, si estende un mondo quasi primordiale, una natura incontaminata e suggestiva, non ancora imbrigliata da mano umana. L’albergo è il “Bahia Nueva”, in stile inglese. Attraversata la strada c’è la spiaggia e l’oceano Atlantico. Giriamo un po’ per la città ed andiamo a mangiare (per la prima ed unica volta la carne che mangiamo non è granché). Lascio soli gli altri ragazzi e vado alla messa di Natale, alle 23.00 nella chiesetta (in realtà uno stanzone adibito a chiesa) più vicina. Arrivo leggermente in ritardo, la chiesa è gremita e mi metto sui gradini di fronte all’ingresso. La messa sembra una festa, il prete fa alcune battute (ne comprendo solo un paio), tutti cantano, si inginocchiano per terra e, allo scambio della pace, si scambiano baci ed abbracci sorridendo. Tornando verso l’albergo, mi fermo sul lungomare, illuminato dai lampioni delle strade ma deserto. Chi l’avrebbe mai detto, la notte di Natale passata al caldo, in riva all’Oceano Atlantico, sotto le stelle del cielo australe.

Martedì, 25 dicembre 2001 – Le balene franco-australi Dopo aver telefonato a casa per fare gli auguri di Natale (a Milano fa freddissimo e qui siamo vicini ai 30°C) si parte per la Penisola Valdes. Sul pulmino incontriamo due svizzere, di cui una parla italiano ed è di famiglia napoletana (si vede chiaramente dal viso che non è svizzera) e una famiglia di spagnoli (i genitori parlano italiano e sono molto simpatici). La guida è una simpatica donna di origine italiana (un figlio vive in Italia e altri due a Buenos Aires). Attraverso il deserto arriviamo a Punta Delgada, dove ci aspetta uno spettacolo mozzafiato. Arriviamo fin sull’orlo di una scogliera alta 20-30 metri e, sotto di noi, incredibile, una spiaggia colma di leoni ed elefanti marini che riposano o giocano nell’acqua. La natura come si vede solo nei documentari. Tutto intorno è deserto e silenzio, si sentono solo i rumori fantastici di questi strani e goffi animali. Con il binocolo si vedono perfettamente e molto da vicino. E’ una emozione bellissima. Mai avrei creduto che esistesse un posto simile (ed è solo l’inizio delle meraviglie). Si riprende il viaggio e, costeggiando la scogliera, si arriva alla sosta per il pranzo, ma prima si scende quasi sulla spiaggia per osservare lo stesso spettacolo visto prima, ma in un altro luogo e ancora più da vicino. E’ fantastico e rimaniamo incantati più di 1 ora a guardare questa meraviglia. Dopo pranzo si riparte per Puerto Piramides dove incontriamo un gruppo di italiani in viaggio con “Avventure nel mondo”, sono tutti sulla trentina o più e le facce non mi ispirano molto. Saliamo su una piccola nave (siamo circa 25 persone) e prendiamo il mare aperto. Poco dopo ecco arrivare moltissimi delfini che nuotano e saltano vicino alla barca. Spiccano dei balzi incredibili, sembrano contenti di vederci. Ci spingiamo ancora più avanti, basterebbe già il mare blu, il cielo azzurro, il sole caldo e la vista di bellissime scogliere rocciose, ma c’è di più … Arriviamo in un punto in cui avvistiamo almeno dieci balene, sono ovunque, galleggiano in superficie ed alcune hanno dei piccoli (si fa per dire) con sé. Sono vicinissime, un piccolo passa addirittura sotto la barca e ci rendiamo conto delle sue dimensioni enormi (ed è un piccolo). Non si sa più da che parte della barca scattare le fotografie. Uno spettacolo indimenticabile. Sulla via del ritorno ci fermiamo a vedere anche le otarie. Dopo tre ore di navigazione torniamo a terra assolutamente soddisfatti. Torniamo con il pulmino a Puerto Madryn, ceniamo e passeggiamo sul lungomare. Notiamo stupefatti che il mare ed il cielo hanno assunto esattamente lo stesso colore blu elettrico, un blu talmente blu che nessuno di noi aveva mai visto (e che non si verificherà nei giorni successivi). Che Natale che abbiamo trascorso !!!!! Una giornata incredibile.

Mercoledì, 26 dicembre 2001 – La pinguinera Alle 8 del mattino si parte per Punta Tombo. Attraversiamo un vero e proprio deserto, fermandoci quando individuiamo qualche animale vagare libero nelle pianure. Si tratta di nandù (una sorta di struzzo), di lepri selvatiche (grandi il doppio delle nostre italiane), di guanacos (sorta di lama) e di numerose specie di uccelli. Dopo una breve sosta per ammirare un piccolo museo contenente tutti gli animali della zona imbalsamati, insieme all’impressionante scheletro di una balena, arriviamo alla nostra destinazione: Punta Tombo, ovvero “La pinguinera”. Arriviamo con il pullman fino ad un piccolo insediamento umano, scendiamo e ci incamminiamo verso la spiaggia … E sulla spiaggia si sorgono migliaia di puntini neri e bianchi. Ci avviciniamo e lo spettacolo è incredibile: migliaia di pinguini. Si tratta di pinguini di Magellano, alti circa mezzo metro e che vivono in posti caldi. Sono ovunque, ci attraversano la strada, si fermano e si mettono in posa per farsi fotografare, camminano sulla spiaggia con quel loro buffissimo modo di muoversi, ti osservano con occhietti sorpresi e curiosi. Sono estasiato. Mi siedo su una scogliera e ammiro i pinguini che si trovano a centinaia pochi metri sotto di me. Il mare è splendido, i gabbiani volano sopra la mia testa nel cielo azzurro intenso e con un vento a tratti anche forte. Osservando i pinguini, scorgo le differenti personalità di alcuni di essi: vi sono gli attaccabrighe, i solitari, i vanitosi, quelli che affrettano il passo per entrare in acqua e che vengono letteralmente travolti dalle ondate … È uno spettacolo unico. Mi sento pervaso da una sensazione di serenità.

Nel pomeriggio visitiamo la cittadina di Gaiman, fondata dai gallesi e finalmente vediamo un po’ di verde: piante, canali colmi d’acqua, fiori e prati verdi stile inglese. Si beve il the (mangiando qualche dolce) in una casa da the visitata anche da Lady Diana nel 1995 (i quadri alle pareti lo dimostrano … Ed è evidente che su questo particolare giocano molto i gestori della casa). Siamo noi quattro, le due svizzere e due francesi che sembrano totalmente annoiati ed indifferenti. Di fatto né il the né i dolci sono nulla di speciale.

Durante le varie tappe del nostro viaggio odierno in pulmino abbiamo la possibilità di assaggiare il “mate”, una tipica bevanda locale basata sull’erba “Mate” appunto, con zucchero e acqua calda. La nostra guida ci assicura che è molto buona, dissetante e calmante … La assaggiamo … Non ci sembra niente di speciale.

Torniamo a Trelew per visitare il Museo Paleontologico Egidio Feruglio. E’ interessante, vi si trovano vari scheletri (completi e non) appartenenti a varie specie di dinosauri abitanti la zona nel passato. Migliaia di anni fa questa era una terra fertile ed ospitale per decine di specie animali … Poi l’estinzione di massa (forse la caduta di un grosso meteorite).

Sulla strada del ritorno salutiamo le due svizzere (Adriana, più napoletana che svizzera e Marianne) che partono da Trelew per Buenos Aires dove si fermeranno un altro paio di settimane (una di esse ha parenti là). Rientriamo felici a Puerto Madryn, salutiamo la nostra guida Cristina e il nostro autista Osvaldo, mangiamo e ci concediamo una passeggiata ristoratrice nella calda (ma non troppo) serata argentina.

Giovedì, 27 dicembre 2001 – La Fine del Mondo In mattinata partiamo da Puerto Madryn in direzione dell’aeroporto di Trelew. Dagli aeroporti della Patagonia partono in media quattro o cinque voli al giorno … Ovviamente le dimensioni di tutti questi aeroporti sono ridottissime. Per fortuna il nostro aereo è sufficientemente grande (visto che il vento da queste parti è sempre intenso). Purtroppo, scopriamo che il nostro aereo, prima di raggiungere la destinazione finale di Ushuaia, farà scalo sia a Comodoro Rivadavia (dove dovremo cambiare aereo), sia a Rio Gallegos (l’aereo qui è visto come un treno, con tutte le sue fermate locali). Ammirare dall’alto la Terra del Fuoco è uno spettacolo unico: decine e decine di piccole isolette ed una costa molto frastagliata ci lasciano presagire posti incantevoli.

Arriviamo ad Ushuaia verso le 14.30, siamo nella Tierra del Fuego, siamo giunti alla “Fine del mundo”. Su questa suggestiva metafora vive la cittadina di Ushuaia (45.000 abitanti), che è di fatto la città più meridionale del pianeta. Ci troviamo a 150 km da Capo Horn. Veniamo accompagnati in albergo. C’è un sole splendido, un cielo limpido e con tante nuvole multiformi create dal fortissimo vento. Non abbiamo più caldo. Arriviamo al nostro albergo (hotel Tolkeyen) e scopriamo estasiati che si tratta di un edificio ad un piano, situato in una posizione paradisiaca: prati e alberi verdi davanti, il mare dietro con lo sfondo di montagne innevate. Facciamo una breve camminata nel sole e nel vento … Sono ancora una volta estasiato, è un posto bellissimo. L’hotel fornisce un servizio di pulmini che circa ogni ora portano gratuitamente i turisti in centro e li riportano indietro. Decidiamo di andare a vedere Ushuaia più da vicino. Fa freddo e pioviggina. Ci dedichiamo ad un po’ di shopping e mangiamo cioccolato per ritemprarci. Percorriamo tutta la via centrale (Avenida San Martin), la gente sta guardando una partita di calcio nei vari bar dotati di collegamento via satellite. Dopo pochi minuti sentiamo suonare i primi clacson e vediamo nugoli di ragazzini festanti con in mano delle bandiere bianco e azzurre. Ci dicono che il Racing Avellaneda (una squadra di Buenos Aires) ha vinto il campionato di calcio argentino dopo più di 30 anni. Anche qui, a più di 3000 km si festeggia.

Verso sera, visto il freddo e la pioggia entriamo in un ristorante dove gustiamo la famosa “centolla”, la polpa del granchio australe. Devo ammettere che non è niente male. Terminata la cena rientriamo in albergo; dalla mia camera si sente il soffiare del vento impetuoso, comincia a diventare buio solo verso le 23.00, ne approfitto per scrivere le cartoline (tutte precedentemente timbrate con il timbro della “Fin del mundo” presso l’ufficio turistico di Ushuaia).

Venerdì, 28 dicembre 2001 – I castori e le faine di Ushuaia Partenza con un grosso pulmann per la visita al Parco Nazionale della Terra del Fuoco. Ci sono molti altri turisti di tutte le nazionalità. Percorrendo strade sterrate in mezzo ai boschi giungiamo ad una minuscola stazione ferroviaria dove decidiamo di salire sul “Treno del fin del mundo” (naturalmente). Si tratta di un trenino caratteristico (e molto turistico) con locomotiva a vapore, che era utilizzato in tempi ormai lontani per portare i carcerati spediti da tutta l’Argentina nella colonia penale di Ushuaia a tagliare la legna. Durante il viaggio ammiriamo un paesaggio fatto di boschi, di alberi tagliati e mai più ricresciuti, di prati verdi e di piccoli ruscelli. Facciamo una sosta per ammirare una cascata (abbastanza insignificante) e ne approfitto per aggirarmi nel bosco. Terminato il giro in treno riprendiamo il nostro pullman che ci porta alla Laguna verde, in un punto del Parco da cui si vedono le montagne cilene (faccio una passeggiata nel bosco che contorna questa baia e mi sembra di essere a Portofino, incontro un bambino argentino -Guido- che non mi mollerà più per tutto il resto del tragitto) e a Bahia Lapataia; quest’ultima è una baia incantata, bellissima (anche se purtroppo mancava il sole), con il mare verde contornato da prati anch’essi verdi e costellato da molte isolette. L’avevo già vista in alcune cartoline … Con il sole sarebbe stata una visione favolosa, ma mi accontento. Un cartello avverte che siamo a 3065 km da Buenos Aires, al termine della Ruta Nacional N° 3, e che ci troviamo a 17.848 km dall’Alaska (credo che Anchorage sia il punto di riferimento). Chi l’avrebbe mai detto: in agosto ero in Alaska, ora in dicembre sono a quasi 18.000 km di distanza; l’estremo nord e l’estremo sud del continente americano in pochi mesi … Il tutto passando per Milano … Ne ho fatta di strada quest’anno; incredibile !! Torniamo ad Ushuaia dove abbiamo solo il tempo per mangiare velocemente qualcosa … Decidiamo di entrare nell’unico fast food della città. C’è un ragazzotto a servirci e, quando gli intimiamo di velocizzare le operazioni perchè abbiamo un po’ di fretta, comincia a sudare e ad agitarsi … La fretta non esiste nel vocabolario e nel comportamento degli argentini !!! Paghiamo i classici 20 pesos (quasi tutto costa 20 pesos !!) e ce ne andiamo di fretta … Ci aspetta la navigazione del Canale di Beagle, il tratto di mare che fronteggia la città di Ushuaia. Dalla nave vediamo splendidi paesaggi, montagne innevate, isole rocciose che spuntano dal mare e che ospitano decine di leoni ed elefanti marini, migliaia di cormorani, gabbiani, ecc. Arriviamo fino al faro del “Fin del mundo” … Non poteva essere altrimenti. Una volta tornati a terra, ci aspetta una serata alternativa. Con Mariano (la guida locale) e due suoi amici ci rechiamo con un pulmino in un boschetto appena fuori città. Si tratta di un posto molto bello dove ci aspettiamo di vedere i castori. Effettivamente la zona sembra propizia, alberi rosicchiati ed abbattuti qua e là, un torrente ed una diga costituita da rami d’albero intrecciati che forma un piccolo laghetto tranquillo. Camminiamo tutto intorno cercando di non fare rumore. Per molti minuti non riusciamo a vedere nulla, poi Chiara mi indica di avvicinarmi: c’è un castoro intento a mangiare dell’erba … È decisamente più grosso di quanto lo immaginassi (lungo circa un metro, peserà almeno 20 chili) … Ma, non appena si accorge della nostra presenza compie uno scatto fulmineo verso il torrente e vi si tuffa con una spanciata degna del peggior tuffatore del mondo !! Continuo a camminare intorno e vedo numerosi altri castori che spuntano con il loro muso sopra il pelo dell’acqua … I castori non ero riuscito a vederli nemmeno in Alaska. Riesco anche a vederne un altro paio fuori dall’acqua intenti a mangiare erba. Fantastico. Giunge il momento della cena. I nostri compagni (che poi saranno ricordati come “le tre faine” perché per questa serata vogliono 30 dollari) accendono un fuoco in una zona del bosco appositamente attrezzata e ci cucinano una zuppa con ingredienti sconosciuti. La assaggiamo … Sembra buona (forse per la fame, infatti comincia ora a far buio, significa che siamo oltre le dieci di sera). La cena si completa con dolce, frutta, caffè, ecc. Tutto sommato sono soddisfatto. Cenare nel bosco, purtroppo, è cosa rara … E l’ho gustata, nonostante i soldi spesi. Sabato, 29 Dicembre 2002 – La scalata Abbiamo la mattinata libera, così decidiamo di camminare un po’ in montagna. Saliamo in taxi fino all’hotel “Los Glaciers”, situato nel punto più alto della città di Ushuaia (a proposito Ushuaia è una città di circa 45.000 abitanti, decisamente più grossa di come me la immaginavo … Ed anche un po’ disordinata nella sua urbanistica, questo è successo perché credo negli anni ’70 il governo argentino voleva incrementare l’afflusso di gente e di industrie al sud ed aveva deciso di non far pagare le tasse a chi avesse deciso di trasferirsi laggiù, c’è quindi stata la corsa verso Ushuaia … Ma la pacchia è finita ben presto, le tasse sono tornate e le fabbriche se ne sono andate … Dimenticavo … La città è piena di cani liberi un po’ stupidi che corrono dietro abbaiando alle auto di passaggio … Mah !!). E’ una bella giornata ma il forte vento fa prevedere repentine variazioni del tempo. Ci incamminiamo oltre l’hotel finché non raggiungiamo la stazione da dove parte una piccola seggiovia. Decidiamo di salire, guardando avanti vediamo quello che è il nostro obiettivo: un ghiacciaio che sovrasta la città di Ushuaia (credo si chiami Glaciar Martial). Facciamo frequenti soste lungo il cammino per permettere di volgere il nostro sguardo dietro di noi, dove scorgiamo sempre più in lontananza Ushuaia, adagiata proprio nella conca formata da due imponenti montagne. Sullo sfondo il canale di Beagle, con le sue isolette illuminate dal sole. E’ una vista meravigliosa. Pian piano la strada si fa sempre più ripida … Resistiamo solo io e Chiara. Dopo una oretta di cammino (in certi punti anche abbastanza difficile) arriviamo entrambi in vetta. La vista che ci attende dopo tanta fatica è bellissima, anche se purtroppo il tempo si guasta ed inizia a piovere. Facciamo un paio di fotografie e decidiamo di tornare giù prima che la discesa diventi troppo scivolosa. Mentre scendiamo torna il sole … Peccato, ma siamo contenti ugualmente. Più in basso ritroviamo Biagio e Paolo. Torniamo in città per pranzo e poi in albergo, in attesa del pulmino che ci porterà all’aeroporto. Nel pomeriggio partiamo dal bel aeroporto tutto in legno di Ushuaia diretti a El Calafate.

Dopo un viaggio un po’ tribolato (probabilmente il pilota è alle prime armi) atterriamo alla nostra destinazione. Sembra incredibile, ma il paesaggio cambia ancora: questa volta la steppa è contornata da splendide montagne (alcune aride, altre verdi) e siamo nei pressi del grande Lago Argentino. Il blu del lago, il verde di alcune montagne, il marrone chiaro di altre … Variazioni cromatiche che ci stupiscono e ci affascinano. Ci sistemiamo presso l’hotel El Quijote ed andiamo a cercare un posto per la cena. Le due svizzere incontrate nei giorni precedenti ci avevano indicato una pizzeria locale (che ci indica anche una commessa di un negozio della cittadina): El Rancho. Ci andiamo. Ci sediamo. Ordiniamo. Attendiamo pazienti per più di un’ora (le classiche tempistiche argentine … Qui ancora più dilatate) finché … Arrivano quattro strati enormi di formaggio con un sottile strato di pasta sotto (dovrebbero essere delle pizze). Non sono poi malaccio … Ma lo strato di formaggio è un ostacolo insormontabile per tutti noi. Ci arrendiamo e ne lasciamo tutti metà sulla tavola. La serata è comunque molto allegra e le risate si sprecano.

Domenica, 30 Dicembre 2002 – L’incantesimo Di buon mattino partiamo in auto verso il Perito Moreno. E’ una giornata splendida, cielo blu e qualche simpatica nuvoletta qua e là. La nostra autista è una corpulenta donnina locale (con due braccia da scaricatore di porto), ma è simpatica e dice di essere a nostra disposizione per tutto il giorno (più tardi scopriremo che, per lei, “tutto il giorno” significava “fino all’ora della siesta”, cioè nel primo pomeriggio … Ma ha dovuto aspettarci fino alle 16.00 … Avevamo paura che ci menasse !!!). Lungo il tragitto, ci godiamo dei paesaggi meravigliosi, vediamo centinaia di pecore, decine di cavalli e condor (ben appostati nelle vicinanze dei greggi di pecore), i bei panorami sul Lago Argentino dalle acque verdi-turchesi. Arriviamo alla cosiddetta Curva dei Sospiri, dove finalmente si vede, seppur in lontananza, il ghiacciaio. Anche visto da lontano è già impressionante. Continuiamo fino ad arrivare alla meta. Percorriamo una scalinata ed arriviamo ad una lunga passerella che, in pratica, permette di vedere il ghiacciaio da quasi tutte le angolazioni. Lo stupefacente ghiacciaio Perito Moreno è un’enorme parete di ghiaccio lunga ben 4 km, profonda 32 km e alta fino a 70 m sul livello del lago. Pur avendo visto decine di ghiacciai tra Islanda e Alaska, il Perito Moreno è una cosa assolutamente unica ed incredibile. E’ ancora presto e quindi non ci sono ancora le centinaia di turisti schiamazzanti che troveremo qualche decina di minuti dopo. Questo ci permette di godere in completa pace la voce del ghiacciaio: scricchiolii, tonfi sordi, veri e propri tuoni non appena qualche pezzo si stacca dalla parete e cade nelle acque del lago. Sono incantato e perfino commosso. Dal suo candido colore bianco-azzurrognolo, si direbbe quasi che fosse finto, di polistirolo, e invece è una autentica meraviglia della natura. E’ l’unico ghiacciaio al mondo in continua crescita. Col passare degli anni, si avvicina continuamente alla terraferma fino a chiudere il passaggio dell’acqua tra due parti dello stesso lago (il Braco Rico ed il Canale De Los Tempanos), ciò fa aumentare il livello dell’acqua in una parte del lago anche di 5 metri, finché la pressione supera una soglia limite ed avviene la cosiddetta “rottura”. Uno spettacolo che ci dicono impossibile da raccontare, lo vedremo l’indomani in videocassetta durante la navigazione del Lago Argentino e sembra veramente incredibile: si tratta dello sgretolamento improvviso di una grossa parte della parete di ghiaccio, con boati e onde impressionanti.

Mangiamo in una area attrezzata in mezzo al bosco e nel pomeriggio ci dividiamo: Paolo e Biagio decidono di navigare nel lago fino ad ammirare il ghiacciaio dal basso (diranno poi che lo spettacolo è stato splendido), io decido di tornare sulle passerelle e di contemplare per più tempo possibile il ghiacciaio (voglio fissarmi in mente più particolari possibili), Chiara si incammina sulla strada del ritorno (buona scelta anche quella di camminare, avendo così la possibilità di fermarsi dove meglio si crede per gustarsi i panorami). Terminata la navigazione nel lago, ci mettiamo sulla strada del ritorno in attesa di incontrare anche Chiara. Facciamo chilometri e chilometri (o almeno così ci sembra) ma di Chiara non c’è traccia. Sorge il dubbio di aver capito male le sue intenzioni. Ma decidiamo di continuare ancora un po’ e, per fortuna, la troviamo che cammina tranquilla e per nulla stanca sulla strada sterrata. Ma come avrà fatto ?? Verso sera cerchiamo un ristorante dove mangiare e ci infiliamo nel Rick’s Cafè. Ci attende un cameriere dall’aria estremamente professionale che, senza un minimo cenno di sorriso, ci invita a sedere ad un tavolo. Scopriamo via via che non esiste alcuna possibilità di scegliere in un menù, che decide lui e solo lui cosa portarci e che tutto questo è “todo incluso” (qualunque cosa questo significhi). La serata rimarrà negli annali della vacanza. Il nostro amico Ricks (cioè il cameriere, così soprannominato) continua a portare nuovi piatti (chorizo, pollo, morsilla …) e Paolo, che si è abbuffato precedentemente di insalata non sa più a che santo votarsi per evitare nuovi piatti. Ma nessuno osa dire a Ricks di fermarsi … Temiamo ritorsioni a colpi di “todo incluso”. La faccia di Paolo ogni volta che vede un nuovo piatto avvicinarsi è di quelle indimenticabili … Insomma una mangiata luculliana al costo di solo 11$ ed in più risate a crepapelle. Grazie Ricks “todo incluso”.

Lunedì, 31 Dicembre 2001 – Ghiacciai e iceberg: il Lago Argentino Al mattino presto partiamo per la navigazione del Lago Argentino. Si tratta di un grande lago su cui si affacciano numerosi ghiacciai e costellato ovunque di iceberg di ogni forma e dimensione, e dai colori bianco e azzurro (anche intenso). Il tutto contornato da splendide montagne. Purtroppo il sole va e viene (più va che viene), peccato. Facciamo conoscenza con una ragazza di Roma, Alessandra, che ci farà compagnia per tutto il viaggio e anche alla sera (è la sera dell’ultimo dell’anno, anche se nessuno ci pensa minimamente). Arriviamo al ghiacciaio Uppsala, più esteso del Perito Moreno, ma molto meno spettacolare (peccato non aver visto prima questi ghiacciai e solo dopo il Perito, ci avrebbero fatto impressione anche questi). Per pranzo scendiamo sulla terraferma, mangiamo abbastanza male nell’unico ristorante della zona (chiaramente tutto è stato predisposto con cura per portarci proprio lì) e, nel primo pomeriggio, ci incamminiamo nel bosco … Sembra un bosco di milioni di anni fa … Colmo di tronchi abbattuti ed alberi sradicati … Pare che siano morti di vecchiaia (o per malattie) in quanto le radici non riescono in questa zona a penetrare sufficientemente in profondità per nutrire l’albero e renderlo forte. Sbuchiamo in una radura incantata … C’è un laghetto pieno di piccoli e piccolissimi pezzi di ghiaccio … Di tutte le forme … Camminiamo tutto intorno al lago fino a vedere il ghiacciaio da cui tutto ciò proviene (si tratta del ghiacciaio Onelli … Ed il lago è il Lago Onelli). Pioviggina e il tempo atmosferico sembra concordare pienamente col resto del paesaggio. E’ un posto affascinante. Verso le tre riprendiamo la navigazione nel lago ed arriviamo all’ultimo dei ghiacciai (abbiamo fatto il pieno di ghiacciai anche per i prossimi anni): il ghiacciaio Spegazzini. Va detto che questo ghiacciaio è molto molto bello, ci arriviamo fin sotto con la barca ed è proprio un bel vedere. Sono soddisfatto. Sulla via del ritorno mi metto da solo a poppa ad ammirare il paesaggio (qui assomiglia proprio all’Alaska). Dopo una sosta in albergo, e raggiunti da Alessandra, andiamo alla ricerca di un posto dove celebrare la fine del vecchio anno e l’inizio del nuovo. Cerchiamo in vari ristoranti (tra cui anche da Ricks) ma è già tutto prenotato. Decidiamo infine di entrare in un ristorantino (che avevamo visto anche prima ma che avevamo scartato perché chiaramente di terz’ordine) dove non c’è nessuno … Come mai ???!!! … Ma è la nostra ultima speranza. Tutto sommato la cena non si rivela malaccio, comunque prima di mezzanotte ce ne andiamo. Ci rechiamo nel nostro albergo dove, in compagnia anche di una simpatica famigliola di Rovigo, stappiamo una bottiglia … Di spumante ??? … No, di sidro di mele !!! Ma siamo ugualmente allegri. Pochi minuti dopo siamo sulla strada ad ammirare lo spettacolo (non esaltante a dire il vero) dei fuochi d’artificio. Con Chiara cerchiamo la Croce del Sud, ma invano. Sembra incredibile, ma sto passando la notte del capodanno 2002 a El Calafate, in Argentina, a migliaia di chilometri da casa, al caldo (relativamente). Sembra impossibile … Ma così è.

Rientriamo nella hall dell’albergo e chiacchieriamo per qualche minuto con la famiglia veneta, poi salutiamo la nostra compagna d’avventura Chiara che, molto presto l’indomani mattina, ci lascerà e continuerà il suo giro in Patagonia cilena. Accompagniamo anche Alessandra al suo albergo e torniamo indietro. La festa è finita e vado a dormire felice (e un po’ dispiaciuto perché per chissà quanto tempo non rivedrò più né Chiara né Alessandra … Ma sono contento per loro che continueranno questa splendida vacanza).

Martedì, 1 Gennaio 2002 – La traversata La sveglia al mattino suona abbastanza tardi. Ci ritroviamo nella hall con Biagio e Paolo … Usciamo per vedere una ultima volta le strade di El Calafate e ne approfittiamo per comprare qualche souvenir (i prezzi sono decisamente alti). Cerchiamo anche qualche posto dove consumare il pranzo … Ma è il primo dell’anno ed è quasi tutto chiuso. Troviamo aperto un supermercato, entriamo a comprare frutta e poco altro. La frutta (pesche e prugne) è brutta esteticamente ma … Fa pure schifo!! Nel primo pomeriggio, con un pullman di linea, partiamo alla volta di Rio Gallegos. Dopo pochi minuti vediamo del fumo nero salire dalla parte posteriore del mezzo, ci agitiamo, temiamo che i nostri bagagli stiano andando arrosto … Ma il conducente, con calma “argentina” ci spiega che è tutto normale. Il pullman non è certo dei più all’avanguardia, fatica molto in ogni salitella … Insomma, impieghiamo cinque ore per attraversare la Patagonia da ovest a est, fino ad arrivare all’aeroporto di Rio Gallegos. I panorami sono molto belli, soprattutto mi affascina il cielo blu e le moltissime piccole e multiformi nuvole bianche che lo costellano. Come al solito sento una sensazione di pace e di infinito. Ne approfitto per riposare un po’.

Finalmente arriviamo all’aeroporto di Rio Gallegos, dove il cielo è veramente scuro, si sta infatti avvicinando un temporale e dopo poco infatti comincia a piovere. Qui ritroviamo gli sposini di Como ed una coppia di torinesi (con figlioletto) … Stiamo tutti tornando a casa avendo nella mente ricordi ed immagini meravigliose. Siamo tutti pienamente soddisfatti da questo viaggio. Arriviamo a Buenos Aires in tarda serata e veniamo portati ai rispettivi hotel. Salutiamo le due coppie e andiamo a dormire.

Mercoledì, 2 Gennaio 2002 – Dov’è la guerra civile ?? La nostra vacanza sta terminando. I miei colleghi sono tornati da oggi al lavoro in Italia … Ma io sono ancora a Buenos Aires, al caldo ed al sole … Ancora per oggi. Passiamo la mattinata facendo shopping in Avenida Florida ed il pomeriggio allo zoo della città. Qui non manca veramente nessun animale, certo non è come vederli in libertà nel loro ambiente naturale, ma ammirare tigri, rinoceronti, orsi bruni e bianchi, giraffe, ecc. È sempre un bel vedere. Per le strade non notiamo assolutamente nulla di particolare, la gente circola liberamente e tranquillamente, nonostante le voci che ci giungono dall’Italia parlino di scontri e proteste ovunque. A pranzo entriamo in un bel ristorante con una enorme sala … Completamente deserta, e così rimane anche quando ce ne andiamo. Ci sono più camerieri che clienti. Non è certo una bella situazione. Verso le 18.00 ci vengono a prendere all’albergo e ci portano in aeroporto. Addio Buenos Aires ed addio Patagonia. Partiamo verso le 20.30, atterriamo a Madrid dopo 12 ore di viaggio e successivamente a Malpensa, dove arriviamo verso le 19.00 del 3 gennaio 2002. La vacanza è terminata. Alla prossima !!!! Per concludere Che dire ?? Un viaggio meraviglioso ed “emozionante”, cioè pieno di intense emozioni che rimarranno a lungo nel cuore. Un viaggio strepitoso, in cui abbiamo ammirato tre diversi volti della Patagonia argentina:  Il deserto della Penisola Valdes. Distese vastissime ed aride sotto un cielo sempre blu intenso.

 Le montagne ed il vento sempre impetuoso della Terra del Fuoco: la Fine del Mondo (davvero una metafora affascinante e, nello stesso tempo, inquietante).

 I ghiacciai, i laghi ed un paesaggio fatto insieme di montagne e di deserto di El Calafate.

Non deve essere certo semplice vivere in Patagonia … Ma se si cerca la pace, la solitudine, il contatto con la natura … È facile innamorarsene.

Qui ci si rende veramente conto della insignificanza della nostra vita casa-ufficio-casa e dell’immensità che ci circonda, ci si rende conto che le nostre strade affollate e rumorose sono veramente una gabbia che ci imprigiona l’anima, ci si rende conto della bellezza del silenzio e della pace.

Grazie Patagonia … E arrivederci !!!!!



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