Corsica per Amore
Un occhio guarda il cielo, l’altro il mare, cercando quell’isola che tra poco si lascerà trovare da noi.
Tutto funziona, quasi fosse un medicinale.
Il mistero di quello che ci aspetta accompagna l’attesa dell’imbarco.
Diario a caldo di un mototurista cosciente di non essere normale, quindi non meravigliatevi di niente.
PROTAGONISTI: Massimo: fidanzato di Silvia e pilota di Giorena, saltimbanco e gran sognatore.
Silvia: fidanzata di Massimo, del quale è musa ispiratrice, donna decisa e paziente.
Giorena: cavallo instancabile, dona emozioni in cambio di benzina senza piombo. 03.09.’01 Porto di Livorno, 365 Km da casa.
Sta arrivando la nave, tutta gialla e stracarica di gente che guarda incuriosita. Penso per un attimo che loro hanno già finito le ferie, poi ritorno subito con gli occhi e con la mente al mio imbarco. C’è un cane lupo quasi intimorito da tutta questa gente che sale e scende, lo guardo, se potessi lo porterei con me.
Con la moto siamo i primi della fila a salire e così finiamo nel punto più alto della nave, con le moto parcheggiate fuori all’aria aperta.
Mentre siamo al largo guardo la scia che lascia la nostra imbarcazione, dietro di noi le onde, la schiuma bianca e laggiù Livorno che si allontana assieme a tutte le nostre preoccupazioni. Giriamo un po’, curiosando qua e là per questo strano mezzo di trasporto, ma così vestiti siamo noi la cosa più curiosa in questa nave. Prendiamo le chiavi della cabina che avevamo prenotato, così ci togliamo le armature e poi saliamo sul ponte a mangiar qualcosa. Due bei panini vanno giù in un baleno, anzi tre, perché Silvia con mio stupore me ne chiede un altro. Non era mai successo che mangiasse più di me! Eccola, all’orizzonte, quell’isola tanto sognata. La Corsica ci accoglie allargando le braccia, il mare è uno specchio e il sole ne ricama un tappeto che sembra invitarci a scendere a terra.
Un bimbo sta usando dei cannocchiali, sembra un piccolo pirata alla ricerca di chissà quale tesoro, ma io non cerco questo, infatti, mi giro e vedo Silvia sorridente, è lei il mio più grande tesoro.
Andiamo a vedere Giorena, la nostra Moto ci sta aspettando pronta a tutto per noi. Ci sono altre due coppie di motociclisti, ma non sembrano interessati a scambiare qualche parola e allora via, subito verso il campeggio perché siamo già nel tardo pomeriggio e abbiamo il desiderio di ambientarci subito.
Salendo per primi sul traghetto vuol dire scendere per ultimi. Pazienza. Seguiamo la D 81 verso Col de Teghime, scendendo poi verso S. Florent. E’ in questa strada, con il tramonto alle porte, il primo posto dove lasciamo il nostro cuore. Un panorama incantevole, l’acqua a nutrire la terra e una cornice dorata ricopre il tutto come fosse una coperta stesa da un grande Amore. Finita la discesa ecco il posto per la notte: ci accampiamo al “Camping d’Olzo”. C’è poca gente, di fronte a noi, due sposini italiani sono alla fine del loro viaggio durato quasi un mese, ci danno consigli e ci raccontano qualche avventura. Poi più tardi arriva una Moto Guzzi e si va a fermare davanti alla tenda che ci era a fianco. Io esco, vedo la targa italiana e vado subito a fare un gemellaggio. Sono Lorenzo e la sua fidanzata, “toscanacci” d.O.C., la loro parlata mi fa impazzire.
Fuori il fornellino, ci facciamo una bella pasta al sugo di funghi, doccia calda e poi a nanna.
04.09.’01 Il programma del primo vero giorno di Corsica è il giro del dito, rigorosamente antiorario per avere sempre le baie a portata di sosta. Risaliamo il Col de Teghime, il sole non si fa vedere, ha mandato avanti molte nubi grigie, mi sa che la prendiamo! Mentre guardo il panorama ecco un serpentone di moto che ci viene incontro, ci salutiamo tutti con il braccio alzato. Passiamo Bastia senza fermarci, puntiamo a nord. In questa strada mai ferma mi trovo subito a mio agio, con le montagne a fare il bagno ed io a solleticarle. Siamo felici. Ci fermiamo liberamente lungo la strada per assaporare gli odori di questa terra. Arrivati al porticciolo di Macinaggio comperiamo qualcosa da mangiare, ma il cielo è minaccioso e sembra inizi a piovere. Decidiamo, anche se con un po’ di rammarico, di proseguire subito verso Centuri, saltando il paesino di Barcaggio, all’estremo Nord di Cap Corse. Il tempo oggi è molto variabile, arrivati a Centuri Port non piove più ma c’è un vento terribile che fa sbattere le onde con violenza sulle rocce. La strada che scende verso Sud è molto bella perché mi regala la vista della costa, sono affascinanti questi colori, mi mascherano la lontananza dei miei prossimi passi e la profondità dello sguardo mi indica dove arriverò. Facciamo una deviazione verso l’interno per visitare la Torre di Seneca, parcheggiamo la Moto e poi via a piedi per una breve ma intensa salita. Arrivati su alla torre è bellissimo, la vista spazia verso i due versanti del “dito” regalandoci una panoramica a 360 gradi. Sono molto stanco e decido per una pennichella, prendo la D33, una stradina dove non passa nessuno e riesco a trovare un angolino al riparo dal vento che stava ancora soffiando inesorabile. Dormo per un paio d’ore come un bambino, cullato dal fruscio degli alberi e mi rialzo in splendida forma. Incontriamo una vecchia miniera di amianto abbandonata e le prime spiagge nere, la più conosciuta è quella che si estende ai piedi del paese di Nonza. Parcheggio sotto la chiesa e facciamo una passeggiata fino alla torre, punto strategico, luogo di epiche battaglie, da dove si domina il mare impetuoso e la famosa scura spiaggia sottostante. C’è chi compone in queste spiagge delle parole, usando sassi bianchi presi poco lontano, lasciando la firma del loro passaggio. Raccogliamo più ricordi possibili, per portarli con noi nelle nostre valigie e mentre passano gli ultimi chilometri, da sopra la Moto che ci sta portando a casa, al campeggio, pensiamo già al domani. Ceniamo con risotto di verdure al chiarore della sera, un muretto come tavolino e i nostri occhi soddisfatti che si incontrano poco prima di dormire. 05.09.’01 Lasciamo il Golfo di S.Florent con tutta calma, prendiamo delle paste per la colazione e ci fermiamo a mangiarle poco lontano, lungo la strada. Seguiamo la D 81, passiamo al di sopra del Desert des Agriates, è quasi impossibile pensare che questa zona una volta fosse denominata “il granaio di Corsica” vedendola così inospitale. Laggiù, molti dicono che ci sono alcune delle spiagge più belle di tutta l’isola. Arrivati al Passo Bocca di Vezzu e letto il cartello, Silvia ed io facciamo un grosso sorriso: abituati alle altitudini dei Passi alpini, trovarci a valicare un passo di ben 311m è una cosa inconsueta. Qui il vento è fortissimo e da fermo con la Moto devo appoggiare bene entrambi i piedi a terra se non voglio far cadere le mie adorate. Continuiamo la strada seguendo un tedesco con la sua Gold Wing, ci sto dietro per guardare l’ammiraglia della Honda affrontare queste strade tortuose, non l’ho mai vista in azione così da vicino e sembra andare via bene, ehi… Ma questo tira! Vai, vai diciamo in coro io e il mio angelo e continuiamo ad ammirare i contorni che ci appaiono appena fuori della visiera. Arriviamo ad un bivio, giriamo a destra sulla N1197 e arriviamo di nuovo al mare, un mare un po’ mosso che sbatte con violenza poco al di sotto dei nostri occhi. La stessa strada diventa la N197, passiamo L’Ile Russe, il colore è intenso e vorrei fare un sacco di fermate, vorrei fermarmi di più, un po’ più a lungo, qualche altro minuto ancora, guarda questo posto, hai visto che onda, guarda laggiù. E’ tutto nuovo ed emozionante. Vediamo Calvi solo di striscio e non ne siamo dispiaciuti, passiamo sotto alla sua cittadella murata e ci orientiamo subito a Sud percorrendo la D81b. L’asfalto non è molto curato, ma questo non mi da molto fastidio, sono ripagato in abbondanza con gli occhi e questo mi basta. Passiamo Galéria e imbocchiamo la D81, dopo una ventina di chilometri notiamo parecchie persone ferme sul ciglio della strada, rallento, c’è dello spazio per parcheggiare, mi fermo e leggo il cartello: siamo sul Col di Palmarella. Una splendida veduta sul golfo di Girolata si apre davanti a noi e laggiù sulla destra la riserva naturale di Scandola. Si vede bene a occhio nudo anche il paese di Girolata, un porticciolo che si può raggiungere solo a piedi. Mi offro di fare una foto a due ciclisti che scopro con piacere essere di Torino, stanno facendo il giro dell’isola con le loro biciclette, portandosi tutto al seguito. Abbiamo qualcosa in comune, li guardo partire come se fossero dei precursori dei moto-turisti, intanto le rocce iniziano ad assumere un colore rossastro, ci stiamo avvicinando a Porto. In mare le barche dei turisti nuotano verso esplorazioni guidate in questi posti quasi incontaminati e noi da quassù, curva dopo curva, attendiamo l’arrivo del prossimo campeggio. Facciamo base al “Sole Vista”, è disposto a terrazze, ci sono molti alberi ed è vicino al supermercato. Scelto il posto, montiamo la tenda e ci mettiamo più comodi per andare a vedere il tramonto dalla marina di Porto, dove c’è una bella e accogliente spiaggia. Camminiamo verso il sole, quasi un avvertimento nell’aria a dirci che tra poco inizierà lo spettacolo. Un’enorme torre quadrangolare annuncia l’arrivo dei primi negozi, i ristorantini, le cartoline esposte in strada, il viavai di gente. Arriviamo in una piazzetta che dà direttamente sul mare e da qui ascoltiamo le prime onde cantare, musica che si ripete quando arriviamo sulla spiaggia, al di là della torre. Le rocce rosse, il sole sempre più basso e noi seduti ad ascoltare. Quando mi guardo attorno capisco che non siamo soli, altre persone hanno risposto al richiamo della natura dandosi appuntamento qui, per una carezza, un bacio del mare da catturare. Il sole si accende lentamente, riscalda l’anima di ognuno di noi, timidamente si avvicina, poco a poco, fino ad amarsi ancora una volta, come ogni giorno. Io mi sento più ricco ora, più sereno, tutt’attorno si spengono le luci, cerco la mano di Silvia. Voltiamo le spalle, diamo la buona notte al giorno e ci confondiamo con le ombre della notte.
06.09.’01 E’ una bella giornata, oggi passeremo attraverso le Calanche, queste rocce dalle mille forme sono nate dalle mani del vento e dalla pioggia sua complice. Partendo da Porto lentamente, ci giriamo spesso indietro incuriositi, per osservare il paese dall’alto. La torre domina il golfo come un guardiano e noi ci allontaniamo in silenzio, solo il suono della Moto ad accompagnarci. La strada diviene stretta, ad una sola corsia, trovare un camper adesso significa fermarsi ad ogni curva, ma è lo stesso, tanto ogni curva ci chiama alla sosta. La memoria non può contenere tutti questi particolari e allora via con le foto, una dopo l’altra. Qui al tramonto sarà un sogno, con tutta la montagna ad arrossire. Passa una moto con due milanesi, stanno andando in Sardegna e sono qui solo di passaggio. A loro la Corsica non piace, si lamentano delle brutte strade e comunque dicono che la loro destinazione è tutto un altro pianeta. Mi dicono questo mentre io sto facendo l’amore con questa terra, li saluto e continuo nel mio operato. Decidiamo di andare al mare e lo facciamo alla spiaggia di Arone, una decina di chilometri dopo Piana, verso Rosso. E’ una bella spiaggia e c’è poca gente. Una donna sotto un ombrellone appoggiato a terra si ripara dal sole assieme al suo cane, una bambina più in là gioca con la sabbia, altri stanno facendo il bagno. Mi tuffo anch’io, l’acqua è pulita e nuoto con piacere, poi arrivano le onde, onde alte quasi un metro, mi travolgono e io combatto con loro. Gioco come da bambino non facevo e mi diverto un sacco. Mangiamo quello che ci eravamo portati dietro prima di rivestirci, poi torniamo sui nostri passi attraverso le Calanche guardandole con occhi nuovi. Ci fermiamo in un tornante dove c’è la famosa “testa di cane”, una roccia che ha questa sembianza, per fare un’escursione a piedi. Camminiamo per una ventina di minuti in un sentiero di sassi e lastroni, questo sale e scende, poi gira attorno alla montagna per arriva re su di una piattaforma naturale denominata “chateau fort”. Da qui si gode di una magnifica veduta sulle Calanche e sul Golfo di Porto. Tornati in città andiamo a visitare le Gole della Spelunca, brevi da fare in Moto, molto più interessanti da fare a piedi, oltre la strada, sui sentieri. E’ fine giornata ormai, torniamo al campeggio e mi accorgo di avere fatto una grande cazzata, mi sono ustionato le gambe. Il giorno prima avevo visto un collega passare sulla Moto in pantaloncini corti e mi sono detto: ”Bhe, se lo fa lui lo posso fare anch’io, tanto facciamo pochi chilometri.” In effetti, il chilometraggio è stato basso, ma il sole alto e le conseguenze ora me le gratto. Me sta ben! Bevo una Coca Cola fresca e rinasco.
07.09.’01 Non vedo l’ora di attraversare l’interno. Il primo anno che sono stato qui, in Corsica, ho fatto il giro completo, tutta costa, con doppio passaggio sul “dito”, tralasciando completamente le vallate interne. Oggi faremo solo una parte di quello che ci può offrire quest’isola. Partiamo dal campeggio che è ancora presto, ma dopo un’abbondante colazione e prendiamo la D84 verso Corte. La strada sale, si muove completamente, sorvoliamo le Gole della Spelunca, viste da qui sono tutta un’altra cosa, prima di arrivare all’abitato di Evisa. Ora inizia l’avventura, ci apprestiamo ad entrare nella foresta d’Aitone e ad incontrare i famosi maiali “selvatici”. In realtà sono volutamente lasciati liberi perché così si possono nutrire di ghiande e di castagne, rendendo la carne più buona, ricercata e quindi più cara. A noi, che siamo abituati in montagna a trovare le mucche per la strada, incontrare questi simpatici maialini colorati, fa un certo effetto. Una piacevole novità senz’altro. Quando girata una curva ci appaiono le prime creature rosa, il motore quasi si ferma da solo, scattiamo qualche foto vicino ai maiali. Mai avrei pensato una cosa simile prima di arrivare qua. Anche altri turisti fanno la stessa cosa e ci guardiamo un po’ stupiti, non per i maiali, ma per noi! Qualche chilometro più avanti c’è una capretta bianca e nera, si sta mettendo in mostra con un’arrampicata libera su di una parete dove non starebbe in piedi nessun’altro. La osserviamo in questa incredibile attraversata facendo il tifo per lei, il tutto termina in un grosso applauso e con la capretta giuliva per la sua strada. Siamo nel parco naturale-regionale di Corsica, qualche starnuto provocato dal vento di questi giorni ci accompagna nel bosco dove su di un tavolino avviene una breve ma intensa sfida a “Scala 40” tra me e il mio dolce Amore. Ripartiamo, direzione Col de Vergio, ai lati della strada centinaia di maiali assonnati stentano ad aprire gli occhi al nostro passaggio. Alberi alti ci controllano fino al nostro arrivo in cima al passo. Una statua bianca rappresenta Cristo, sotto di lei Giorena riposa posata sul cavalletto laterale e noi un po’ più avanti, a guardare il panorama che da qui arriva fino all’ingresso della Scala di Santa Regina, oltre Calacuccia. La discesa e piacevolissima, curve e foreste ci accompagnano fino a che ci accorgiamo da soli, senza guardare la cartina di essere arrivati alla Scala. Non a quella di Milano ma bensì a quella della Santa Regina. Attraversiamo una gola di granito molto stretta e selvaggia. Chissà perché, ma con un nome così io, da casa, mi ero fatto un’altra idea, mi aspettavo qualcos’altro, per esempio un’immensa scala formatasi su di un fianco della montagna, che ne so! E poi perché questo tratto così spettacolare non l’hanno chiamato Gorges de la S. Regina? Mentre mi trastullo la mente con ‘ste domande passa una splendida bionda in bicicletta, sola con i suoi bagagli, la salutiamo con ammirazione e accendiamo il motore verso Corte, passando per la D18. Arriviamo sulla piazza centrale, dove sorge la statua a Pasquale Paoli, parcheggiamo assieme a tante altre moto e ci lasciamo andare… Assaporiamo qualche dolcetto corso, poi su per la scalinata che ci porta alla cittadella dove troviamo subito il museo della Corsica, storia, tradizioni, artigianato e lasciatemelo dire, dei bagni pulitissimi che in questa giornata sono stati per me fondamentali. Non nascondo che il museo lo avevo già visitato, ma avevo piacere lo vedesse anche Silvia, poi il bagno, mi capite, in certi momenti lontani da casa… Usciamo da questo discorso e anche dal castello, percorriamo il cammino di ronda guardandoci attorno con fare misterioso, quasi non potendo parlare bloccati da chi sa che forza misteriosa.
Ritorniamo al parcheggio e riabbracciata la Moto puntiamo verso le Gorges de la Restonica. Troppo traffico per i miei gusti, la strada è stretta, il paesaggio merita moltissimo e va fatto tutto d’un fiato, ma non è possibile, quasi ogni curva una fermata. Si va a perdere tutto il selvaggio che mi ha attirato in questi posti. Arrivati su in cima dove finisce la strada troviamo una baita, dove fanno da mangiare “robe montanare” e c’è uno con la chitarra che arricchisce questo sottofondo musicale della natura. Anche qui un sentiero prosegue sui monti, dove noi non ci avventuriamo. Il ritorno a “casa” è condito da qualche goccia di pioggia, ma niente di cui dobbiamo preoccuparci. Alla sera “pasta e fasoi”, quatro ciacole e un lungo sonno.
08.09.’01 A me piace moltissimo alzarmi quando non è ancora giorno e partire, oggi è uno di quelli. Fatti i bagagli, smontata la tenda e riordinato il tutto sopra al nostro mulo a due ruote, facciamo due passi in salita verso l’uscita per pagare la permanenza. Quante vite si sono fermate qui per qualche giorno, quante storie intrecciate su questa terra. Riconosco qualche persona vista la prima sera a S.Florent , anche loro come noi nello stesso percorso. La strada è la D81, passiamo per Cargese con destinazione Propiano, dalla cartina mi sembra un’ideale base d’appoggio per la visita del centro Sud. La costa è bella e le baie si aprono come fiori al nostro passaggio, sembrano quasi dipinte. Ancora ciclisti sulla nostra strada e laggiù onde a giocare sul mare. Passato Sagone ed Ajaccio costeggiamo il golfo iniziando da Porticcio. Qui i campeggi non mancano, nemmeno i negozietti e i ristoranti sul mare. Continuiamo passando per Port de Chiavari, poi la strada torna a salire. Le fermate in questo tratto non ci invitano più di tanto, il sole è ancora alto e stiamo per scoprire il golfo del Valinco. Scendiamo verso valle e passato il ponte su di un Tavaro quasi inesistente Silvia mi guida verso il sito preistorico di Filitosa. Una tappa questa ricca di mistero, tanto da far rivivere il mio spirito da esploratore, mai del tutto assopito. All’ingresso c’è un bar dove mangiamo due ottimi panini prima di pagare il biglietto e di iniziare la passeggiata. E’ tutto molto curato, troviamo subito il museo, poi il primo incontro con la statua menhir Filitosa V, grande, imponente. Seguiamo il percorso e dopo aver svoltato a sinistra ecco sei piccole statue che si manifestano ai nostri occhi. Su una di queste i tratti del viso sono evidentissimi e richiamano subito la nostra attenzione. Passiamo la sommità di un colle ed ecco laggiù qualcosa che non avevo mai visto prima: un allineamento di 5 statue menhir disposte in semicerchio, dietro di loro, un ulivo di ben 1200 anni! Ci giriamo attorno, le guardiamo tutte, poi una ad una. Da dietro l’ulivo vedo Silvia che si avvicina ad una di queste statue,con incredulità, alza il braccio per toccarla, quasi per cercare una prova della loro esistenza. Dietro di noi una cava di granito e più in là l’ultima statua chiamata, non so il perché, “dinosauro”. Ci incamminiamo all’uscita molto soddisfatti, verso la nostra Moto che ci ha aspettato fedele, i pensieri sono tanti in questi momenti e ce li gustiamo tutti. Tornati sulla strada siamo ormai arrivati a Propriano, ci fermiamo a far benzina e qui incontriamo un cinquantenne francese con moglie sulla sua luccicante custom. Io attacco subito bottone e visto che ci sono gli domando se conoscono un campeggio qui vicino, mi consigliano il “Tikiti” dove loro sono stati una settimana divinamente. Ci salutiamo come vecchi amici, loro verso la nave e noi diretti al camping. Il “Tikiti” lo troviamo, lo passiamo tutto in moto, è vastissimo, sul fianco di una montagna, ma è anche pieno di sabbia, è arido e dispersivo. Non ci piace proprio, inforchiamo l’uscita e via, sulla strada. Passiamo Sartene, ormai tiriamo dritto, destinazione Bonifacio. Qualche chilometro passati al di sopra della roccia chiamata del Leone, dopo una larga curva a sinistra, ci appare l’ultimo tratto di costa della giornata. La Moto si spegne, i nostri occhi si accendono ed un urlo di gioia sale dentro di noi. E’ fantastico, i colori smorzati del tramonto, la luce che si diffonde in questo momento allunga il nostro desiderio di esserci, presenti, all’interno di questo quadro che giorno dopo giorno andiamo a dipingere. Stiamo vivendo una bella storia, assaporiamo gli attimi con il battito delle ciglia, ed il nostro Amore cresce.
09.09.’01 Al mattino, dopo una notte passata a tenere in piedi la tenda a causa del forte vento, mi alzo abbastanza presto e so già qual è la mia missione: procurare la colazione. Ieri, arrivando, ricordo di aver visto un fornaio poco distante dal campeggio. Infatti non sbagliavo, eccomi di ritorno con tutto l’occorrente per non mangiare più fino a sera! Succhi di frutta, paste con la crema, dolci, pizzette… Divorato il tutto con la grazia che ci contraddistingue, inforchiamo le scarpe per una visita alla città di Bonifacio. Passiamo per il porto, negozi e ristoranti per tutte le tasche sono seminati lungo tutto il viale che ci porta sotto la cittadella. Qui una scalinata ci attende, da percorrere tutta d’un fiato, per arrivare a vedere il “Granello di sabbia”, una roccia che tanti definiscono anche il “timone” dell’isola. Per noi è una roccia che sta sola soletta in mezzo al mare, poverina. Questo mare che oggi fa i capricci, è molto agitato e lì, lì in mezzo c’è una barca che lotta con le onde. Non vorrei essere a bordo di quell’imbarcazione, questo è certo. Lo sguardo segue a destra e qui sì che la bocca si apre come dal dentista, ci sono le vecchie case della città che si aggrappano alla roccia come impaurite, per non cadere in mare. Domina poi, alla vista, la fortezza… Come piccole formiche ci incolonniamo con gli altri turisti ed andiamo a curiosare. Appena entriamo ci accoglie un ristorante cinese, e questo è come un pugno nello stomaco, poi entriamo nelle viuzze e qui il peso della storia si sente tutto.Ci riportano a casa i negozietti colorati e ci incantano con questi colori accesi, i piatti dipinti, dai fiori sempre vivi. Il vento non cessa un istante, per domarlo dobbiamo entrare in un ristorante dove assaggiamo le melanzane alla “bonifacienne”:una nuova melodia per il mio palato.
Dopo un pasto così e dopo la nottata passata a fare il palo della tenda, appena appoggio la testa nel materassino mi addormento di brutto. Silvia, santa donna, riordina i bagagli e poi si mette a fare un solitario. Quello che resta del pomeriggio lo passiamo in perlustrazione, andiamo a visitare alcune delle spiagge corse più belle. Arriviamo al Golfo di S. Giulia, è un paradiso, tutto è molto curato, l’acqua è limpidissima e si respira un’aria di pace e serenità, sembra adatto alle famiglie. Ecco, sto già pensando ai bambini che saltano sull’acqua, quando spunta fuori una sirena in toplesssss, e il naufragar m’è dolce in questo mare.
Percorriamo con la Moto qualche chilometro più a Nord ed arriviamo alla Rondinara, arrivando sembra tutto molto bello e non ci sbagliamo. Questa spiaggia è più esposta al vento, ma non troviamo difetti sui quali aggrapparci.
10.09.’01 La cosa da fare è soltanto una, andarsene da qui al più presto. Il vento è insopportabile per la mia cervicale, dentro al campeggio c’è un polverone e ormai la tenda ne è piena. Una cosa che è alquanto ridicola è il vortice che si forma dentro al bagno quando. A seduta terminata, stai per… insomma è imbarazzante a dirlo, ma alquanto faticosa la procedura, cioè… quando è l’ora di gettare la carta, ti renderai conto di non poterlo fare, altrimenti ecco il vortice che la alza e la fa volare tutto intorno a te e poi più su, allorché il panico. E tu che cerchi di prenderla prima che esca per di sopra e sei già tutto rosso perché già t’immagini la scena di te che corri su e giù per il campeggio, con ancora le braghe giù, fingendo di tenere un aquilone. L’idea è di fermarsi nei dintorni di Portovecchio, di prendere un bungalow per poi visitare l’interno della regione nei prossimi giorni. Il tempo è incerto quando iniziamo la risalita, uno stradone ampio ci attende e dobbiamo gestire anche il forte vento (tanto per cambiare) laterale che ci vorrebbe mandare fuori pista, ma noi questa soddisfazione non gliela vogliamo dare e tiriamo dritti per la nostra strada. Iniziamo la ricerca e dopo qualche tentativo insoddisfacente troviamo il Golfo di Sogno, a nord della città. Ci sono delle casette che sicuramente decenni fa dovevano essere un lusso, ora sembrano un po’ malandate, trascurate sicuramente, forse perché i turisti arrivano lo stesso senza dover attirarli col miele. Ma a noi interessa un alloggio sicuro, al riparo dalle intemperie, un tetto sopra la testa insomma e quindi ci fermiamo. Ci dicono di attendere fino alle 14.30 per la consegna della casetta, perché ora stanno facendo pulizia. Questa è una brutta notizia, anche se niente è mai brutto in ferie, soprattutto quando ti trovi in un paese sconosciuto, con la tua Ragazza e la tua Moto. Per sfruttare il tempo dell’attesa andiamo verso la spiaggia di Palombaggia , altra località rinomata dell’isola e ne godiamo i colori e la tranquillità del fuori stagione. Ancora in marcia e poi lungo la strada ci fermiamo ad un chiosco che vende frutta e verdura, ma anche formaggi e salumi. Ne usciamo con una baguette e un bel pezzo di formaggio tenero. Il pranzo è ben che preparato, ai lati della strada, con il coltellino tuttofare faccio le operazioni di assemblaggio degli alimenti e poi giù tutto per il gargarozzo… E’ ancora presto, facciamo un giro nei dintorni del camping, tanto per restare in zona e arriviamo su di un promontorio con vista sulla baia, dove si vede la casetta che fra pochi minuti sarà il nostro rifugio. La sabbia è quasi bianca, il mare poco profondo, di un celeste chiaro, quasi trasparente. Il tutto una favola.
Scocca l’ora x. Un’ora e mezza dopo l’ora x entriamo in possesso delle chiavi. Arriviamo in Moto fino a sottocasa, Silvia va all’interno in ispezione e comincia subito a fare le pulizie, queste sono cose che noi maschietti non capiremo mai. Da fuori fa un po’ schifo ma appena entri ti orienti subito e capisci in un istante qual è il letto e dov’è la cucina. Esco di casa e mi ritrovo subito sulla baia, la luce che mi circonda sta annunciando il tramonto. L’acqua è dolce, mi accarezza i piedi ma io di scatto mi allontano, è ghiacciata per la miseria! Ecco laggiù, il sole che scende dietro alla montagna, piano piano, lo guardo e lui si addormenta e noi lo seguiamo come due cuccioli.
11 Settembre 2001 12.09.’01 Ragazzi, questo è il giorno di una bella galoppata su pei monti. Prendiamo la D368 e in qualche chilometro siamo già dentro alla foresta dell’Ospedale. Questo posto è amato dai corsi perché quando è estate in pochi minuti si passa dal caldo delle spiagge alla frescura dei monti. Saliamo, curva dopo curva e il panorama del golfo di Portovecchio continua a passare dalla nostra destra alla nostra sinistra finché decidiamo di fermarci ai lati della strada per qualche foto. E’ ancora mattina presto, la luce lieve, il mare sembra entrare con grandi dita, fino al porto, laggiù da noi lasciato. Da qui è tutto uno spettacolo, sembrano rivivere i miei sogni da bambino-corsaro. Passiamo un grande spiazzo, arido, con tutti gli alberi tagliati e qualche mucca chinata a mangiare chissà che cosa, ci serve una curva in più per capire quello essere il bacino asciutto di un lago artificiale. Le rocce qua attorno sembrano finte come quelle di un parco dei divertimenti, sono grandi e tutte smussate dal vento. La strada che ci porta a Zonza è tutta un susseguirsi di boschi e curve, da qui prendiamo per Col de Bavella incuriositi dalle guglie di Bavella che tutti nominano per le loro forme aguzze. A noi non entusiasmano più di tanto, se non per i panorami dei boschi che si estendono prima di arrivare in vetta al passo. Torniamo indietro fino a Zonza e proseguiamo verso Aullène passando per Quenza. Seguiamo la D69 per valicare il Col de la Vaccia soprannominato da me “Col della Vacca”, visto le mucche che abbiamo incontrato in mezzo alla strada lungo tutto il suo salire. In cima, ecco un maiale che con insistenza sta cercando di scroccare qualcosa a due cicloturisti. Ci avviciniamo sentendo alcune parole familiari, non quelle del maiale, intendevo dire quelle dei due atleti di Riva del Garda che con le loro biciclette stanno terminando il periplo dell’isola. Il viaggio prosegue tutto in quota, la strada dondola di sua natura tra boschi, mucche, maiali e caprette. Passiamo Cozzano, Col de Verde e Ghisoni, per poi immettersi nella 193 ed arrivare di nuovo a Corte. Per motivi di tempo non andremmo a fare, almeno in queste vacanze, una visita alla Gorges de l’Asco e ad Est, salteremo la discesa fino al mare sulla D71, strada segnata tutta panoramica sul mio atlante Michelin. Per mangiare qualcosa ci fermiamo sulla costa e ci tuffiamo dentro ad una “crepe”con panna montata, gelato, banane e nutella. Solo la deglutizione di tale prelibatezza vale tutto il Viaggio. Ancora qualche chilometro, in scioltezza lungo la strada che costeggia il mare, fino alla nostra casetta che ci sta aspettando a Portovecchio, nel golfo dei sogni. Una deviazione verso il mare ad aspettare il tramonto e ci troviamo appoggiati su di un muretto del porto di Pinarellu a guardare le barche ormeggiate in silenzio, abbracciati. Questo è un istante di tempo che porteremo con noi, dentro allo zaino dei ricordi.
13.09.’01 Giornata tutta di mare, la passiamo al golfo di S. Giulia, poi di sera visita alla cittadella di Portovecchio e cenetta in un ristorantino con vista sul porto.
14.09.’01 Mi alzo di notte per andare in bagno, il cielo è minaccioso, non promette niente di buono, ma è presto per far su i bagagli, spero nella mia buona stella e torno a dormire.
Cosa sarà successo dopo? Ciao a tutti e… …BUONA STRADA Massimo e Silvia Bordin