Normandia & bretagna … Tra realtà e fantasia

In una fredda e piovosa serata di dicembre, tra una pizza ed una birra in compagnia, il discorso si incentra sui viaggi, ed in particolare sulle varie destinazioni europee da raggiungere a bordo delle nostre moto nel corso delle prossime ferie estive. Norvegia, Irlanda, e tante altre destinazioni che, ci permettono di girare l’Europa in...
normandia & bretagna ... tra realtà e fantasia
Partenza il: 16/08/2001
Ritorno il: 30/08/2001
Viaggiatori: fino a 6
Spesa: 1000 €
Ascolta i podcast
 
In una fredda e piovosa serata di dicembre, tra una pizza ed una birra in compagnia, il discorso si incentra sui viaggi, ed in particolare sulle varie destinazioni europee da raggiungere a bordo delle nostre moto nel corso delle prossime ferie estive.

Norvegia, Irlanda, e tante altre destinazioni che, ci permettono di girare l’Europa in lungo ed in largo nel giro di qualche decina di minuti, ma quando ad un tratto è lanciata l’idea di andare in Normandia, i consensi non sono certamente mancati.

E’ bastato solamente un attimo per sottoscrivere “una sorta di patto” per le vacanze dell’anno seguente.

Fatto l’accordo, nella mia infernale testolina ho iniziato a progettare una sorta di itinerario di massima che non si poteva rifiutare.

Quindici giorni a disposizione e la visione dei luoghi più caratteristici della Francia del Nord, con l’esclusione purtroppo di Parigi perché da sola avrebbe tolto quattro o cinque giorni. L’itinerario in linea di massima concordato da tutti dovrebbe essere Rouen come porta d’ingresso da raggiungere quanto prima, le falesie di Étretat, la zona dello sbarco alleato, Mont-St-Michel, St-Malo, la costa bretone di granito rosa, la zona dei fari, Carnai con i suoi megaliti, e se ci resta qualche giorno di tempo a disposizione anche qualche castello della Loira da visitare rappresentano la porta d’uscita.

Finalmente, dopo aver preparato il viaggio da mesi arrivare il giorno della partenza per le sospirate e penso, meritatissime, vacanze estive. Il ritrovo è stato fissato alle 8:20 davanti al bar. Arrivo con un paio di minuti prima dell’orario previsto e scopro, con grande sorpresa ed incredulità, che sono arrivato per ultimo!!!! Strano ma vero.

Un caffè veloce e in sella …… il carico è ben posto, il pieno della serata precedente c’è ancora, il casco è ben allacciato, le luci come al solito accese, via si parte!! Questa mattina ci aspetta un lungo viaggio. Coscienti di aver scelto, per arrivare il prima possibile al primo punto stabilito, un itinerario basato esclusivamente da autostrade, ci diamo dentro fin dal primo mattino con tratti da 230-260 Km alternati da soste per sgranchire le gambe, sgranocchiare qualcosina e per gli “svuotamenti”, il tutto sincronizzati con i riempimenti del serbatoio.

Arriviamo in Francia verso l’ora di pranzo dopo aver attraversato il traforo del Frejus. Il tempo non promette certo il sole ma agevolerà di certo il nostro ancora lungo viaggio.

La strada, continuando a salire e scendere, scorre veloce sotto di noi. Ai lati dell’autostrada passano le Alpi francesi, le vaste distese coltivate che giustificano la fama di “granaio di Francia” di queste zone, le colline coperte di vigneti per la produzione di vini molti diversi tra loro.

Dopo aver percorso 836 Km. Decidiamo di fermarci a passare la notte in un motel nei pressi di Auxerre.

La mattina seguente ci rimettiamo in sella verso le 08.00 in direzione Rouen e dopo pochi chilometri ci imbattiamo in un bando di fitta nebbia.

Sono sorpreso, erano anni che non vedevo così tanta nebbia il 17 Agosto. Speriamo che sia solo un fatto isolato! Qualche chilometro e la visibilità torna ottima.

Dopo circa un oretta di viaggio ci imbattiamo nella barriera che immette nella grande e caotica tangenziale di Parigi. Ci si accorge di essere nei pressi della capitale francese, non solo per il traffico di auto, caravan e roulette attorno a noi, ma anche per l’elevato traffico di aerei sopra le nostre teste, se ne possono contare decine.

Arriviamo prima dell’ora di pranzo a Rouen, sistemazione in un economico hotel e visita della città. Rouen è la capitale storica del popolo normanno, riesce a conservare una romantica atmosfera immersa nel passato con quelle case coi muri sostenuti da larghe travi a graticcio spesso scolpite, rispettosamente ricostruita dopo i bombardamenti di mezzo secolo fa che in parte la distrussero. Qui ha avuto luogo il processo e dell’esecuzione al rogo di Giovanna d’Arco.

Lasciata Rouen si punta decisamente verso il mare della Manica, ed in particolare è nostra intenzione ammirare quel tratto di costa normanna dalla Piccardia ad Est fino a Le Havre ad Ovest caratterizzato dalle alte e bianche scogliere, che le hanno fatto guadagnare il nome di Scogliera di Alabastro.

Il tempo non è certo bellissimo, ma comunque, non piove e questo ci fa certamente piacere.

La meta principale è Étretat, infatti qui le scogliere d’alabastro raggiungono il massimo della spettacolarità. Gli archi, le gallerie e la guglia solitaria in mezzo al mare sono senza dubbio familiari alla nostra visione ancor prima di arrivare qui grazie alle foto che si possono trovare su qualunque opuscolo turistico della Francia.

Sistemati in albergo i bagagli e lasciate a riposo per qualche ora le nostre fide motociclette, si parte a piedi verso la spiaggia. Prima di raggiungerla, interessantissima da visitare risulta Place Foch, una piazza appena arretrata rispetto al mare dove ci sono ancora le vecchie halles di legno del mercato: il pianterreno è stato trasformato in negozi di souvenir.

Non appena però, si arriva alla spiaggia, ci si trova di fronte alle formazioni rocciose ed a sentieri che permettono di raggiungerle alle sommità battute dal vento freddo dell’Oceano. Da qui si può ammirare il paese riparato nella valle e della Falaise d’Amont ad Est, che lo scrittore francese Guy de Maupassant paragonò ad un elefante che butta la proboscide nell’Oceano.

Nel girovagare del giorno successivo abbiamo avuto modo di poter osservare il minuscolo porto peschereccio incastrato in una stretta fenditura nelle scogliere di gesso di Yport, Fecamp con la celebre Distilleria del Benedettino, St-Valery en Caux ed una centrale nucleare costruita tra le falesie ed il mare, davvero bizzarri questi francesi!!! Si lascia Étretat di prima mattina, il tempo comincia ad essere brutto, il cielo è coperto di nuvole plumbee e ciò significa che alla fine pioverà. Pochi chilometri e siamo costretti ad infilarci le tute antipioggia, ma la pioggia durerà veramente poco.

Attraversiamo una Le Havre quasi deserta, l’estuario della Senna attraverso il futuristico Ponte di Normandia (un vero e proprio capolavoro dell’ingegneria europea) ed arriviamo a Honefluer, vero gioiello e vecchio borgo di pescatori.

Adesso il tempo è notevolmente migliorato, le plumbee nubi che ci hanno accompagnato fino a Le Havre hanno lasciato il posto ad un bellissimo sole e si fa sentire.

Di primo acchito non meritano assolutamente una visita le due cittadine gemelle di Dueville e Treuville, troppo caotiche per quanto abbiamo visto fino ad ora anche se comunque, sembrano ben curate. Hanno il classico aspetto delle mete molto turistiche e mondane, con grandi alberghi, stabilimenti balneari, un grande casinò e un gran porto turistico.

Rispetto a queste ultime due località per Honefluer va fatto un discorso diverso, è chiaro il perché abbia ispirato tanti celebri pittori (famosi i dipinti di Boudin, Monet e di altri impressionisti), non ci sono dubbi che la cittadina viva di vita propria, possieda un fascino particolare per le case, le strade, la vecchia giostra, il caratteristico porticciolo chiuso dove spiccano le vele, le molteplici gallerie e mostre di pittura. Trascorsa solo un’oretta a Honefluer, ci rimettiamo in strada per raggiungere il prima possibile la baia di Mont-St-Michel. Durante il trasferimento la sosta per il pranzo è in localino per camionisti a margine della superstrada Caen – Rennes. Qui Silvia, nostra esperta di francese nonché traduttrice ufficiale della comitiva vacanze Gramignazzo, ha assaporato come antipasto il “famosissimo pie de beuf”, che non è altro che un bel piede di mucca lesso contornato da verdure. Una schifezza già alla vista!!!!! Eccola laggiù all’orizzonte, il complesso monastico forse il più famoso e più visitato al mondo che sorge in un isolotto, giusto al confine tra la Normandia e la Bretagna. Il posto è molto bello ed il business è ancora più fiorente di quanto potessi pensare. Lungo la strada che porta in cima al monte, si affacciano un’infinità di negozi ed il numero di turisti che vi passano è incalcolabile.

E’ indescrivibile, quello che si trova all’interno e ciò che si vede dalla cima delle mura, ma ancora misterioso ed affascinante è il movimento della marea, sembra quasi che qualcuno tolga il tappo dall’oceano e questo piano piano si prosciughi.

Quando l’onda della marea sta per arrivare non te lo dice nessuno, ma si può tranquillamente capire dal grosso fermento di turisti di ogni nazionalità che armati di macchine fotografiche e di telecamere si apposta ai bordi del canale. E’ una cosa straordinaria, la marea sale velocemente e nel giro di poche ore avvolge tutto ciò che incontra davanti a se, e quando arriva al suo culmine, inizia una discesa altrettanto veloce. Il tutto tra salita e discesa dura circa 4/5 ore ma il ricordo rimarrà indelebile.

Trascorriamo un pomeriggio a Fougères, primo assaggio di Bretagna. La topografia della città è impossibile da indovinare guardando la cartina. Strade che sembrano lunghe pochi metri si rilevano essere ripidissime discese giù a picco per le scarpate di questa cittadina disposta su livelli sfalsati. Da vedere il castello, costruito molto più in basso rispetto alla parte principale della città, è protetto da una grande triplice cinta di mura con torri di varie forme e circondato da un fossato pieno di chiuse e cascate.

Si ritorna indietro, destinazione e punto d’appoggio è indicata Bayeux. La città vecchia, racchiusa entro i confini di una trafficatissima circonvallazione, ha conservato alcuni edifici medioevali e numerose dimore signorili cinque – seicentesche, forse, grazie al fatto che è stata la prima città francese ad essere liberata il giorno dopo lo sbarco, diventando per breve tempo al capitale della Francia Libera. Merita una visita anche la grande cattedrale di Notre Dame, una delle più belle chiese della Normandia, il grandioso interno è parecchio luminoso grazie alle imponenti vetrate.

Questi due giorni saranno dedicati completamente, a parte la visita ad una delle opere medioevali più famose del mondo nato come “L’Arazzo della Regina Matilde”, alla visita ed alla commemorazione dei luoghi teatro dell’evento bellico più importante del XX° Secolo, quelli dello sbarco alleato avvenuto il 6 giugno 1944.

Nonostante i vari film realizzati, oggi è quasi impossibile immaginare la scena dell’alba del D-Day, quando le truppe alleate sbarcarono in vari punti della costa normanna. In innocue spiagge cui fanno da sfondo dolci dune hanno perso la vita oltre 100.000 uomini. Ancora oggi queste spiagge sono ricordate con il loro nome in codice del tempo di guerra.

Utah, Omaha, Gold, Juno e Sword sono famigliari da queste parti come la baguette. Ogni paese da queste parti ha la propria storia da raccontare alle generazioni future sullo sbarco degli Alleati ed il conseguente contrattacco tedesco.

Ad Arromanches sono ben visibili i resti di un porto artificiale Mulberry B, ideato dal Primo Ministero inglese Winston Churchill in persona, che resero possibile lo sbarco di qualcosa come 2.500.000 di soldati e di 500.000 veicoli in qualche decina di giorni durante l’invasione. Le sue grandi dimensioni sono impossibili da apprezzare a distanza di tanto tempo, ma per i tre mesi successivi lo sbarco questo fu il porto più grande del mondo.

Ancora più avanti, lungo le colline rocciose della Pointe du Hoc, ancora oggi sono profondamente butterate dai bunker tedeschi e dai crateri di granate avvenne lo sbarco più drammatico e spettacolare per opera dei Rangers Americani. Altrove, ciò che resta a ricordo della guerra, sono i cimiteri ed i musei.

In questi giorni trascorsi di luoghi più o meno legati quanto è successo tra il giugno 1944 ed il giorno della Liberazione ne abbiamo visti parecchi, ma, quelli che più mi hanno impressionato e che mi ha fatto provare quella strana sensazione di tristezza, che mi hanno fatto sentire a disagio per la mia presenza, è la visione dei cimiteri di guerra: ne abbiamo visitati quattro, forse tra i più grandi e tutti diversi l’uno dall’altro, uno tedesco, uno britannico e i due americani.

Penso sia alquanto difficile trasformare in parole tutto quello che si prova mentre si osservano questi luoghi, a volte anche al fianco di veterani e dei loro discendenti venuti a rendere omaggio ai caduti, ed in particolare, quello americano situato sulla collina che domina Omaha Beach, il più monumentale ed il più affollato rispetto agli altri. “Ospita” migliaia di croci bianche rigorosamente messe in fila su un prato verdissimo e ben curato, alcune stelle di David identificano le tombe di soldati di origine ebrea. Da ogni lato si posa lo sguardo si ha una identica prospettiva, uno scenario unico ma non monotono, fatto a regola d’arte: sicuramente fatto per comunicare a noi che in questi luoghi siamo e saremo sempre tutti uguali a prescindere quale sia la nostra provenienza, stato e posizione sociale.

Quello britannico di Bayeux, non protetto da siepi o muri ma è mantenuto certamente in buono stato è intimo e costellato di fiori dai colori vivaci, mi ha colpito la frase “molto personale” che la famiglia di ciascun soldato ha fatto apporre sulla lapide del proprio congiunto, il che fa sì che ogni tomba sia molto personale.

Molto più austero e triste mi è parso il cimitero tedesco nei pressi di Mont-St-Michel, non riesco ad immaginarmi come potrebbe essere stato in caso che la Germania avesse respinto gli alleati e vinto la guerra, ma forse non ci potrei riuscire, per il semplice fatto che non sarei certo della mia esistenza. Sta di fatto che sono luoghi tristi e cupi. In ogni modo da tutti e quattro si esce con la rafforzata convinzione che la guerra, in qualunque forma, è follia pura e nonché spreco di vite umane. Coloro che, ieri come oggi, fomentano guerre inutili e senza senso dovrebbero venire in questi luoghi ed immaginare che, sotto ad ogni croce o lapide, si trovano altrettanti corpi di soldati.

Lasciamo da parte la malinconia, la vacanza continua! Ora il gruppo si spezza in due, chi ritorna a casa per mancanza di giorni di ferie con capatina verso qualche castello della Loira e chi, come il sottoscritto, si dirige verso la Bretagna, il paese di Asterix, Obelix e dei suoi amici galli che hanno respinto gli attacchi di Giulio Cesare, del Mago Merlino, Fata Morgana e della saga di Re Artù, dei menhirs e dei dolmens sistemati migliaia di anni orsono da uomini primitivi, dei pirati e dei corsari, del mare e del bosco, della ginestra e dell’erica, della pioggia e del vento, di …… insomma sembra che non sia poi così male! Ora il tempo sembra propria prenderci in giro, è il 24 Agosto notizie danno l’Italia dentro ad un forno microonde, ma per noi sembra di essere nel cuore della nostra ben amata Bassa Parmense in pieno Novembre. C’è un nebbione che non ci lascia vedere più in là di 150 – 200 metri per parecchi chilometri e l’umidità penetra nelle ossa.

Arrivati a St-Malo, l’ingresso della città vecchia è da sogno, tramite un arco di pietra e subito una viuzza che si spande in una piazza inondata da artisti di strada e pittori. Il modo migliore per vedere la città è girarla a piedi, e specialmente percorrendo le sue mura, anche perché non è veramente grande.

Al pomeriggio, quando la marea scende, non ci sono parole di meraviglia per descrivere lo spettacolo che si presenta ai nostri occhi, appena sopra le mura, nella zona del porticciolo ci sono numerose barche rimaste in secca, su una spiaggia lunga chilometri la marea con l’aiuto di qualche “genio” ha formato una piscina di acqua salata completa di trampolino per i tuffi. Ma le sorprese non finiscono certamente qui, infatti, a qualche centinaio di metri dalle mura c’è un’isoletta che con la bassa marea si congiunge alla terra ferma, dove un fortino dovrebbe essere stata in passata una prigione per qualche bucaniere un po’ troppo vivace!!!! Sotto sera scende un nebbione allucinante …… ora riesco a capire come mai i pirati per secoli avevano scelto, come base logistica, questa città. Quando le tenebre scendono, la città sembra isolarsi dal mare, quasi scompare alla vista e divenire così inavvicinabile ed inespugnabile.

La città si sveglia come l’abbiamo lasciata la sera precedente, circondata da una fitta nebbia.

Dopo una decina di chilometri arriviamo a Dinan, una cittadina medioevale fortificata che si trova poco all’interno pur avendo un agevole sbocco al mare. Affascinante è il centro, che conserva il torrione del castello all’interno di un omogeneo tessuto di case dai muri a graticcio, portici e viottoli conservati in modo sorprendente e, ovviamente gli immancabili fiori sulle finestre.

Dopo aver trascorso due orette a Dinan ci rimettiamo in viaggio per una delle zone più belle della Bretagna, Cap Frehel, con le sue falesie ricoperte di erica rossa e viola con qualche ginestra gialla qua e là. Purtroppo di tutto ciò non si vede nulla, se non a pochi metri da noi, la nebbia avvolge tutto questo tratto di costa impedendoci di ammirarla, ma, di tanto in tanto dove la visibilità lo consente, abbiamo potuto vedere anche bellissime spiagge con qualche temerario bagnate.

La visibilità è talmente poca che, nel tentare di giungere a Perros-Guirec, riusciamo anche a perdere l’orientamento sbagliando strada. Una volta raggiunta, la cittadina ci pare abbastanza elegante con un’aria molto mondana. Questa zona è conosciuta al mondo come la Costa di granito Rosa, un paesaggio litoraneo senza eguali al mondo: un affascinante susseguirsi di spiagge di sabbia chiara e fine, protette da una sgargiante profusione di massi tondeggianti di granito che l’acqua ed il vento hanno forgiato creato forme bizzarre che colpiscono la fantasia, toccando il suo culmine nei pressi della vicina Ploumanac’h. Da queste parti sembra che tutto sia fatto con il granito: le case sono rivestite di blocchi di granito e le strade sono lastricate con la stessa pietra; i frangiflutti nel mare sono di granito, come pure i pilastri levigati degli argini; perfino gli alberghi hanno minigolf di granito con piccoli megaliti di granito rosa come ostacoli.

Alla mattina seguente l’aria è decisamente fredda, non c’è più la nebbia della sera precedente ma in compenso il cielo minaccia pioggia e ogni tanto scarica anche una qualche goccia. Esasperati dal tempo, decidiamo di cambiare zona e puntare le nostre moto in direzione Sud per vedere, se da quelle parti, il tempo è migliore. Partiamo con l’idea di raggiungere la penisola di Crozon, ma, una volta arrivati l’abbandoniamo immediatamente per puntare alla vicina Pointe du Raz, promontorio roccioso con ripidissime scogliere che si protende nell’Atlantico. Arrivati, scopro a malincuore che il posto non è certamente come me immaginavo. Devo affermare che in ogni modo è bello, ma troppo turistico per i miei gusti. Si arriva sulla punta dove, più che altro, c’è un grosso certo commerciale, un pulmino che fa da spola per turisti sfaticati fino al faro passando tra distese di erica. Un pezzettino a piedi e si arriva sulla punta rocciosa. Forse con l’oceano impetuoso, ai nostri occhi lo spettacolo sarebbe stato qualcosa di indimenticabile, indescrivibile, ma l’oceano purtroppo era quasi piatto e all’orizzonte.

Lasciamo la Bretagna dopo aver guardato ai megaliti di Carnac, menhir e dolmen che il buon Obelix, tra un cinghiale e l’altro, si è divertito a sistemare per qualche chilometro. Sinceramente mi aspettavo molto di più da questa Regione, per quel che avevo sentito da persone che vi erano già state, da quello letto, dalla troppa somiglianza con l’amata Irlanda. Nei primi giorni trascorsi al Nord, anche se con noi il tempo non è stato certo clemente, ho conosciuto una Regione meno turista e ma molto più romantica e piacevole da visitare, mentre la parte Sud è stata certamente una delusione quasi totale, un assembramento di persone che pareva di essere ritornati a Rimini e sinceramente poco, poco da visitare.

Comunque la Bretagna del Nord, se si ha la fortuna di trovare il bel tempo e non come è successo a noi, è tutta da vedere, ora mi posso solamente immaginare la costa di granito rosa al tramonto, e mi dispiace essere andato a Sud, ma con un tempo così, non si poteva certamente fare diversamente!!!! Della Bretagna intera, questa volta senza distinzioni tra Nord e Sud, ricorderò le grandi scorpacciate di cozze e patatine che si trovano cucinate in vari modi, dal peperone alla pancetta, ma di cui le più buone rimangono quelle alla marinara!!!! E’ un piatto a buon mercato che ti servono dappertutto e a qualsiasi ora.

Il tempo sembra essersi stabilizzato sul sereno.

Ora ci aspettano chilometri di acque ancora pulite, vallate verdissime, villaggi incantati e più di 100 castelli che si ergono sulle sue sponde, questo e ancora di più si può ammirare nella meravigliosa valle della Loira …… Uno scenario che toglie il fiato per la sua bellezza e che sembra variare un passo dopo l’altro: prati di un verde cangiante, acque placide che si trasformano all’improvviso in mulinelli vorticosi, campi di girasoli che si stemperano all’infinito, stradine bianche di polvere che sfocino in sonnolenti paesini ancora uguali a qualche secolo fa e poi all’improvviso, quasi come un miraggio, le imponenti sagome dei Castelli che si innalzano superbi e splendidi, testimoni muti di secoli di storia, ma anche di amori e di tradimenti, di gioie e di dolore, di potere e di morte.

Per abbellirli degnamente, furono chiamati artisti di prim’ordine da tutta Europa, e grazie alla loro imponenza riusciamo, con un volo di fantasia, a rievocare lo splendore delle corti sfarzose e delle dame eleganti, ma anche il clima sanguinario che in quei secoli a cavallo tra il Medioevo ed il Rinascimento di Luigi XIV rendeva crudeli e senza possibilità d’appello le punizioni per i tradimenti e per gli intrighi. Qui, fu scritta una pagina molto importante della storia di Francia e dell’umanità intera.

Anche se nella Valle abbiamo trascorso solamente due giorni, di castelli ne abbiamo visitati alcuni. Ussé e Chenonceau meritano una citazione particolare.

Il castello di Ussé che secondo la tradizione, ha ispirato Perrault nell’ambientazione della famosa favola della “Bella Addormentata nel bosco”. In effetti, il castello già all’esterno ha qualcosa di fiabesco. Unico “neo” della visita è la guida solo in francese. Chenonceau, definito uno dei gioielli del Rinascimento Francese, è piuttosto elegante, costruito come un ponte sullo Cher. Molto belli, e ben curati sono i giardini, il più grande creato da Diana Di Poitiers e il più piccolo da Caterina De’Medici.

Purtroppo, ora i giorni a nostra disposizione sono arrivati agli scoccioli, ce ne dobbiamo rientrare in Italia. Rientro, che avviene in autostrada. Avrei preferito raggiungere l’Italia percorrendo esclusivamente le strade nazionali francesi poiché lo stato del manto stradale, anche nelle strade distrettuali, si è rilevato sempre perfetto, indipendentemente dalle condizioni atmosferiche, di traffico vero e proprio l’abbiamo trovato solamente con l’avvicinarsi alle “grandi città” verso le 18:00 e anche perché a differenza della cara autostrada non costano nulla!!!! Dopodiché Clermont-Ferrand, Lyon, Briancon, Passo del Monginevro, Torino, Fidenza, casa.

4.300 Km. In due settimane, tutto sommato meno acqua di quanto mi potessi immaginare e ma soprattutto la soddisfazione di aver portato a termine questa coinvolgente esperienza!



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche