Mitica australia
Richiudo la mia guida e mi lascio andare a queste riflessioni a bordo del 747 Alitalia che sta portando per la prima volta me e mia moglie Vittoria a Sydney con un volo – compreso lo scalo tecnico a Bangkok – di circa 20 ore. Allo sbarco ci accoglie una giornata luminosa, ma fredda e non c’è da stupirsi: siamo a fine Giugno, all’inizio dell’inverno australe.
Per qualche giorno girovaghiamo in città: la baia la divide in 2 parti: Sud, con il centro storico ed i monumenti più importanti e Nord unite dall’Harbour Bridge che qui chiamano anche “il vecchio attaccapanni” e dalla cui sommità si ha una veduta straordinaria della baia.
Visitiamo poi la Sydney Tower (305 mt); l’Opera House, inaugurata nel 1973 dopo 14 anni di lavori e divenuta il simbolo della città; il Botanic Garden, contiguo all’Opera House; Circular Quay, la banchina da dove partono tutti i ferries della baia (un giro in Ferry è obbligatorio); The Rocks, il primo insediamento della città, sorto su un promontorio roccioso, con le sue stradine acciottolate, le case in stile coloniale ed i ristorantini, in uno dei quali mangiamo una bistecca di bufalo semplicemente sontuosa… Il giorno prima di lasciare Sydney partecipiamo ad una gita di un giorno, facilmente organizzabile dall’albergo, alle Blue Mountains, così chiamate per via della foschia blu emanata dagli eucalipti, ad un centinaio di Km all’interno. Si arriva a Katoomba ed Echo Point, da dove si ha una vista fantastica sulle formazioni rocciose chiamate Three Sisters e sull’intera vallata.
Il giorno dopo, 4 Luglio, ci trasferiamo con un volo interno a Brisbane, capitale del Queensland, 1000 Km a Nord di Sydney. Nata come colonia penale intorno al 1820, attualmente ha assunto l’aspetto di una grande metropoli. Già all’atterraggio scopriamo che il clima è piacevolmente mutato: non più invernale, ma decisamente primaverile. Prendiamo possesso in aeroporto della Toyota Corolla prenotata da Sydney: il volante a destra e la guida a sinistra mi straniscono un po’, ma poi ci si fa l’abitudine. Certamente l’idea di raggiungere Cairns a 2000 Km di distanza con l’auto anziché con un comodo volo potrà apparire a molti faticosa, soprattutto se consideriamo che l’altisonante nome di Highway One che ci accingiamo a percorrere si riferisce in alcuni tratti a poco più di una mulattiera. Tuttavia solo l’auto consente la scoperta di paesaggi stupefacenti, recessi nascosti ed un contatto con la popolazione che ripagano ampiamente della fatica. Ci dirigiamo dunque a Nord, lungo la costa, incrociando spiagge, foreste pluviali, piantagioni di canna da zucchero e lussureggianti parchi nazionali. Al largo, isole di tutte le dimensioni e la grande barriera corallina che ci accompagnerà sino a Cairns.
Decidiamo di visitare l’isola di Frazier, l’isola di sabbia più grande al mondo (km 120 x 15), ricoperta di fitta vegetazione e dune di sabbia. Non ci sono strade asfaltate ma solo piste che conducono a torrenti, un lago centrale ed alla lunga spiaggia esterna, sull’oceano. Qui affiora, malinconico, il relitto arrugginito della Maheno, nave passeggeri affondata nel 1935. E’ possibile sorvolare l’isola a bordo di piccoli Cessna che atterrano direttamente sulla battigia.
Visitiamo poi il Parco Nazionale di Eungella situato ad una settantina di Km ad ovest di Mackay. Lungo il Broken River si possono avvistare martin pescatori, cacatua, ornitorinchi e rane esclusive di quest’area. Un altro Parco Nazionale molto bello è quello di Cape Hillsborough. Situato circa 50 Km a Nord di Mackay, comprende un promontorio roccioso di 300 mt di altezza, la vicina Andrews Point e Wedge Island, collegate da una striscia rocciosa percorribile con la bassa marea.
Ancora un centinaio di Km più a Nord ed eccoci a Whitsunday: da Airlie Beach è possibile imbarcarsi per molte delle meravigliose 74 isole, in gran parte disabitate, che compongono l’arcipelago.
A Townsville non c’è molto da vedere, ma non si può mancare l’acquario (Great Barrier Reef Wonderland), con un tunnel sottomarino di alcune decine di metri. Fa un certo effetto veder passare uno squalo di 4 metri a 30 centimetri dal proprio naso… Proseguiamo verso Nord: tra Ingham e Cardwell la Bruce Highway si arrampica sulla costa regalandoci scorci spettacolari. Giunti a Mission Beach, ci imbarchiamo per visitare la famosa Dunk Island, una delle più belle della barriera, integralmente protetta come Parco Nazionale. Su molte spiagge vediamo grossi bottiglioni di aceto ai piedi di cartelloni che mettono in guardia contro le punture di meduse (sea-wasp), alcune delle quali mortali (box jellyfish).
Arriviamo finalmente a Cairns: qui ci fermiamo un paio di giorni perché c’è molto da vedere nei dintorni. A nord della città si raggiunge Mossman e si traghetta sul fiume Daintree, dove facilmente si avvistano coccodrilli. Il traghetto funziona dalle 6 alle 18 e si possono fare escursioni sul fiume con lo “Spirit of Daintree” o con il “Crocodile Express”.Arriviamo finalmente a Cape Tribulation, così chiamato per via delle “tribolazioni” che dovette patire il capitano James Cook per disincagliare il suo Endeavour dalla barriera corallina. Ma il nome non tragga in inganno: lo scenario è superbo e lunghe spiagge deserte si dipartono a nord e sud del basso promontorio. Giustamente, i dèpliants pubblicitari reclamizzano il Capo come il luogo “where the rainforest meet the Reef”, dove la foresta pluviale incontra la barriera corallina.
La nostra guida dice che da Cape Tribulation, per raggiungere Cooktown, il primo insediamento inglese in Australia, occorre un auto a trazione integrale; non siamo del tutto convinti e proviamo, ma dopo qualche centinaio di metri di pessima pista ci dobbiamo arrendere di fronte ad un cartello che avverte: “only 4X4 behind this point” e mestamente torniamo indietro.
Il giorno successivo partiamo da Cairns alla scoperta dell’ Atherton Tablelands, un altopiano spesso oltre i 900 metri, una delle aree più verdi di tutto il Queensland . Il percorso del trenino che si arrampica sino a Kuranda sarebbe spettacolare, con scenari incantati di fitte foreste, strapiombi e piantagioni di the, ma l’auto ci è indispensabile per visitare il resto dell’altopiano. Kuranda è una cittadina suggestiva, con un animatissimo e variopinto mercatino domenicale. Oltre Mareeba, raggiungiamo poi Malanda, una delle perle dell’altopiano: qui incappiamo in un autentico rodeo locale con cow-boys che tentano di cavalcare tori e cavalli bradi o catturano con il lazo vitelli che poi rovesciano sull’arena. Sembra di essere in qualche paesotto del Wyoming. Siamo gli unici turisti e molti locali, tra una bistecca ed una birra, guardano incuriositi più noi che lo spettacolo.
A 6 Km da Ravenshoe, all’estremità occidentale dell’altopiano, incontriamo le Millstream Falls, le cascate più estese d’Australia, nonostante il salto sia di soli 13 metri. Prima di rientrare a Cairns, poco prima del villaggio di Babinda, giriamo a sinistra per le Josephine falls. Dopo altri 7 Km di fitta foresta tropicale raggiungiamo i Babinda Boulders, dove un torrente dalle acque cristalline scorre tra enormi macigni levigatissimi mentre liane e felci si specchiano nell’acqua: è un posto magico.
Il 17 Luglio, dopo aver lasciato l’auto all’aeroporto di Cairns, partiamo nel pomeriggio con un volo interno della Ansett NT per Alice Springs, nel cuore del continente australiano. Dopo circa 4 ore ci accingiamo all’atterrraggio: i monti della MacDonnel Ranger, visti dall’aereo nella luce radente del tramonto, ci danno un’emozione indescrivibile. Un’emozione altrettanto brusca la proviamo all’uscita dall’aereo: al posto del dolce clima tropicale ci accoglie un freddo pungente. D’altra parte è normale se consideriamo che siamo in pieno inverno e circondati da almeno 1000 Km di deserto in tutte le direzioni! La città deve il suo nome (le sorgenti di Alice) alla moglie di Mr Todd, il sovrintendente della linea telegrafica che alla fine del secolo scorso sarebbe arrivata sino a Darwin e da lì, collegata a Giava con la linea sottomarina, avrebbe messo in collegamento il continente con l’Europa.
La città non offre granché, ma merita una visita il museo Flynn, il leggendario “Medico volante” fondatore del Flying Doctor Service e molto amato dagli australiani.
Per visitare i dintorni di Alice bisogna preventivare 3-4 giorni perché i luoghi da vedere sono tanti e tutti incredibilmente belli. Il primo giorno ci dirigiamo verso la serie impressionante di gole disposte ad Est: Emily Gap, Trephina Gorge e ad Ovest: Standley Chasm (la più bella), Ellery Gorge, Serpentine Gorge, Glen Helen Gorge.
La sera assistiamo in città ad uno spettacolo di danzatori e suonatori di didgeridoo, uno strano strumento a fiato ricavato da un legno cavo . L’aborigeno che lo suona ad un certo punto offre ai turisti la possibilità di provare: in un impeto di incoscienza accosto le labbra allo strumento, ma riesco solo a produrre delle inquietanti sonorità che ricordano molto da vicino quelle che Totò produceva con il palmo della mano ne “l’oro di Napoli”. Turisti e locali si sbellicano dalle risate.
Il giorno successivo, di buon mattino, partiamo per il King’s Canyon. Appena lasciata la Stuart Highway, 130 Km a sud di Alice, incontriamo gli Henbury Meteorite Craters, un gruppo di 12 antichi crateri fra i più ampi al mondo. La strada sterrata che conduce al Canyon, la Ernest Giles Road, sarebbe sconsigliata alle vetture non a trazione integrale, ma in realtà ha un ottimo fondo e potrebbe presentare qualche difficoltà solo in caso di pioggia, un evento tutt’altro che probabile. Dunque andiamo: se lo sapesse la compagnia che ci ha noleggiato l’auto, non sono certo che sarebbe d’accordo. Ai lati della pista incrociamo incredibili dune rosse, alcuni Wallabys, termitai giganti (alcuni alti circa 4 mt.) dei dingo. Ci accoglie infine il King’s Canyon, una gola incredibile dalle pareti rossastre alte sino a 270 metri: nel punto chiamato il Giardino dell’Eden crescono rigogliose le palme, verdeggianti sullo sfondo rosso ocra. Sembra di essere in Marocco.
Il giorno dopo lasciamo King’s Canyon per Ayers Rock, Uluru in lingua aborigena. La roccia più famosa del mondo è lunga 3,6 Km ed alta 348 metri. Alla base sono presenti molti siti sacri per gli aborigeni, vietati ai turisti. Gli aborigeni considerano sacrilego anche salire sulla roccia; a parte la fatica ed altre considerazioni, vi suggerisco di non farlo : vi trovereste sull’unica cosa da vedere nel raggio di decine di Km. Invece non dovete assolutamente perdere lo spettacolo della roccia all’imbrunire: mentre il sole tramonta alle vostre spalle, la roccia cambia colore, dal rosso sangue al porpora, al viola acceso, al rosa… Ad una trentina di Km ad ovest di Ayers Rock i 28 massi che compongono i monti Olgas costituiscono un labirinto di cupole rocciose incise da spaccature e sentieri di indicibile bellezza. Gli aborigeni chiamano i monti Olgas “Katatjuta” che significa luogo dalle molte cupole. Alcune di queste rappresenterebbero i Pungalunga, giganti che si nutrivano di aborigeni.
Rientriamo ad Alice Springs per iniziare il lungo viaggio verso Darwin, 1500 Km più a nord, lungo la Stuart Highway che fino alla 2° guerra mondiale era semplicemente “The Track”, la pista in terra battuta che univa le due città. Quando siamo a circa 100 Km a sud di Tennant Creek incontriamo i “Devil’s Marbles” o marmi del diavolo. Sono giganteschi massi sferici sparsi ai lati della strada, alcuni in precario equilibrio. Secondo una leggenda aborigena rappresenterebbero le uova del cosiddetto Serpente Arcobaleno.
Oltrepassata Tennant Creek, all’incrocio con la Barkly Highway, troviamo il monumento a John Flynn, il medico volante. Tennant Creek costituisce, ad eccezione di Katherine, l’unica cittadina tra Alice e Darwin; nei suoi dintorni vi sono numerose miniere d’oro. Visitiamo la Peiko Mine e la Noble’s Nob Mine, la più ampia miniera a cielo aperto di tutto il continente.
Proseguiamo la nostra cavalcata verso nord sino ad arrivare, dopo altri 550 Km, a Mataranka dove una cristallina sorgente termale a 34°, cui si accede liberamente, è circondata da palme e foresta tropicale: il bagno è rilassante e rigenerante. Da Mataranka la Roper Highway costeggia per lungo tratto il Roper River, paradiso dei pescatori, in direzione del golfo di Carpentaria, 300 Km più ad Est. Raggiungiamo Katherine dove ammiriamo le impressionanti Katherine Gorge, lunghe circa 12 Km. Ogni giorno partono crociere a bordo di lance a motore che durano dalle 2 alle 9 ore e che arrivano, intervallate da camminate, sino alla 9° gola, la più spettacolare.
Altri 100 Km verso nord ed eccoci a Pine Creek: qui dobbiamo decidere se raggiungere la nostra meta, il Kakadu National Park, attraverso la comoda Arnhem Highway oppure “tagliare” verso Cooinda e Jabiru, risparmiando circa 200 Km. La nostra guida segnala la strada come “pista, spesso chiusa durante la stagione delle piogge”, ma ora siamo nella stagione asciutta… Insomma decidiamo di tentare e scopriamo che la strada è stata interamente asfaltata sino al nostro albergo, nel cuore del parco: il Kakadu Holiday Village. Il parco è di una bellezza assolutamente unica e si estende per quasi 1.300.000 ettari con l’unica stranezza di comprendere al proprio interno una base della Ranger Uranium Mine; la presenza di una miniera di uranio all’interno di un parco nazionale ha scatenato in passato e scatena tuttora violente polemiche. Nel parco vivono – tra l’altro- 275 specie di volatili (un terzo dell’intera Australia), cicogne Jabiru, Cacatua neri e rosa, wallabys, barramundi, innocui coccodrilli d’acqua dolce, chiamati localmente freshie ed i più temibili coccodrilli di mare (saltie) che risalgono facilmente i fiumi sino a molti km all’interno. Presso il South Alligator River Crossing il fiume, a distanza di decine di Km dal mare, risente delle maree con escursioni di livello di circa 6 metri ed è uno dei posti migliori per l’osservazione dei coccodrilli. Inoltre, nel parco esistono migliaia di siti di arte rupestre: da non perdere assolutamente quello di Ubirr e di Nourlangie Rock. Quest’ultimo costituisce la concentrazione di arte rupestre più ricca e più nota del Kakadu: una delle incisioni più famose ritrae Namarrgon, “l’uomo fulmine”; sono anche presenti incisioni con la tecnica cosiddetta “a raggi X”. E’ consigliabile visitare il parco nella stagione asciutta; fra Novembre e Marzo invece cadono circa 1300 mm di pioggia e la temperatura sale oltre i 35°: l’umidità e le mosche possono risultare insopportabili.
Il nostro viaggio volge al termine: la nostra prossima tappa è Darwin. La città venne distrutta la vigilia di Natale del 1974 dal ciclone Tracy e non ha molto da offrire se si esclude Acquascene, presso Doctor ‘s Gully, dove con l’alta marea i pesci (alcuni veramente giganteschi) vengono a mangiare il pane gettato dai turisti ed East Point, un lembo di terra a nord di Fannie Bay: consiglio di visitarlo nel tardo pomeriggio, quando i canguri vengono a prendere il cibo ed il tramonto incendia la baia.
Domani, dopo quasi un mese che girovaghiamo in Australia, con un volo della Qantas raggiungeremo Singapore e da lì, con un altro volo Alitalia, Roma. Riportiamo, impressi nella nostra videocamera, ma soprattutto scolpiti nei nostri cuori, ricordi assolutamente indimenticabili. Arrivederci Australia. Certamente torneremo: South e West Australia, a noi ancora sconosciute, ci aspettano… Guide e Mappe consultate: -Australia Guide EDT Versione italiana della Lonely Planet -Australia Guide APA Zanfi Editori -Australia Guide MOIZZI -Australia e Nuova Zelanda Studio FMB Bologna 1:4000000 – Queensland UBD 1:2500000 -Northern Territory UBD 1:2000000