Seoul, una follia di città
Si è trattata, senza dubbio, di un’esperienza interessante, ma devo confessare che Seoul è una città pazzesca. E’ enorme (10 milioni di abitanti. A me sembra grande Firenze…) e sporca (ero in un alberghetto e si vedeva passare vari ratti per le stradine lì accanto ed all’interno…); cosa questa confermatomi, con una certa vergogna, anche dai miei amici coreani. Ma, a parte ciò, ho avuto l’opportunità di visitare vari musei che mi hanno permesso di conoscere la sua cultura, che definerei splendida. Intanto mi ha affascinato tantissimo l’abito femminile tipico coreano (di cui purtroppo non ricordo il nome), formato da una grande gonna che parte dal torace ed arriva fino ai piedi. Forse meno affascinante del kimono giapponese, ma credo decisamente più comodo. Nel museo ho avuto anche l’opportunità di vedere dei filmati sulla cerimonia nuziale coreana e sulla sua storia. In particolare su quando questo paese era diviso in 3 regni e sulla conquista dell’intera penisola da quello che era il più piccolo di questi stati (più combattivo degli altri; sarebbe stato lì che è nato il Tae-kun-do, l’arte marziale della Corea). Da qui seguì un lungo periodo di pace seguito successivamente da continue invasioni (un’analogia con l’Italia), sia da parte del vicino impero cinese che dalle popolazioni siberiane e dai giapponesi; invasioni che si sono intervallate a periodi di indipendenza.
Questa comunque finì alla fine dello scorso secolo, con i cinesi prima e con la guerra russo-giapponese poi. Ricordo in particolare che l’albergo si trovava vicino ad un piccolo parco (di cui, anche qui, non ricordo il nome; bella memoria eh?) noto per la proclamazione di indipendenza da parte dei coreani nel 1919 (c’è un piccolo monumento), tentativo affogato nel sangue dall’esercito nipponico.
Il resto della storia di questo paese penso sia nota a tutti, con l’arrivo dei russi a nord e degli americani a sud a seguito della resa giapponese del ’45, e la formazione da parte di queste due potenze di due nazioni separate, una divisione che portò alla famosa guerra civile del ’50-’53. A tutt’ora, malgrado le aperture tra le due parti, continua ad esserci una grande divisione. Orami, con il passare degli anni e delle generazioni, questa divisione si è andata radicando. Sono rimasto molto impressionato dalla quantità di bandiere nazionali appese dovunque per le strade della capitale (neanche i francesi ne altrettanti tricolori per le strade di Parigi), e dall’elevato numero di militari che incrociavo. A tutt’oggi la ferma militare della Corea del sud è di ben 3 anni.
I miei amici coreani mi portarono a mangiare il kimchi, una squisitezza piccante, e varie altre prelibatezze di cui non ricordo il nome. Ricordo che rimasi colpito dal fatto che usano bacchettine di metallo, molto più difficili da usare di quelle in legno. I miei amici mi hanno detto che si usavano un tempo negli ambienti nobili per controllare che nel cibo non vi fossero dei veleni (nel qual caso le bacchette si sarebbero ossidate ed avrebbero assunto un colore diverso). Poi l’uso si era esteso al resto della popolazione.
Ho anche avuto la possibilità di vedere alcuni palazzi reali della città, anche se non mi è piaciuto il fatto che, dietro a questi palazzi, apparissero grattacieli altissimi. Un contrasto molto marcato e fastidioso.
Gli amici mi hanno detto che la campagna è molto bella, ma purtroppo, non avendo molti giorni di tempo, non potevo prendere il treno e viaggiare, senza contare che questa città mi sembrava senza fine. Inoltre non è che i costi siano proprio agevoli. La Corea è una delle tigri asiatiche, un paese dal capitalismo molto marcato e dai costi elevati.
Se volete viaggiarci, vi consiglio di passare pochissimi giorni nella capitale (giusto per vedere i musei) e cercare di raggiungere la campagna.
In ogni caso, se aveste bisogno di altre informazioni, contattatemi senza problemi. Non esiterò a cercare in soffitta le piantine della città con i luoghi da visitare.
Ah, se andate a Seoul, vi capiterà di vedere moltissimi coreani dello stesso sesso passeggiare tenendosi per mano. Per loro è un segno di forte amicizia. Era molto curioso vedere due uomini ben vestiti camminare mano nella mano mentre nell’altra tenevano la 24 ore…
Infine un’ultima nota sugli abitanti della penisola coreana: i coreani sono ancora più timidi e riservati dei giapponesi, quindi è molto difficile parlarci ed instaurarci un’amicizia; senza contare che pochissimi parlano inglese, e rifuggono il giapponese (sempre ammesso che lo conosciate) a causa dell’occupazione nipponica del paese e di quello che hanno subito (i coreani non sono come noi: loro hanno una memoria storica…). Dopo tutto ‘sto papiro di roba vorrei fare un saluto a tutti i coreani che avranno l’opportunità di leggere il mio resoconto. Spero che la loro nazione torni un giorno ad essere un tutt’uno con la Corea del Nord, ed essere finalmente solo e soltanto Corea.
Cam-sa ham-ni-da (vuol dire grazie, ma non ricordo come si dice arrivederci…) marce