Myanmar, il paese del sorriso 3
Mi rendo conto di aver trascurato completamente la descrizione dell’itinerario, ma il ricordo delle esperienze personali fatte con le persone me lo porto ancora dietro. Per la cronaca: Rangoon, città interessante ma in rapido cambiamento, dispone della pagoda di Shwedagon che è da non perdere, anche perchè il modo di vivere la religione da parte dei birmani è profondamente diverso dal nostro. Per loro la religione è qualcosa che pervade costantemente e quotidianamente la vita comune, e si può dire che questo avvenga in maniera simmetrica: la gente va al tempio per pregare, sì, ma ci va con la famiglia, si ferma a chiacchierare, i bambini giocano, si mangia uno spuntino, la vita quotidiana continua nel tempio e la reigiosità continua fuori del tempio, un rapporto con la divinità che noi forse non abbiamo mai avuto, coi nostri luoghi di culto così austeri e talvolta opprimenti anche se artisticamente belli. Perciò, se volete vedere la vera Birmania, visitate le campagne e i templi, anche quelli che storicamente e artisticamente non paiono un granché. Ma non visitateli e basta: sedetevi, guardate la gente passare, parlateci, godetevi il sole, riflettete, e lasciate che la vita vi passi attraverso, e non che vi scivoli all’esterno come ci succede talvolta quando siamo a casa nostra.
Abbiamo visitato anche Mandalay, che offre alcuni spunti interessanti, anche se era una città maledettamente polverosa. Più stimolanti sono i dintorni e la zona più a nord: Mingun, Ava, Amarapura (dove un vecchietto ci ha guidato per il villaggio dove era in preparazione una festa alla quale siamo stati prontamente invitati) e più a nord Maymyo e Lashio, che era una zona off limit per gli stranieri, dove siamo giunti su una macchina di un indiano, che sorpassava senza concezione di prudenza camion che ci spiegò essere di contrabbandieri (la strada, in pessime condizioni, dopo Lashio prosegue per il confine cinese), e dove nessuno dei militari incontrati ha neppure per un momento pensato a bloccarci.
Naturalmento abbiamo dedicato alcuni giorni alla visita di Bagan; i suoi templi offrono, soprattutto all’alba e al tramonto, uno spettacolo di una suggestione incredibile. Il panorama che si gode all’alba dall’alto di uno dei suoi templi, è uno spettacolo che infonde serenità, pace, e ci si dispiace che il sole non si possa fermare, come qualcuno di biblica memoria fece, per far durare più a lungo questa sensazione.
Siamo andati poi verso est, facendo tappa a Kalaw, un delizioso villaggio dove c’è anche una missione cattolica retta da un anziano Padre italiano, passando per Pindaya, con un piccolo lago sopra il quale si possono vedere le grotte dei mille budda, e arrivando al lago Inle, pittoresco lago chiuso tra i monti, dove vivono i pescatori Intha, che vivono pescando nel lago in modo molto singolare, basti pensare che remano stando in piedi e spingendo il remo con un piede. Come già accennato, suo monti intorno al lago è possibile fare delle camminate seguendo sentieri abbastanza frequentati dai locali.
Ritornando a sud, siamo riusciti a spingerci fino a Kyaiktyo, dove c’è una famosa Roccia d’Oro in bilico su un dirupo. La credenza vuole che la roccia sia tenuta in bilico da un capello del Budda collocato in un punto strategico. Il luogo è molto interessante, ci si arriva (o almeno ci si arrivava) solo a piedi, ma purtroppo per accogliere i fedeli avevano appena costruito una sorta di terrazza coi lampioncini che lo faceva assomigliare ad una gelateria del Lido. Questo in un primo momento ci aveva deluso un poco, ma lo spettacolo che ci offrì l’alba del giorno dopo, con la vista sulle montagne, era meraviglioso. A proposito: per arrivare a Kyaiktyo, avevamo dovuto attraversare zone proibite agli stranieri, siamo stati fermati tre o quattro volte dai militari, ai quali abbiamo spiegato con pazienza che volevamo solo andare alla Roccia, abbiamo dovuto allungare qualche pacchetto di sigarette inglesi agli ufficiali dei blocchi (noi non fumiamo, ma ci eravamo portati appositamente due stecche di Dunhill da distribuire come piccoli presenti di ringraziamento e cortesia), ma alla fine siamo arrivati. Durante il viaggio avevamo notato molti convogli militari che andavano verso sud o ne tornavano. Al ritorno a Rangoon abbiamo saputo che nelle zone Karen, a sud di Kyaiktyo, c’era stata una battaglia dell’esercito con i guerriglieri separatisti.
Ometto qualunque notizia di carattere pratico, perchè ho saputo che in questi ultimi anni il paese è cambiato parecchio, ed il turismo è diventato qualcosa che si può fare anche “all’occidentale”, volendo. Non voglio entrare nel merito di una difficile discussione sulla opportunità o meno di visitare il paese o seguire il consiglio di Aung San Su Kyi di non avallare l desiderio del regime di far diventare la Birmania una seconda Thailandia e fare così un bel po’ di danaro. Consiglio soltanto a chi volesse andare, di farlo viaggiando per conto proprio, perché così almeno eviterà in buona parte, di passare attraverso i servizi turistici istituzionali, distribuendo in questo modo i propri soldi direttamente a quella gente che rimane altrimenti fuori dal giro di danaro prodotto dal turismo. E perchè solo viaggiando come abbiamo fatto noi potrà scoprire quell’animo gentile che pervade la popolazione e tutto il paese, che lascia quelle indelebili cicatrici sul cuore che, se da un lato mi fanno desiderare di tornare in Birmania, dall’altro mi frenano per la paura di trovare un paese cambiato. E chissà perché, quando un paese cambia a causa del turismo, cambia sempre in peggio!