Mexico bonito

Vacanze d'agosto sotto il sole del Messico
Scritto da: lorisole
mexico bonito
Partenza il: 04/08/2014
Ritorno il: 18/08/2014
Viaggiatori: 3
Spesa: 2000 €
Quando si è trattato di scegliere il Messico (o meglio la Penisola dello Yucatan) come meta delle nostre vacanze estive lo abbiamo fatto con non poche perplessità. Perché per noi le vacanze di agosto sono sinonimo di riposo e relax dopo un anno di fatiche!

Inoltre, dobbiamo ammetterlo, siamo un po’ pigre e poco avventurose e non ne vogliamo sapere di viaggi aerei pieni di scali e di attese, di “zaini in spalla”, di sistemazioni scomode, di guidare l’auto ogni giorno (già dobbiamo farlo a casa per andare al lavoro!). D’altra parte non sembrava avere molto senso farsi quasi 10000 km. solo per stendersi al sole in un resort che potrebbe trovarsi in qualsiasi parte del mondo. Abbiamo quindi optato per una soluzione ibrida o per meglio dire di compromesso acquistando un pacchetto turistico solo per il volo (diretto) e l’hotel in sistemazione B & B, decidendo di soggiornare a Playa del Carmen per la sua posizione “centrale” e per i molti servizi offerti. L’albergo dove abbiamo alloggiato, Hotel Casa de Las Flores, è una semplice, coloratissima posada in stile messicano con stanze ampie, un bel giardino e una minuscola piscina. Si trova un po’ arretrato rispetto alla Quinta Avenida, sulla Venti, il che ha anche i suoi lati positivi dal punto di vista della tranquillità. Una delle particolarità che ce lo ha fatto preferire è che si trova a 1 minuto dal “terminal” dei colectivos (situato sulla Avenida 20 tra la Calle 12 e la 14) di cui contavamo di usufruire per qualche escursione. Dopo esserci concesse due giornate di ozio assoluto per assorbire lo stress del viaggio e del fuso orario, eravamo pronte a metterci in moto.

Prima destinazione scelta: Akumal. Per andarci abbiamo deciso, con qualche timore, di sperimentare proprio i colectivos. Si tratta di furgoncini da circa 10/12 passeggeri che percorrono la Riviera Maya da Cancun a Chetumal fermandosi ovunque, su richiesta, con un costo approssimativo di 30/ 40 pesos (circa 2 euro). Abbiamo così scoperto che non sono utilizzati solo dai turisti ma anche, anzi principalmente, dai residenti. Usufruirne è molto semplice: ci si presenta dichiarando la propria destinazione, si sale in fretta sul pulmino in partenza, in prossimità della destinazione si richiama l’attenzione dell’autista e si paga all’arrivo. Funzionano! Il colectivo ci ha lasciato sulla carretera federal e per raggiungere il mare abbiamo dovuto proseguire su una stradina laterale per 500 metri. Riguardo alla spiaggia di Akumal avevamo letto pareri contrastanti, qualcuno la trova un po’ troppo turistica e, a volte, affollata. Sarà… a noi è piaciuta tantissimo! Sabbia bianca, palme, mare trasparente ma quello che la rende speciale è la possibilità di nuotare circondati dalle tartarughe. Noi avevamo la nostra maschera ma, per chi ne avesse necessità, c’è la possibilità di noleggiare sul posto tutta l’attrezzatura.

La baia è anche sede di un centro ecologico che si prefigge di proteggere questo ecosistema (speriamo davvero riescano a centrare questo obiettivo!) e che organizza uscite guidate di snorkeling.

Non sappiamo dire quanto tempo abbiamo trascorso in acqua, non volevamo più uscire. Siamo riuscite a vedere diverse pesci, razze ma le tartarughe giganti (ce ne sono davero tante!) sono state l’incontro più emozionante.

Rinfrancate da questa prima bellissima esperienza la mattina successiva eravamo pronte ad una nuova escursione. Ci siamo dirette a Tulum, l’unico sito archeologico Maya situato in riva al mare. Il colectivo ci ha lasciato a breve distanza (circa 700 metri) dalle rovine. Per raggiungerle noi abbiamo preferito utilizzare il comodo e simpatico trenino, che al modico costo di 20 pesos andata e ritorno, ci ha lasciato proprio davanti all’ingresso. Dopo una breve fila per l’acquisto del biglietto (anche questo abbastanza economico, meno di 5 euro) siamo potute entrare in questo particolarissimo sito costruito dai Maya in una posizione davvero suggestiva, a picco su di uno splendido mare. Gli edifici che lo compongono, il più significativo è El Castillo”, risalgono più o meno all’anno 1200 e sono circondati da mura. A questo si riferisce il nome attuale (Tulum in lingua maya significa muraglia), più affascinante era probabilmente il nome originale della città: Zama (ovvero “alba, mattino”). Ci sentiamo di consigliare di arrivare piuttosto presto, questo permette di trovare meno gente e, nei mesi più caldi, evitare un’insolazione!

Tutt’altro che timorose del sole erano le numerose iguane che popolano il sito e che sembravano mettersi in posa davanti alla nostra macchina fotografica. Tramite una scala di legno abbiamo infine raggiunto la spiaggia ai piedi della scogliera per un bagno rigenerante. Uscite dalle rovine, dirigendosi per qualche centinaio di metri in direzione opposta all’uscita, ci aspettava un altro luogo meraviglioso: Playa Paraiso. Chilometri di spiaggia poco affollata, con sabbia bianchissima, palme e mare turchese: l’immagine stessa dei Caraibi. Da lì si poteva godere anche della vista delle rovine di Tulum e c’era la possibilità di un’uscita in barca per ammirarle dal mare.

Noi, pigre ed affamate, dopo avere mangiato quesadillas in un ristorantino sulla spiaggia ci siamo stese all’ombra di una palma in pieno relax alzandoci solo per qualche bagno rinfrescante: davvero un Paradiso!

Un altro sito Maya, molto diverso da Tulum, che abbiamo visitato è stato Cobà. Per arrivarci abbiamo questa volta utilizzato gli autobus di linea in partenza dalla stazione di Playa del Carmen che si trova sulla Quinta Avenida, vicinissimo al porto, acquistando i biglietti al momento della partenza (costo per andata e ritorno 228 pesos, durata del viaggio due ore). Siamo partite la mattina attorno alle 9,00 ed eravamo praticamente le sole turiste sul bus, gli altri passeggeri erano messicani, in gran parte donne e bambini, vestiti con abiti colorati e carichi di pacchi e di cibo! Siamo riuscite ad arrivare prima dell’arrivo dei grupponi dei tour organizzati e questo ci ha permesso di goderci maggiormente la visita. Una volta acquistato il biglietto (costo 59 pesos) ci siamo inoltrate nella vegetazione in cui sono immerse queste rovine maya e dopo un centinaio di metri abbiamo trovato il punto noleggio bici. Noi, sempre più pigre, abbiamo scelto quella con “autista” che porta 2 persone al costo di 100 pesos circa per il giro corto (ci siamo poi pentite di non avere scelto quello più lungo visto che il tempo sarebbe stato sufficiente e che il posto era decisamente affascinante).

A bordo di questi strani tricicli ci siamo avventurate lungo i sentieri che collegano i resti dei vari edifici, sempre rimanendo sotto gli alberi che proteggono dal sole cocente. Una esperienza da provare è la “scalata” della piramide alta 42 metri. Si sale aiutandosi con una corda e la fatica, relativa, dell’ascesa è ampiamente ripagata dalla vista mozzafiato della giungla da cui fanno capolino altre rovine.

Abbiamo terminato la nostra visita con una pranzo al ristorante Ki-Janal (di proprietà della comunità maya) situato accanto al sito archeologico, con vista sul lago antistante, dove abbiamo gustato piatti della cucina locale.

Alle 15,00 eravamo pronte per l’autobus, questa volta più moderno e turistico, che ci avrebbe riportato a Playa.

Dopo due escursioni “culturali” abbiamo deciso di dedicare una giornata alla natura, trascorrendo mezza giornata in un Cenote. I cenotes (“acque sacre” in lingua maya) sono piscine naturali formate dello sprofondamento del suolo calcareo. Il “nostro”, Cenote Cristallino, si trova a sud di Playa del Carmen ed è stato facile raggiungerlo con l’ormai consueto colectivo che ci ha lasciato proprio davanti all’entrata. Si tratta di un cenote molto “semplice”, niente di spettacolare ma risulta molto naturale ed è una vera oasi di tranquillità. Tra le piante tropicali si trova un bacino di acque trasparenti e piene di pesci (stando sedute sul bordo ci circondavano in una sorta di fish pedicure) dove nuotare, immergersi e, per i più audaci, tuffarsi dall’alto di una roccia. Al termine questi momenti di vero relax non eravamo ancora pronte a tornare in hotel e siamo quindi tornare a trovare le nostre “amiche” tartarughe ad Akumal (un luogo che non ci verrà mai a noia!).

Il giorno successivo ci siamo dirette a Cancun per quella che è stata l’escursione peggio riuscita della nostra vacanza, questo sicuramente per colpa nostra che non ci siamo documentate a dovere. Il colectivo, dopo circa un ora di viaggio, non ci ha lasciato in una zona turistica ma in Avenida Tulum nel parcheggio del supermercato La Comercial Mexicana e lì… ci siamo sentite perse. Cancun “città” è piuttosto caotica e, ci è sembrato, non particolarmente interessante. Abbiamo quindi chiesto ad un taxi di portarci nella “zona hotelera” che altro non è che una serie quasi ininterrotta di alberghi che di fatto “chiuduno” l’accesso al mare. Ci siamo infine fermate a Playa Tortugas che ha ben poco a che fare con le immense spiagge bianche che si vedono sulle cartoline. Si tratta invece di una serie di piccole calette con acque trasparenti e poco profonde. I bagnanti erano quasi tutti messicani che non si accomodavano sulle classiche sedie sdraio ma a un “tavolo” attorno al quale mangiavano ininterrottamente (sia cibi portati da casa sia acquistati in loco) gettando a terra rifiuti e cartacce. Noi, che pure avevamo chiesto la nostra “mesa”, siamo state un po’ più minimaliste nel consumo di alimenti e sensibili all’aspetto ecologico (è davvero un peccato vedere ridotto così questo splendido mare!). E’ perciò senza particolari rimpianti che a metà pomeriggio siamo ritornate a Playa del Carmen.

Quella trascorsa a Xcacel è stata decisamente la giornata più “avventurosa”. Avevamo trovato notizie di questa riserva naturale sul web e sulla nostra guida Lonely Planet, dove si spiegava che si trova tra Chemuyil e Xel-Hà. Non essendo riuscite a localizzarla precisamente abbiamo chiesto all’autista del colectivo di segnalarci il punto esatto dove scendere. Per precauzione a metà strada gli abbiamo rammentato la nostra destinazione e lui “no problem”! Ma appena avvistato il segnale dell’uscita di Xel-Hà è stato chiaro a tutti che avevamo “mancato” la nostra fermata. L’autista ha avuto allora la brillante idea di frenare e tornare in retromarcia per diverse centinaia di metri fermandosi solo dopo le rimostranze degli altri passeggeri. A questo punto ci ha invitato a scendere assicurandoci che Xcacel era lì (questo indicando un punto imprecisato in mezzo alla vegetazione). Fiduciose ci siamo messe in cammino ma dopo più di un chilometro a piedi, sulla statale, sotto un sole torrido, avevamo ormai perso le speranze. Quando stavamo per desistere abbiamo intravisto un stradina sterrata e, più avanti, un minuscolo cartello che ci ha confermato che eravamo finalmente arrivate a Xcacel, il “Santuario de la Tortuga Marina”. Procedendo abbiamo trovato altri cartelli che invitavano a rispettare tutta la fauna: le tartarughe, le iguane (sono ovunque!), gli uccelli e… i procioni (?!?! ma di questi non abbiamo proprio trovato traccia). All’entrata abbiamo incontrato una ragazza che ci ha spiegato che trattandosi appunto di una riserva a Xcacel non ci sono bar, ristoranti, sdraio e ombrelloni, che è ovunque vietato fumare, che è assolutamente proibito toccare i nidi di tartaruga e che è gradita una piccola offerta (libera) per proteggere il sito. Il posto è stupendo! Avevamo letto che si trattava di “due splendide baie orlate da palme”, il che è verissimo, ma le palme si trovano al di là dei nidi quindi non ci hanno fornito alcun riparo dal sole! Così dopo due ore passate sulla sabbia bianca, bagnandoci nel mare turchese… ci siamo ritrovate rosse come peperoncini piccanti! Ci ha salvato soltanto la presenza di un piccolo cenote, nascosto tra la vegetazione, che con le sue acque fresche ha spento (parzialmente) la nostra pelle “incendiata”.

Nonostante tutti i vari inconvenienti abbiamo trascorso una giornata bellissima, in un posto speciale e quasi deserto (in tutto avremo incontrato max. 20/30 persone).

A casa avevamo letto su Internet uno strano commento: “si raccomanda di non andarci, così da poter favorire il deposito e la schiusa delle uova, e la crescita delle giovani tartarughe”.

Noi non siamo così drastiche, ma siamo convinte della necessità di vivere con rispetto questi luoghi: la prossima volta vorremmo davvero ritrovarli intatti!

Quando, la mattina successiva, ci siamo presentate al molo di Playa del Carmen e ci siamo messe in fila per salire sul traghetto della Mexico Waterjets che ci avrebbe portato a Cozumel (costo biglietto A/R 310 pesos, cioè circa €. 18,50) il cielo era particolarmente nuvoloso. La traversata è durata 45 minuti durante i quali è cominciato pure a piovere (l’unico giorno di pioggia di tutta la nostra vacanza!). Non era quindi la giornata adatta per lo snorkeling, ci siamo così dedicate a visitare San Miguel de Cozumel, graziosa cittadina in stile coloniale, facendo un po’ di shopping nei suoi numerosi negozi e mangiandoci un gelato in piazza. Appena è tornato un po’ di sole, con un taxi ci siamo spostate a Playa Palancar una spiaggia attrezzata molto carina, piena di turisti americani.

Con questo siamo entrate in “modalità relax” che è proseguita il giorno seguente con una nuova visita a Playa Paraiso (ci si sta troppo bene, quanto ci manca!) dopo di che… era già il momento di tornare a casa!

Ci rendiamo conto di non avere detto molto di Playa del Carmen che è stata la nostra “base”, dove è stato molto piacevole soggiornare e passare tutte le nostre serate passeggiando sulla Quinta e… apprezzando non poco la cucina dei ristoranti locali, che sono tantissimi e variegati. Noi, che anche in Italia apprezziamo particolare il cibo messico, ci siamo potute sbizzarrire provando quasi ogni sera un ristorante diverso. Tra i nostri favoriti possiamo citare El Fogon sulla 30 Ave. (cucina messicana “casalinga”: mega porzioni e prezzi davvero contenuti), Carboncitos sulla 5 (un po’ più raffinato con camerieri pazzi che ti servono le bevande portandole in equilibrio sulla testa), La Portena purtroppo lontana dal nostro hotel (poco più di un chiosco ma gli hamburger sono mitici!), Xanapa Factory sulla Costituente (ristorante gestito da una famiglia venezuelana che, con grande cortesia, fa scoprire ai clienti i piatti tipici della loro terra), Skinny Bikini Potatoes (locale piccolo che propone un menù tutto a base di patate)… ma in generale abbiamo avuto solo esperienze positive!

Ci sarebbe poi una menzione particolare per i vari Starbuck che servivano gli stessi, per altro buoni, prodotti che possiamo trovare in tutto il resto del mondo ma che offrivano le sole connessioni internet decenti di Playa del Carmen: davvero preziosi!

Oggi, quando sono ormai trascorsi alcuni mesi, ricordiamo con piacere ogni momento della nostra meravigliosa vacanza. Pur non essendo viaggiatrici esperte (ma appunto “turiste per caso”) siamo riuscite a muoverci in autonomia scoprendo tante località diverse. Seguendo quelle che sono le nostre personali preferenze abbiamo privilegiato il mare, le spiagge, la natura, trascurando ad esempio i numerosi parchi tematici.

Probabilmente maggiore attenzione avrebbero meritato anche altri siti Maya, che essendo più lontani ci avrebbero preso troppo tempo.

Siamo consapevoli del fatto che la Penisola dello Yucatan è soltanto un angolo di Messico e che di questo angolo abbiamo visitato solo una piccola parte, potremmo dire “poche briciole” di questa meravigliosa nazione. E’ stato per noi un primo positivo incontro con i suoi colori e sapori, una conoscenza… che speriamo di potere presto approfondire.

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Cobà

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Cenote Cristallino

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Tulum

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gelataio a Cozumel

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Playa Paraiso

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nidi di tartaruga a Xcacel

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Xcacel spiaggia

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Tulum



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