Sul Mekong a Chiro

Il viaggio solidale di Luca e Aga continua in Cambogia
LucAga, 06 Apr 2011
sul mekong a chiro
Scendiamo dal bus alla stazione di Kampong Cham, a circa 6 km dal villaggio di Chiro, ed il nostro amico Cedric è già li ad aspettarci, abbronzatissimo e sorridente. Abbiamo avuto il piacere e la fortuna di conoscere Cedric durante uno dei nostri fugaci soggiorni a Bangkok e, una sera tra una chiacchiera e l’altra, ci aveva raccontato di questo tranquillo villaggio sulle rive del Mekong, in cui lui era stato sino a qualche mese prima. Nemmeno mezz’ora era trascorsa che avevamo già dato la parola a Cedric che saremmo sicuramente passati dal villaggio per qualche giorno. Incredibilmente le nostre strade si incrociavano nuovamente; che sorpresa trovarlo qui. E pensare che era partito per il Giappone, sicuro di fermarsi a lavorare per almeno un anno. Non è durato più di una settimana, gli mancava troppo il piccolo villaggio di Chiro. Scopriamo che sono ormai 4 mesi che è qui ed ha imparato Khmer sufficientemente bene da poter intrattenere una conversazione senza grossi problemi. Una manna dal cielo per noi! Senza di lui la nostra esperienza sarebbe sicuramente stata molto più difficile e molto meno interessante. Grazie alla sua conoscenza della lingua abbiamo avuto la possibilità di apprendere rapidamente usi e costumi locali, raccogliere tantissime informazioni e inserirci velocemente nella vita della comunità.

Non so se saremo in grado di trasmettervi l’importanza che queste due settimane trascorse qui a Chiro Village abbiano rappresentato per noi. Sono state il momento più importante ed intenso del nostro viaggio, sino a questo momento. Abbiamo instaurato un legame profondo con la gentilissima famiglia che ci ospitava; è come se avessimo una seconda famiglia qui in Cambogia: abbiamo una mamma ed un papà, 5 fratellini e 2 sorelline. E’ stato così difficile lasciarli e partire… Non c’è dubbio che torneremo il prima possibile a trovarli. Troppe cose interessanti sono accadute in queste settimane per raccontarvele tutte ed è altresì impossibile stilare un racconto con un unico filo conduttore, bisognerebbe tralasciare alcuni eventi che per noi invece hanno grande valore. Sarà quindi meglio raccontarvi degli spezzoni di vita a cui abbiamo avuto la fortuna di assistere, di modo che possiate avere un’idea più completa di ciò che per noi queste due settimane a Chiro abbiano significato.

Sophal, il fratello di “Ma”, cosi chiamavamo amichevolmente la nostra mamma cambogiana, lavora per un’ONG che si occupa di inserire centinaia di ragazzini, provenienti da famiglie economicamente svantaggiate, in corsi di formazione professionale, prevalentemente nel settore dell’accoglienza turistica. Per accedere a questi corsi i ragazzini devono superare alcune selezioni, tra cui una prova d’inglese. A questo proposito, Sophal ha attivato nel suo villaggio un corso d’inglese con l’intenzione di fornire una conoscenza di base della lingua ai bambini di Chiro, aumentando quindi le chance di superare le selezioni. Il corso è gratuito e l’unico insegnante viene pagato grazie alle offerte che i turisti, in crocera sul Mekong, lasciano durante la loro breve sosta a Kampong Cham; i bambini, che seguono anche un corso di musica tradizionale Khmer, offrono un divertente spettacolo di musiche e balli ai turisti che attraccano una volta a settimana, ricevendo in cambio le donazioni. Nonostante il progetto sia ancora in fase embrionale si iniziano ad osservare già alcuni risultati positivi: lo scorso anno, per esempio, 3 ragazzine sono riuscite a superare le selezioni e ad accedere ai corsi di formazione; speriamo siano solo le prime di una lunga serie. Il corso di inglese si tiene il primo pomeriggio, una sorta di dopo-scuola. Al momento vi sono 4 classi, ognuna formata da una ventina di bambini, ma le richieste sono in continuo aumento. Il problema è che le donazioni dei turisti non sono quasi mai sufficienti per pagare il maestro d’inglese, tanto che Sophal ha dovuto spesso versare soldi di tasca propria. Dato che un insegnante da solo non è oggettivamente in grado di seguire 4 classi, l’apporto dei volontari è molto apprezzato, soprattutto se si ha la possibilità di fermarsi per lunghi periodi, al contrario di quanto abbiamo fatto noi due, per poter effettivamente contribuire allo sviluppo ed alla riuscita del progetto.

Comunque sia la gente di Chiro è ben contenta di accogliere viaggiatori anche solo per mezza giornata, anche solo per un paio d’ore; non avendo alcuna possibilità di viaggiare nè di ricevere informazioni attraverso televisione ed Internet, gli unici contatti con il mondo esterno li hanno grazie ai pochi turisti che si avventurano nei pressi del villaggio. Se avrete mai la fortuna di passare da queste parti rimarrete certamente sorpresi dalla loro accoglienza e dalla loro curiosità. Se foste interessati a ricevere maggiori informazioni sul villaggio e sulla possibilità di trascorrere un periodo di volontariato a Chiro, potete contattarci su Facebook “Luca ed Aga…Vagabondi“, dove potete anche trovare molte più foto del nostro viaggio, oppure dare un’occhiata al profilo dell’associazione, sempre su Facebook “Organisation for Basic Training“; è ancora in via di aggiornamento ma speriamo di poterlo arricchire maggiormente una volta rientrati in Europa. Tra l’altro, nei prossimi mesi si vorrebbe attivare un programma di Home-Staying, di modo che chiunque fosse interessato a visitare il villaggio, possa soggiornare a casa di una delle gentilissime famiglie che vivono a Chiro.

Raggiungiamo Chiro in sella ad una piccola motocicletta, nel tragitto incrociamo decine e decine di persone che rispondono ai nostri sguardi curiosi con un sincerissimo sorriso. Le case sono tutte in legno e bambù, sollevate da terra di circa 2 o 3 metri; sì perchè qui almeno per una paio di mesi all’anno l’acqua invade tutta l’area ed è possibile girare solamente a nuoto o in piccole imbarcazioni a remi. Anche gli animali vengono portati in una zona collinare, circa 30 km più nell’entroterra, oppure sistemati su dei cumuli di terra che non potranno abbandonare sino a quando l’acqua non si ritirerà, poveretti.Solitamente le case sono formate da un unico stanzone dove dorme tutta la famiglia. Non vi sono letti o altro, si dorme sul pavimento fatto di robuste canne di bambù; i più abbienti possono permettersi delle stuoie e dei cuscini. Noi siamo fortunati, per noi hanno preparato un materasso sufficientemente grande per ospitarci entrambi, sistemato sotto una grande zanzariera per proteggerci da tutti gli insetti e anche dai topi che gironzolano ovunque indisturbati non appena cala la notte. La casa in cui siamo ospiti è una delle più grandi del villaggio. Ci sembra che la nostra famiglia sia una delle più benestanti; riceve elettricità per circa 3 ore al giorno e possiede un televisore ed un lettore dvd, che rappresentano il principale intrattenimento per tutto il vicinato che si raccoglie qui ogni sera a guardare i video musicali e cantare gli ultimi successi di cantanti cambogiani. Hanno addirittura un bagno in muratura ad una decina di metri dalla casa, costruito giusto giusto un paio di mesi fa, mentre il resto del villaggio deve servirsi della vicina boscaglia. Aga ha trovato davvero un pò di tutto in quel bagno: ragni di dimensioni terrificanti, scorpioni e serpenti… Addirittura un serpente che penzolava dal soffitto con ancora mezza rana che gli usciva dalla bocca. 🙂

Qui al villaggio la vita ha tutto un altro ritmo. Non esistono orologi, il ritmo è scandito dal sole. La giornata inizia poco prima dell’alba; ci si sveglia già verso le 4.30, ci si lava velocemente, si cucina la colazione, solitamente composta da una zuppa di riso, si dà da mangiare agli animali e poi si va a scuola o a lavorare. La gente termina il turno nei campi poco prima del tramonto, si fa una rapida doccia, mangia e, al più tardi alle 9 di sera, si va tutti a dormire. Ok, noi non ci alzavamo propriamente alle 4.30, però quasi mai dopo le 6.00, anche perchè la signora di fronte cucinava una zuppa di riso spettacolare e bisognava presentarsi molto presto per non rimanere a bocca asciutta. La vita del villaggio è molto dura, soprattutto per le donne che si dividono tra la cura dei figli ed il lavoro nei campi. Anche i bambini, una volta rientrati da scuola, danno il loro contributo aiutando i genitori. Alcuni di essi hanno la possibilità di studiare e frequentare dei corsi extrascolastici, a pagamento e quindi non accessibili ai più, e si fermano a scuola sino a sera. Gli altri assistono i genitori nelle loro attività, come la cura degli animali, la pesca o l’agricoltura; qui l’infanzia è molto breve e, in un modo o nell’altro, bisogna da subito contribuire al bene della famiglia. Molti uomini, invece, non lavorano e trascorrono le giornate a bere e fumare con i propri amici; iniziano molto presto e anche Luca si è trovato più volte a bere l’alcolicissimo vino di riso di produzione locale ad orari impensabili, anche prima delle 7 di mattina. Eh si , perchè è maleducazione rifiutare un goccetto, bisogna quindi farsi almeno un paio di bicchierini in compagnia per non risultare offensivi. Durante queste allegre “riunioni” al vino si accompagna sempre qualche cosa da mangiare, molto spesso carne di cane. Si usa la carne di cane perchè alle donne non è permesso mangiarla nè tantomeno bere alcolici, in quanto perderebbero la protezione degli dei quindi per non consumare altro cibo, che invece può essere consumato da tutta la famiglia, gli uomini gustano ottimi stuzzichini di cane durante le loro sbevazzate. Anche noi, ovviamente, non abbiamo potuto sottrarci dal provarla… Non è niente male, anche se non andremo a caccia di cani una volta rientrati a casa, promesso!

Oltre ai beoni, trascorrevamo le giornate con i bambini più piccoli, dai 2-5 anni, ancora troppo giovani per andare a scuola e per aiutare i propri genitori. Le ore volavano in loro compagnia e, ancora una volta, come ci era già successo in India, rimanevamo colpiti dalla libertà e dalla spensieratezza di quei bambini. Lasciati soli per gran parte del giorno senza la supervisione di alcun adulto, se non qualche nonno che osservava da lontano che nessuno si facesse eccessivamente male, trascorrevano le giornate torturando gli animali, arrampicandosi su di noi, sugli alberi, sui bisonti e sulle mucche, facendo la lotta, rincorrendosi su e giù per il villaggio, cantando, gridando, e tutto ciò che gli passasse per la testa. Momenti assolutamente indimenticabili ed unici. Vedere quei bambini cosi felici ed allegri, mai annoiati, in totale armonia con la natura, rincorrersi nudi e sporchi per il villaggio, saltare nelle pozzanghere, mangiare qualunque cosa trovassero per terra, faceva affiorare nella nostra testa non poche domande sull’effettiva bontà dello stile di vita che seguiamo nelle nostre moderne società, così artificiale ed innaturale. Dobbiamo ammettere che un pochino d’invidia l’abbiamo provata nell’osservare quei bambini, assolutamente liberi, assolutamente felici.

Durante la nostra permanenza era periodo di matrimoni in Cambogia, abbiamo quindi avuto la fortuna di assistere ai preparativi di una sposa per il giorno del suo matrimonio. La giovane, infatti, sotto la severa supervisione della mamma, doveva trascorrere intere giornate seduta all’ombra a farsi cospargere di creme sbiancanti e ingurgitare un pò di tutto, per accumulare più grasso possibile. Durata del trattamento, tre settimane circa. L’esatto contrario di ciò che succede da noi dove sia uomo che donna fanno di tutto per perdere più chili possibile e si ammazzano di solarium! Qui i canoni di bellezza sono estremamente diversi dai nostri; per essere bella una ragazza deve avere la pelle chiara e qualche chiletto in più. Possiamo comunque dire che a lei è ancora andata bene, pensate che fino a qualche tempo fa le giovani ragazze venivano rinchiuse in casa subito dopo il loro primo ciclo sino alla data del matrimonio, di solito 3 mesi più tardi, al riparo dalla luce del sole, di modo che la pelle si schiarisse, e le veniva insegnato tutto il necessario per diventare una perfetta donna di casa.

Dopo circa 10 giorni al villaggio, anche la nostra amica Simona ha deciso di raggiungerci. Sfortunatamente dopo qualche giorno non si è sentita molto bene, con tutta probabilità a causa delle scarse condizioni igeniche e del diverso cibo che si mangiava al villaggio. Così, un pò per curiosità, un pò per incoscienza, si è sottoposta ad un trattamento di medicina locale chiamato COPCHOL (non siamo proprio sicuri se si scriva così…). Secondo le credenze locali, il corpo umano è attraversato da delle correnti d’aria, a volte accade che del vento rimaga intrappolato all’interno del corpo e per questa ragione ci si ammala. Il Copchol serve per liberare il vento intrappolato e farlo uscire dal nostro corpo. E’ una terapia decisamente dolorosa in quanto consiste nella rottura dei capillari tramite l’utilizzo di una moneta. C’è da dire che il giorno dopo La Simo si è sentita molto meglio, anche se non crediamo sia stato merito del Copchol… Comunque sia, ha portato orgogliosamente i segni sul corpo per una decina di giorni ancora e, ovunque andassimo, la gente le sorrideva compiaciuta. 🙂

Durante una delle nostre serate al villaggio in compagnia della nostra famiglia, arrivò un ospite importante. Alcuni degli uomini comprarono un paio di casse di birra e invitarono anche Cedric e Luca (Aga no perchè, come abbiamo già detto, alle donne non è permesso bere). Durante la serata furono toccati diversi argomenti tra cui lo sterminio compiuto dai Khmer rossi che aveva mietuto numerose vittime anche da queste parti. Quasi tutti i presenti avevano perso qualche caro a causa della follia di quei criminali. Solamente uno dei presenti non aveva perso nessun familiare, in quanto aveva fatto parte dell’esercito dei Khmer rossi!!! Per noi era inconcepibile, stavamo bevendo in compagnia di uno dei Khmer rossi… Di una di quelle bestie di cui avevamo tanto letto sui libri e sui documenti storici.. .e mentre le storie degli orrori e dei crimini perpetuati dall’esercito di Pol Pot si susseguivano, cresceva in noi l’incredulità che vittime e carnefice potessero sedere fianco a fianco, come se nulla fosse accaduto. A quanto poi siamo riusciti a comprendere, la gente del villaggio non lo ha certo perdonato, però l’idea comune è che anche lui sia stato in qualche modo vittima della dittatura in quanto, se si fosse rifiutato di obbedire ad un qualsiasi ordine, sarebbe stato ucciso insieme alla sua famiglia. Nonostante queste spiegazioni rimaniamo ancora increduli a ciò che abbiamo assistito.

Come potete osservare sono innumerevoli le differenze che contraddistinguono il nostro ed il loro stile di vita e che traspaiono da questi pochi episodi che abbiamo riportato. Speriamo che quanto vi abbiamo raccontato abbia acceso in voi un pò di curiosità in più e che vogliate, un giorno, mettervi alla prova ed andare di persona a conoscere la bellissima gente di Chiro e la nostra gentile famiglia cambogiana.



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