Volga Raid

Viaggio in moto nell'agosto del 2012 nei paesi dell'Est-Europa, in particolar modo la Russia, percorrendo il fiume Volga
Scritto da: Ang
volga raid
Partenza il: 03/08/2012
Ritorno il: 29/08/2012
Viaggiatori: 2
Spesa: 3000 €

3 agosto 2012: Italia → Lubiana (Slovenia)

Erano mesi ormai che aspettavo questo momento, contavo i giorni, le ore, i minuti e finalmente: eccoci!

Indice dei contenuti

Partiamo per il nostro viaggio alla scoperta della Russia, condotti dalla nostra Super Tenéré XT1200Z.

Per tre settimane e mezzo niente lavoro e stress vari! Uauuuuuuuuuuu!

I preparativi sono iniziati un po’ di mesi fa: infatti i tempi per il visto (€ 110,00 compreso di un’assicurazione) sono lunghi, quindi abbiamo inviato per tempo i nostri passaporti al Consolato Russo di Milano.

Inoltre, ci siamo assicurati on-line con la Mondial Assistance (€ 86,60 per un mese per due persone) in caso avessimo bisogno di cure mediche durante il viaggio.

Sotto il sole cocente del pomeriggio iniziamo a percorrere i primi chilometri verso l’est Europa.

L’autostrada è trafficata e molti ci guardano un po’ sbalorditi dal nostro equipaggiamento: due valigie laterali più il bauletto dietro di me e una borsa da serbatoio J, attrezzatissimi per intraprendere la nostra avventura.

Sul parabrezza interno della moto abbiamo appeso l’alfabeto cirillico con l’equivalente di ogni lettera dell’alfabeto latino: ci servirà per leggere i cartelli stradali in Ucraina ed in Russia.

Ci fermiamo in autogrill solo per acquistare la vinjeta (€ 7,50 per motocicli, durata 7 giorni) per percorrere le autostrade slovene.

Attraversiamo la frontiera verso le 20.00 e giungiamo a Lubiana verso le 21.30.

Primo intoppo: scendendo dalla moto mal parcheggiata, la moto mi cade addosso e,mentre laTenéré non si fa niente, io mi ritrovo con il polpaccio destro pieno di lividi L uf!

Comunque raggiungiamo il nostro primo albergo presso il “Ljubljana Resort Hotel & Camping” (€ 58,00 per una doppia) e, dopo una doccia calda e un’ottima cena presso il ristorante del camping (€33,70), ci addormentiamo cullati dal ticchettio della pioggia.

Questa prima tappa del viaggio è stata di circa 300 km, percorsi in 4 ore considerate le varie fermate.

4 agosto 2012: Lubiana (Slovenia) → Tokaji (Ungheria)

L’indomani, di prima mattina, dopo colazione, asciughiamo la XT e ripartiamo.

L’autostrada attraversa montagne e colline che sembrano cartoline, e poco dopo il paesaggio diventa pianeggiante.

Non mi accorgo nemmeno quando attraversiamo il confine con l’Ungheria, oramai non esistono più frontiere: meglio così!

Ci fermiamo in una sorta di ristorante-autogrill per acquistare il ticket per viaggiare sulle autostrade ungheresi (€ 12,50 per motocicli, durata 7 giorni).

Secondo intoppo: mentre percorriamo il primo tratto di autostrada ungherese, una delle nostre borse Amphibious, contente le nostre scarpe, si sgancia da una delle valige laterali e viene trascinata per un bel po’ sull’asfalto a forte velocità.

Fortunatamente resta appesa ad un paio di ganci e non si rompe, per cui le nostre scarpe sono salve, solo dei buchi (che tappiamo con del nastro adesivo) ci ricordano che la prossima volta dobbiamo agganciarla più saldamente.

Ci fermiamo un paio di volte per fare benzina (durante una sosta-benzina la nostra moto viene “aggredita” da una mantide religiosa gialla) e poi facciamo una piccola deviazione verso il lago Balaton, il cosiddetto mare degli ungheresi: si trova nell’Ungheria occidentale ed è il più grande lago dell’Europa centrale; la sua lunghezza massima è di 79 km e la larghezza massima di 13 km; la superficie è di 594 km².

Le cittadine che attraversiamo sul lungo lago sono molto caratteristiche, ovviamente ordinate e con i lampioni adornati di coloratissimi gerani parigini rossi, rosa e bianchi.

Inoltre, da questo momento in poi, vedremo qualche camino e molti pali della luce abitati da enormi nidi di cicogne, un’immagine che mi appare molto poetica e antica.

Le piccole spiagge sassose pullulano di bagnanti accaldati: anche noi scendiamo dalla moto per ammirare questo enorme specchio d’acqua limpidissimo e per rinfrescarci un po’. Infatti fa caldissimo, ci saranno 40°!

Ripartiamo e facciamo un’altra piccola deviazione che ci permette di ammirare la bellissima Budapest, la capitale ungherese che sorge lungo le rive del bel Danubio blù.

Budapest è una maestosa ed elegante città formata da Buda e Pest, divise dallo scorrere del fiume Danubio.

E’ un capitale nello stile dell’antica mitteleuropa.

L’Ungheria ha quasi 10 milioni di abitanti, 2 milioni e mezzo dei quali vivono a Budapest.

Con la nostra Super Tenéré gironzoliamo agilmente per le strade del centro afoso e fotografiamo gli splendidi palazzi ottocenteschi che sorgono sul lungo fiume e nel centro città.

Ammiriamo il maestoso Parlamento, attraversiamo il Ponte delle Catene, circumnavighiamo la Piazza degli Eroi con il suo Monumento del Millenario, fotografiamo il Teatro dell’Opera e il Palazzo reale.

Sicuramente Budapest merita una visita più approfondita.

Riprendiamo il nostro cammino. Fa veramente molto caldo e l’uscita da Budapest non è semplicissima considerati i numerosi semafori che, dispettosamente, diventano rossi ad ogni nostro avvicinamento.

Giungiamo nel tardo pomeriggio a Tokaji, zona collinare ungherese famosissima in tutto il mondo per il suo vino liquoroso.

Dopo esserci sistemati nell’unico albergo della cittadina, uno squallido palazzone verde pisello che rovina la vista della cittadina (in stile ex-comunista, più o meno rimodernato, l’hotel Tokaj costa circa € 22,00 per una doppia), decidiamo di fare un giro turistico sul trenino, sperando che ci porti a visitare qualche piccolo vigneto con la sua cantina.

Purtroppo ciò non avviene, ma ci serve comunque per rilassarci un po’ e per goderci una panoramica generale della città.

Scesi dal trenino, ci incamminiamo verso il centro della città e lì vediamo la cantina più antica e importante della zona, quella della famiglia Rakoczi-Pince.

Decidiamo di visitare la cantina sotterranea e, nel biglietto, è compresa la degustazione di sei tipi di vino di diverse annate.

Ci viene spiegato che gli acini ammuffiti dei grappoli vengono raccolti a mano e che vengono lasciati fermentare senza pressatura.

Dopo un paio d’anni trascorsi nelle botti di legno, il vino viene imbottigliato, quindi venduto, o lasciato invecchiare a seconda della quantità prodotta e dell’annata di vendemmia.

Usciamo dalla fresca cantina e, dopo avere gironzolato ancora un po’ per la cittadina, ci fermiamo in un ristorantino dove non ci facciamo mancare un buon piatto di gulasch caldo e fumante, tipico stufato di carne “brodoso” cotto con paprica, cipolle e carote (ristorante Koszonjuka Vasarlast, € 17,00 circa).

Stanchi, ci dirigiamo verso l’albergo.

Questa seconda tappa del viaggio è stata di circa 700 km, percorsi durante tutta la giornata considerate le varie fermate.

5 agosto 2012: Tokaji (Ungheria) → L’viv (Leopoli, Ucraina)

Ripartiamo di prima mattina, attraversando prima le colline coltivate con le vigne del vino tokaj e poi la campagna coltivata di mais, frumento e, soprattutto, girasoli.

Qua e là incrociamo qualche gregge di pecore e qualche mucca al pascolo, nidi di cicogne e qualche piccolo villaggio.

Giungiamo quindi alla frontiera con l’Ucraina, già di prima mattina affollatissima: la coda di autovetture, piccoli autobus e camion è già lunga un paio di chilometri.

Fortunatamente, con la moto, superiamo tutti e arriviamo fino al posto di blocco.

Notiamo molte targhe italiane. Sono famiglie di stranieri che lavorano in Italia e tornano a casa per le ferie estive.

I piccoli autobus sono carichi di donne che, ipotizziamo, siano badanti presso anziani italiani.

In due ore sbrighiamo le pratiche di frontiera e ripartiamo attraversando prima un breve tratto pianeggiante e poi risalendo i monti Carpazi.

Noto subito che le case qui sono più squallide e che le autovetture sono molto più vecchie, girano ancora molte Lada, la casa automobilistica creata in Russia per il mercato sovietico.

La strada che attraversa i Carpazi è ottima, probabilmente riasfaltata da poco tempo.

Il paesaggio è bellissimo: montagne con prati pascolati verdeggianti, foreste di pini altissimi, case qui più curate con dei giardini coloratissimi, antiche chiesette ortodosse di legno con “cippollotti” brillanti sotto il sole.

A fine viaggio, deciderò che questo tratto di strada percorso in mezzo ai monti è per me il più bello!

Lungo la strada ci fermiamo a fotografare un monumento in metallo raffigurante dei soldati.

Sul ciglio della strada ci sono ovunque delle bancarelle che vendono funghi porcini secchi e sott’olio, frutta, coperte, pelli conciate e piccoli souvenir in legno.

Anche questa sarà una tipica immagine che ci accompagnerà nei nostri vari spostamenti.

Raggiungiamo quindi L’viv, Leopoli, probabilmente l’ultima città baluardo dello stile mitteleuropeo della nostra andata.

Entrare in città con la moto ci risulta un po’ difficoltoso a causa del ciottolato sconnesso e delle rotaie in superficie dei tram.

Alloggeremo presso il centrale hotel che prende il nome dalla città, L’viv, optiamo per una doppia con doccia (c’è anche la possibilità di non averla) per circa € 38,00 esclusa la prima colazione; anche in questo caso si tratta di un ex-hotel governativo munito ancora della carta igienica ex-Urss di cui recuperiamo la copertina.

Scendiamo, cambiamo un po’ di euro in hryvnia (uah) e, nonostante una fastidiosa pioggerellina, passeggiamo per la bella città, mangiucchiando dei buonissimi panini, comprati in un chiosco, ripieni di formaggio e carne.

Ci rendiamo subito conto che l’inglese è una lingua sconosciuta ai più e che dovremo arrangiarci per chiedere informazioni e ordinare nei ristoranti e negli alberghi: anche questa sarà una situazione che ci accompagnerà nella maggior parte dei luoghi del nostro viaggio!

Leopoli è una città di 830.000 abitanti dell’Ucraina occidentale, capoluogo dell’oblast’ (regione) omonima e uno dei maggiori centri culturali dell’Ucraina.

Nella città si trovano varie industrie, due istituzioni per l’educazione superiore, l’Università e il Politecnico.

Leopoli è inoltre sede di un’orchestra filarmonica e del Teatro d’Opera e di Balletto di Leopoli.

Il suo centro storico è stato inserito nell’elenco dei Patrimoni dell’umanità dell’UNESCO.

Leopoli è famosa per i suoi caffè: la cultura del caffè, di tipico spirito mitteleuropeo, è infatti ben radicata nella popolazione di questa città.

Città che ha pagato un orribile contributo allo sterminio degli ebrei durante l’epoca nazista: nel vicino campo di concentramento ne sono infatti morti circa 100.000, praticamente tutta la popolazione ebrea dell’epoca.

Una curiosità: alcune parti del film Schindler’s List sono state girate nel centro della città di Leopoli, perché meno dispendioso di quanto sarebbe costato a Cracovia.

Dirigendoci verso il centro vediamo la statua dedicata al sommo poeta ucraino Shevchenko; sulle panchine dei giardini che ne seguono si gioca a scacchi mentre una signorina con un abito ottocentesco vende mazzolini di fiori; di fronte si erge il Teatro dell’Opera e del Balletto; proseguiamo ed incrociamo l’antica Chiesa di Santa Maria (1340), la Chiesa di San Nicola, la Chiesa di San Giovanni Battista, la Chiesa e il Monastero dei Bernardini, la Chiesa della Dormizione, la cappella Boyim, la Cattedrale cattolica-romana, la Chiesa gesuita, la Cattedrale Armena e la Cattedrale Domenicana; intravvediamo sulla collina del Castello la torre della televisione e poi scendiamo per addentrarci in piazza Ploshcha Rynok, girando attorno alle fortificazioni medioevali ed alla Torre delle Polveri con l’annessa armeria.

È bello passeggiare per il centro di questa città: ovunque fiori coloratissimi, palazzi curati, fontane, statue dei letterati più importanti, caffè, locali. Ci sediamo ad un tavolino di un bar con un angolo adibito a pista da ballo dove alcune coppie stanno ballando il tango argentino e li ammiriamo nei loro ondeggiamenti.

Notiamo che non c’è molto turismo straniero, ed è un peccato vista la bellezza di Leopoli che, tra l’altro, è stata risistemata nella rete viaria ed è fornita di un aeroporto, dopo i recenti campionati europei di calcio: infatti qui si sono giocate delle partite.

Più pardi ceniamo al Dim Lehend, la ‘Casa delle Leggende’, dove, all’ingresso, un personaggio in livrea spiega il menù; si tratta di un ristorante-biblioteca a più piani, e, ogni piano contiene volumi dedicati alla storia di L’viv.

Assaggiamo per la prima volta la borshch, la zuppa ucraina a base di barbabietole, salsicce e panna acida (smetana): deliziosa!

Dopo cena saliamo all’ultimo piano del ristorante, sul cui camino è accovacciato un simpatico personaggio cicciottello in bronzo, mentre su un altro lato è “appesa” una Trabant della DDR su cui si può salire per farsi fotografare.

Scendiamo e nel negozietto adiacente al ristorante facciamo i primi acquisti di suovenir: una campanella in ceramica raffigurante la piazza di L’viv, una cartolina e due gusci di uova magnificamente decorati con il motivo tipico ucraino (pysanky).

Gironzoliamo ancora un po’ per la città notturna e poi rientriamo in hotel.

Questa terza tappa del viaggio è stata di circa 375 km, percorsi in 8 ore considerate le varie fermate.

Primo cambio di fuso orario: +1 ora.

6 agosto 2012: L’viv (Leopoli, Ucraina) → Uman (Ucraina)

Ci alziamo con calma e ci concediamo un altro giro per Leopoli e un’ottima colazione presso uno dei tipici caffè in piazza Ploshcha Rynok; assaggio delle piccole ciambelline dolci accompagnate con la panna acida: una bontà!

Ciao, ciao L’viv, ci vediamo tra una ventina di giorni!

Ripartiamo quindi alla volta di Uman, città situata nel centro dell’Ucraina, che abbiamo scelto come tappa intermedia prima di raggiungere il confine con la Russia. Il paesaggio che si snoda attorno a noi è piuttosto monotono e bucolico.

Lungo la strada accidentata che mette a dura prova gli ammortizzatori della nostra moto, si snoda una fila interminabile di betulle e di altri arbusti, al di là della quale vediamo solo campi, ora arati, ora appena seminati o appena raccolti, oppure seminati a mais, frumento e girasoli.

Rari i centri abitati che, mediamente, si configurano come dei villaggi agricoli con poche case, lontani alcuni chilometri dalla via principale.

Qua e là intravvediamo qualche bella chiesa ortodossa e spesso, lungo la strada, bancarelle dove vecchie signore o ragazzini vendono frutta, verdura, miele o pesce secco, stuzzichino tipico da queste parti che accompagna volentieri un fresco boccale di birra.

Attraversiamo qualche città dove campeggia ancora nel centro storico la statua imperiosa e corrucciata di Lenin.

Un paio di intoppi durante questo viaggio: il primo, un insetto punge l’occhietto destro del mio compagno; il secondo, la polizia ucraina ci ferma per un sorpasso pericoloso di un camion… dopo 10 minuti di trattative in un inglese incrociato con l’ucraino e imbastito di italiano, rifiutandosi di farci il verbale che avremo pagato all’arrivo in città, ci fanno capire che volentieri intascherebbero i 10 euro che teniamo, per sicurezza, dentro al “portafoglio di riserva” e ripartiamo senza grosse difficoltà!

Il tragitto è molto lungo e ci fermiamo un paio di volte per bere qualcosa e per mangiarci un gelato, ovviamente fa molto caldo anche oggi.

Arriviamo nel tardo pomeriggio e, all’ingresso della città, evitiamo l’assalto di un gruppo di cani randagi che bloccano il nostro passaggio.

Siamo piuttosto stanchi e ci dirigiamo subito verso l’hotel Forteza (€ 28,00 per una doppia), un bell’albergo sorto dopo la ristrutturazione di una fortezza militare di inizio ‘900; dopo esserci rilassati ed esserci fatti una calda doccia salutare, saliamo verso il centro della città che conta circa 90.000 abitanti.

Uman è definita la piccola Versailles ucraina per il romanticissimo Parco Sofiyivka.

Per andare al parco, essendo un po’ fuori dal centro, prendiamo un taxi, una vecchia Lada con gli interni maculati.

Sofia Pototsky era una donna molto affascinante e il parco è un omaggio di suo marito, il conte polacco Felix, che si vide però tradito dalla moglie con il proprio figlio.

Il parco è molto bello, ricco di laghetti, fontane, getti d’acqua, piccole cascate, statue, grotte e il percorso si snoda lungo i 150 ettari di terreno per terminare nella salita tra giardini curatissimi, verso la dependance con le piante da frutta e, infine, il bel palazzo ottocentesco.

Rientriamo a piedi e, lungo il tragitto, ci fermiamo in un chiosco dove mangiamo un panino consigliato da alcuni ragazzi del posto.

Ci voleva proprio! Attraversiamo il centro notturno ed arriviamo all’hotel.

Questa quarta tappa del viaggio è stata di circa 530 km, percorsi in 10 ore considerate le varie fermate.

7 agosto 2012: Uman (Ucraina) → Berdyansk (Ucraina)

Ci svegliamo presto e partiamo con il fresco del mattino.

Lungo la strada i meravigliosi campi di girasole stanno lentamente levando la testa verso il cielo: un mare giallo ci circonda! La nostra prossima meta è Zaporizhzhya.

La strada di ingresso a questa città è simboleggiata dal volto di Lenin: cosa vorrà dire? Semplicemente che Zaporizhzhya è molto sovietica.

Ci accoglie con la gigantesca diga di Dniproges, lunga 760 metri, costruita a cavallo tra gli anni ’20 e ’30 del secolo scorso, un’immensa opera ingegneristica sorta sotto la supervisione statunitense.

Al termine della diga, all’inizio della città, c’è un’altissima statua di Lenin che indica la diga, come per dire: “è merito mio!”.

Ma non è la diga che ci spinge fin qui, bensì il Museo Storico dei Cosacchi Zaporoghi che sorge sull’isola Khortytsya, culla della comunità cosacca ucraina, dove nel XVI secolo l’hetman (capo) Dmytro riunì i gruppi di cosacchi per costruire un sich (forte) abitato da soli uomini che ben si prestava per le loro piraterie.

Il loro potere durò fino al 1775 quando Caterina la Grande, zarina di Russia, fece distruggere il sich.

Il museo è molto interessante. Riunisce reperti, armi, armature, ancore, uniformi, foto e cimeli vari dei cosacchi dal 1500 fino al secolo scorso e ha due piccole sale dipinte con due scene di guerra, una del XVI secolo ed una della seconda guerra mondiale ???

Inoltre, qualche centinaio di metri dopo il museo c’è la ricostruzione in legno del forte cinquecentesco, con case e interni reali di case, botteghe, la chiesa centrale, cappi per i prigionieri, ecc…

Anche oggi fa molto caldo ed approfittiamo del piccolo bar per bere qualcosa di fresco.

L’occhio del mio compagno è ancora gonfio e cerchiamo di rinfrescarlo con le bottiglie ghiacciate delle nostre bibite.

Ritornando verso la moto, incrociamo uno strano personaggio con delle ginocchiere di metallo sulle ginocchia e qualcosa di simile sui gomiti.

È completamente rasato a parte un folto ciuffo di capelli lungo una decina di centimetri che gli cala sulla fronte.

Lo superiamo, mentre lui osserva gli stivali da moto del mio compagno.

Ci accorgiamo che, parcheggiata poco lontano dalla nostra moto, c’è una vecchia Honda carica di taniche e bagagli vari che fotografiamo. Mentre ci stiamo rivestendo per partire, arriva lo strano personaggio e scopriamo che è il proprietario della moto. È un ragazzo russo che sta facendo il giro dell’Ucraina in campeggio.

Ci salutiamo e raggiungiamo il centro città dove cambiare dei soldi sembra un’impresa: solo la terza banca dove entro non fa tante storie e mi cambia 150 euro, uf!

Riprendiamo la nostra strada e ci dirigiamo verso il Mar Azov, una sorta di laguna che si estende dalla Penisola della Crimea (Ucraina) e quella di Taman (Russia) nel Mar Nero che crea un bacino d’acqua limpido con spiagge di sabbia bianchissima.

Con la moto attraversiamo una zona molto turistica (sembra Rimini) in un lembo di terra che si protrae verso il mare e che forma la città balneare di Berdyansk.

Troviamo alloggio in un albergo a conduzione famigliare dove è in corso una festa molto allegra tra Ucraini che cantano canzoni tipiche: proprio una bella atmosfera!

Per cena ci fanno scoprire i buonissimi pelmeny (ravioli ripieni) con l’immancabile panna acida: ottimi!!!

Questa quinta tappa del viaggio è stata di circa 700 km, percorsi durante tutta la giornata considerate le varie fermate.

8 agosto 2012: Berdyansk (Ucraina) → Rostov sul Don (Russia)

Ripartiamo di prima mattina sotto qualche benefica goccia di pioggia.

Attorno a noi il mare è tranquillo ed è tutto silenzioso, molto diverso da ieri sera quando siamo arrivati, non ci sono luci abbaglianti e musiche ad alto volume, solo qualcuno che fa la primissima passeggiata lungo la bianchissima spiaggia e qualche pescatore.

Riprendiamo la strada principale ed il paesaggio cambia immediatamente: a destra e sinistra campi coltivati con girasoli e mais.

Arriviamo ed attraversiamo la città di Mariupol dove vediamo l’acciaieria più grande che abbiamo mai visto in vita nostra: ci sono addirittura i binari dei treni che la percorrono, linee dei tram e altri mezzi pubblici; contiamo una ventina di alti comignoli che sputano fuori fumo nero, tutto attorno a noi è piuttosto grigio…

Arriviamo alla frontiera e in un’ora riusciamo a sbrigare la pratiche per attraversarla.

Bisogna fare molta attenzione alla compilazione dei moduli, al minimo errore i funzionari strappano il foglio e ti rifanno compilare tutto da capo: noi ce la caviamo con una doppia compilazione del modulo per la moto e poi ci fanno finalmente passare.

Considerato che la carta verde italiana non copre la Russia, subito dopo il confine acquistiamo l’assicurazione per la moto, da un’assicuratrice dalle lunghe unghie a punta, il cui ufficio è dentro ad un mini-container.

Ancora un po’ di chilometri e giungiamo alla nostra prima destinazione russa: Rostov sul Don, una bellissima città turistica che sorge lungo le rive del fiume Don, da cui prende una parte del nome.

Le strade di ingresso, cosa abbastanza comune a tutte le città che visiteremo, sono ciottolose e sconnesse e i binari dei tram le rendono piuttosto pericolose, infatti per un pelo non ci ribaltiamo con la moto.

Senza troppe perdite di tempo nella ricerca, giungiamo all’albergo che troviamo con la mappa internet.

Il mio compagno è estasiato dal decolleté dell’alberghiera e lo sognerà per il resto del viaggio e, probabilmente, per il resto della sua vita!

Questo è anche l’unico albergo dove, se prenoti una camera, anche se doppia e sebbene sei in due ad occuparla, hai diritto ad una sola colazione, quindi ne dobbiamo pagare una supplementare che, per lo meno, ci verrà servita direttamente in camera (vi anticipo che si tratta di una tazza di te ed un piattone di porridge immangiabile!!!).

Si fotocopiano interamente i nostri passaporti, perché è il primo alloggio russo e devono fare la prima registrazione, antica usanza sovietica che serviva a monitorare gli spostamenti degli stranieri.

Dopo esserci finalmente sistemati in camera (io prendo uno spigolo della finestra e mi ritrovo un altro livido sulle gambe, uf!), ci docciamo ed usciamo ad esplorare la città.

Entriamo in banca per cambiare un po’ di soldi e notiamo subito la bellezza di tutte le impiegate.

Anche per strada non si incontrano altro che ragazze bellissime.

Eleggiamo Rostov-sul-Don la città con le più belle e femminili donne russe di tutto il viaggio, che il mio compagno soprannominerà “patatonsky”!

La città è molto interessante.

Percorriamo la via pedonale Pushkinskaya Ulitsa, con i suoi palazzi alti ed eleganti, per poi giungere alla sontuosa Cattedrale della Natività della Vergine, dove entriamo ed assistiamo alla benedizione da parte dei sacerdoti ortodossi.

Usciti, ci dirigiamo e ci immergiamo nel mercato centrale, in fase di chiusura, ma comunque suggestivo per i suoi colori, rumori e gli odori di spezie, frutta e verdura.

Scendiamo quindi verso il fiume dove ci rilassiamo un po’.

Dopodiché ritorniamo verso il centro città ed entriamo nel luna park dove saliamo sulla ruota panoramica per ammirare dall’alto la città.

Ottima la cena a buffet presso il ristorante Yolki Palki: sembra di essere in una capanna in mezzo alla foresta e le pietanze sono squisite, ottimo anche il tè che ci servono a fine cena!

Ormai fuori è buio e la città si è vestita di luci coloratissime. Facciamo un’altra passeggiata e poi torniamo in albergo.

Questa sesta tappa del viaggio è stata di circa 300 km, percorsi durante tutta la giornata considerate le varie fermate e la dogana.

9 agosto 2012: Rostov sul Don (Russia) → Elista (Russia)

Eccoci di nuovo in sella di prima mattina.

Sappiamo già che il freschino che ci avvolge durerà molto poco, poi saremo preda dei 40° che ormai subiamo da inizio viaggio.

Per di più da questo momento in poi il paesaggio cambia radicalmente: non più campi arati e coltivati, bensì la steppa semidesertica della Russia del sud.

La strada che percorriamo attraversa una monotona prateria composta da arbusti bassi e erbe secche.

Le uniche forme di vita sono delle mandrie di bovini, ovini, caprini e cavalli, spesso lasciati allo stato brado, raramente infatti c’è il pastore o il mandriano che le accudisce.

Contiamo sulle dita dei piccoli stagni dove queste povere bestie si possono abbeverare. Vediamo delle fattorie in lontananza.

Praticamente questa zona è disabitata. Dove finisce la steppa, inizia il cielo e dove finisce il cielo inizia la steppa. E nel cielo il sole splende e ci inonda del suo calore.

Arriviamo finalmente ad Elista, una città della Russia sud-occidentale, situata nella pianura adiacente al Mar Caspio, capitale della Calmucchia.

Fondata nel 1865, nel 1920 diventa il centro amministrativo dell’allora Regione Autonoma dei Calmucchi; un certo periodo di crescita comincia negli anni trenta con la collettivizzazione forzata dei Calmucchi.

Dopo la Seconda guerra mondiale, Stalin costrinse all’esilio in Siberia gran parte dei Calmucchi residenti nella da poco istituita Repubblica Autonoma Sovietica dei Calmucchi, e cercò di ripopolarla con russi.

Risale dunque a questo periodo un’altra “ondata” di sviluppo della città, che venne ribattezzata Stepnoj, nome che mantenne fino al 1957 quando i sopravvissuti furono autorizzati al rientro.

Essendo i calmucchi di religione buddista, la città ha un aspetto abbastanza insolito per questa regione, dominata dalla cultura cristiano-ortodossa e musulmana.

Qui cambiano anche i tratti somatici delle persone. La maggior parte di loro infatti ha gli occhi a mandorla e la pelle ambrata, tipica delle popolazioni mongole. I Calmucchi sono infatti mongoli occidentali, sparsi in gruppi distaccati su un vasto territorio, dentro i confini della Russia, della Mongolia e della Cina occidentale, mossi dalle loro terre d’origine per trovare pascoli più fertili per il loro bestiame.

Inoltre, al posto dei cipollotti brillanti delle chiese ortodosse, qui ci sono i tetti delle pagode buddiste. Ci sistemiamo presso l’hotel Elista e dopo esserci docciati ed abbeverati, saliamo in taxi perché vogliamo vedere il Geden Sheddup Goichorling, la scuola per i giovani monaci buddisti.

In realtà, prima di arrivarci, facciamo diventare pazzo il taxista perché non riesce a capire dove vogliamo andare e, quindi, ci trasporta in ogni angolo della città dove c’è un tempio o una stupa!

Tutti i templi sono molto belli e ordinati: il più grande è il Gol-Syume Bagshin Altn Syume che sorge nel centro della città ed è ben visibile, vista la sua grandezza e l’illuminazione che lo circonda.

All’interno un Buddha enorme ci da il benvenuto; ogni lato della sala è ricoperto di dipinti religiosi. Qui viene spesso il Dalai Lama, infatti in una teca è custodita una sua tunica.

Dopo avere suonato il “dong”, gironzoliamo un po’ per la città e visitiamo il parco Alleya Geroyev dove campeggia il monumento a Basan Gorodovikov, il generale sovietico che guidò il ritorno dei calmucchi dall’esilio.

Ci sediamo su una panchina della piazza e osserviamo dei signori intenti a giocare a scacchi su una scacchiera gigante: questo gioco è molto popolare ad Elista ed esiste una zona, che visitiamo, denominata Città degli scacchi, costruita nel 1998 per ospitare le Olimpiade degli Scacchi per volere di Kirsan Ilyumzhinov, un eccentrico milionario la cui unica passione è il gioco degli scacchi.

Ceniamo in un ristorante deserto con dell’ottima carne cucinata secondo le tradizioni dei nomadi. Ritorniamo verso l’hotel a piedi.

La città è tranquilla, non particolarmente trafficata e ci piace vedere le stupa dorate, illuminate con le luci notturne.

Questa settima tappa del viaggio è stata di circa 456 km, percorsi durante tutta la mattinata considerate le varie fermate.

10 agosto 2012: Elista (Russia) → Astrakhan (Russia)

Ripartiamo ovviamente prestissimo per beneficiare della frescura mattutina. Se ieri abbiamo attraversato una zona semidesertica, oggi siamo in pieno deserto: dune di sabbia, laghi salati e persino una famiglia di cammelli! Questa strada che percorriamo fa parte della Via della seta, percorsa da tempo immemore da mercanti e viandanti per lo scambio di merci e quant’altro tra Oriente e Occidente e viceversa. E, in effetti, le città che stiamo visitando in questi giorni, Elista, Astrakhan e, più su, Kazan, sono una fusione tra oriente ed occidente, tra culture, lingue e religioni diverse che, devo dire, stanno bene insieme, creano armonia all’architettura e, anche, ricchezza economica. Questo a dimostrazione che le diversità non sempre creano guerre e distruzioni, ma danno progresso e civiltà!

Attraversato il ponte sul Volga, la prima immagine che mi rapisce di Astrakhan è il bellissimo palazzo dell’Opera, un imponente palazzo bianco con il tetto verde, circondato da un parco verdeggiante. Attraversiamo l’asse principale con la moto ed ammiriamo le mura del Cremlino, per poi voltare verso sinistra e raggiungere il nostro hotel, posto sulla riva destra del Volga. L’hotel è l’Azimut (circa € 80,00 per una doppia a notte compresa la prima colazione), una catena presente anche in Germania che ci ospiterà in altre città. Dopo esserci ripresi dal viaggio, avere consegnato gli indumenti alle cameriere per il bucato, chiesto alla reception se è possibile per il giorno successivo fare un giro sul delta del Volga, usciamo e ci dirigiamo verso il centro città. Lungo il percorso rivediamo le mura del Cremlino, che sorpassiamo, per dirigerci verso un ristorantino carino, il cui ricordo che ancora oggi mi ritorna è un rinfrescante tè freddo con frutta e menta tipo quello che i tartari bevono per riprendersi dalla calura del deserto. Dopo pranzo ci dirigiamo verso la periferia della città per poi risalire parte del fiume e poter ammirare da vicino il palazzo dell’Opera. Oggi è venerdì e, con nostra sorpresa, incrociamo credo una trentina di sposi con al seguito parenti, amici, fotografi, ecc… intenti ad immortalare il loro sogno d’amore. Anche questa sarà una delle immagini che porterò a casa dal viaggio in Russia: centinaia di matrimoni, spose che sembrano enormi meringhe bianche, sposi vestiti malissimo, invitate super-tirate, invitati mezzi-ubriachi, fotografi iper-stressati, limousine bianche tappezzate con fiocchi e fiori finti… insomma, il tipico matrimonio russo degli anni 2000! Dopo il teatro, passeggiamo verso Kriushi, il quartiere tataro e persiano, dove visitiamo il mercato, la moschea bianca, la moschea nera, la moschea rosa, la chiesa luterana e quella armena. Lungo il percorso ammiriamo delle antiche e un po’ fatiscenti case in legno che, comunque, non perdono il loro fascino, grazie anche ai fiori coloratissimi che le abbelliscono. Ci dirigiamo quindi verso il Cremlino, all’interno del quale sorgono la Cattedrale dell’Assunzione e la Cattedrale della Trinità. Astrakan fu fondata nel 1558 da Ivan il terribile e sorge sui resti di due antiche capitali che avevano goduto di prosperità essendo nate sulla Via della Seta. Le mura della fortezza vennero erette nel XVI secolo per difendere la città. Terminiamo la serata dirigendoci verso il lungo fiume, quindi anche verso il nostro hotel, dove sorgono dei bellissimi palazzi ottocenteschi che un po’alla volta stanno ristrutturando, per poi concederci una bella cenetta su uno dei barconi ancorati lungo il Volga.

Questa ottava tappa del viaggio è stata di circa 320 km, percorsi durante tutta la mattinata considerate le varie fermate.

11 agosto 2012: Astrakhan (Russia), gita sul delta del Volga

Purtroppo ci dicono che le agenzie di viaggio non sono riuscite ad organizzare un congruo numero di partecipanti per la gita in barca sul delta del Volga. Decidiamo quindi di andarci in moto. Usciamo speditamente dalla città trafficata (anche il sabato è giornata di matrimoni, sebbene meno del venerdì), e ci troviamo nella campagna vicino al fiume. Nel giro di una cinquantina di chilometri si passa dal deserto, alla steppa, per finire nella campagna verdeggiante e ricca di pascoli. Ovunque ci sono bancarelle che vendono cocomeri. Ci fermiamo lungo un’ansa del fiume dove ci sono una spiaggetta e degli alberi che ci regaleranno un po’ d’ombra. Compriamo e ci gustiamo un’anguria zuccherina, facciamo il bagno nelle acque del Volga e ci rilassiamo stesi sulla sabbia. Torniamo in albergo nel tardo pomeriggio. Dopo esserci docciati, usciamo e passeggiamo per la città e lungo il fiume, dopo avere prenotato la cena su un barcone che ci farà fare il giro dell’isola principale che sorge dentro al Volga, di fronte ad Astrakan. Saliamo sul barcone e prendiamo posto verso la prua. Considerate le difficoltà che troviamo nel leggere il menù in russo, un nostro vicino di tavolo ci spiega in inglese le pietanze che servono. Ordiniamo brodo di pesce e delle tartine di caviale bianco. Il giro e la cena sono piacevoli, soprattutto per il fatto che il nostro vicino di tavolo ed i suoi amici cominciano a parlarci e a chiederci chi siamo e da dove veniamo. Gli raccontiamo che siamo italiani e che siamo in giro in Super Tenéré, gli diciamo delle città visitate e che domani saremo già in partenza per Volvograd. Il ragazzo che parla inglese si chiama Demian e parla bene inglese perché ha vissuto due anni in Canada. Passiamo la serata con loro: dopo essere scesi dal barcone passeggiamo lungo il fiume. Beviamo qualcosa e mangiamo delle patatine, sono molto simpatici. Sono due coppie, Demian con Cristina, e il fratello di Cristina, Costantino, con sua moglie. Ci chiedono cosa pensiamo dei russi e vedendo che non rispondiamo ma, guardandoci, sogghigniamo, Demian ci dice: “The rusian people are unfriendly and unpolite”… in effetti è quello che pensiamo, inamichevoli e maleducati…. Probabilmente, penso io, dipende dal lungo periodo di isolamento che hanno dovuto subire, che ha creato un carattere generale chiuso e poco aperto agli stranieri. Col tempo sicuramente questo modo di pensare e porsi sicuramente cambierà, almeno me lo auguro! Costantino è un militare e ci dice che il suo stipendio è di 400 $, mentre quello della sorella, insegnante, è di 200 $. Noi gli diciamo che in Italia è più alto, ma anche il costo della vita è decisamente più elevato. Posso sicuramente affermare che questo incontro è stato il più bello e interessante di tutto il viaggio! Durante questa giornata abbiamo percorso circa 200 km per raggiungere il delta e poi tornare in hotel.

12 agosto 2012: Astrakhan (Russia) → Volgograd (Russia)

Inutile dire che partiamo presto: il tragitto che ci fa risalire il fiume Volga ci fa rivedere la steppa, per poi regalarci delle zone verdeggianti e boscose.

In mezzo al “niente” (come lo definisco io) scrutiamo in lontananza una basilica ortodossa imponente, un po’ fatiscente ma in ristrutturazione. Deviamo per fotografarla. La strada per raggiungerla (che è quella per raggiungere il villaggio) praticamente non esiste: sterrato con campi a destra e a sinistra.

Giungiamo alle porte di Volgograd ed in lontananza vediamo la centrale termoelettrica: ogni città russa dispone di una centrale come questa, con enormi tubi sotterranei e/o sopraelevati dove scorre il petrolio, che distribuisce il riscaldamento e l’elettricità della popolazione. Un’ottima soluzione che sicuramente riduce gli sprechi considerate le distanze di questa nazione.

Volgograd è la metropoli più sovietica vista durante il viaggio. Essendo stata completamente distrutta (ad eccezione fatta di un vecchio mulino) durante la seconda guerra mondiale, venne completamente ricostruita secondo i canoni estetici (se così si possono definire) degli urbanisti comunisti.

Quindi, enormi palazzoni posti l’uno affianco all’altro con vialetti alberati che li dividono e, come labirinti, si convogliano lungo la via principale. La via principale è un biscione enorme che attraversa completamente la città ed è composta da due carreggiate con ognuna tre corsie. Ogni 500 metri un semaforo con un ingresso/uscita verso la zona residenziale. È molto industrializzata. In lontananza si vedono i comignoli delle acciaierie. Si sviluppa lungo 70 km prevalentemente su una riva del Volga. Il suo nome antico è Tsaritsyn, ma è nota al mondo come Stalingrado, nome che perse all’inizio degli anni ’60, cioè gli anni della destalinizzazione.

La prima cosa che ci colpisce entrando in Volgograd è l’enorme chiusa che convoglia le acque del canale Volga-Don per renderle navigabili ai mercantili. Usciamo dalla via principale e ci dirigiamo verso la parte interna della diga per vedere meglio come funziona. Infatti osserviamo come vengono alzate ed abbassate le chiatte per permettere il passaggio delle imbarcazioni.

Ci spostiamo quindi in un’altra zona di Volgograd: la colonia tedesca di Sarepta, creata da coloni di missionari cattolici intenti a fare proseliti tra i calmucchi, per poi diventare monopolisti della senape. Ammiriamo gli antichi edifici che sorgono attorno alla piazza quadrata, in particolare la chiesa luterana.

Riprendiamo l’enorme strada principale sotto il sole cocente. Il traffico è intensissimo e ogni 500 metri un semaforo, ovviamente rosso, ci ferma. Proprio mentre stiamo ripartendo da uno, un pazzo, probabilmente ubriaco, entra contromano a forte velocità sulla strada che stiamo percorrendo: siamo i primi ad essere colpiti. La sua corsa si ferma tra una macchina e un furgoncino dietro di noi. Ricordo solo di avere urlato e di essermi ritrovata a terra sotto il lato sinistro della moto. Fortunatamente la borsa laterale destra, disintegrata dall’impatto, ci salva da danni fisici peggiori e salva anche il resto della Tenere. Ci rialziamo in mezzo alla strada e tiriamo su la moto che si riaccende subito. Mi avvicino al tipo che ci ha investiti che sta urlando qualcosa verso gli altri conducenti dei veicoli coinvolti. Non so perché, credo solo per il fatto di non essere una persona violenta o forse perché ho paura di romperlo, ma non gli spacco il casco in testa! Comunque, in quei concitati momenti, mentre stiamo facendo la conta dei danni, il nostro investitore risale in auto, fa marcia indietro, ovviamente sgommando e a forte velocità, sbatte contro un marciapiede (ha le ruote completamente sbilanciate) e scappa via. Riesco a memorizzare solo i numeri della targa, 810, ma non le lettere. Anche l’autista del furgone decide di andarsene. Non spostiamo la moto per fare capire alla polizia la dinamica dell’incidente. Smontiamo velocemente la valigia destra. I bagagli che conteneva li inseriamo in due borse Amphibious (la nostra salvezza) che avevamo portato solo per sicurezza. Se non le avessimo avute, avremo dovuto lasciare là degli effetti personali. In questa valigia c’erano anche i souvenir comprati a Leopoli: completamente distrutti L (e mi ripeto: perché non gli ho spaccato il casco in testa?). Lo specchietto sinistro della moto è rotto, la targa è tutta storta, il manubrio non è più in asse, anche l’altra valigia è divincolata ma è l’unica che ci resta quindi cerchiamo di raddrizzarla un po’.

Passano interminabili minuti. Fa caldissimo. E mi rendo conto che mi fa male stendere la gamba sinistra quando faccio il passo. Alzo il pantalone e sopra al mio ginocchio campeggia una mezza pallina da tennis, il ginocchio è gonfissimo… aiuto! Mi siedo sul ciglio della strada e mi si avvicina una signora che continua a dirmi: “hospital, doctor”. Le indico una farmacia lì vicino e dopo un po’ torna con un cerotto con un gel interno per assorbire i gonfiori da botte. Lo appoggio sul ginocchio che si sgonfia a vista d’occhio. Questo mi tranquillizza molto, anche per il fatto che non mi fa particolarmente male. Arriva la polizia a cui spieghiamo l’accaduto. Dopo un po’ arriva anche l’autoambulanza. Vogliono farci una puntura, non so di che cosa, ma rifiutiamo. Chiedo alle infermiere del ghiaccio che, ovviamente, non hanno. Mi fanno compilare dei moduli dove rinunciamo al ricovero ospedaliero. L’infermiera, molto gentile, ad ogni mia richiesta mi dice: “You are in Russia”. Per farmi capire che quello che ci è accaduto è “quasi” normale. Inoltre, il poliziotto ci fa intendere che sarà impossibile ritrovare il pazzo che ci ha investito. Decidiamo quindi di non perdere altro tempo e di avviarci verso l’albergo.

Durante il tragitto ci supera un ragazzo in sella ad una Yamaha ma, grazie all’ennesimo semaforo rosso, riusciamo ad affiancarlo e chiedergli di aiutarci. Chiama il suo meccanico di fiducia (è domenica per cui è tutto chiuso) e ci accompagna nell’officina “Custombike”. In un’ora il meccanico raddrizza il manubrio e ci installa lo specchietto sinistro. In una giornata storta, almeno questa manutenzione ci permette di continuare il viaggio con tranquillità.

Trovare l’hotel è stata un’odissea: è quasi alla fine della città e non è particolarmente visibile dalla strada principale. Comunque lo troviamo, ci docciamo ed usciamo velocemente per visitare qualcosa di Volvograd.

Prendiamo un minibus e ci avviamo verso la Collina di Mamay, detta “Collina 102”, è il luogo dove per quattro mesi, durante la seconda guerra mondiale, si sono sfidati tedeschi e russi; quest’ultimi hanno avuto la meglio e la storia ha fatto il percorso che conosciamo. Sopra la collina si innalza una statua alta 72 metri molto suggestiva, raffigurante la Madre Russia che solleva una spada di 11 metri. All’interno del mausoleo assistiamo al cambio della guardia e visitiamo la zona monumentale circostante dove statue raffigurano soldati intenti a combattere e caduti in guerra soccorsi da infermiere. Molto toccante, anche per la musica di sottofondo che simula scoppi di bombe e rumori lugubri di battaglie.

Scendiamo dalla collina e prendiamo il tram che ci porterà verso il vecchio mulino, l’unico edificio rimasto in piedi dell’antica città dopo la guerra. Lì affianco sorge il Museo della Difesa di Stalingrado che avremo tanto voluto visitare ma, purtroppo, è già chiuso. Ci accontentiamo di vedere i carri armati, gli aerei, gli elicotteri e i treni “sopravissuti” alla guerra.

È ormai ora di cena e ci avviamo verso il centro. Dopo cena, passeggiamo lungo il Viale degli Eroi, completamente coperto da una lunga distesa di luci blu e raggiungiamo Piazza dei Caduti, dove un’immancabile statua di Lenin indica la zona lì intorno, sempre con il solito atteggiamento, come per dire: “questo è merito mio!”. Prendiamo un taxi che ci riporta in hotel.

Questa nona tappa del viaggio è stata di circa 423 km, percorsi durante tutta la mattinata considerate le varie fermate.

13 agosto 2012: Volgograd (Russia) → Saratov (Russia)

Se entrare a Volgograd è stata un’impresa, uscire lo è altrettanto. La strada è strettissima e trafficatissima. La nostra destinazione è Saratov, una bella città balneare che sorge anch’essa lungo il Volga.

Giungiamo in centro e scendo per cercare l’hotel Volga che sorge proprio nella zona pedonale. Si tratta in un vecchio albergo pre-rivoluzionario, l’edificio infatti è dei primi del ‘900 ed ha i soffitti molto alti, stucchi e statue: sembra un albergo di un film in costume. Le camere sono state rimodernate per cui è molto accogliente. Ci sistemiamo ed iniziamo la visita della città.

Percorriamo il viale principale, vediamo il Conservatorio Sobinov ed una chiesetta che sembra San Basilio in miniatura, molto carina! Svoltiamo verso destra e raggiungiamo la casa-museo di Yuri Gagarin. Viveva qui infatti il primo uomo ad essere stato lanciato nello spazio, il cosmonauta (così vengono chiamati gli astronauti russi) più famoso del mondo.

Ci fermiamo a mangiare in una gastronomia con dei tavoli a disposizione per assaggiare le pietanze che preparano: questa sarà la prima di una lunga serie di gastronomie che frequenteremo. È tutto buonissimo, dalle insalate, ai pasticci di verdure, funghi e pesci, alla carne, le polpettine e i dolci.

Raggiungiamo ed attraversiamo il mercato coperto centrale, inebriandoci degli odori di spezie, frutta, verdura, pesce e carni esposte nei banchi dei commercianti.

Ci spostiamo su un altro lato della città dove sorge il teatro dell’opera e l’ennesima statua di Lenin con il suo grugno arcigno.

Proseguiamo la nostra camminata scendendo verso il fiume dove alcune signore fanno il bagno, altri pescano e molti passeggiano lungo il Volga fermandosi a chiacchierare o a sgranocchiare i semi dei girasoli seduti sulle panchine. L’atmosfera è molto rilassante: diciamo che ci voleva proprio una giornata così dopo quella di ieri!

Questa decima tappa del viaggio è stata di circa 375 km, percorsi durante tutta la mattinata considerate le varie fermate.

14 agosto 2012: Saratov (Russia) → Samara (Russia)

Eccoci di nuovo per strada di prima mattina.

Durante il tragitto ci fermiamo ad un passaggio a livello: ingegnose le piccole piattaforme che si alzano dal suolo per bloccare i veicoli, oltre, ovviamente, alle sbarre che scendono per bloccare il traffico. I convogli che vediamo passare sono quasi tutti lunghissimi treni merce che lasciano una scia di fumo nero.

Lungo la strada osserviamo dei pozzi di petrolio con delle vecchissime pompe che estraggono l’oro nero. Sembrano quelli del film degli anni ’50 Il Gigante con James Dean.

In cielo volano parecchi elicotteri. Ipotizzo che li vicino ci sia una scuola per piloti. O forse è un mezzo di trasporto per i ricchi petrolieri? Ma, chi lo sa?!?

Da un certo punto in poi, percorriamo una sorta di autostrada, con dei punti di controllo dove i poliziotti controllano chi passa. Questa è la strada che porta in Siberia. Infatti è percorsa da numerosi camion carichi di ogni tipo di merce.

Vediamo in lontananza la città di Tolyatti (ex-Stavropol-sul-Volga), chiamata così nel 1964 alla morte di Palmiro Togliatti in suo onore, su ordine del Comitato Centrale sovietico. La città è famosa soprattutto per gli impianti dell’industria automobilistica VAZ che produce le autovetture Lada (in collaborazione con la FIAT durante gli anni settanta, poi con la General Motors fino al 2001).

Superata Tolyatti, attraversiamo una zona montagnosa molto bella e fresca. Si tratta delle Colline Zhiguli che, con i loro 32.000 ettari di foreste, formano il Parco Nazionale dell’Ansa di Samara.

Entrare a Samara è veramente un incubo. Il traffico è talmente intenso che dobbiamo stare attentissimi, le auto ci sorpassano e ci stringono e, ovviamente, ogni 500 metri il semaforo è rosso.

Anche trovare l’albergo è stata dura: il navigatore ci manda dall’altro lato della città, mentre il nostro Azimut è in centro. Tra l’altro un ragazzo ubriaco, mentre percorriamo lentamente un viale interno ad un centro residenziale, da un calcio al nostro bauletto posteriore che, pur reggendo l’urto, si danneggia.

Un’altra immagine che mi rimarrà di questo viaggio è quella che vede le donne impegnate in tantissime attività che, qui da noi, sono quasi un’esclusività degli uomini. Per esempio, le donne guidano tutti i mezzi: autobus, tram, filobus, metro, eccetera…

Comunque, riusciamo ad arrivare in albergo, ci riposiamo e poi usciamo per visitare la città. Percorriamo il viale pedonale e visitiamo la Chiesa cattolica, la Chiesa Luterana, la Cattedrale Pokrovsky e la Casa dell’Ing. Klodt, ora sede della Galleria d’Arte dei Bambini.

Ci dirigiamo verso il Teatro di Prosa (1888) e cerchiamo il bunker di Stalin, che scende nove piani sotto l’Accademia della Cultura e dell’Arte e venne costruito durante la seconda guerra mondiale; questo bunker non venne mai abitato da Stalin e, tra l’altro, non riusciamo nemmeno a visitarlo perché nel pomeriggio è sempre chiuso.

Scendiamo quindi verso il fiume, ma prima visitiamo la chiesa del Monastero femminile Iversky.

(Lungo questa strada un motociclista fa una lunga impennata!)

Proseguiamo poi verso Ploshchad Slavy dove si innalza una statua alta 53 metri raffigurante un uomo che regge un paio d’ali a simboleggiare il contributo dato dalla città all’aviazione: qui infatti le fabbriche producevano l’IL-2, conosciuto come il carro armato volante durante la seconda guerra mondiale. Affianco, la Cattedrale di San Giorgio rende onore agli eroi della guerra. Belli anche il murales che raffigura le varie categorie lavorative (operai, contadini, soldati, medici, eccetera) che hanno reso grande la Russia e la mostra fotografica installata sulla piazza.

Da questa sommità ammiriamo il fiume Volga che si incontra con il fiume Samara, creando l’ansa dove sorge la città.

Scendiamo quindi verso il fiume, ma prima il mio compagno approfitta del chiosco della fabbrica di birra Zhiguli per abbeverarsi dell’ottima produzione locale.

Molto ampia e lunga la spiaggia, dove ancora i bagnanti approfittano delle ultime luci del tardo pomeriggi per fare un bagno rinfrescante nel fiume. Ci rilassiamo anche noi sulla spiaggetta dalla sabbia bianchissima.

Samara ci ha dato l’impressione di essere una città più ricca rispetto a quelle visitate finora. In effetti la periferia ha molte industrie e fabbriche, per cui penso che qui il tenore di vita sia più alto.

È ormai tardi e torniamo verso l’hotel, dopo aver spiluccato qualcosa nei chioschi vicino alla riva del fiume. Questa undicesima tappa del viaggio è stata di circa 436 km, percorsi durante tutta la mattinata considerate le varie fermate.

15 agosto 2012: Samara (Russia) → Ulyanovsk (Russia)

Oggi la tappa sarà più breve e ci porterà ad Ulyanovsk, città natale di Lenin. Chi l’avrebbe mai detto che avrei passato un ferragosto della mia vita a camminare per le strade dove è nato e cresciuto questo personaggio che ha plasmato, nel bene e nel male, non solo la storia della terra che sto visitando, ma anche quella del mondo intero?

Per entrare in città si attraversa un lunghissimo ponte d’acciaio occupato sia da strada che da binari ferroviari. Anche Ulyanovsk sorge sulle rive del Volga, più specificatamente su un’altura che domina una parte del grande fiume.

Purtroppo il navigatore sembra impazzito, ci porta su e giù per la città alla ricerca di alberghi che in realtà non esistono nel luogo indicato.

Alla fine ne troviamo uno nella zona commerciale, dopo avere perso due ore girovagando in moto senza una meta precisa.

Ci prepariamo velocemente ed usciamo per visitare la città. Il tempo oggi è piuttosto incerto, infatti pioviggina continuamente.

Vogliamo visitare il Centro Commemorativo Lenin, un enorme palazzone in cemento che ospita degli oggetti personali che gli sono appartenuti, i suoi acquerelli, le foto di famiglia, nonché un’esposizione dedicata al comunismo e all’epoca attuale della politica russa. Questa costruzione protegge due case appartenute alla famiglia Uljanov, quella originaria dove nacque Lenin e il suo appartamento, ora museo. Questa visita mi rende un po’ più umano questo dittatore ma, mi basta rincontrare il suo piglio arcigno in una delle sue numerosissime statue, per farmelo tornare antipatico!

Usciti dal museo, passeggiamo lungo il Volga e ci fermiamo a mangiare degli ottimi spiedini di carne alla brace.

Ci dirigiamo poi verso la zona pedonale e dei negozi sotto una pioggerellina insistente. Ecco, un’altra cosa da ricordare della Russia è che, quando una nuvola appare all’orizzonte, sicuramente almeno due gocce scendono e le temperature si abbassano immediatamente.

Anche in questa città si incontrano qua e là statue in bronzo che rappresentano personaggi del passato. Inoltre ci sono tantissime statue di ‘gattoni ciccioni morbidosi’: impossibile non fermarsi ad accarezzarli, soprattutto sui loro pancioni!

Di Ulyanovsk ricorderò senz’altro le antiche case di legno appartenute ai commercianti e, più in generale, alla classe borghese di fine ottocento che la popolavano e che poi il loro concittadino bolscevico ha soggiogato. Sembra un tuffo nel passato di Ulyanovsk, quando si chiamava Simbirsk: le case sono tutte colorate e decorate, dotate di finestre doppie, di vetro spesso, con una piccola apertura per fare passare l’aria. Troviamo anche dei cartelloni raffiguranti il vecchio centro della città con l’antica basilica ortodossa, distrutta per fare posto al palazzone in cemento di cui sopra: peccato perché era proprio bella!

Chissà se gli abitanti di questa città vorrebbero tornare all’antico nome della città o vogliono ricordare in eterno il cognome del dittatore comunista? Appena un chilometro fuori dal centro, sembra di essere in una città qualsiasi nel mondo occidentale: Mediaworld, Auchan, McDonald, centri commerciali, ecc… dove stai andando ex-CCCP?

Questa dodicesima tappa del viaggio è stata di circa 245 km, percorsi durante tutta la mattinata considerate le varie fermate.

16 agosto 2012: Ulyanovsk (Russia) → Kazan (Russia)

Siamo di nuovo in sella e un vento freddo sferza per un certo tratto della strada, lungo una linea collinare che ci accompagna per una cinquantina di chilometri. Oggi raggiungeremo una delle città più belle visitate durante il viaggio: Kazan.

Kazan è la capitale del Tatarstan e una tra le maggiori città della Russia. È un importante centro commerciale, industriale e culturale, e rimane il più importante sito della cultura tatara. Si trova alla confluenza del Volga con il Kazanka, nella Russia europea centrale. Questa zona è molto ricca grazie ai preziosissimi giacimenti di petrolio che possiede ed è una regione autonoma, per cui i profitti dell’oro nero restano prevalentemente nelle loro casse. I cartelli stradali sono bilingui, tataro e russo, e il nazionalismo è piuttosto sentito, anche se non ci sono scontri tra etnie e tra gruppi religiosi (qui c’è di tutto: ortodossi, cattolici, islamici, ebrei, forse anche buddisti, ecc…).

L’ingresso in città è molto lento a causa di una lunghissima coda di auto e di camion fermi per lavori di rifacimento stradale della tangenziale. Fortuna che siamo in moto, per cui sorpassiamo con attenzione e un po’ alla volta ci addentriamo in centro.

La prima periferia è occupata dal nuovo quartiere che stanno costruendo per le Universiadi che si terranno l’anno prossimo. In generale, ovunque ci sono cantieri aperti intenti a costruire qualcosa.

Attraversiamo il ponte che ci porta in centro e il nostro sguardo è incantato dal Cremlino, patrimonio dell’umanità dell’Unesco dal 2000, che a breve visiteremo.

Alloggeremo presso l’hotel Fatima, un hotel piccolo ma molto carino, semi-nascosto dall’imponente Marriott che lo avvolge quasi interamente. Riusciamo comunque a scovarlo e ci sistemiamo per uscire.

Ovviamente ci incamminiamo verso il Cremlino. Attraversiamo il portone di ingresso e ci troviamo all’interno del complesso che ospita edifici amministrativi, la Cattedrale dell’Annunciazione, la Moschea Kul Sharif, la Torre di Syuyumbike, la statua del poeta tataro Musa Dzhalil e il Centro Ermitage dove vediamo il trono dell’antico sovrano di Kazan, le vesti principesche, dei reperti archeologici, una raccolta di scimitarre d’oro con pietre preziose e delle foto dei giocatori della squadra di calcio Rubin Kazan che anche quest’anno partecipa alla Champions.

Facciamo un giro attorno alle mura dove la veduta sulla città e sul Volga è molto bella.

Il Cremlino è ordinatissimo e adorno di aiuole coloratissime, di parchi e fontanelle che lo rendono molto attraente.

Usciamo e ci dirigiamo verso il centro. Visitiamo la bellissima Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo con le facciate completamente ricoperte di decorazioni di fiori e grappoli d’uva (penso che questa sia una delle più belle chiese che ho mai visto in vita mia). Percorriamo un’altra traversa ed incontriamo l’imponente facciata dell’Università Statale Lenin, dove lo statista studiò e si fece anche cacciare. Dall’altra parte della strada sorge la biblioteca universitaria in un edificio ottocentesco con raffinate decorazioni.

Scendiamo quindi verso la zona pedonale ed ammiriamo il campanile della Chiesa della Teofania. Molto bella questa zona, dove degli artisti di strada cantano, ballano e intrattengono il pubblico con degli spettacolini.

Compriamo anche dei souvenir, delle cartoline e dei regalini. Lungo questa strada ci sono molte statue, delle fontane, una carrozza dove i turisti si fanno fotografare; c’è anche un’enorme bussola che indica le direzione e le distanze chilometriche con numerose città europee e del mondo: Roma dista da Kazan circa 4000 km.

Come dicevo prima, ci sono tantissimi cantieri aperti. Per esempio lungo questa strada hanno salvato solo la facciata di un palazzo antico e ora stanno ricostruendo completamente la parte interna. Credo che Kazan sia una delle città più ricche non solo della Russia, ma anche di tutto il mondo ed è bello pensare che questa ricchezza appartenga ad una città multiculturale, multietnica e multi religiosa. Questa è un’altra dimostrazione che essere differenti non provoca necessariamente guerre e povertà, ma anche pace e benessere!

Gironzoliamo ancora un po’ per la città e visitiamo la Moschea Soltanov e la Moschea Nurullah.

Tornando verso il centro, intravvediamo lungo la strada un ingresso che ci attrae. Si tratta del Museo dello stile di vita ai tempi del soviet durante gli anni ’60, ’70 e ’80 . Entriamo e vediamo un po’ di tutto: vestiti, cappelli, giocattoli, strumenti musicali, poster, ecc… di ogni oggetto, soprattutto dei giocattoli, pensiamo: “questo ce l’avevo anch’io”. Insomma, alla fin fine era tutto uguale, solo di marche e fabbricazioni diverse! C’è anche un angolo dedicato all’Italia, con i dischi di Riccardo Fogli, Adriano Celentano, Pupo e foto di Ornella Muti. Il proprietario, molto gentile, sapendo che siamo italiani ci regala il disco di Pupo in russo!

Ceniamo e decidiamo di dare un’ultima occhiata notturna al Cremlino. La moschea è illuminata e i suoi minareti svettano verso il cielo buio rendendola ancora più affascinante!

Questa tredicesima tappa del viaggio è stata di circa 231 km, percorsi durante tutta la mattinata considerate le varie fermate.

17 agosto 2012: Kazan (Russia) → Nizhny Novgorod (Russia)

Ripartiamo di prima mattina con destinazione Nizhny Novgorod. Lungo il percorso, che costeggia quasi interamente il Volga, notiamo un mini villaggio completamente costruito in legno con il mulino con le pale a vento.

Questi ultimi due giorni sono stati decisamente meno caldi rispetto a quelli iniziali del viaggio. Si sente che stiamo salendo verso nord.

Arriviamo in città e, dopo qualche giro a vuoto causato dal navigatore pazzerello, troviamo l’hotel Azimut e ci prepariamo per uscire. Oggi è venerdì 17: in bocca al lupo!!!

Iniziamo la nostra scoperta della città incappando in 5/6 matrimoni, uno dei quali accompagnato da un sottofondo musicale di dance-music russa. Il ritornello di una canzone che fa zom zom trupassaniot lo ricordiamo tutt’ora, perché quando è partita la canzone tutti hanno iniziato a ballare come dei pazzi!!! Gli sposi si accampano ovunque per fare foto, addirittura sopra i tetti delle case!

La città fu fondata nel 1221 dal duca Juri II di Vladimir e nel 1392 fu incorporata nello stato di Moscovia, durante il periodo dell’Impero russo fu capoluogo del Governatorato di Nižnij Novgorod. Dal 1932 al 1991 ha avuto il nome di Gor’kij, dal celebre scrittore suo concittadino Maksim Gorkij. È sempre stata un importante polo per i commerci, per cui è stata soprannominata “il portafoglio della Russia”.

Ci dirigiamo verso la zona pedonale, lungo la quale sono state poste numerose statue di bronzo raffiguranti personaggi di fine ottocento. Bellissimo l’edificio della Banca di Stato, una sorta di castello di inizio ‘900. Proseguiamo verso il Cremlino che si erge su uno sperone roccioso dominando la città sottostante. Ha mura molto alte e 11 bastioni a difesa della città. Gironzoliamo all’interno della fortezza dove i numerosi parchi e aiuole sono nidi per fotografi e sposi di cui oramai abbiamo perso il conto… Molto carina la piccola Cattedrale dell’Arcangelo Michele. Anche qui c’è l’altare degli eroi (sempre con il fuoco acceso) e una serie di carri armati superstiti della seconda guerra mondiale, che ora sono dei “giocattoli” giganti per i bambini che si divertono a salire su questi mostri della morte.

Ci riposiamo un po’ vicini al parapetto del cremlino ed ammiriamo la città dall’alto. Sul Volga navigano delle chiatte, dei mercantili e delle mini-navi crociere. Inoltre, questa bellissima vista ci permette di vedere il Monastero dell’Annunciazione, la Cattedrale Nevsky e l’elegante edificio Yamarka, un tempo sede della fiera della città.

Scendiamo lungo il declivio sotto le mura, così da poter osservare dal basso la vista delle torri. Incontriamo lungo la strada la Chiesa dell’Assunzione e la Chiesa barocca Stroganov (della Natività).

Risaliamo verso il Cremlino da un altro lato ed incontriamo una cappella che protegge un’enorme campana.

Riattraversiamo il Cremlino con i suoi palazzi sedi di organi statali e ripercorriamo la zona pedonale.

Molto bello il Teatro dell’Opera, quasi adiacente a dei magazzini di souvenir dove, praticamente, compriamo tutto quello che è più caratteristico portare a casa dalla Russia: matrioske, uova in legno decorate, una campanella, delle ciotole e dei piccoli mestoli da cucina lavorati con il disegno tipico della zona.

Approfitto anche del fatto che l’ufficio postale è ancora aperto, per cui scrivo e spedisco delle cartoline.

È ormai sera e decidiamo di mangiare qualcosa in una gastronomia molto ricca di pietanze. Assaggiamo un po’ di tutto e tutto è delizioso. Anche le bevande, che sono distillati di frutti di bosco, sono buonissime.

Torniamo verso l’albergo, godendoci il tramonto del sole con le sue calde sfumature sul Volga e sui cupoloni delle chiese ortodosse.

A dispetto del venerdì 17, oggi è stata una giornata molto gradevole trascorsa in questa meravigliosa città, Nizhny Novgorod.

Questa quattordicesima tappa del viaggio è stata di circa 390 km, percorsi durante tutta la mattinata considerate le varie fermate.

18 agosto 2012: Nizhny Novgorod (Russia) → Vladimir → Bogolyubovo → Suzdal → Yaroslav (Russia)

Inizia oggi la nostra visita all’“Anello d’Oro”, la denominazione turistica data a quelle città che erano la sede del potere della Rus medioevale prima che si accentrasse a Mosca. Si tratta di città-principato con degli edifici storici e religiosi che denotano la ricchezza del passato e che attraggono turisti da tutto il mondo. In effetti, dopo lunghi giorni trascorsi a visitare città dove, con molta probabilità, eravamo gli unici turisti stranieri, ora vedremo gente dal resto dell’Europa, anche tanti italiani.

Questa mattina c’è anche la nebbia che ci tiene compagnia durante il tragitto. È molto umido e, ovvio, fa freddo.

Raggiungiamo la prima città della nostra tappa odierna, Vladimir, una delle città più antiche della Russia e sua capitale fino al XIV secolo.

Attraversiamo la Porta d’Oro, superiamo la Chiesa di San Giorgio e ci dirigiamo verso la Cattedrale dell’Assunzione. Entriamo per ammirare gli affreschi, in particolar modo il Giudizio Universale del ’400. Inoltre qui giace la bara di Aleksander Nevsky, condottiero e principe di Vladimir nel XIII secolo.

Usciamo, superiamo il Palaty (edificio sede di mostre d’arte) e ci incamminiamo verso l’incantevole Cattedrale di San Demetrio: costruita alla fine del XII secolo, è l’esempio migliore dell’arte scultorea di Vladimir–Suzdal. Tutte le pareti esterne della chiesa sono ricoperte di statue di principi, animali, fiori e frutta.

Sul prato adiacente la chiesa raccolgo un quadrifoglio: speriamo ci porti fortuna!!!

Risaliamo in moto e torniamo indietro di una decina di chilometri per visitare il Palazzo ed il Monastero di Bogolyubovo, fatti costruire tra il 1158 e il 1165 in questo luogo dal principe di Suzdal Andrej Bogolyubsky, dopo che i suoi cavalli, inspiegabilmente, come narra la leggenda, si bloccarono qui rifiutandosi di proseguire. Bellissime le cupole azzurre che risaltano sul bianco delle pareti della Chiesa dell’Assunzione, il cui interno è riccamente abbellito di affreschi e icone antiche. Tantissime sono le persone che vengono qui sia per turismo sia in pellegrinaggio e accendono le candele votive. All’ingresso di ogni chiesa ortodossa c’è un negozietto che vende immagini religiose, candele, ex-voto e dove le persone scrivono dei bigliettini (immaginiamo delle richieste/preghiere). Ammiriamo inoltre la Chiesa della Natività della Vergine.

Usciamo e ci dirigiamo verso la Chiesa dell’Intercessione sul Nerl che è considerata il più perfetto di tutti gli edifici dell’antica Russia. In effetti, la sua semplicità, il colore bianco in contrasto con il cupolone nero, le sue fini sculture, la croce d’oro che lo sovrasta ed il paesaggio dove sorge la rendono un gioiellino!

Riprendiamo la moto e raggiungiamo Suzdal.

Questa città è stata un’antica capitale medioevale e da qui ha origine l’idioma russo.

Ovunque ci sono chiese ortodosse con le bellissime cupole luccicanti sotto il sole.

All’interno del Cremlino si innalzano la Cattedrale della Natività della Vergine, il Palazzo dell’Arcivescovo, la Torre Campanaria, l’antica Chiesa in legno di San Nicola e la piccola chiesa in pietra anch’essa dedicata a San Nicola.

Passeggiamo sotto i portici (gli unici visti in Russia) di Piazza del Commercio (Torgovaya Ploshchad) ed ammiriamo i negozietti e le bancarelle adiacenti. All’interno della piazza sorgono la Chiesa della Resurrezione, la Chiesa dell’Imperatore Costantino e la Chiesa della Vergine di Tutti i dolori.

In ogni angolo della città svettano chiese, campanili e monasteri… Monastero della Deposizione della Santa Veste con la sua cattedrale ed il suo campanile, il Convento Alexandrovsky, la Chiesa Predtechenskaya, la Chieda di San Lazzaro, la Chiesa dei Santi Cosma e Damiano, la Chiesa di San Basilio, il Convento dell’Intercessione con la sua Cattedrale, la Chiesa della Trasfigurazione e la Chiesa della Resurrezione, queste due ultime adiacenti al museo all’aperto dedicato all’architettura in legno.

Visitiamo anche una chiesetta appena fuori della città dedicata ai Santi Boris e Gleb nel villaggio di Kidersha.

Ci spostiamo verso il Monastero del Salvatore di Sant’Eutimio, attraversiamo la maestosa Porta dell’Annunciazione e ci troviamo in una città nella città dove, affianco alla Cattedrale della Trasfigurazione del Salvatore, alla Chiesa dell’Annunciazione, ammiriamo un ricchissimo orto botanico dove i monaci si dilettano a piantare e sperimentale nuove piante, verdure e fiori.

È bello passeggiare in questa città: c’è tantissima gente, ci fermiamo in ogni bancarella a guardare i prodotti più o meno artigianali, le carrozze addobbate portano a passeggio turisti o coppie di sposi con gli invitati al seguito, i bambini si rincorrono sui prati fioriti… ma ormai il pomeriggio sta volgendo al termine ed è ora di ripartire.

Trascorreremo la notte nella città di Yoroslav, presso lo Sport Hotel. Purtroppo, appena saliamo in moto, inizia a scrosciare la pioggia, andiamo incontro al temporale… Maciniamo un bel po’ di chilometri sotto l’acqua che, per fortuna, ad un certo punto smette.

Lungo la strada incrociamo anche una decina di camper di italiani: li salutiamo facendo “ciao ciao” con la mano. Sono i primi italiani che vediamo dopo un paio di settimane.

Arriviamo in albergo ed è ormai sera inoltrata. Tra l’altro è in corso la festa di un matrimonio. Molto gentilmente ci portano la cena in camera dove, ormai esausti, ci addormentiamo.

Questa quindicesima tappa del viaggio è stata di circa 200 km, percorsi durante tutta la giornata considerate le varie fermate.

19 agosto 2012: Yaroslavl (Russia) → Rostov-Veliky → Pereslavl-Zalessky → Sergiev Posad (Russia)

Yaroslavl è una bella città nata attorno all’anno 1000 per mano del principe di Kiev Yaroslavl il Saggio che, secondo la leggenda, uccise l’orso sacro della popolazione locale che si convertì alla religione ortodossa. Infatti sullo stemma della città appaiono un’ascia e un orso e ovunque ci sono statue in bronzo di orsi. Divenne successivamente un importante porto sul Volga e quindi un centro commerciale molto ricco per cui, i ricchi mercanti che la abitarono, costruirono molte chiese riccamente decorate.

Iniziamo la visita della città dal Cremlino dove si trova il Monastero della Trasfigurazione, attraversiamo la Porta Santa (entrata principale della fortezza), gironzoliamo lungo le mura antiche e saliamo sul Campanile, da dove possiamo ammirare un magnifico panorama della città: ovunque ci sono campanili e cipollotti dorati, lungo il Volga navigano delle navi crociere, la gente fa sport lungo le rive e i parchi regalano dei contorni verdeggianti ai quartieri di Yarosvavl.

Scendiamo e suoniamo le campane esposte nel cortile adiacente alla Cattedrale della Trasfigurazione.

Usciamo dal Cremlino e passeggiamo lungo la riva del Volga. Oggi è una bellissima giornata di sole e ne approfittiamo per scaldarci le ossa!

Raggiungiamo la Chiesa del Profeta Elia dove entriamo per ammirare gli affreschi del XVII secolo di Yuri Nikitin. La chiesa domina su un lato Piazza Sovetskaya, mentre l’altro lato è occupato da un imponente edificio amministrativo dell’epoca comunista (falce e martello campeggiano sulla facciata).

Camminiamo verso l’area pedonale dove il mio compagno si fa fotografare in compagnia di due invitanti statue di bavaresi con boccali di birra in mano…

Raggiungiamo quindi la piazza dove sorge la statua di Yaroslavl il Saggio, fondatore della città e finiamo la nostra visita di questa bella città con la Chiesa dell’Epifania, un gioiellino architettonico di mattoni rossi con cipollotti verdi.

Risaliamo in moto e salutiamo non solo Yaroslavl, ma anche il fiume Volga. Infatti da qui in poi non lo incontreremo più lungo il nostro tragitto.

Oggi è una bellissima giornata calda e assolata e, lungo la strada, persone che espongono i prodotti dei loro orti (aglio, cipolle, patate, mele, ecc…) ci invitano a fermarci per comprare qualcosa. Ci limitiamo a fotografare per avere il ricordo dei bei colori di frutta e verdura sicuramente biologica.

Raggiungiamo Rostov-Veliky (Rostov la Grande) e, appena parcheggiato, si avvicinano due russi, uno dei quali inizia a parlarci in un italiano con un forte accento partenopeo. Ci racconta di essere un importatore di caffè da un produttore di Napoli e che quindi viaggia spesso in Italia. Purtroppo la Russia non ha ancora una buona “cultura” del caffè. Ci dice infatti, ed è vero, che qui si consuma prevalentemente caffè solubile.

Gli parliamo del nostro viaggio ed entrambi ci fanno i complimenti per la nostra impresa.

Raggiungiamo quindi il Cremlino, racchiuso da alte mura bianche che fanno da cornice a meravigliosi edifici, come la Porta-Chiesa di San Giovanni il Divino, la Porta-Chiesa della Resurrezione, la Chiesa di Hodigitra, la Chiesa del Salvatore sulle Gallerie, la Casa del Metropolita. Molto curati anche i giardini centrali ai vari edifici, dove degli artisti espongono i loro quadri e i loro oggetti di artigianato.

Usciamo dall’ingresso principale per rientrare da uno secondario per vedere la Cattedrale dell’Assunzione i cui cipollotti argentei, illuminati dalla luce del sole, splendono nell’azzurro-turchese del cielo sopra di noi. Il campanile di questa cattedrale contiene 15 campane che, nei periodi di festa, vengono suonate dai monaci creando un armonioso concerto.

Riprendiamo la moto e ci dirigiamo lungo la riva del Lago Nero dove facciamo un percorso off-road, pieno zeppo di buche e pozzanghere, pur di ammirare il paesaggio meraviglioso lungo il lago.

Raggiungiamo quindi il Monastero di San Giacobbe, entriamo (per farlo mi copro le gambe, le spalle e la testa di foulard coloratissimi, sembro una befana) e visitiamo le chiese e cattedrali interne.

Appena fuori l’ingresso compriamo una paperina in vimini che sarà il nostro nuovo portapane e il mio compagno forgia una moneta locale da un ragazzo munito di una piccola zecca e di una mazza per imprimere lo stemma.

È già ora di ripartire. La nostra prossima meta è Pereslav-Zalessky, città natale di Aleksander Nevsky, l’eroe nazionale russo. La città è piccola e molto ordinata e, ovviamente, non mancano delle chiesette deliziose. Prima tra tutte, la Cattedrale della Trasfigurazione del Signore, ma anche la Chiesa del Metropolita Pietro, la Chiesa dei Quarantadue Santi, il Monastero femminile Nikolsky, il Monastero Goritsky, la Cattedrale dell’Assunzione, la Chiesa della Purificazione di Aleksander Nevsky, il Monastero Ganilovsky e, infine, ma non per bellezza ed importanza, la Cattedrale della Trinità.

Anche qui compriamo qualcosa: un coccio dove serviremo qualche pietanza russa che proveremo a fare al nostro rientro a casa.

Ci rimettiamo in strada e iniziamo a superare una lunga colonna di mezzi. Dopo un po’ ci accorgiamo che ci sono la polizia e delle autoambulanze, una delle quali parte molto lentamente e senza far suonare la sirena. La scena dell’incidente è bruttissima: si tratta sicuramente di un frontale in fase di sorpasso tra un suv ed un furgone. Qui corrono a velocità impressionanti…

Arriviamo nel tardo pomeriggio a Sergiev Posad percorrendo una strada in mezzo a dei boschi e scorgendo qua e là qualche laghetto.

Ci sistemiamo in un ex-Monastero ora trasformato in albergo ed iniziamo l’esplorazione della città.

Sergiev Posad è la città devota a San Sergio di Radonezh, patrono di tutta la Russia, ed è conosciuta soprattutto per il Monastero della Trinità di San Sergio (Troice-Sergieva Lavra), fondato nel 1340 e fra i più importanti della Russia; la cittadina cresciutagli attorno divenne città nel 1742.

Entriamo subito nel monastero e sembra di essere nella Città del vaticano ortodossa: ovunque ci sono preti barbuti con la loro veste e copricapo neri, pie donne che chiedono benedizioni a tutti i preti che incrociano e le chiese sono piene di fedeli che accendono ceri a San Sergio e riempiono bottiglie di acqua santa. In effetti, ho scoperto che solo alla fine degli anni ’80 il direttorio della Chiesa Ortodossa si è trasferito nel Monastero Danilovsky di Mosca, prima era qui; quindi questo posto è l’ex-Vaticano ortodosso!

Prima di entrare scorgiamo l’imponente statua di San Giorgio. Ammiriamo il doppio ingresso: il primo, bianchissimo, è la porta delle mura del complesso, il secondo, colorato, ricco di affreschi e munito di cipollotti dorati, da accesso al monastero vero e proprio. Vediamo la Cattedrale della Trinità dove giace San Sergio, la Cattedrale dell’Assunzione, la Cappella del Pozzo dove i fedeli riempiono le bottiglie vuote con acqua santa, il campanile e la Chiesa del Refettorio di San Sergio.

Usciamo e gironzoliamo per la città che riscontriamo essere piuttosto piatta rispetto alla ricchezza del Monastero che le appartiene. Ceniamo in un localino dedicato alle matrioske (ce ne sono ovunque) e ritorniamo in albergo.

Questa sedicesima tappa del viaggio è stata di circa 192 km, percorsi durante tutta la giornata considerate le varie fermate.

20 agosto 2012: Sergiev Posad (Russia) → Mosca (Russia)

Ci svegliamo presto, nonostante non siamo molti i chilometri da percorrere oggi (circa una sessantina) per raggiungere Mosca, ma fuori piove ed è lunedì, per cui prevediamo un gran traffico.

Infatti è così: imbottigliati nel traffico e sotto la pioggia L. Fortuna che siamo in moto. Riusciamo infatti a spostarci abbastanza facilmente da una corsia all’altra per raggiungere più velocemente possibile il centro.

Lungo la strada ammiriamo due altissimi monumenti stile sovietico.

Il primo, raffigurante un uomo e una donna abbracciati che sorreggono, rispettivamente, un martello e una falce: molto suggestivo! Questo e altri monumenti visti lungo le strade percorse mi ricordano la statua Vittoria di Samotracia, credo per la veste svolazzante ed il senso di movimento che vogliono trasmettere. (Scoprirò poi che questa statua in acciaio si chiama “L’operaio e la contadina”, venne esposta nel 1937 all’Expo di Parigi ed è opera di Vera Muchina).

Il secondo, raffigurante una sorta di razzo pronto per essere lanciato in cielo, ad indicare il luogo in cui sorge il Museo dei Cosmonauti.

Arriviamo in Piazza Rossa e scopriamo, aimè, che è chiusa da transenne… uf! Riesco comunque ad esaudire il sogno del mio compagno: farsi delle foto sulla moto con lo sfondo di questo luogo storico e dei suoi famosissimi edifici.

Arriviamo finalmente presso l’hotel Moscow della catena Azimut. Piove a catinelle. I due guardiani all’ingresso del parcheggio dell’hotel e di altri edifici adiacenti non ci vogliono fare entrare. Facciamo così tanta paura??? Scendo, entro in hotel, chiedo ad una receptionist di aiutarmi e alla fine parcheggiamo. J

Ci rilassiamo in albergo e, aspettando che smetta di piovere, approfitto per fare del bucato.

Smette di piovere e rapidamente raggiungiamo la fermata della metropolitana più vicina che dista circa un chilometro dal nostro hotel. Ed eccoci alla scoperta di Mosca!

Mosca è dal 5 marzo 1918 la capitale, nonché il principale centro economico e finanziario della Federazione Russa. Sorge sulle sponde del fiume Moscova, e occupa una superficie di 1.081 chilometri quadrati. Con oltre 10 milioni di abitanti (14 milioni nell’area metropolitana) è la prima città d’Europa per popolazione e la residenza di circa 1/10 dei cittadini russi.

Mosca fu fondata nell’anno 1147 da Jurij Dolgorukij. Il suo perimetro si estese nel 1960 fino a includere i paesi limitrofi di Babuškin, Kuncevo, Ljublino, Perovo, Tušino e (nel 1986) di Solncevo.

Il primo riferimento storico su Mosca è datato 1147 quando era un’oscura città di una piccola provincia con una popolazione ugrofinnica, i Merja.

Nel 1156, il principe Jurij Dolgorukij fortificò la città, cingendola di mura. Dopo il saccheggio del 1237-1238, quando i Mongoli la rasero al suolo uccidendone tutti gli abitanti, Mosca fu ricostruita e divenne la capitale d’un principato indipendente.

Ora Mosca è un importante centro industriale tra le cui attività si annoverano la meccanica, l’elettronica, l’ingegneria navale e la meccanica di precisione. Tra gli impianti industriali vi sono la metallurgia leggera e pesante (produzione di leghe d’alluminio), la chimica e la produzione poligrafica.

Scendiamo (ovviamente per errore, pensavamo fosse quella della Piazza Rossa) alla stazione Teatralnaya e, percorrendo la via del lusso (Cartier, Dior ecc..) ci dirigiamo verso il Teatro Bolshoi, famosissimo per i balletti di danza classica, soprattutto il Lago dei cigni e per “il” suo etoile Rudolf Nureyev. Ammiriamo i bellissimi palazzi che circondano la piazza adiacente, specie le sculture e i mosaici del lussuoso Hotel Metropol e il piccolo Teatro Maly dove vanno in scena spettacoli di prosa.

Ci dirigiamo quindi verso il Cremlino. Sorpassiamo il Museo Storico di Stato, passeggiamo lungo il lato aperto del centro commerciale sotterraneo Okhotny Ryad dove, giochi di fontane e statue di animali e personaggi strani attirano turisti che ora, posso dirlo, arrivano da tutte le parti del mondo. Arriviamo quindi di fronte all’ingresso del Cremlino che superiamo per andare a comprare i biglietti d’ingresso.

Durante la fila infinita per l’acquisto dei tickets, iniziamo a chiacchierare con due ragazzi olandesi che stanno viaggiando anche loro in moto da più di due mesi. Sono stati in Mongolia, Kazakistan e ora stanno attraversando questa parte della Russia per rientrare in Olanda. Proprio un bel viaggio!

Acquistati i biglietti, entriamo nel Cremlino che è Patrimonio Unesco dal 1990 con l’adiacente Piazza Rossa e la Cattedrale di San Basilio.

L’attuale cinta muraria e le torri del Cremlino sono state costruite tra il 1485 ed il 1495. L’intero sviluppo delle mura è di 2235 metri, l’altezza varia tra i 5 e i 19 metri, lo spessore tra i 3,5 ed i 6,5 metri. Le mura delimitano un’area di forma triangolare irregolare. Lungo le mura sono disposte venti torri. Le tre che occupano i vertici del triangolo hanno sezione rotonda, le altre quadrata. La torre più alta, la Troitskaja, misura 80 metri.

Purtroppo il tempo continua a non esserci favorevole. Il sole viene e va, poi inizia a piovere e fa freddo.

Inoltre, questo repentino abbassamento delle temperature ci costringe ad andare ogni mezz’ora in bagno sebbene non beviamo più di tanto J!!!

Comunque, attraversate le torri Kutafya e della Trinità, riusciamo a vedere un po’ tutto: il Palazzo Poteshny, il Palazzo di Stato, l’Arsenale, il Senato, l’edificio del Soviet Supremo, il Palazzo del Patriarca, la Chiesa dei Dodici Apostoli, la piazza Sobornaya, la Cattedrale dell’Assunzione, la Chiesa della Deposizione della Veste, il Campanile di Ivan il Grande, la Zarina delle campane (la più grande del mondo), lo Zar dei Cannoni, la Cattedrale dell’Arcangelo, la Cattedrale Dell’Annunciazione, l’Armeria, il Palazzo dei Diamanti ed il Palazzo Terem.

Passeggiamo sotto gli altissimi alberi del Giardino Alexandrovsky (nonché sotto la pioggia battente L) ammirando le aiuole fiorite e gli scorci sugli edifici del Cremlino.

Poi ci dirigiamo verso l’uscita e svoltiamo verso sinistra, nella direzione opposta da quella in cui siamo giunti, e percorriamo tutto il perimetro delle mura. In questo modo riusciamo a vedere il fiume Moscova, che attraversa la città, i suoi ponti antichi e moderni e gli edifici ottocenteschi costruiti lungo le rive.

Raggiungiamo quindi la Piazza Rossa che in questi giorni è occupata dagli operai che stanno costruendo il palco e quant’altro per le manifestazioni di settembre delle Forze Armate (in effetti c’è anche un accampamento di militari).

Ecco che finalmente intravvedo la meravigliosa Cattedrale di San Basilio. La fotografiamo in ogni lato. Purtroppo oggi è chiusa, la visiteremo domani.

Ritorniamo quindi verso la parte nord della piazza, vediamo in lontananza il Mausoleo di Lenin (anche questo chiuso oggi, ma domani no!), attraversiamo l’imponente Porta della Resurrezione e visitiamo la piccola cappella della Vergine di Iver e la minuscola, ma molto carina, Cattedrale di Kazan.

Usciti dalla Porta, ripercorriamo una parte delle mura del Cremlino ed assistiamo al cambio della guardia in onore del milite ignoto.

Ormai la giornata volge al termine e siamo pieni di freddo “siberiano”: brrrrrrrrrrrrrr! Decidiamo quindi di raggiungere una stazione della metropolitana passeggiando verso il quartiere di Arbat… ma… ricomincia a piovere, per cui ci infiliamo nella prima stazione che incrociamo per strada e torniamo verso l’albergo.

Le stazioni delle metropolitane sono elegantissime e pulitissime. Si scende sotto terra di moltissimi metri e i tempi di attesa sono minimi. L’unico inghippo è che tutte le fermate sono scritte solo in cirillico per cui non è facile capire quali treni e quali direzioni prendere. Ma ce la facciamo ed arriviamo in hotel. Ci addormentiamo in un battibaleno…

Questa diciassettesima tappa del viaggio è stata di circa 80 km.

21 agosto 2012: Mosca (Russia)

Ci svegliamo presto per raggiungere e visitare il Mausoleo di Lenin che chiude presto ed è sempre affollatissimo. Infatti c’è già la coda di gente in attesa 20 metri fuori da Porta della Resurrezione, ingresso principale alla Piazza Rossa. Comunque, non attendiamo molto, entriamo, facciamo il giro prestabilito attorno alla mummia bolscevica ed usciamo. Vicino al Mausoleo giacciono inoltre le tombe di altri dirigenti comunisti, tra cui quella di Stalin.

Oggi il tempo è meno capriccioso di ieri, infatti non piove, ma fa comunque freddo ed il venticello “siberiano” non manca mai… brrrrrr!

Recuperiamo il nostro zainetto e la macchina fotografica lasciati al deposito bagagli e facciamo un giro per la piazza. Krasnaya Ploshchad, che letteralmente significa piazza bella, si può definire il cuore di Mosca e di tutta la Russia: da qui, infatti, i vari leader politici che si sono susseguiti nella storia della nazione hanno lanciato i loro proclami, qui si svolgono cerimonie, festeggiamenti ufficiali e parate militari, qui si installano gli inviati speciali e i giornalisti delle varie testate internazionali con le loro telecamere per parlare al mondo della Russia. È quindi la finestra della Russia che si apre al mondo. In effetti, il colpo d’occhio da nord a sud e da est a ovest è incredibile. Il colore rosso degli edifici, San Basilio, le mura e le torri del Cremlino la rendono molto affascinante.

Andiamo quindi a fare colazione in uno dei bar all’interno del centro commerciale sotterraneo Okhotny Ryad, dopodiché ci dirigiamo verso la Cattedrale di Cristo Salvatore che ieri avevamo appena intravvisto. Lungo la strada vediamo l’Università Statale di Mosca ed il Centro Espositivo Manezh.

Entriamo nell’imponente cattedrale, i cui cipollotti dorati sono visibili da ogni lato della città, che sorge sulle rovine di una chiesa precedente, costruita per commemorare la vittoria su Napoleone. Infatti, dopo avere ammirato gli affreschi della parte superiore, scendiamo per vedere l’abside originario e per ammirare le icone ricamate con perle e pietre preziose della collezione permanente.

Attraversiamo il ponte pedonale (da dove intravvediamo la colossale statua di Pietro il Grande e l’ex-fabbrica di cioccolato Ottobre Rosso) e facciamo sosta in un piccolo giardino dell’isola Bolotny (all’interno del fiume Moscova) dove c’è un mercatino che vende un po’ di tutto. Qui mi compro un basco delizioso che mi servirà per tenere al caldo le mia povera testa continuamente colpita da raffiche di vento! J!

Oltrepassiamo quindi la Galleria Statale Tretyakov, la Chiesa di San Nicola a Tolmachi, la Chiesa della Resurrezione, la Chiesa dei Santi Michele e Teodoro, la Chiesa di San Giovanni Battista, la Chiesa della Vergine della Consolazione di tutti i Dolori, la Chiesa di San Clemente, la Chiesa di San Nicola a Pyzhi e il Convento delle Sante Marta e Maria. Ovviamente durante il percorso incontriamo coppie di sposi con gli invitati al seguito e l’immancabile limousine status-symbol della nuova ricchezza russa! Questa è anche zona di ambasciate: infatti incrociamo quella italiana con il tricolore ammainato al vento!

Ci fermiamo in un delizioso e minuscolo locale dove l’unica pietanza che servono sono delle patate cotte al cartoccio, successivamente tagliate a metà per essere riempite a piacere tra circa una decina di salse, formaggi, affettati e insalate russe varie: una delizia indimenticabile!!!

Riprendiamo il nostro percorso, passiamo accanto al lussuosissimo hotel Baltschug Kempinski e, dal ponte sopraelevato, ci facciamo delle foto con sfondo la Piazza Rossa e la Cattedrale di San Basilio che, finalmente, andiamo a visitare.

Entriamo in tutte le nove cappelle che compongono la cattedrale costruita tra il 1555 e il 1561, ognuna delle quali contiene degli antichi affreschi con varie figure religiose.

Guardando e ripensando a questa chiesa, mi vengono in mente tanti dubbi a cui difficilmente riesco a dare una risposta. La vivacità dei colori in contrapposizione al modo freddo e un po’ arcigno dei russi. L’anarchia dell’architettura in contrapposizione al rigore e grigiore degli squadrati palazzoni sovietici costruiti negli anni ’60 e ’70. Penso che anche qui da noi ci siano delle contraddizioni molto forti e che forse dovremo imparare dal passato per costruire un mondo migliore (la bellezza salverà il mondo?)

Usciamo e ci fotografiamo sotto la Statua di Kizma Minin e Dmitri Pozharsky che campeggia di fronte a San Basilio (e un po’ ne rovina l’immagine).

Continuiamo la nostra passeggiata. Diciamo “ciao ciao” alla Piazza Rossa ed al Cremlino, ed entriamo negli storici magazzini GUM. Uno dei ricordi che ho della mia infanzia, è di Demetrio Volcic, storico corrispondente RAI da Mosca, che informava sul telegiornale che i magazzini GUM erano privi di generi alimentari (“… anche del caviale, di cui i russi vanno ghiotti…”) mostrando grigie immagini di questi magazzini con donne e uomini infreddoliti, che indossavano lunghi cappotti neri ed il colbacco in testa, mentre camminavano alla ricerca di qualcosa da mettere nella borsa della spesa.

Ora è tutto diverso. Di quei magazzini penso siano rimaste solo le scale interne, il resto è stato tutto completamente stravolto. I negozi sono occupati dalle marche del lusso internazionali e la gente che compra qui sicuramente non ha il frigorifero vuoto a casa… Dove stai andando Russia?

Usciamo, passiamo affianco al palazzo della vecchia Borsa e ci indirizziamo verso Ulitsa Varvarka per visitare il quartiere di Kitay-Gorod, uno dei più antichi di Mosca di cui era centro finanziario e dei commerci.

Lungo questa strada ammiriamo una serie di chiese e di edifici antichi, tra cui: la Chiesa di Santa Barbara, l’antica Casa Inglese del XVI secolo, la Chiesa del Beato Massimo, il Monastero del Segno, la Chiesa di San Giorgio, la Chiesa della Trinità a Nikitniki, la Cattedrale di Ognissanti sul Kulishka e la Sinagoga Corale.

Proseguiamo il nostro cammino e, gironzoliamo attorno alla sede della’ex-KGB, cercando di avere l’aria meno sospetta possibile J

Ritorniamo a vedere il Teatro Bolshoi e ci riposiamo su una delle panchine della piazza adiacente.

Dopodiché ci incamminiamo verso il quartiere Arbat che, sinceramente, non mi impressiona più di tanto a differenza di come lo pubblicizzano le guide. Ci sono negozi, ma l’artigianato è un antico ricordo, c’è qualche “artista” di strada che ha poco dell’artista, ci sono dei locali, ma niente di così fuori dal comune. L’unica cosa che mi piace e la Casa Melnikov, una costruzione che sembra “rubata” dalle Alpi e trasportata qui, in mezzo agli alti edifici del centro città.

Al limite del quartiere, sorge uno dei sette antichi grattacieli di Mosca, fatti costruire per dimostrare all’Occidente le potenzialità dell’Unione Sovietica (mi ricordano quelli di Gotham City, la città di Batman).

Rientriamo verso l’albergo. Ci compriamo in un baracchino un ottimo pollo allo spiedo e ce lo mangiamo: proprio buono!

Durante questa giornata abbiamo percorso a piedi circa 20 km…

22 agosto 2012: Mosca (Russia) → Tula (Russia) → Yasnaya Polyana (Russia) → Bolkhov (Russia)

Eccoci di nuovo in moto. Salutiamo a malincuore Mosca, sperando un giorno di poterla rivedere!

La nostra prossima meta non è particolarmente lontana, 200 km circa, che percorreremo lungo le steppe erbose e i boschi che circondano la metropoli moscovita.

Arriviamo, parcheggiamo e ci “fondiamo” in pasticceria per fare colazione con una succulenta fetta di torta al cioccolato, tipica di queste zone.

Iniziamo quindi la visita della città.

Tula è una città di circa 500.000 abitanti della Russia europea centrale ed è capoluogo dell’omonima oblast’; sorge in un ricco bacino minerario (ferro, carbone, rame) ed è un importante centro produttivo, soprattutto nel settore dell’industria pesante e meccanica. La città esiste sicuramente dal XIV secolo, e alcuni storici indicano che potrebbe essere identificata con Taidula, un’ignota località menzionata in una cronaca del 1146. Il centro della città sorge sul lato meridionale del fiume, fatto insolito per una città russa, il che farebbe supporre che la città sia stata fondata da popolazioni nomadi provenienti da sud. Nel medioevo la città era un fortezza di scarsa importanza posta sul confine del principato di Rjazan’, ma nel 1530 dopo essere passata sotto la Moscovia, fu costruito un cremlino in mattoni, tutt’ora ben conservato.

Nella piazza centrale, dove campeggia l’ennesima imponente statua di Lenin, stanno allestendo delle impalcature per i prossimi festeggiamenti di settembre come a Mosca.

L’attività produttiva principale di questa città abbraccia fin dall’antichità le varie forme della lavorazione dei metalli. Non a caso, qui ci sono due musei che ben rappresentano questo genere di produzione.

Visitiamo il piccolo ma interessante Museo del Samovar dove sono esposti diversi esemplari di secoli diversi di questa sorta di teiera-fornelletto con cui i russi si preparano il tè, bevanda molto apprezzata in questo paese. Se avessimo ancora entrambe le valige a disposizione, sicuramente ne comprerei uno per portarlo a casa, però ciò non è possibile (… e penso “perché non gli ho spaccato il casco in testa?!?”… uf!)

Entriamo nel cremlino e ci dirigiamo verso il Museo delle Armi che espone armi dal medioevo fino ai giorni nostri.

Dopo questa scorpacciata di pistole, fucili e quant’altro, riprendiamo la moto e ci dirigiamo verso il Museo dei Prianik, dolci inventati nel IX secolo per l’aristocrazia russa. È chiuso ma, sentendo che veniamo da lontano, ci fanno entrare e ci danno una breve descrizione di come vengono prodotti e lavorati. Usciamo ed entriamo nello spaccio adiacente dove compriamo un po’ di questi dolci nei vari gusti in cui li producono: una bontà! Fuori dal museo veniamo avvicinati da un tipo che, attratto dalla moto, ci racconta di essere un dj di una radio locale e, ci dice, che racconterà il nostro viaggio durante la sua prossima trasmissione J.

Salutiamo Tula e ci dirigiamo verso Yasnaya Polyana, la tenuta dove nacque, visse e venne sepolto Lev Tolstoj, probabilmente il più grande scrittore russo di tutti i tempi.

Questo posto da proprio il senso della tranquillità dove uno scrittore può elaborare romanzi e opere che poi diventeranno pietre miliari nella letteratura internazionale.

Laghetti, boschi, giardini con fiori bellissimi, romantici percorsi di campagna in mezzo al verde: tutto questo è la tenuta di Tolstoj. Entriamo e visitiamo la sua abitazione: le stanze sono rimaste intatte, i suoi oggetti personali sono nei posti dove venivano usati da lui. Inoltre, fotografie illustrano la sua vita quotidiana.

Passeggiamo e ci inoltriamo in questo parco fino a raggiungere il luogo di sepoltura di Tolstoj: un semplice cumulo di terra ricoperto d’erba, riconoscibile appena in mezzo alla boscaglia.

Ritorniamo verso l’uscita e ci fermiamo a mangiare qualcosa.

Capendo che abbiamo dei problemi nel capire cosa ci viene detto in russo, si avvicina a noi una signora che si offre di tradurci quanto ci viene offerto. È una donna che vive a Novi Ligure, sposata con un italiano, tornata in Russia per il periodo estivo per trascorrere qualche giorno con la famiglia. Molto gentile e carina ad offrirci il suo aiuto J!

Riprendiamo la moto e ci dirigiamo verso sud. Ci fermiamo in un paesino molto piccolo, Bolkhov, dove abbiamo prenotato un hotel tramite booking. L’hotel è molto carino e sopravvive grazie al monastero che viene visitato da gruppi di turisti. I proprietari sono molto ospitali e si adoperano in ogni modo per renderci la cena e la serata piacevole.

Questa diciottesima tappa del viaggio è stata di circa 350 km, percorsi durante tutta la giornata considerate le varie fermate.

23 agosto 2012: Bolkhov (Russia) → Chernihiv (Ucraina)

Siamo di nuovo in sella di prima mattina e pioviggina L… Oggi attraverseremo la frontiera e torneremo in Ucraina. La strada che percorriamo corre veloce in mezzo ai campi arati e seminati o appena raccolti. L’odore della terra umida è molto forte. Tutto intorno a noi è verde e l’orizzonte grigio di nubi pesanti si fonde con la campagna circostante.

Ci fermiamo presso una stazione di servizio prima della frontiera dove facciamo colazione. C’è una piccola mensa e molti già pranzano.

Alla frontiera non perdiamo molto tempo: fortunatamente la coda non è lunga come all’ingresso e non è necessario sbrigare le stesse trafile che all’andata. Ciao ciao Russia! Mi auguro di poterti visitare di nuovo perché mi sei piaciuta tanto! J

Anche qui in Ucraina percorriamo chilometri in mezzo a paesaggi di campagna: colline basse, boschi, laghetti, fiumiciattoli, campi, vegetazione, casupole lungo la strada, ognuna con galline, oche, anatre, pecore, capre, ecc… Riusciamo ad evitare i grossi centri industrializzati e ci dirigiamo verso la cittadina di Chernihiv.

Arriviamo nel pomeriggio e, la prima cosa che notiamo è la bellissima Chiesa di Santa Caterina che svetta sopra un promontorio con le sue cupole dorate.

Dopo esserci sistemati in hotel, ci incamminiamo verso il Monastero Troyutsko-Illinnsky.

Attraversiamo un ponte sul fiume Desna che percorre la città e scorgiamo in lontananza un barcone arrugginito che presumiamo sia una sorta di “enorme giocattolo” per i bimbi della città.

Visitiamo la Chiesa della Trinità e il mio compagno sale sul campanile per ammirare la città dall’alto. Visitiamo poi le Grotte di Antonio, costruite tra l’XI e XIII secolo, che custodiscono le ossa dei monaci uccisi durante l’invasione mongola. Si tratta di stretti cunicoli scavati nel sottosuolo con degli altari e delle cappelle poste agli incroci tra i vari corridoi bui.

Torniamo in superficie e ci dirigiamo verso un parco ombroso disseminato qua e là di belle chiese: la Cattedrale Boryso-Hlibsky, la Cattedrale Spasso-Preobrazhensky ed il collegio. Dalle foto antiche e dalle ricostruzioni disposte lungo l’asse principale del viale, capiamo che in quest’area sorgeva il nucleo originario della città con le mura del cremlino che ora non esistono più.

Questa città nel periodo medioevale era una centro importante sia dal punto di vista economico che di difesa della regione circostante. Ora è una sonnolenta cittadina provinciale, con un bel centro storico, ma la periferia pullula di costruzioni sovietiche ormai fatiscenti.

Camminando scorgiamo una vecchietta che curva sulla strada raccoglie foglie secche: probabilmente le serviranno per accendere il fuoco quando farà più freddo L

Ritorniamo verso il centro dove ammiriamo il teatro e la Chiesa di Santa Paraskevy Pyatnytsi.

Ceniamo in un locale seminterrato dove ci servono dell’ottima carne alla brace. Terminiamo la serata in una pasticceria che fa bella mostra di dolci invitanti.

Questa diciannovesima tappa del viaggio è stata di circa 500 km, percorsi durante tutta la giornata considerate le varie fermate.

24 agosto 2012: Chernihiv (Ucraina) → Kiev (Ucraina)

Arriviamo a Kiev e notiamo con nostro stupore la mancanza di traffico iper-congestionato delle altre enormi città che abbiamo attraversato. Inoltre ci sono blocchi di poliziotti sparsi un po’ ovunque. Arriviamo all’hotel Lybid ma, essendo troppo presto, non ci danno subito la camera. Ci permettono comunque di cambiarci e di lasciare il nostro bagaglio in uno sgabuzzino. L’hotel non è molto distante dal centro, per cui ci incamminiamo sul viale principale, giriamo lunga la via di alcune ambasciate e ci infiliamo in un delizioso locale dove ci servono delle fumanti torte appena sfornate con un delizioso caffè. Non fa freddo, però ammettiamo che questo intervallo ci voleva proprio!

Usciamo e ci dirigiamo verso il centro. Capiamo dalle numerose manifestazioni in corso e dagli addobbi che oggi deve essere un giorno speciale. Infatti è la Festa Dell’Indipendenza e, ogni anno, in tutte le città ucraine, ma soprattutto nella capitale, si susseguono celebrazioni solenni, spettacoli ed eventi.

Nezalezhnosti, la piazza dell’Indipendenza di Kiev, decorata con uova giganti coloratissime, a poco a poco si riempie di persone che ascoltano i gruppi folk che cantano le canzoni popolari, assistono agli spettacoli, mangiano, bevono e si divertono tantissimo. Quasi tutti portano una bandierina dell’Ucraina, anch’io ne ricevo una da una ragazza che le distribuisce e la attacco alla mia maglietta J.

Kiev è la capitale e la maggiore città dell’Ucraina. Conta 2.8 milioni di abitanti, anche se il grande numero di immigrati interni non registrati può probabilmente portare la cifra a circa 4 milioni.

La leggenda narra che Kiev fu fondata da tre fratelli ed una sorella; Ky, il maggiore, diede il nome alla città. Iniziò a prosperare attorno al IX-X secolo e divenne parte dell’URSS nel XX secolo dopo che l’Armata Rossa scaccio i nazisti che avevano occupato la città. Dal 1991 Kiev è la capitale dell’Ucraina indipendente.

Circumnavighiamo Maydan Nezalezhnosti gremita di gente festante, quasi tutta vestita con gli abiti tradizionali ucraini, cioè una camicia bianca con un ricamo rosso (floreale per le donne e geometrico per gli uomini), e riusciamo a trovare i graffiti lasciati durante la Rivoluzione Arancione su una colonna della Posta principale. Dal palco allestito ci raggiungono le canzoni popolari mentre ammiriamo la Colonna dell’Indipendenza, la Porta Lyadski; lungo la vulytsya Khreshchatyk sorgono numerosi palazzi di stile sovietico, costruiti dopo la seconda guerra mondiale, considerato che tutti i palazzi antichi furono distrutti dai bombardamenti.

Saliamo sul parapetto che sorge dietro la colonna dell’Indipendenza ed ammiriamo dall’alto la veduta sulla piazza con i suoi giochi di fontane e le sue aiuole create a forma di orologio gigante.

Risaliamo una lunga scalinata e raggiungiamo la Casa delle Chimere. Siamo molto attratti dalle demoniache figure umane e di animali che decorano il cornicione di questo palazzo costruito dall’architetto Wladislav Horodecki, infatti lo fotografiamo su ogni lato. Adiacente c’è la sede del palazzo presidenziale con le guardie immobili all’ingresso. Proseguiamo il nostro cammino in salita ed incontriamo la Casa della Vedova in Lacrime, detta così per il volto della donna triste esposto nel cornicione del frontone principale. Raggiungiamo poi la Casa di Cioccolato (è marrone ed ospita una mostra sul cioccolato) ed il Parlamento (Verkhovna Rada). Entriamo quindi nel Parco Misky Sad e facciamo una piccola pausa in un chiosco. Anche qui incontriamo un po’ di gente festante, mentre altri si dedicano ad attività sportive. Bellissimo e barocchissimo il palazzo blu Mariyinsky progettato dall’architetto italiano Bartolomeo Rastrelli: ora è in ristrutturazione e ne immaginiamo lo splendore non appena saranno terminati i lavori.

Raggiungiamo lo stadio della Dynamo e, a differenza di quanto pensavamo, lo troviamo molto piccolo e raccolto. Probabilmente gli incontri più importanti si terranno nel nuovo stadio costruito per gli europei.

Attraversiamo velocemente l’alto ponte in legno detto del Diavolo e raggiungiamo il Monumento all’Amicizia delle Nazioni, eretto nel 1654 per celebrare l’unione di Russia ed Ucraina.

Nel palco sotto al monumento è in corso un concerto di un gruppo folk ucraino che ci piace molto: le canzoni sono molto orecchiabili e i cantanti ballano scatenati e coinvolgono il pubblico con le loro canzoni. Restiamo fino alla fine della loro esibizione per poi riprendere il nostro percorso e raggiungere la Filarmonica Nazionale ed il Museo dell’Acqua.

Scendiamo verso vulytsya Khreshchatyk e notiamo che c’è sempre più gente ad assistere agli spettacoli e a festeggiare l’anniversario dell’indipendenza.

Risaliamo quindi verso il parco Volodymyrska Hirka per vedere la statua di Volodymyr il Grande. Da qui abbiamo una veduta generale della città oltre il fiume Dnipro.

Dopo un’altra pausa ristoratrice, ci dirigiamo verso il Monastero di San Michele ed iniziamo la discesa del ciottoloso viale di Andriyivsky uzviz, sovrastato dalla bellissima Chiesa di Sant’Andrea. Ovunque ci sono bancarelle che vendono di tutto. La gente si ferma, guarda, prova, contratta (poco) e compra. Ci “perdiamo” in mezzo a questa chiassosa e divertente confusione ed ascoltiamo i suoni, respiriamo gli odori di questa città che ci sta conquistando sempre di più.

Ma il tempo incalza e le cose da vedere sono tantissime, per cui decidiamo di prendere la metropolitana che ci porterà alla zona del Lavra. Scesi dalla metro, ci dirigiamo verso questo sito considerato il luogo più sacro dalla Chiesa Ortodossa delle tre Russie (Russia, Ucraina e Bielorussia). Si tratta di un antico monastero, fondato nel 1051 dai monaci Antonio e Teodosio, sito sulle colline che attorniano Kiev. È composto da diversi edifici religiosi e da una serie di grotte sotterranee che custodiscono le mummie dei monaci che i fedeli venerano e a cui si rivolgono per preghiere, in quanto sono considerati come dei santi.

Purtroppo all’ora in cui arriviamo le chiese e le grotte sono già chiuse, per cui rimandiamo la visita interna a domani. Per oggi ci limitiamo ad ammirare le cattedrali esternamente e a passeggiare lungo il sito, poi usciamo e raggiungiamo un simbolo di Kiev: Rodina Mat, la “Madre della Nazione”, statua di una donna con le braccia alzate verso il cielo che sorreggono una spada ed uno scudo, che domina con la sua altezza di 62 metri la città.

Lì affianco vediamo un museo a cielo aperto di mezzi della guerra: carro armati, elicotteri, aerei, missili e bombe. Oramai questi cimeli sono diventati una sorta di parco giochi per bambini che si arrampicano ovunque e li usano come enormi giocattoli.

Ritorniamo indietro passando per il sottopassaggio pedonale che ci riporta verso il Lavra allestito con enormi statue di donne e uomini che ricordano il periodo della guerra e quello successivo sovietico di ricostruzione e lavoro.

Non manchiamo infine di visitare il Monumento Commemorativo dell’Holodomor ed il piccolo museo sottostante. Inaugurato nel 2008, ricorda le vittime causate dalla fame indotta dei sovietici per eliminare i cosacchi. Le scene di vita riprodotte in un video, trasmesso continuamente all’interno del museo, ci fanno venire i brividi. Una brutta pagina della storia di questo paese, durante la quale sono morte 4 milioni di persone. La gente mangiava i cadaveri dei morti. I bambini morivano di fame l’uno dopo l’altro. La statua all’ingresso raffigurante una bimba magrissima ci spacca il cuore: qualcuno ai suoi piedi ha lasciato dei fiori ed una pagnotta di pane fresco.

Con queste tristi immagini nella mente, ritorniamo verso il centro della città dove la gente continua a festeggiare.

Noi siamo piuttosto stanchi e, dopo qualche altro giro, ritorniamo in albergo.

Questa ventesima tappa del viaggio è stata di circa 140 km, percorsi durante tutta la giornata considerate le varie fermate.

25 agosto 2012: Kiev (Ucraina)

Riprendiamo di prima mattina l’esplorazione di questa bellissima città ritornando al Lavra per visitare le grotte, le chiese ed i musei.

Mi munisco di un foulard per coprirmi il capo ed entriamo, tramite la Chiesa dell’Esaltazione della Croce, nelle grotte. L’aria è quasi irrespirabileper la gente ed il fumo delle candele che bruciano. È piuttosto buio e la nostra visita è molto veloce. Intravvediamo le piccole teche di vetro dove sono custoditi i corpi mummificati dei monaci, coperti da sontuose tele ricamate, sulle quali molti si chinano per baciare il santo.

Risaliamo velocemente al cielo aperto, dove splende il sole, e visitiamo la Cattedrale del Dormitorio (dove è in corso un battesimo), la Chiesa di San Nicola, il Grande Campanile, il Museo delle Microminiature, il Museo di Arte Popolare e Decorativa, la Chiesa del Refettorio e di Sant’Antonio e San Teodosio ed il Museo Storico dei Tesori, ricchissimo di monili con pietre e metalli preziosi dal periodo degli sciti (IV secolo a.C.), fino ai giorni nostri con collezioni di oggetti di uso religioso.

Continuiamo la nostra passeggiata, ammiriamo il frammento della costruzione originaria distrutta dai bombardamenti durante la II guerra mondiale, osserviamo la gente che ci appare molto devota a questo luogo. Qua e là ci sono preti e suore ortodosse con le loro lunghe vesti nere. Nelle aiuole spuntano delle piccole montagnole di uova colorate. Raggiungiamo le grotte più lontane dove visitiamo la Chiesa della Concezione di Sant’Anna e la Chiesa della Natività della Vergine.

Ci dirigiamo poi verso Rodina Mat e visitiamo il Museo della Grande Guerra Patriottica, ovvero la II guerra mondiale, dove sono esposti cimeli della guerra, foto di alcuni generali e, al piano superiore, la storia dal punto di vista “militare” del periodo sovietico.

Facciamo una piccola sosta in una gastronomia dove pranziamo con delle prelibatezze ucraine, riprendiamo la metropolitana e ci dirigiamo verso il centro città.

La nostra prossima meta è il museo di Chernobyl. Infatti, non potendo/volendo effettuare una visita guidata all’ex-città di Chernobyl (bisogna fare richiesta via internet a qualche ministero minimo 20 giorni prima) vogliamo comunque informarci su questa catastrofe nucleare che più di vent’anni fa’ ha sconvolto la vita di buona parte dell’Europa ma, soprattutto, delle popolazioni di questa città che dista un centinaio di chilometri da Kiev.

In effetti, i video, le foto, i plastici ed i materiali esposti ben rappresentano ciò che era e ciò che è accaduto, nonché le ripercussioni sugli umani, sugli animali e sulla vegetazione: mutazioni genetiche, tumori, malattie distruttive e morte. Come in ogni museo, prima dell’uscita c’è un grande diario dove i visitatori possono lasciare un ricordo: molti dicono che sarebbe il caso di dare spazio alla scienza che studia le energie alternative eco-compatibili. Molto difficilmente il nucleare verrà dismesso per dare spazio a queste nuove forme energetiche. Ma credo che tutti dovrebbero ricordare ciò che è successo e che i potenti dovrebbero visitare questo museo.

Ritorniamo quindi verso il centro dove ci concediamo un aperitivo e guardiamo le vetrine dei negozi.

Proseguiamo il cammino verso la curva dell’elevato lungo fiume ed entriamo nel complesso di San Michele per poi raggiungere Ploshcha Mykhalivska e, finalmente, la splendida Cattedrale di Santa Sofia che con le sue 13 cupole dorate domina la città. Bellissimi i mosaici interni, specie quello della Madonna Orante. Costruita attorno all’anno 1000 sulla base dell’attuale moschea di Santa Sofia di Istanbul (anche quest’ultima allora era una cattedrale cattolica), è stata ultimata nel XVIII secolo con il campanile e le cupole di stile barocco.

Ci riposiamo un po’ nel parco adiacente alla chiesa, per poi dirigerci verso Zoloti Vorota, l’antica Porta d’Oro di accesso alla città, e proseguire verso il Teatro Nazionale dell’Opera. Da qui il nostro albergo dista un paio di chilometri e lungo il percorso intravvediamo il Giardino Botanico di Fomin e la zona universitaria.

Siamo piuttosto stanchi e ritorniamo in albergo. Kiev ci è piaciuta molto, anche per il clima festante che ci ha accolti il primo giorno.

Durante questa giornata abbiamo percorso a piedi circa 20 km…

26 agosto 2012: Kiev (Ucraina) → Zhytomyr → Lutsk → L’viv (Ucraina)

Siamo di nuovo in viaggio di prima mattina, questa sera dobbiamo raggiungere L’viv.

Usciamo da Kiev abbastanza celermente e ci inoltriamo nella strada principale (se così si può definire) che unisce Kiev ad L’viv.

Ci fermiamo a metà mattinata nella città di Zhytomyr per visitare il Museo Cosmonautico Korolyov, celebre in tutta l’ex Unione Sovietica e dedicato a Sergei Korolyov, ingegnere aerospaziale nato in questa zona.

Il museo è facilmente identificabile, considerato il fatto che sorge ai piedi di due alti razzi visibili da lontano. Prima di entrare, passeggiamo per la cittadina, di stile puramente sovietico, il cui centro è molto affollato considerato che è giornata di mercato. Facciamo colazione in un chiosco ed ascoltiamo la gente che contratta.

Ritorniamo quindi al museo e ne iniziamo la visita. È come entrare in un’enorme palla buia con il cielo stellato. Appese al soffitto delle navicelle spaziali o parti di esse. Foto, descrizioni, ricordi dell’epopea spaziale sovietica attraggono la nostra attenzione. Ci sediamo su delle poltroncine ed ascoltiamo musica surreale. Frammenti di terra lunare in una teca sigillata. Tute e cibi in scatola dei cosmonauti. Che triste il musetto di Leika, la cagnolina lanciato nello spazio e mai più tornata!

Usciamo dal nostro viaggio interstellare e ricominciamo il viaggio terrestre che si snoda lungo i campi coltivati, le piccole aziende agricole, i villaggi, le cittadine e i centri industriali più popolosi.

Ci fermiamo a fare benzina in un distributore lungo la strada. C’è anche una macchina di una famiglia con dei bambini piccoli. Uno di loro porta la maglietta della nazionale italiana e gli faccio notare la bandierina dell’Italia sulla mia giacca. È attratto dalla moto e la osserva incuriosito. Poi scappa in macchina e ci fa “ciao ciao” con la mano J

Raggiungiamo la cittadina medioevale Lutsk, dove visitiamo il Castello trecentesco, una fortezza dotata di tre bastioni e di mura alte 13 metri a difesa dell’antica città. All’interno ci sono i resti di alcuni edifici religiosi e la vecchia prigione. Usciamo e ci ristoriamo in un bar vicino al castello arredato in “stile medioevo”. Passeggiamo lungo le vie ciottolose della città e vediamo la Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo e la Chiesa della Trinità. Lungo la via pedonale ci sono le bancarelle di un mercatino artigianale. Compriamo dei mestoli in legno e i gusci di due uova decorati a mano: speriamo di riuscire a portarli integri a casa!!!

Salutiamo la bella Lutsk e riprendiamo il cammino verso L’viv.

Il traffico si intensifica man mano che ci avviciniamo alla città e notiamo in lontananza delle nubi minacciose.

Attraversiamo la bella L’viv in moto e raggiungiamo un albergo nuovo e molto moderno nella prima periferia. Ci accorgiamo che le strade sono molto bagnate e, per il momento, tiriamo un sospiro di sollievo…

Ci sistemiamo in albergo, ci prepariamo per uscire e, ovviamente, inizia a piovere.

Decidiamo di prendere un autobus per raggiungere il centro.

Lungo il percorso ammiriamo le mura del castello e gli edifici visitati ad inizio viaggio.

I ristoranti in centro sono piuttosto affollati. Ne scegliamo uno a caso e mangiamo dell’ottimo pesce alle mandorle e delle tartine di caviale rosso: ottima cena! Peccato per il tempo. Comunque L’viv resta una delle città più belle visitate durante questo lungo viaggio.

Questa ventunesima tappa del viaggio è stata di circa 565 km, percorsi durante tutta la giornata considerate le varie fermate.

27 agosto 2012: L’viv (Ucraina) → Levoca (Repubblica Slovacca)

Rieccoci in partenza. Tremenda la strada di questa mattina. Sembra stata bombardata. Diciamo che ci sono più crateri che asfalto. Speravamo che questa strada, che si snoda lungo la parte a nord dei Carpazi ucraini, fosse bella come quella percorsa durante l’ingresso di una ventina di giorni fa’, ma è l’esatto contrario… aiuto! Perdiamo, senza renderci conto di nulla, una piccola tanica che avevamo riempito di benzina per situazioni contingenti L Per di più fa freddo, pioviggina e la temperatura è scesa repentinamente.

Comunque, ci inerpichiamo lungo le montagne e, finalmente, arriviamo alla frontiera con la Repubblica Slovacca. Abbiamo deciso di rientrare da questa parte per potere visitare alcune zone di questo Paese molto interessanti.

Prima della frontiera, ci fermiamo per acquistare con gli ultimi spiccioli rimasti delle bottiglie di vodka e dei salami che, fortunatamente, non ci vengono confiscati dalle guardie che, nelle autovetture, controllano tutto, anche il motore…

Passati abbastanza celermente i controlli, iniziamo la discesa verso le valli e verso i primi centri importanti.

Notiamo subito la differenza nello stile delle case, molto più grandi, più ordinate, con i giardini curati, sistemate lungo strade ampie, perfettamente asfaltate. Infatti il nostro cammino si fa più veloce e anche meno doloroso J!!!

Giungiamo a Levoca nel primo pomeriggio e, dopo avere lasciato i nostri bagagli in hotel, andiamo subito a visitare il Castello di Spis, intravvisto dalla strada mentre arrivavamo.

Il castello, del XII secolo, con le sue alte mura bianche, sorge sopra una collina che domina la valle sottostante ed è molto affascinante, come la storia che ha vissuto. È infatti appartenuto a varie famiglie nobiliari ed ha subito nel corso dei secoli distruzioni ed incendi. Era il castello più grande dell’Europa centrale nel periodo medioevale ed ora, i resti, sono patrimonio dell’umanità UNESCO.

Saliamo a piedi lungo un sentiero della collina ed iniziamo la visita. Dentro di me immagino i cavalieri e le cortigiane intenti alla vita di corte… che emozione!

Visitiamo la sala da pranzo, dove alcuni cartelli spiegano il “galateo” medioevale, la grande cucina, le camere da letto, le galere, la camera delle torture, dove sulle pareti sono appese immagini eloquenti di come avvenivano… aiuto!

Riprendiamo la moto e ritorniamo a Levoca. Ci rilassiamo nella nostra stanza dell’hotel Arkada. Essendo questo albergo un ex-palazzo del centro storico ristrutturato e riconvertito ad albergo, le stanze sono dei piccoli appartamenti, molto ampi e ben arredati. Il letto, per esempio, è più grande rispetto allo standard. Dalle finestre abbiamo una splendida vista di questo borgo medioevale che, dal 2009, è patrimonio dell’umanità UNESCO. Tra l’altro, oggi, per la prima volta dopo giorni e giorni, sentiamo qualcuno parlare in italiano: infatti, il gentilissimo proprietario dell’hotel, conosce bene l’Italia e parla la nostra lingua con discreta disinvoltura.

Dopo un po’ di relax, iniziamo la nostra visita alla cittadina, percorrendo l’interno delle alte mura che circondano il centro storico. Riattraversiamo a piedi la porta di Kosice, dietro la quale si trovano la chiesa barocca di Santo Spirito ed il nuovo monastero francescano. Gironzoliamo per la piazza ed ammiriamo l’antico municipio, la chiesa luterana e la chiesa di san Giacomo. In questa chiesa si trova un altare gotico in legno scolpito, il più grande d’Europa (18,62 metri d’altezza) creato da Pavol di Levoča attorno al 1520.

Il sole sta calando lentamente all’orizzonte e l’aria è ormai frizzantina. Ci incamminiamo verso il ristorante dell’hotel, posto nei sotterranei e arredato come una vecchia taverna medioevale. Ceniamo con il gulash alla selvaggina ed un’omelette di carne di manzo: entrambe ottime.

Dopo cena, passeggiamo ancora per la città e poi torniamo in albergo che, effettivamente, ci spiace lasciare perché così elegante ed ospitale.

Questa ventiduesima tappa del viaggio è stata di circa 400 km, percorsi durante tutta la giornata considerate le varie fermate.

28 agosto 2012: Levoca (Repubblica Slovacca) → Bratislava (Repubblica Slovacca)

Rieccoci in sella. Destinazione: Brastislava. Fa freddissimo, appena 3°. Gli sms che ricevo dall’Italia da amici e parenti mi parlano di temperature tropicali. Quindi, non so se essere felice di godere ancora per poche ore di questo freschino, oppure di odiarlo, mente percorriamo una vallata dove il sole, che splende in cielo, non riesce riscaldare l’aria che ci sferza contro.

Ci fermiamo a fare colazione in un autogrill: sembriamo due baccalà!!!

Per fortuna esiste il caffè bollente!!!

A dispetto del freddo, devo ammettere che questo paesaggio di montagna dei Carpazi è molto bello.

I declivi sono coperti di pini ed il profumo di sottobosco penetra nelle nostre narici e rende più rilassante il nostro viaggio.

A poco a poco ci avviciniamo al grande centro urbano e, un po’ alla volta, si alzano le temperature.

Entriamo in città e ci dirigiamo verso il nostro albergo, posto nei nuovi quartieri semicollinari.

Bratislava è la capitale della Repubblica Slovacca, che dal 1993 è uno stato a se stante, essendosi divisa dalla Repubblica Ceca. Ha territorio prevalentemente montuoso e non ha sbocchi sul mare. La sua storia fa parte di quella dell’Impero Asburgico fino al suo declino, per poi divenire uno stato cuscinetto dell’area sovietica. Ora invece fa parte dell’Unione Europea e dal 2009 ha adottato l’euro.

Bratislava è una città di origine romana, sebbene già da 5000 anni a.c. in quest’area ci fossero degli insediamenti tribali.

Sistemiamo i nostri bagagli ed usciamo per visitare la città. Prendiamo un autobus che ci porta fino in centro.

Scendiamo di fronte al Palazzo Grassalkovich, sede della Presidenza di Stato, dove assistiamo al cambio della guardia. Queste guardie sono più fortunate di altre viste in giro per l’Europa: portano gli occhiali da sole. La città è molto pulita ed ordinata, decorata da enormi ciotole di gerani rossi che abbelliscono le vie e le piazze, dove si affacciano dei ben tenuti palazzi barocchi dell’epoca asburgica vissuta dalla città e dal Paese.

Facciamo un giro esplorativo e visitiamo la Cattedrale di San Martino, la Chiesa di Santa Elisabetta, la Chiesa dei Trinitari, la Chiesa dei Francescani, la Chiesa dei Gesuiti e la Chiesa Evangelica. Purtroppo della Sinagoga restano solo le mura. Belli e rinascimentali il Teatro Nazionale Slovacco ed il Palazzo dell’Opera.

Pranziamo in un locale piuttosto turistico in una piazzetta che si affaccia sulla Porta di San Michele del 1300, forse uno degli edifici più conosciuti di Bratislava, è l’unica rimasta delle quattro porte medioevali della città, con le statue di San Michele e del Drago sulla sommità della torre che sovrasta la porta. Questa particolare costruzione è inserita in una cornice molto suggestiva, dato che per accedere alla città vecchia dalla strada esterna bisogna passare un vecchio ponte che si affaccia su case antiche, per poi varcare l’arco della porta e accedere al centro antico che si apre in maniera molto suggestiva. Mangiamo dei piatti molto gustosi e tipici a base di carne, crauti e patate.

Riprendiamo la nostra passeggiata lungo le vie e, nel nostro cammino, incrociamo delle statue in bronzo: un operaio che sbuca dal tombino, un fotografo intento a scattare nascosto in un angolo di una casa, un gentleman che fa l’inchino, un soldato francese che, appoggiato ad una panchina, ammira la piazza e, proprio in questa piazza, ci fermiamo in una pasticceria per gustarci una deliziosa fetta di torta e un buon caffè!

Per smaltire pranzo e dolce, ci incamminiamo lungo la salita che ci porta vero il Castello, sicuramente l’edificio più noto di Bratislava. È una costruzione massiccia, a pianta rettangolare, con quattro torri angolari; sito sulla sommità di una collina, domina la Città Vecchia e il Danubio. Quest’area è abitata fin dall’età della Pietra e nel corso dei secoli ha sempre avuto funzioni difensive degli abitanti della città. Nel X secolo è già una fortezza e nel corso del tempo è stato più volte distrutto e ricostruito, fino a divenire, sotto il dominio di Maria Teresa D’Austria un palazzo rinascimentale come lo si vede ora, sebbene, a causa di un incendio, sia stato danneggiato e poi ristrutturato.

Da qui la vista sulla città è integrale. Beviamo un freschissimo aperitivo fruttato e ci godiamo l’ombra degli alberi nel bellissimo parco vicino al castello. Oggi sono in corso delle manifestazioni e degli aerei della II Guerra mondiale fanno delle acrobazie in cielo, disegnando “figure” con spray colorati e scendendo in picchiata, quasi a sfiorare i tetti delle case e le acque placide del Danubio.

Riscendiamo in centro e continuiamo la nostra visita della città che ci regala continui scorci indimenticabili: piazzette, panchine di legno con dei pupazzi che ci sbirciano con i loro occhioni neri, portabiciclette con biciclette di fine ottocento (quelle con la ruota enorme davanti e piccolissima dietro), vetrine di negozi di artigianato dove compriamo dei souvenir, tra cui un bellissimo vaso lavorato a mano, e, poco a poco, il sole inizia a scendere e arriva la sera.

Decidiamo di cenare nello stesso ristorantino di pranzo, che ora ci serve un vassoio di carne alla brace di vario genere: perfetta la cottura e ottima la carne servita con patate al cartoccio, crauti al forno e canederli di pane.

È notte inoltrata e decidiamo di rientrare in hotel con un autobus.

Anche Bratislava resterà tra i nostri più bei ricordi di questo meraviglioso viaggio che volge ormai al termine.

Questa ventitreesima tappa del viaggio è stata di circa 350 km, percorsi durante tutta la giornata considerate le varie fermate.

29 agosto 2012: Bratislava (Repubblica Slovacca) → Austria → Slovenia → Italia

Ahimè tutte le cose belle hanno una fine. E, purtroppo, è arrivata la fine del nostro viaggio. Partiamo a malincuore dalla bella e accogliente Bratislava. Percorriamo una quarantina di chilometri (ovviamente al freddo) e siamo già al confine con l’Austria dove acquistiamo la vignetta per transitare sulle autostrade austriache.

Oltrepassiamo la zona periferica ed industriale di Vienna e ci dirigiamo verso Graz.

Da qui inizia il percorso in mezzo alle meravigliose Alpi della Carinzia.

Ci fermiamo in un autogrill e una signora incuriosita dalla nostra moto (super zozza e carica di bagagli) ci chiede da dove siamo e che giro abbiamo fatto. Lei e suo marito restano allibiti sentendo la storia del nostro viaggio e ci fanno i complimenti!!!

Decidiamo di rientrare in Italia non dall’Austria, bensì attraversando il passo Korensko Sedlo con la Slovenia.

In effetti il paesaggio è bellissimo e percorrerlo in moto lo rende speciale.

Ci fermiamo a mangiare a Bovec, una cittadina vicina a Caporetto che già conoscevamo dalla scorsa primavera, quando abbiamo visitato la Slovenia.

Ricordo ancora il dessert: dei deliziosi gnocchi dolci ripieni di pasta di mandorle.

Dopo pranzo, ripartiamo un po’ sonnolenti verso l’Italia.

Attraversiamo il confine… finalmente a casa!!!

E, incredibile, inizia il stesso caldo tropicale che ci aveva accompagnato durante le prime ore dell’andata. Effetto pianura padana: afa e umidità imperversano ancora nonostante siamo alla fine d’agosto.

Sono le otto di sera quando siamo a casa e siamo stanchissimi!

Questa ventiquattresima tappa del viaggio è stata di circa 1000 km, percorsi durante tutta la giornata considerate le varie fermate.

Il nostro meraviglioso viaggio è finito. Resterà per sempre nei nostri cuori e nella nostra mente. Per cosa? Per tutta quella strada, per tutte quelle buche, per tutto l’asfalto antico come Lenin che ancora resiste in Russia ed in Ucraina, per quel caldo allucinante e per quel freddo agghiacciante, per tutti quei sorpassi, anche per quelli azzardati e per quelli azzardatissimi, per tutti quegli hotel, quei letti, quelle lenzuola sempre bianche immacolate e quei copriletto sempre coloratissimi, per le città meravigliose, per le statue di Lenin, per la gente che ci guardava con sospetto, per la gente un po’ scorbutica e per quella più accogliente, per quel cibo così buono, ricco di grassi, antidietetico, ma così gustoso, per le ragazze così belle e i ragazzi così bruttini, per tutto questo e per tanto altro ancora vissuto in questi stupendi ventisei giorni…

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