Luna di miele speciale e avventurosa

Negli States senza volare: da Southampton a New York in nave, poi on the road tra Cascate del Niagara, Toronto, Washington D.C., Atlantic City…
Scritto da: annalisa.fichino
luna di miele speciale e avventurosa
Partenza il: 16/09/2016
Ritorno il: 12/10/2016
Viaggiatori: 2
Spesa: 4000 €
Dal vecchio al nuovo mondo senza volare: in luna di miele tutto è concesso!

Questo è il resoconto di un viaggio desiderato da una vita e organizzato in un anno. Quando si desidera tanto visitare un posto lontano, ma il consorte teme l’aereo, ci si può provare con mezzi alternativi. Questo è il resoconto di un viaggio di altri tempi, con finale ribaltato, però.

L’occasione di fare un viaggio cosi lungo e costoso, viene dal nostro matrimonio. Non so per quale motivo, fin da bambina, ho avuto la fissa di fare il viaggio di nozze in America. E il destino ha voluto che il mio futuro marito fosse terrorizzato dall’aereo. L’idea di fare una crociera transoceanica, quindi, c’era già. Ma non riuscivo a trovare una nave che facesse sia l’andata che il ritorno. O al massimo si fermava solo un giorno a New York. Sempre il destino, ha voluto che la compagnia Cunard, proprio nel 2016, aggiungesse una crociera che, passando per New York, andasse poi in Canada. La Queen Mary 2, dopo il suo giro in Canada, sarebbe ripassata per New York, per poi tornare nel Vecchio Mondo. Ma come arrivare al porto di Southampton, da dove parte questo moderno Titanic? Semplice, in treno.

Il 16 Settembre, alle 16, siamo alla stazione di Orte. In seguito ci renderemo conto che portare due trolley a testa e trascinarli per mezza Europa non sarà uno scherzetto. Ma il fatto della nave, che richiedeva eleganza, e la stagione di mezzo non ci ha aiutati. La tabella di viaggio diceva partenza il 16 Settembre e rientro il 21 Ottobre. Come palline di un flipper, il primo giorno abbiamo fatto questo in terno : Orte -Roma / Roma- Milano / Milano- Parigi/Parigi-Londra. I controlli sono stati devastanti, sul Thello notturno per Parigi ci hanno svegliato diverse volte per controllare i bagagli. Al check-in del treno per Londra, invece, non credevano fossimo diretti a New York in nave… ulteriore controllo dei voucher per la nave, e siamo liberi di salire sul treno. Ci siamo resi conto del livello di allerta che c’è in giro. E anche, vagamente, della “pericolosità” del viaggio che stavamo facendo. Praticamente avremmo toccato tutte le principali stazioni e capitali, sia europee che americane. Comunque, per cominciare, a Parigi, nello spostamento in taxi fra Gare du Lion e Gare du Nord, c’è scappato un giretto veloce alla Toure Eiffell.

PRIMA TAPPA: REGNO UNITO

Non proprio freschi, arriviamo in hotel a Londra, con un fantastico taxi inglese, verso le 5 del pomeriggio successivo. Ventiquattro ore di treno e passa la paura! L’hotel si chiama Sidney, la nostra camera è un po piccolina (per le oltre 200 sterline pagate a notte), però la posizione è comodissima, a pochi passi da Victoria Station. Le due giornate londinesi scorrono troppo velocemente: Piccadilly, Soho, MayFair, la visita a Buckingam Palace con la mostra degli abiti della Regina Elisabetta (in occasione dei suoi 90 anni), Covent Garden, la visita al ricostruito teatro Globe di Shakespeare, gli scoiattoli a Regent’s Park… Una città plumbea e freddina, ma veramente affascinante, piena di persone educate e cordiali pronte a dare indicazioni al bisogno. L’unica pecca è l’elevato costo di ogni cosa… devi pensare un po’ prima di fare o comprare qualcosa! Il successivo martedì la nostra nave partirà da Southampton, cosi ci informiamo su treni e bus. Decidiamo per il treno ma non ci è tanto chiaro cosa dovremmo fare a Junction Station. Una volta ci dicono che dovremmo cambiare treno, una volta no… Poi, quando siamo saliti, abbiamo capito che dovevamo soltanto metterci nel vagone giusto, perché a Junction Station dividevano il treno in due per mandarlo in differenti direzioni. La nostra solita fortuna ha fatto poi rompere il treno, per abbandonarci tutti su una minuscola stazioncina della campagna inglese, in attesa di sostituzione.

Le due ore di tragitto si sono trasformate in quattro, ma alla fine raggiungiamo l’hotel Mercure Dolphin di Southampton dove soggiorneremo una sola notte in attesa di imbarcarci. Di questa città ci ricordiamo soprattutto una memorabile pizza da Pizza Express, veramente squisita. Per il resto non abbiamo visto nulla di speciale, ma eravamo di passaggio e nemmeno ci siamo preoccupati di verificare cosa poter visitare.

Verso le 14:30 abbiamo cominciato a trascinarci i trolley fino all’Ocean Terminal di Southampton. Vedere a terra, strada facendo, un bel po’ di lastre memoriali sul Titanic, ci stava quasi facendo tornare indietro… alla fine abbiamo smesso di leggerle e siamo arrivati alla nostra destinazione. Un paio di maggiordomi ci sono venuti incontro per prendere i nostri bagagli… WOW, come inizio non è male! La Queen Mary 2 è li, pronta a salpare, imponente e molto chic nel suo colore blu e bianco. Aspettiamo il nostro turno al display (umano, visto che si trattava di una signora che sollevava un cartoncino con la lettera di turno!), e ci sottoponiamo per l’ennesima volta a tutti i controlli. Finalmente raggiungiamo la nostra splendida cabina interna, dove troveremo ad aspettarci il nostro concierge, un ragazzo filippino di nome Romer, ed una bottiglia di champagne.

ARRIVEDERCI VECCHIO MONDO

Tutti col sorriso in bocca salpiamo e a suono di Barry White con musica dal vivo… ARRIVEDERCI VECCHIO CONTINENTE… andiamo ad esplorare il NUOVO!

Il giorno dopo, ahìme, il sorriso era un po’ svanito dalla bocca di molti. Diciamo che la nave era mastodontica… ma l’oceano Atlantico lo è molto di più! Fra le pasticche per il mal di mare che mi aiutavano a fare infinite ore di sonno, e malesseri vari… della mia crociera mi sono goduta ben poco. La nave è lussuosissima, costosa negli extra, con discoteca, sala concerti live, vari luonge, palestra, centro benessere e diverse piscine con idromassaggio. Purtroppo molte delle piscine sono esterne e, passando per l’estremo nord, è stato impossibile utilizzarle. L’unica piscina che tutti si godevano era quella al ponte 12, coperta da una cupola di vetro e quindi riparata dal vento. Alla fine, la settimana più lunga della mia vita (6 ore in più per il fuso orario), non si è rilevata delle migliori.

Ma il 27 settembre all’alba ci svegliamo tutti eccitati… fra poco saremo a New York! In fretta ci vestiamo per vedere, finalmente, terra… apriamo la porta per uscire sul ponte e rimaniamo senza fiato: la STATUA DELLA LIBERTA’ è li, DAVANTI A NOI! Bella e affascinante come l’avevamo immaginata. Le lacrime mi salgono agli occhi, non so se per il fatto che scendiamo dalla nave, o perché ho finalmente raggiunto la mia ambita America!

WELCOME IN THE USA!

Scegliamo di fare il self-desemboarding, portando con noi tutti i bagagli, e cercando di scendere il prima possibile… FINALMENTE TERRA! E al primo piede che metto giù… no, non è possibile… mi gira tutto di nuovo! Dopo giorni di mal di mare… il mal di terra… e questo dondolio (nella mia testa), mi accompagnerà per circa tre giorni una volta scesa. Facciamo tutti i controlli (più veloci che in Europa) e varchiamo il fatidico cartello “Welcome in the United States“. Ce l’abbiamo fatta… e partendo in treno da ORTE! Usciti dal porto troviamo svariati taxi e autonoleggiatori ad aspettare, chiedevano alle persone la destinazione e si accordavano fra di loro sui clienti. Noi siamo capitati con un noleggiatore che ci ha spiegato che i taxi gialli costano meno, però guidano come pazzi. Ok, poi avremo modo di provare…

Con gli occhi già pieni di questa fantastica città arriviamo al nostro hotel Jolly Madison Tower. Times Square, Broadway, Central Park, il museo delle cere di Madame Thoussand, l’hamburger da Shake Shake… dopo poche ore già siamo innamorati cotti di questa Babilonia di gente, luci e colori.

Il secondo giorno l’abbiamo dedicato alla visita di Miss Liberty. Circa cinque mesi prima avevamo comperato i biglietti per salire fino alla corona (dal sito www.statuecruises.com), una bella scalinata a chiocciola per salire… ma che effetto vedere questa signorina, cosi famosa, da dentro! Anche qui i controlli sono tantissimi, stile aeroporto, sia prima di salire sul traghetto per la statua che al suo ingresso. Per questo motivo, e per il ritardo che già avevamo noi, rischiavamo di perdere il rientro dell’ultimo traghetto e abbiamo rinunciato alla visita del museo dell’immigrazione a Ellis Island.

Usciti da Battery Park, abbiamo visitato la zona di Downtown, con Wall Street e famoso toro annesso. Poi siamo andati a Ground Zero e al Memorial Museum of 09/11. Veramente toccante. Siamo entrati al World Trade Center, anche per ripararci dall’improvviso freddo e dal cielo che prometteva pioggia. Dopo esserci andati a vestire più pesanti, siamo usciti per cena e abbiamo scovato una catena della Barilla. Da bravi italiani “pastasciuttari “ ci siamo fiondati… il condimento è americano, ma almeno la materia prima è nostrana!

Il mattino seguente ci rechiamo al noleggio Hertz per ritirare l’auto prenotata (circa 1000 € per dieci giorni). Con un po di preoccupazione scopriamo che il noleggio è in piena Broadway, dove il traffico è congestionato ad ogni ora. Molto lentamente usciamo dalla “ Big Apple”…USA we’re coming!

ON THE ROAD

Strade dritte, tante corsie, tutte praticamente deserte… ed il limite max è di 70 miglia orarie. E non puoi assolutamente azzardarti a premere l’accelleratore, la polizia non scherza da queste parti ! Verso la settima ora di viaggio con pilota automatico e cruise control, la nostra euforia comincia a scemare. Sembra di essere su una macchinnina dei bambini, va avanti da sola, sempre dritta. Dopo nove ore e 650 miglia percorse arriviamo a destinazione: Niagara Falls.

L’hotel si chiama Niagara Fallsview ed è a due passi dal “centro” della città. Metto le virgolette perché, più che una città, questo posto sembra un luna park… giostre, locali e negozi di souvenir. La sera riusciamo solo ad azzannare un pollo in salsa bbq all’Hard Rock Cafè locale, poi crolliamo a letto.

La mattina seguente ci sveglia un bel sole, meno male! Colazione da Sturbucks e via, a piedi lungo il belvedere. Lo scroscio d’acqua si fa udire sempre più potente e, finalmente, eccola lì, le Cascate del Niagara! Decidiamo di fare l’attrazione Join Behind the Falls, praticamente un tunnel che ti porta dietro la cascata (16 $). Bello vedere la cascata da qui ma, assaggiando qualche schizzo d’acqua e sentendo la temperatura esterna, lasciamo l’altra attrazione, il battello che ti porta fin sotto, ad altri temerari. Decidiamo poi di attraversare a piedi il ponte che attraversa la frontiera per tornare negli Stati Uniti. Paghiamo 1 $ canadese ciascuno al tornello e… veniamo respinti alla frontiera perché con noi avevamo solo le fotocopie dei passaporti! Torniamo in albergo a prendere gli originali, paghiamo un altro dollaro a testa e riusciamo a varcare il confine. Le cascate sono più belle dal lato canadese, però anche qui è affascinante. C’è tutto il percorso vicino le rapide che stanno per gettarsi nella cascata, ponti per attraversare il fiume e una natura incontaminata.

Il giorno seguente si prosegue nel tour. Prossima tappa: Toronto. Arriviamo in una giornata umida e freddina, tanto che la nebbia copre la punta degli immensi grattacieli. Sembra di essere a Tokyo. Se siete amanti del genere ultra moderno, questa capitale fa per voi. Uno skyline infinito di grattacieli collegati fra loro da tunnel. Per fortuna ci siamo incontrati con la Notte Bianca, così fra un giro per negozi e uno spettacolo abbiamo passato una bella giornata.

GLI IROCHESI

Il giorno dopo si sarebbe dovuto avverare il mio desiderio antropologico: visitare la Riserva delle Cinque Nazioni, dove risiede la civiltà indigena della Lega Irochese. Il nostro hotel è a Brandford, a una ventina di miglia dalla riserva. Si tratta di un Hampton Hill by Hilton provvidenziale per palestra, piscina e idromassaggio, visto come si sarebbe evoluta la giornata. Ma torniamo alla riserva… sbagliando strada finiamo in un posto chiamato Caledonia, dove ci incontriamo con la fiera annuale del bestiame. Ci fermiamo e ci divertiamo un sacco in questo villaggio di campagna, dove tutti si conoscono, ci sono gare cinofile, giostre, gare di torte e della zucca più grande. Gli espositori si sono passati le voce di due “forestieri” che si aggirano per la fiera e un sacco di persone ci attaccano bottone dicendo che l’Italia è bellissima. Purtroppo comincia a piovere e proseguiamo verso la Riseva. E lì, ahìme, ho la cocente delusione di costatare che questo nobile popolo si dedica principalmente allo smercio di benzina e tabacchi a prezzi stracciati. Complice la pioggia che aumenta, in giro non c’è anima viva. Avevo letto ottime recensioni, ma durante il Pow Pow, che è una loro festa tradizionale. Probabilmente una domenica di pioggia battente sarebbe stata una delusione ovunque.

PENNSYLVANIA

Di buonora, il giorno seguente, partiamo per rientrare negli USA. Precisamente siamo diretti a Warren, in Pennsylvania. Nel calcolo dell’itinerario era un buon punto intermedio per spezzare la tirata fino a Washington D.C.. E poi Warren è dentro l’ Allegheny National Forest, un parco nazionale di cui, dal sito, mi sono fatta spedire tutte le brochure con i percorsi. Qui soggiorniamo all’Holiday Inn, carinissimo con tutti gli alberi nella zona della piscina coperta messi a riprodurre una foresta. Purtroppo, nel mio entusiasmo, non avevo calcolato che questa tappa l’avremmo affrontata un lunedì di ottobre. E , proprio come sarebbe accaduto da noi, ogni chiosco informativo è chiuso, non c’è traccia di guardiani o di ranger che ti indichino il giusto sentiero prima di addentrarti nella foresta. L’ambiente qui è come quello dei film americani, dove una bellissima famiglia fa un pic-nic… e poi esce fuori un maniaco con la motosega. O al meglio sentono un grizzly in avvicinamento. Mio marito non ha voglia di incontrare né maniaci né grizzly e rinunciamo.

Il paesino di Warren ha poco, una specie di emporio-antiquariato, un pub… e qualche altro negozio, con chiusura alle 18. Ma è delizioso. Sembra di essere in un telefilm americano: le case sono di legno, singole, colorate ed ognuna col suo giardinetto. In questi giardini ci sono le bici abbandonate a terra dei bambini, e loro stessi che quando passi ti dicono <>. Qualche abitazione comincia ad essere addobbata per halloween, altre hanno fuori il cartello politico a favore di Trump o Hillary, (siamo nel clou della campagna elettorale). Anche se la foresta non l’abbiamo vista, passeggiare in questo ‘telefilm’ è stato bellissimo!

A PASSEGGIO NELLA CAPITALE

Il 5 Ottobre è la volta di tornare in una grande città: Washington D.C.! La prima sorpresa viene dall’hotel dove soggiorneremo: Il Kellog Conference. E’ dentro un campus universitario, per la precisione la Gallaudet University. Abbiamo diritto anche di prendere il pulmino universitario che fa la spola per United Station… un tuffo indietro agli anni dell’università, con spirito americano… cosa chiedere di più?! Usciamo a piedi e, cammina cammina, all’ora del tramonto, siamo davanti al Campidoglio… stupendo! Continuiamo a piedi fino alla White House, che distinguiamo a mala pena dietro le transenne lontanissime. La capitale degli Usa si dimostra veramente altolocata: negozi di lusso e locali raffinati. Tanto da farci spennare 94 $ per mangiare due stupidaggini al ristorante cubano.

Il giorno seguente è uno dei migliori di tutto il viaggio: niente miglia da macinare ed un sole stupendo. Con 84 $, praticamente le abbiamo comprate, abbiamo noleggiato due bici. Washington si gira una favola in bici. Visitiamo il Museo dei Nativi Americani (gratuito, come tutti i musei qui) e poi ci dirigiamo al Pentagono. Passiamo per i memoriali di Lincoln, Washington, Jefferson e torniamo alla White House, dove troviamo transenne ancora più distanti, perché c’è un party in giardino. La sera non vogliamo di nuovo venir spennati, cosi rimaniamo nella zona est della città, quella universitaria. Infatti al Readrock Neapolitan Bistrò, con la metà dei soldi, mangiamo il triplo della sera precedente. E poi la zona è piena di localini carini.

BIRD-IN-HAND

Il giorno seguente 100 semplici miglia ci separano dal traguardo. Cosi strada facendo ci fermiamo a visitare uno dei tanti outlet che incontriamo. Di primo pomeriggio giungiamo all’hotel Lancaster di Lancaster, per l’appunto. Naturalmente siamo qui per gli Amish. Ci dicono che il primo villaggio dove trovarli è Bird-In-Hand, a poche miglia. Ma dobbiamo sbrigarci che presto chiuderanno le loro attività. E infatti, verso le 17:30 del pomeriggio, i nostri cari Amish ci chiudono in faccia negozi e attività varie. Facciamo un giro in macchina e becchiamo qualche bimbo che gioca, un ragazzo con quelle loro bici particolari e diversi carri trainati da cavalli… ma con i led e le quattro frecce posteriori! Il paesaggio è incantevole, distese di granturco, granai, fattorie… e un tramonto mozzafiato. La serata la trascorreremo passeggiando e con una bevuta nel locale pub.

Il mattino seguente, prima di lasciare Amish County, decidiamo di ripassare per Bird-In- Hand. E infatti eccoli lì, gli Amish, con le loro cuffiette e le barbe particolari degli uomini sposati, intenti a vendere i loro prodotti di artigianato e gastronomia, nel mercatino quotidiano. I dolci sono proprio attraenti, belli a vedersi e grandissimi. Peccato che il nostro rientro a casa è ancora indefinito, visto che non abbiamo nessuna intenzione di risalire in nave e stiamo valutando i voli.

ADRIANA!

Lasciati i paesaggi stile Laura Ingalls, ci dirigiamo verso una tappa obbligata per due sportivi: Philadelphia e la scalinata di Rocky. Prima di qui, strada facendo, ci siamo fermati a visitare Baltimora: carino il porto ma nell’insieme non ci ha entusiasmato. Ma torniamo a Rocky… evitiamo di parcheggiare a pagamento davanti al museo e ci spostiamo giusto al lato della strada, dove c’è un parcheggio gratuito. Ci avevano avvertito che, probabilmente, il mito di Rocky lo sentiamo più noi che i suoi compatrioti. Infatti tutto si riduce alla statua in fondo alla scalinata e a gente che corre su e giù per queste scale facendo flessioni, gridando << ADRIANA ! >> e filmandosi. Passeggiamo fino alla biblioteca ma non ci addentriamo fino al centro, il tempo corre, e noi dobbiamo raggiungere la prossima tappa: Atlantic City.

PENULTIMA TAPPA

Qui pernotteremo due notti in un motel, il Quality Inn Flamingo, carino e pulito. Mio marito crolla addormentato e io decido di cominciare ad esplorare questa città dell’azzardo. Attraverso la strada, una fila di grattacieli e… l’oceano è di fronte a me! La spiaggia è bianca e infinita, a lato c’è una passerella di legno con una miriade di negozi, locali e, naturalmente, casinò. La temperatura è piacevole ed è quasi l’ora del tramonto. Passeggio un po’ poi vado a tirare giù dal letto mio marito… non può perdersi questo tramonto! E, infatti, trascorriamo una piacevolissima serata, curiosando nei negozi e nei casinò (non siamo giocatori e nemmeno ci proviamo). Ceniamo con un ottimo panino all’astice del Maine da HENRY’S.

La mattina seguente trascorre in una piacevolissima passeggiata a bordo Atlantico. Purtroppo l’uragano Matthew è arrivato proprio oggi in Florida e gli effetti cominciano a farsi sentire: una pioggia torrenziale caratterizzerà il resto del nostro soggiorno qui. Anche il vento non scherza, non c’è ombrello che tenga. Bene o male riusciamo a visitare uno store dell’Harley Davidson ed il grande outlet di Atlantic City. Ceniamo in un ristorante brasiliano e battiamo in ritirata che il tempo peggiora a vista d’occhio. La mattina ci sveglia un tempo infernale, le piante si piegano a terra e tornano su… un diluvio come mai visto ci accompagnerà fin quasi a New York.

DI NUOVO A MADISON AVENUE

Guidare è stato difficile, ma man mano che ci allontanavamo la situazione migliorava. E, appena tornati al Jolly Madison Tower di Manhattan ci concediamo un premio: hamburger ed un oreo-cheescake da Moonstruck! Appena riconsegnata la macchina ci immergiamo immediatamente in questa città “lavatrice”: un’inebriante sensazione di centrifuga ti avvolge in mezzo a tante cose da vedere e fare. La sera ceniamo in un pub irlandese dove, come due veri americani assistiamo al dibattito fra Hillary e Trump. Il nostro penultimo giorno americano è la ciliegina sulla torta di questo viaggio affascinante. La mattina abbiamo avuto la fortuna di assistere al Columbus Day, sulla Fifth Avenue. La parata di tanti nostri connazionali, immigrati da generazioni, con le associazioni, le divise e i mezzi dei vari corpi delle forza dell’ordine… quanta Italia a New York! Per pranzo andiamo in un alimentari “self-service”, dove puoi fare la spesa e mangiare. Troviamo posto di fronte alla vetrina, dove su un cartello è ben specificato che non si possono consumare alcolici, dato la visibilità dalla strada. Il pomeriggio ho avverato un mio grande sogno: pattinare al RockFeller Center! Quanti film natalizi ho visto, con scene in questa famosa pista di ghiaccio! La sera gingilliamo per Times Square, cenando con della pizza da House Kitchen.

PROVARE LA “SAUSADE”

E purtroppo arriviamo al fatidico 11 Ottobre, il nostro ultimo giorno americano. Passeggiamo, acquistando i vari souvenir, spingendoci fino a Central Park, poi visitiamo il Museo di Storia Naturale, passiamo per il mercato Zabar’s e pranziamo in un dining in Columbus Avenue, con un cheeseburger deluxe con mushroom potaetos (in parole povere cheeseburger e purè ). Vogliamo farci male fino alla fine! Ben presto si fa tardi e dobbiamo rientrare in hotel per ritirare i bagagli e aspettare il taxi prenotato. Mentre il tassista egizio-americano ci delizia parlando di tutte le squadre di calcio italiane (con tanti, abbiamo beccato proprio l’ esperto!) noi ci giriamo nostalgici verso il lunotto posteriore… stiamo per dire “arrivederci” a tutto questo. Lo skyline di New York si staglia, imponente, nel nostro ultimo tramonto americano. Arriviamo puntuali al gate 4 del JFK, dove prenderemo il volo EK 204 di Emirates Airlines per Milano Malpensa. Mio marito è spaventatissimo, cosi l’hostess (di Lanciano, in Abruzzo ), gli chiede come ha fatto ad arrivare negli Stati Uniti. La storia è lunga, e fra un racconto all’hostess e vari film di Rocky, trascorriamo un volo tranquillissimo, tanto da sbloccare Marco! Poco prima di mezzogiorno atterriamo nella nostra bella Italia. Un po’ storditi dal viaggio optiamo per noleggiare un’auto all’Avis (146 €), perché ci costava meno del treno. E adesso, a mesi di distanza, continuiamo a gustarci ogni singolo istante di questa luna di miele. Perchè ogni viaggio è un’avventura… ma non tutti verranno raccontati come una fiaba. Questo sì.



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