LOS ROQUES, il Paradiso… È qui!

PREMESSA: con questo racconto voglio ringraziare Patrizio e Susy poiché, se ho convinto mio marito a partire per Los Roques, lo devo al loro filmato di dicembre tratto dai “Velisti per caso”. Questo mio viaggio è un vero “viaggio per caso”; infatti il 14/2, dopo anni di convivenza, ci siamo sposati ma, scegliere il viaggio di nozze si...
Scritto da: mokina
los roques, il paradiso... È qui!
Partenza il: 15/02/2003
Ritorno il: 01/03/2003
Viaggiatori: in coppia
PREMESSA: con questo racconto voglio ringraziare Patrizio e Susy poiché, se ho convinto mio marito a partire per Los Roques, lo devo al loro filmato di dicembre tratto dai “Velisti per caso”.

Questo mio viaggio è un vero “viaggio per caso”; infatti il 14/2, dopo anni di convivenza, ci siamo sposati ma, scegliere il viaggio di nozze si è presentato subito molto problematico, un po’ perché avevamo già visto un bel pezzetto di mondo e non volevamo ritornare in un posto già visitato, un po’ perché non volevamo assolutamente fare un viaggio organizzato ed un po’ perché…Le nostre mete di vacanza non combaciavano proprio! Dopo lunghe discussioni e ripensamenti alla fine abbiamo trovato un “quasi” accordo: ci siamo infatti messi in lista di attesa per due voli, Milano-Miami (caldamente sponsorizzato da Pietro che ama molto l’America e un giretto per la Florida lo attirava proprio) ed il Milano-Bangkok ( meta da me scelta per ritornare verso Krabi nel bel Mare delle Andamane) ed abbiamo rimandato la decisione finale al momento in cui avremmo pagato il biglietto (in attesa anche degli eventi internazionali).

Poi, una sera, durante una puntata dei Velisti per caso Patrizio ha mostrato le immagini di Los Roques ed è stata una folgorazione: ci siamo guardati ed all’istante abbiamo capito che il nostro viaggio di nozze lo volevamo passare lì, in quell’arcipelago formato da decine di isole deserte! Il giorno dopo sono letteralmente corsa in agenzia ad annullare i voli prenotati ed a comprare un biglietto per Caracas, non senza qualche incertezza in quanto a fine dicembre la Farnesina sconsigliava caldamente il Venezuela per la situazione politica precaria; noi comunque, partendo dal principio che cerchiamo di non cacciarci nei guai, non siamo troppo paurosi e la situazione non ci sembrava così pericolosa, soprattutto sulle isole.

Anzi, tale situazione ci ha recato dei vantaggi, infatti con la Tap (compagnia aerea portoghese) abbiamo spuntato il biglietto Milano-Caracas a 485 euro (tasse escluse e le tasse di uscita dal Venezuela, vi assicuro, sono carissime circa 60 euro).

Con il biglietto in mano ho iniziato una ricerca a tappeto in internet per trovare una posada (Los Roques è parco nazionale-si paga un ingresso di circa 10$-e non esistono alberghi o villaggi, ma solo case di pescatori trasformate in piccole pensioncine di 4/5 camere e, l’isola principale Gran Roque, è una vera…Succursale italiana: di circa 80 posade, più della metà sono gestite da italiani!) ed ho iniziato ad inviare un po’ di mail di richiesta preventivi.

Fra i tanti (devo dire tutti piuttosto alti, dai 100 ai 140$) ne ho selezionato uno, quello della Posada Lagunita, un po’ perché aveva come riferimento un numero di cellulare italiano per eventuali comunicazioni (il padre di Claudia, la titolare), un po’ perché mi aveva fatto un buon prezzo (70 euro ALL inclusive con un piccolo sconto per la Luna di Miele) ed un po’ perché mi era piaciuta la risposta di Andrea che mi aveva dato fiducia; non ultimo il fatto che l’anticipo potevo inviarlo ad un numero di conto corrente italiano e non americano.

Andrea poi si è occupato di prenotarci trasferimenti e volo interno (Caracas- Los Roques e ritorno costa 110$ a testa): insomma una vacanza fai-da-te all’insegna del tutto prenotato.

Dopo aver effettuato tutte le prenotazioni ed essermi messa il cuore tranquillo pronta per l’imminente partenza, una doccia fredda: sei giorni prima della partenza mi chiama l’agenzia viaggi e mi comunica che il volo Lisbona-Caracas del 15/2 è stato annullato poiché vuoto e ci propone di partire comunque il sabato, pernottando però a Lisbona a spese della compagnia aerea, per poter prendere il volo delle 9,30 della domenica mattina. Naturalmente accettiamo (potevamo fare diversamente?) anche se siamo un po’ dispiaciuti per il ritardo (Lisbona è una bella città, ma l’estate scorsa ci abbiamo passato le vacanze e la conoscevamo già), anche se il disguido ci ha evitato una levataccia prevista per la partenza del sabato.

Questa, insomma, è stata la nostra storia ed è la lunga prefazione a quello che è stato uno di nostri viaggi più belli: l’arcipelago di Los Roques.

SAB.15/2/03 = mi sveglio dopo una notte un po’ tribolata, dovuta forse ad una cattiva digestione o ad un po’ di “ansia da partenza”; non mi sento troppo bene e provo la febbre.

Scopro che non è l’ansia che mi fa sentire così, ma la febbre: alle 8 della mattina ho già 37,2: che ….Sfortuna, questa proprio non ci voleva! Il Malpensa Express parte alle 9,30 e propongo a Pietro di uscire di casa 10 minuti prima per poter saccheggiare la farmacia: è meglio partire con tutto l’occorrente per cercare di prevenire una bella influenza ed evitare di arrivare là senza medicine (sull’isola è presente un piccolo ambulatorio, ma attrezzato con il minimo indispensabile e solo per i primi soccorsi: tagli o fratture).

Durante il viaggio la febbre sale ed arrivo a Lisbona con 38,5 : non ci resta che rimanere in albergo sperando nell’indomani.

E dire che sognavamo una cenetta a lume di candela al Ponto Final (ottimo ristorante di pesce sulla sponda del fiume Tago)! Speriamo in domani… DOM.16/2/03 = visto che la febbre non scende non mi limito a prendere la tachipirina, ma la affronto con l’antibiotico (NON POSSO PERMETTERMI DI ESSERE MALATA, NON IN QUESTO VIAGGIO) e mi imbarco sul volo per Caracas un po’ intontita e non mi accorgo quasi che l’aereo effettua una sosta a Porto per imbarcare un po’ di gente (e comunque sull’aereo non ci sono più di 100 persone e mi chiedo in quanti saremmo stati se fossimo partiti il giorno precedente…) Il viaggio comunque è tranquillo (si vola bene con la compagni portoghese) ed io lo passo sonnecchiando (la febbre arriva a 39,7!); anche lo steward ha capito che non sono in ottima forma (forse dal mio rifiuto al cibo o dal fatto che gli chiedo di continuo da bere) e, più di una volta, viene a vedere se ho bisogno di qualcosa: è veramente gentile.

Dopo 9ore arriviamo finalmente al Maquetia e la prima impressione non è proprio delle migliori: l’aeroporto è piuttosto malmesso, caotico (gente che parte mescolata a gente che arriva), e si vedono lunghe code dappertutto.

Infatti presto scopriamo che le code in uscita dal paese sono dovute al controllo dei bagagli a mano (fanno aprire tutte le borse e ci frugano dentro), mentre quelli in entrata date dalla lentezza nel controllo dei passaporti da parte dei doganieri, aggiunta al fatto che ti rifanno compilare il foglio di ingresso dato dalle hostess sull’aereo in quanto non di loro gradimento (forse a loro piace il formato del modulo quadrato piuttosto che rettangolare, in quanto le indicazioni contenute sul modulo sono ESATTAMENTE le stesse); soprattutto la doganiera di Pietro si accanisce con lui, non deniandolo di uno sguardo per 5 lunghi minuti e chiedendogli almeno 10 volte il numero del volo TAP.

Per fortuna siamo arrivati presto (in aereo ci hanno detto che sono le 15,20 ora locale) e la coda al controllo passaporti non è molto lunga; inoltre siamo partiti solo con il bagaglio a mano (non vi dico per farci stare tutto!) e non dobbiamo aspettare le borse.

All’uscita, per fortuna, troviamo subito Elvis con il cartello “Posada Lagunita; dopo un breve saluto ci mette subito fretta dicendoci che siamo in ritardo.

In ritardo? Ma se sono le 15,45! NO, in aereo hanno sbagliato a dirci l’orario: sono le 16,45 e l’aereo per Los Roques può partire solo fino alle 17 poiché sull’isola la pista non ha illuminazione: perfetto, se non ci spicciamo lo perdiamo pure! Elvis comunque ha già l’auto pronta per accompagnarci alla zona dell’aeroporto dedicata ai voli interni ed il pilota comunque aspetta solo noi per partire ( è un piccolo aereo da turismo 4 posti) perché l’altra coppia che doveva arrivare con Air France non arriva più: il loro aereo ha avuto un guasto e la compagnia non aveva un mezzo sostitutivo per farli ripartire se non dopo due giorni (poi vengo a sapere che hanno rimandato il viaggio ed hanno avuto il rimborso del biglietto).

Il piccolo aereo da turismo (veramente piccolo, una valigia rigida non troverebbe posto nel vano portabagagli e se supera i 10 kg paga pure il supplemento!) decolla tranquillamente e raggiunge la quota di crociera velocemente: peccato, è solo un po’ rumoroso! Il pilota ci annuncia che il volo durerà “una media ora” : preparo la macchina fotografica e guardo il mare sotto di me: non vedo però nulla di interessante fino a 10 minuti prima dell’arrivo, quando all’orizzonte inizio a scorgere gli atolli e il mare si “rischiara” da blu a verde.

Ed ecco che lo spettacolo di Los Roques mi si apre davati ed iniziamo a sorvolare gli atolli : è un’emozione pari solo a quella provata tra le isole polinesiane! L’atterraggio (per via del vento) è un po’ peggio della partenza, ma atterriamo sani e salvi: appena sbarcati ci attende il ragazzo della posada (il figlio di Maria, la signora che si occuperà delle camere e che noi, durante il soggiorno, ci divertiremo un po’ a prendere in giro per la sua mania di pulizia dicendole spesso “Sempre a limpiar , Maria?” ricevendo sempre la stessa risposta “Siempre, siempre” ) che ci accompagna da Andrea e Claudia.

All’ingresso non riusciamo a pagare la tassa del parco perché non abbiamo bolivares e non ci accettano i dollari (in questo momento in Venezuela il cambio è bloccato per via della continua svalutazione della valuta locale; praticamente i dollari servono a poco, molto meglio portarsi bancomat e carta di credito e prelevare presso la banca locale), comunque non c’è nessun problema poiché si incaricherà l’indomani Andrea.

La posada e la camera ci piacciono subito molto insieme ai proprietari: c’è una bella zona giorno aperta su di un giardino interno (lì piove poco e fa caldo, quindi la zona living è spesso aperta) ed un grande terrazzo ventilato.

La camera poi è molto carina e marina (ci sono conchiglie dappertutto) con un bel bagno (unico piccolo difetto: a Los Roques non esiste l’acqua calda ed è a “temperatura ambiente”, ottima solo quando sei molto accaldato e forse un po’ fredda appena arrivati); sono comunque parecchio stanca e sempre febbricitante, quindi mi sdraio un pochino e guardo Pietro che, carinamente, decide di svuotare le borse.

Al momento siamo gli unici ospiti della posada e ceniamo con Claudia ed Andrea; subito dopo cena però ci corichiamo in quanto sfiniti dalla stanchezza.

Domani…Si parte! LUN 17/2/03 = la febbre purtroppo non mi è ancora passata, ma non mi sento tanto male così dopo una bella colazione a base di succo di frutta, pancake, pane burro e marmellata, the o latte e caffe’ decidiamo di recarci alla vicina MADRIZQUI che dista solo 5 minuti di barca.

Claudia ci prepara il frigo per la colazione al sacco (bibite, insalata di riso, macedonia biscotti e crakers) e Lillo (il nostro capitano che ci accompagnerà in tutte le escursioni) ci stà già aspettando al porto; sulla banchina ci fermiamo ad osservare Gran Roque.

L’isola non è molto grande e non ha strade asfaltate e nemmeno macchine,solo il camion che porta in giro l’acqua (qui tutti la devono comprare in quanto non esistono fiumi sull’isola e viene destalinizzata dal mare, quindi non va sprecata) e quello della spazzatura.

Guardando poi alle nostre spalle notiamo quattro grandi colline e su una di queste un vecchio faro che ci ripromettiamo di andare a visitare (anche perché ci hanno già detto che da lassù si vede un panorama bellissimo); ci sono tanti cani che scorazzano liberamente (non sono assolutamente aggressivi), tanti bambini (almeno 4/5 a famiglia) e tantissimi…Pellicani, una vera esagerazione! Dal molo osserviamo gli uccelli pescare e tuffarsi alla ricerca del pesce intanto che aspettiamo le manovre della barca: finalmente si parte.

Madrizqui ci accoglie con una lunga spiaggia di sabbia bianca e mare verde e ci accorgiamo subito che il clima ventilato è l’ideale perché non ci fa soffrire il caldo (non oso pensare come scotta il sole!); ci spalmiamo quindi abbondantemente di crema ad alta protezione e ci infiliamo sotto l’ombrellone.

Alle 15 comunque voglio tornare in posada perché mi sento sempre la maledetta febbre: rientriamo e scopro che mi si è alzata di nuovo; mi caccio a letto con una pastiglia e mi riprometto che domani starò buona buona in camera.

Nel frattempo sono arrivati due equipaggi della KLM che in attesa di ripartire per Amsterdan si fermeranno tre giorni qui; per cena siamo così in 15.

Iniziamo con un antipasto, una bella pastasciutta, l’orata alla griglia con verdure ed il dolce: tutto molto buono, peccato che non ho fame! Mi rifarò presto! Gli olandesi sono molto simpatici anche se il nostro livello di inglese è piuttosto basso e la conversazione è un po’ difficoltosa; ci rifacciamo comunque con Gigi e con Ale due amici di Claudia che le danno una mano lì.

Siamo comunque ancora un po’ sfusi ed andiamo a dormire.

MART. 18/2/03 = Pietro parte con gli olandesi per la vicina Francisky ed io rimango in posada: un giorno di riposo non può che farmi bene anche perché ho la pressione a terra e mi sento uno straccio.

Alle due mi sforzo di mangiare la minestra di pollo che mi ha preparato Gigi, poi leggo un po’ sulla terrazza; Pietro arriva alle 17, per la merenda (tutti i pomeriggi, rientrati dal mare, troviamo la tavola apparecchiata con succhi di frutta, caffè e torta o focaccia).

Mi sento meglio, non ho la febbre e così decidiamo di salire al vecchio faro olandese per vedere il tramonto (non senza qualche fatica da parte mia!); da lassù lo spettacolo è meraviglioso con il sole rosso che si tuffa nel mare e lo spettacolo delle vicine Madrizqui e Francisky.

Domani finalmente mi godrò la giornata intera: non vedo l’ora! MERC.19/2/03 = oggi di nuovo a Francisky, ma Lillo oggi non ci lascia in zona “piscine”, ma “all’accampamento”: è carino ma non bellissimo (ho voglia di fare qualche giro un po’ più lungo e vedere qualche atollo più lontano).

La giornata comunque non è nemmeno bellissima (piove per ben tre volte per …1 minuto circa!) e ci sono parecchie nuvole; rientriamo piuttosto presto e, dopo la doccia, scopriamo che il tempo è tornato bellissimo.

Decidiamo allora di andare al bar della spiaggia per goderci il tramonto sorseggiando il daiquiri alla fresa; si rivela un’ottima scelta.

Sull’isola i turisti sono pochi; decidiamo di farci un giretto per dare un occhio alle case colorate ed ai negozietti (due in croce) e ci soffermiamo a guardare i bimbi che giocano e la gente seduta davanti alle case a chiacchierare.

GIOV.20/2/03 = oggi è partito l’equipaggio ed al loro posto è arrivata una coppia mantovana nostra coetanea: Umberto e Daniela con la quale facciamo subito amicizia.

Lillo ci accompagna a CRASQUI (circa 15 min. Di barca ) ed ecco finalmente un’isola veramente bella: la spiaggia rosea è lunghissima, il mare favoloso e, soprattutto, qui si mangia l’aragosta al baracchino di Juanita.

Con 18.000 bolivares a testa (il bolivares è paragonabile a poco più delle nostre vecchie lire) facciamo il pieno di aragosta alla griglia, accompagnata da un’insalata e annaffiata dalla polar locale (una birra leggera, tipo la corona messicana).

La giornata passa in un battibaleno ed alla sera invitiamo i nostri nuovi amici ad un aperitivo “vista tramonto”.

VEN. 21/2/03 = oggi finalmente ci aspetta una bella gita infatti Lillo ci porterà a fare snorkelling a Cayo Vapor e poi a Cayo Muerto, un piccolissimo atollo deserto di sabbia bianchissima.

Purtroppo c’è vento forte e, durante il tragitto il mare non è troppo calmo; il forte cento ci tira “secchiate” d’acqua in barca e ci laviamo completamente (meno male che ho portato il K-way!) Cayo Vapor è situato sul reef esterno alla laguna e, aldilà della barriera, il mare è molto agitato; lo snorkelling è abbastanza deludente: una razza, una manta, un barracuda, qualche pesce pappagallo e qualcuno un po’ colorato (niente di paragonabile al Mar Rosso).

I colori della laguna però sono incredibili: mille sfumature di verde, un’acqua limpidissima e, in lunghi tratti, bassissima e mille isolotti che affiorano dolcemente.

Quando raggiungiamo Cayo Muerto ci sentiamo dei Robinson: immaginate un piccolo atollo di sola sabbia bianca lungo poco più di 30 metri e largo tre….Questa è l’isola! Purtroppo nel frattempo il vento ha “montato” il mare ed il rientro è abbastanza traumatico on onde di due/tre metri; Lillo (che, da marinaio, ha anche subito un naufragio durato 14 giorni) ci dice di non preoccuparci perché “E’ SOLO AGUA!”, ma non ne ne siamo proprio convinti.

Comunque riusciamo a rientrare e terminiamo la giornata a Madrisqui.

A cena ci aspetta un’ottima crema di zucca e spiedini di pesce spada: buonissimi! SAB. 22/2/03 = oggi ci aspetta un’altra bella gita in barca (con il solito bagno in barca, naturalmente) agli atolli di SARKY e LOS NORONKYS.

Anche oggi purtroppo il mare è un po’ mosso, ma quando arriviamo alla laguna di Sarky è meraviglioso: infatti l’isola fa parte di una vasta laguna circolare con un mare piatto in tutti i colori del verde, dallo smeraldo al verdino quasi trasparente; qui ci sono ancorate delle barche, e presto, oltre a noi, scende sull’isola qualche ricco venezuelano con personale al seguito (in tutto saremo…Una decina).

Dopo la nostra colazione al sacco (oggi panini con frittata di zucchine e verdure) salpiamo l’ancora per l’altra isola; Los Noronkys ha una spiaggia non molto grande di sabbia che termina in un angolo con miliardi di conchiglie.

Sull’isola hanno costruito una specie di piattaforma circolare dalla quale si domina la laguna e ci si ripara dal sole; sosta di un’oretta e si rientra prima che il mare diventi troppo grosso.

Questa sera grande festa in piazza Simon Bolivar: si elegge la miss del carnevale; lo spettacolo è carino perché ci sono i bambini che ballano e sei ragazze (la più giovane ha 13 anni!) si contendono il titolo.

Sono tutte carine, ma vince la biondina, la nostra preferita, figlia di un venezuelano ed una tedesca; le miss sono sponsorizzate dalle posade che hanno affittato per loro dei bei vestiti da sera ed hanno fatto venire da Caracas il parrucchiere ed il truccatore.

Tiriamo mezzanotte e poi torniamo a nanna: il mare stanca veramente! DOM.23/2/03 = oggi rimaniamo vicino a casa : giornata a Madrisky L’isola oggi è “piena” di gente perché oltre ai turisti stranieri, ci sono i locali dell’isola ed i venezuelani di Caracas..

A proposito delle gite in barca: Madrisky e Francisky sono comprese nell’ALL INCLUSIVE, mentre per tutte le altre escursioni va pagata una differenza che va dai 5 ai 15$ per le più lontane; comunque noi, in due per 13 giorni, abbiamo speso 150$ di tutte le uscite in barca.

Oggi comunque al nostro quartetto si è aggiunta una coppia fiorentina: Simona e Piero; anche con loro ci va molto bene perché sono simpatici (meno male, la bella compagnia aiuta la vacanza!) LUN.24/2/03 = questa mattina è arrivato nella nostra posada un gruppo formato da 5 ragazze fiorentine ed un ragazzo di Lecco; si instaura subito un clima gioviale ed un po’ incasinato.

Decidiamo di portarli a Crasky che merita veramente ma, visto che noi coppie l’abbiamo già vista, ci aggiungiamo la visita all’isola AUGUSTIN.

Nel frattempo abbiamo anche cambiato la barca perché Lillo ha litigato con il cugino Pedro ( Pedro è proprietario della barca, Lillo dei motori) ed ha fatto una nuova società con un altro tizio; questa barca è anche meglio della precedente perché ha il tettuccio coperto e i cuscini ai sedili (si prendono di quelle botte!); in dodici ci si sta un po’ stretti, ma ci si diverte di più! Anche l’isola di Augustin è molto bella; sbarchiamo e siamo soli in tutta l’isola.

Stendiamo i pareo, le magliette e gli asciugamani al sole e ci incamminiamo per il sentiero che ci porta sull’altro lato dell’isola: qui c’è una laguna con un mare che…Ci costringe a buttarcisi dentro! Naturalmente facciamo un casino pazzesco, ma non disturbiamo proprio nessuno; scattiamo un sacco di foto anche in gruppo.

Dopo un po’ Lillo ci chiama a raccolta perché il pescatore che vive sull’isola deve liberare due tartarughe di circa 6 mesi che ha allevato; assistiamo all’evento della liberazione degli animali ed immortaliamo il tutto.

Si parte per Crasky dove passiamo il pomeriggio; per il tramonto…Tutti all’aperitivo in spiaggia! MART.25/2/03 = questa mattina il mare è più tranquillo poiché il vento è un po’ meno forte: decidiamo di partire per la gita più lunga, quella che arriva fino all’estremità occidentale dell’arcipelago (per arrivare occorrono circa 50 min).

Per evitare di annoiarci troppo, decidiamo di fare l’escursione a tappe; la prima tappa ci riporta all’isola di Sarky (c’è chi non l’ha ancora vista), la seconda al CARENERO.

Anche il Carenero è un vero spettacolo e non ci resta che…Buttarci in acqua! Piccola parentesi: l’acqua a Los Roques non è calda come il resto dei Carabi (brodaglia), ma un po’ più freschina ed il bagno è piacevole perché rinfresca; certo che se esci dall’acqua e arriva una nuvola che copre il sole, beh, ti devi avvolgere nell’asciugamano perché l’aria si fa sentire ( però di nuvole ne abbiamo viste proprio poche!).

La terza tappa ci porta a CAYO DE AGUA, il posto forse più bello di tutto l’arcipelago; prima di arrivare qui bisogna dichiarare l’itinerario alla guardia del parco di Gran Roque perché lo sbarco a Cayo è limitato a 50 persone al giorno. Lillo ci pianta il solito “campo tendato”, pranziamo (ormai sono le 13,30) e poi, via, alla scoperta del posto; la prima cosa che mi colpisce è una lingua di sabbia dove il mare arriva alla caviglia, lambita dal mare sia sulla destra che sulla sinistra.

Prendo la macchina fotografica e mi avventuro a piedi; attraversato il canale mi trovo su una spiaggia lunga un paio di kilometri di un bianco accecante e di una sofficità da zucchero al velo.

Naturalmente la percorro tutta (amo camminare solitaria perché mi sgombra la mente da tutti i pensieri); al ritorno incontro parte del gruppo che è venuto in perlustrazione e, dopo poco, il resto della compagnia.

Quando rientriamo al campo è quasi ora di ritornare e, questa volta, mi dispiace proprio.

Comunque abbiamo ancora una tappa da fare : l’isola di DOS MOSQUISES dove risiede una fondazione privata che raccoglie ed alleva diverse specie di tartarughe marine; questi animali infatti sono protetti e vengono frequentemente liberati per ripopolare il mare.

Il biologo ci spiega il loro lavoro e ci mostra delle foto di reperti archeologici ritrovati sull’isola; la prossima volta che tornerò qui sarà sicuramente nel mese di aprile perché Lillo mi spiega che è il mese della nascita dei piccoli delfini e la laguna di Dos Mosquises si riempie di questi animali (si puo’ fare il bagno con loro!) Il ritorno all’isola principale è lunghetto ed alla sera ci ritroviamo tutti con…Il mal di schiena! Ci consoliamo subito comprando un paio di bottiglie di rhum locale e preparandoci un ottimo CUBA LIBRE in posada: Claudia accompagna l’aperitivo con platano (la banana verde), pezzetti di zucca e fettine di zucchine il tutto fritto e croccante (non farà bene, ma che buono!).

MERC.26/2/03 = questa mattina mi sono svegliata con un triste pensiero: la vacanza stà svolgendo al termine; lo caccio subito e vado a chiedere quale’è il programma della giornata.

Trovo Lillo che stà proponendo al gruppo un altro giro un po’ lungo: ci porterà a LOS CASTILLOS passando per il canale delle mangrovie (non si potrebbe perché è zona protetta, ma non sbarcheremo e ci limiteremo a passare con la barca); la proposta va bene a tutti e quindi si parte.

Il pass delle mangrovie è veramente suggestivo ed arriviamo quasi senza accorgercene alla barriera orientale esterna; qui qualcuno scende su di un piccolo atollo, altri vanno a fare snorkelling.

Quando ci ritroviamo tutti in barca torniamo verso Francisky percorrendo tutta la barriera; vediamo anche un relitto di nave incagliato che Lillo ci spiega essere stato messo lì per provare dei missili comprati dal governo cileno, esperimento però fallito per via della poca mira del soldato che doveva affondarlo (su 15 missili nessuno ha colpito il bersaglio).

Da allora il relitto è rimasto lì (rimuoverlo forse costa troppo) e sono ormai 15 anni che è incagliato agli scogli.

Finalmente riesco a vedere la “piscina” di Francisky (ero malata la scorsa volta): il colore dell’acqua è da vera “piscina”, ma noto dall’increspatura dell’acqua che ci deve essere una bella corrente.

Preferisco non fare il bagno, ma effettuare un giro dell’isola che mi porta in una laguna che trovo molto più bella; c’è anche un piccolo isolotto che si può raggiungere a piedi (è pomeriggio e compare la bassa marea).

Arrivano presto le 17,30 e ci tocca spingere l barca per poter rientrare.

Questa sera andiamo in vita: prima ci rechiamo in piazzetta a giocare al Bingo con gli isolani (Monica ci legge i numeri in italiano) facendo il nostro solito caos e scombinando il gioco, poi passiamo in un bar che, al nostro arrivo, si anima improvvisamente.

Chiediamo un po’ di musica e veniamo accontentati con salsa, merengue e disco anni 70; ci scateniamo insieme a qualche ragazzo locale ed arriva presto …L’una di notte! GIOV.27/2/03 = oggi si va a pescare. Prima però passiamo dalla “piattaforma”, una casa galleggiante che i pescatori usano come base per la pesca all’aragosta; scendiamo a visitarla (dovreste vedere il bagno!) e ci passiamo mezz’oretta.

Ora è arrivato il momento di cercare una zona ricca di pesce: chi non pesca a mezzogiorno non mangia, quindi tutti si danno un gran daffare per prendere qualcosa.

Certo non è facile pescare in dodici su di una barca (anche se è solo con delle lenze), ma riusciamo comunque a prendere una decina di pesciotti in 20 minuti; Lillo tenta anche la pesca al barracuda, ma senza risultato.

Decidiamo allora di sbarcare sull’isolotto deserto di Yonki dove possiamo cucinarci il pesce; a dire il vero pensa a tutto l’insostituibile Lillo che ce lo porta bello cucinato.

Gli facciamo una bella festa (quando il pesce è così fresco è…Buonerrimo) mangiandolo con le mani; offriamo comunque un po’ della nostra pasta ai barcaioli, in cambio del pesce.

Peccato che per noi sia l’ultimo giorno: mi mancherà tutto questo! VEN. 28/2/03 = ebbene sì, è proprio finita! Andrea ci avvisa che alle 11 partirà l’aereo per Caracas: non ci resta che fare i bagagli.

Salutiamo tutta la compagnia, tutti quelli della posada (compreso il mitico cane Bati, sempre preso a rincorrere le cagnette) e partiamo.

Questa volta l’aereo ha 19 posti e, dall’alto, ci regala una vista meravigliosa sull’arcipelago (ma perché non l’ho fotografata?).

All’arrivo ci aspetta Ector, il tassista di fiducia della posada; infatti, visto che il volo per Lisbona parte alle 17,30 decidiamo di fare un giro a Caracas.

Naturalmente ci accompagna in una zona abbastanza turistica e non pericolosa e comunque, durante il percorso che dura più di mezz’ora (l’aeroporto è molto fuori rispetto alla città), riusciamo a renderci conto di come sia Caracas.

E’ una città strana, in mezzo alle montagne, con le favelas (qui si chiamano rancho) arroccate sulla montagna che sembra sia lì per crollare da un momento all’altro e con zone di grattacieli o residenziali.

Il tassista ci lascia a Trinidad, ci indica un grandissimo negozio di artigianato venezuelano e ci dice che ci viene a prendere tra un paio d’ore; finalmente posso fare un po’ di shopping.

Dopo aver fatto parecchi acquisti ci sediamo in un tavolino all’aperto e ci gustiamo un ottima pizza servita sul tagliere che ci costa come in Italia (ma lì siamo in Venezuela!).

Durante il tragitto del ritorno all’aeroporto troviamo un po’ di traffico (questa sera tutti escono prima dal lavoro perché si festeggia il carnevale) ed arriviamo alle 16 passate; naturalmente, nonostante la mi apprensione, il problema non sussiste perché il volo è in ritardo e non parte prima delle 19. Inutile dire la fila che ci tocca fare per il controllo bagagli, comunque la signorina che guarda nei nostri non ha molta voglia di farlo, e, rispetto al suo collega di fianco, fa solo finta.

SAB. 1/3/03 = eccoci sani e salvi a Lisbona; siamo arrivati presto e chiediamo alla compagnia aerea se può imbarcarci in un volo antecedente al nostro, ma purtroppo scopriamo che per Milano quello delle 14,45 è l’unico. Mettiamo i bagagli in deposito e prendiamo un taxi per il centro città; devo togliere le maniche alla giacca a vento perché ci sono 16 gradi.

Giriamo un po’ per il centro, poi incomincia a piovere; mangiamo un boccone in un localino e torniamo per la tratta finale.

Naturalmente anche questa volta l’aereo ha un’ora di ritardo: ma è possibile che sia così difficile partire puntuali? Alle 19 sbarchiamo alla Malpensa; unica nota positiva: per una volta non dobbiamo aspettare i bagagli.

La vacanza è proprio terminata: mi scuso con tutti per essermi dilungata tanto ma ho voluto essere cosi…Prolissa per cercare di aiutare coloro che cercano informazioni su Los Roques (trovo che se ne trovano proprio poche in internet).

Come ultimo consiglio vi voglio ricordare di portare poco bagaglio, solo qualche costume e qualche maglietta (vi assicuro che non vi serve a niente!) e di prendere in considerazione questo viaggio solo se siete amanti del mare e non soffrite la barca (per questo problema potete però portarvi le pastiglie).

Ringrazio ancora tutti quelli che hanno contribuito a rendere meravigliosa questa vacanza (in particolare gli ospiti e gli amici della posada )e spero che Los Roques continui a rimanere il Paradiso che è per tanti anni ancora e che la prossima volta che tornerò (e ci tornerò sicuramente) troverò tutto quello che ho lasciato.

Moki.



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