Break Catalano

Fugace e intenso tour alla scoperta di un pezzetto dell'ovest spagnolo: da Valencia ad Alicante, passando per Benidorm e Teulada, nostro paese gemello.
Scritto da: Bilbix
break catalano
Partenza il: 03/07/2010
Ritorno il: 06/07/2010
Viaggiatori: 2
Spesa: 500 €
Una rapida fuga dalla quotidianità, una pausa rigenerante e rinfrancante, un mini viaggio a basso costo per una tre giorni intensa quanto incantevole, oltre che assai ‘caliente’, visti i 35° centigradi raggiunti!

E dunque si parte per la Spagna per un tour pianificato a tavolino giusto qualche settimana prima, con volo diretto da Cagliari, A/R in formula low-cost, con la compagnia Ryanair: la levataccia è di quelle da ricordare, il decollo è infatti previsto per le 6:30 del mattino e dobbiamo quindi essere in aeroporto almeno un’ora prima per avere il tempo di lasciare la macchina nel parcheggio custodito e sbrigare le solite pratiche d’imbarco. Nessun check-in valigie in quanto abbiamo solo bagaglio a mano da portare dentro il velivolo, ma i controlli al metal detector possono comunque richiedere tempo. Una volta al gate, facciamo colazione e a breve termine siamo già accomodati sulle poltroncine che ci siamo scelti. La durata del volo è di appena un’ora e mezza, e il costo di 40 euro; ma volendo, si può essere anche più fortunati e rimediare tariffe ancor più basse.

Approdiamo all’aeroporto iberico puntualissimi, anzi addirittura in anticipo, ed alle otto siamo già in coda per procurarci i biglietti della metro per il centro: direzione Xátiva, stazione del nord, a pochi passi dall’hotel Mediterraneo, nostro punto di riferimento come alloggio, trovato e prenotato attraverso il portale Booking.com.: 33 euro a notte, in camera doppia senza colazione, facilmente rimediabile a pochi euro in qualsiasi bar viciniori (da notare il buon caffè e l’altrettanto gradevole cappuccino consumato proprio in un locale accanto all’albergo). Camera piccola ma accogliente, con bagno comodo e ben fornito; l’ideale per chi, come noi, ama muoversi tutto il giorno e vive l’albergo quasi esclusivamente come appoggio e dormitorio: confortevole sì, ma senza tanti fronzoli ulteriori. E la posizione è imbattibile: centralissima e servitissima da metro e bus; ogni punto d’interesse della città è raggiungibile a piedi.

Il primo inconveniente ci capita proprio col distributore di biglietti della metro. Una cortese signorina ci spiega in spagnolo il funzionamento; capiamo, ma al momento della scelta del biglietto ci si presenta uno scontrino. Inizialmente perplessi, pensiamo poi che basti quello per poter accedere al mezzo pubblico, mentre invece ci spiegano che congiuntamente sarebbe dovuto scendere anche un biglietto tipo tessera, addirittura ricaricabile. Inutile tornare alla macchinetta per vedere se e cosa avevamo perso. Abbiamo dovuto richiedere ex-novo il servizio perdendoci 5 euro! Va beh, cose che capitano anche ai meno sprovveduti (forse non era il nostro caso). E stavamo appena cominciando il viaggio!

La metro è rapida e pulita. Undici fermate per giungere a destinazione e, in meno di venti minuti, siamo in centro. All’uscita dalle gallerie sotterranee ci si presenta dinanzi la prima immagine della città di Valencia, quella da cui sarebbero scaturite, le prime, indelebili, impressioni, il classico primo impatto; siamo pieni di curiosità e aspettative. Ed eccoci davanti la Plaza de Toros, formidabile colosseo moderno (struttura a cui la costruzione in effetti è ispirata), con i suoi archi e le locandine degli imminenti spettacoli estivi. Siamo al 3 di luglio 2010, giornata soleggiata, calda e promettente.

Lasciati il piccolo trolley e lo zaino in albergo, si comincia il tour per la città vecchia: il mercato centrale coi suoi profumi, i colori e l’architettura particolare in ferro e vetro risalente ai primi del Novecento, e dunque modernista, con parecchia attenzione alla luce, ci accolgono allegramente e invitano allo shopping gastronomico. C’è davvero di tutto e di più: un autentico piacere per gli occhi e… l’olfatto!

E’ poi la volta della Loggia (o Borsa) della Seta: situata proprio accanto al mercato, è una struttura di stile gotico, con in parte influenze rinascimentali, inclusa dall’Unesco nel patrimonio artistico dell’umanità, dove un tempo si stipulavano contratti inerenti per l’appunto alla preziosa merce da cui ha preso il nome. Qui conosciamo una simpaticissima ragazza calabrese che dopo un anno trascorso a Murcia per un progetto universitario s’apprestava a far rientro in Italia e girava Valencia come ultima tappa di un’avventura sicuramente fantastica.

Prima di entrare nella Loggia ci è capitato di voler bere qualcosa, esperienza davvero allucinante. Capitiamo in un bar dove capiscono fischi per fiaschi e ci servono un’orzata orripilante ed un tè caldo (a circa 30° all’ombra!!!) al posto dell’aranciata e del tè freddo che avevamo chiesto: altre disavventure tipiche di viaggi atipici! (PS: Non prenderò mai più un’orzata in vita mia!).

La mattinata prosegue per le vie della città vecchia, con la visita della cattedrale, per la quale abbiamo dovuto aspettare circa due ore in quanto proprio nel momento in cui volevamo vederla noi era inibito l’accesso alla cappella del santo Graal poiché si celebrava un matrimonio e a seguire una comunione. Dunque passiamo il tempo dapprima salendo le centinaia di gradini, abbastanza alti, che conducono in cima al Miguelete, il famoso campanile dalla sommità del quale si domina tutta la città, e dove, appena ci siamo affacciati, ha cominciato persino a gocciolare (tempo matto!!!). Abbiamo però potuto assistere ai dodici battiti del mezzodì proprio sotto la grande campana di bronzo.

Infine ci siam presi due bei panini in un ristorantino della piazza del duomo, dove lavora un marchigiano con cui abbiamo chiacchierato delle diversità culturali delle due nazioni, e dove, tra l’altro, cucinano anche la tipica paella valenciana che noi però avevamo deciso di gustarci con più calma per cena.

Dopo il tour della cattedrale, bella e sobria al suo interno, abbiamo continuato a girare per le strade antiche, ammirando fontane, statue e palazzi imponenti, fino a giungere ad una delle più famose porte della città vecchia: le torri Serranos. Da qui abbiamo proseguito per i giardini di Turía, ricavati dal vecchio letto del fiume oramai deviato nel suo corso naturale; ne abbiamo percorso un tratto: il caldo si faceva sentire ed il verde per quanto presente non è poi così fitto. Tra un boschetto e l’altro si alternano campi da gioco, anche affollati, nonostante il clima torrido, e aree di svago e divertimento per bambini. Per quanto belli, soprattutto nell’idea di sfruttare appieno e al meglio quello spazio evacuato dalle acque, in effetti ci si aspettava qualcosina di più. Comunque la loro lunghezza è chilometrica e probabilmente il tratto da noi percorso non era forse il migliore come qualità di giardini.

Poco alla volta siamo ritornati verso la piazza dell’Ayuntamiento (municipio), gustandoci lungo strada anche un buon gelato in uno dei viali commerciali ancora a riposo, per poi scattare qualche altra foto e tornare all’hotel, distante appena pochi passi, per una breve pausa ristoratrice.

La temperatura nel frattempo aveva raggiunto i 35°C.!

In serata decidiamo di prendere il bus turistico per il giro della città; due le possibili opzioni: tour della città vecchia o tour della città marittima. Avendo già percorso a piedi la prima, propendiamo per la seconda possibilità e non ce ne pentiamo affatto. La città è vasta, la terza della Spagna per estensione, dopo Madrid e Barcellona; impensabile dunque vederla tutta a piedi, e in così poco tempo. Il giro dura un’ora buona, corredato da voce guida parlante diverse lingue, ma l’italiano chissà perché latita o ha problemi, così decidiamo di sentire le spiegazioni in spagnolo. Io che l’ho anche studiato traduco al mio amico le cose un po’ più ostiche, ma tutto sommato è comprensibile anche per lui.

Grazie a quel tour scopriamo la zona portuale ed il villaggio pescatori dove, anche su consiglio della voce via cavetto, decidiamo di andare l’indomani per assaporare una buona paella con mariscos ovvero i buonissimi frutti di mare, di cui già quella sera si sentiva il profumo nell’aria tersa, trasportato dalla leggera brezza marina. Abbiamo anche un primo assaggio visivo delle opere avveniristiche e particolari che il celebre architetto Calatrava ha realizzato nella costruzione della Città delle arti e delle scienze alla quale avevamo deciso di dedicare per intero il nostro ultimo giorno di permanenza.

Rientrati alla base troviamo un localino carino in centro, raccolto in una piccola piazzetta dove gustiamo la nostra prima paella valenciana, quella originale, quella che, come ci avevano spiegato il giorno innanzi, è fatta con sola carne di pollo e coniglio, e verdure; in particolare fagiolini e qualche volta anche i fagioli di Spagna, quelli grandi che anche noi spesso adoperiamo nelle insalate o come antipasti. Ottima e servita in una casseruola apposita, direttamente dal fuoco alla tavola!

Durante la cena gli spagnoli strepitavano per la diretta della partita di semifinale dei mondiali di calcio che poi hanno vinto la domenica successiva. Rientrando in albergo ci siamo gustati la gioiosa atmosfera di festa che hanno scatenato poco dopo per le vie del centro.

Il secondo giorno lo abbiamo dedicato ad una lunga gita fuori porta. Noleggiata una macchina presso la Europcar della stazione (prenotata anch’essa via internet dall’Italia), siamo partiti alla volta di Alicante con la nostra nerissima Seat León. Piccolo inconveniente anche qui: ovvero, a causa di una cartellonistica stradale non sempre precisa ci siamo ritrovati in mezzo alle montagne ed invece dell’autostrada costiera abbiamo imboccato una superstrada. A colazione ci siam fermati in una sorta di baretto quasi improvvisato, sbucato dal nulla, perso nella campagna deserta e brulla: pareva d’essere entrati improvvisamente in un western americano!

Comunque arriviamo ad Alicante appena un quarto d’ora prima dell’apertura del castello di santa Barbara, che visitiamo. (Da notare che in Spagna gli orari di apertura di negozi e monumenti è fissata quasi sempre intorno alle dieci del mattino. Fanno eccezione stazioni, aeroporti e poco altro. I ritmi di vita sono cioè più dilatati dei nostri, se così si può dire. Occorre quindi organizzarsi di conseguenza).

Il castello alicantino è magnifico per la posizione e i panorami, un po’ meno per le cose da vedere: praticamente nulla a parte le vecchie mura molto ben tenute; un’unica sala grande, forse un vecchio magazzino, ora adibito a mostre e convegni; e tante, tante terrazze. Al castello si può arrivare in auto oppure anche attraverso un ascensore che parte dal lungomare, chiaramente a pagamento (2,40€).

Alicante è carina nel centro storico, ha qualche bel viale ed un lungomare alberato eccezionale, arricchito da bar, chioschetti, qualche bella fontana e parecchi attrezzi ginnici per i più volenterosi; anche noi ci siamo cimentati: è stato divertente. Sicuramente apprezzabile l’idea di mettere a disposizione della popolazione una serie di attrezzature che possono, nel tempo libero, impegnare a qualche esercizio anche i più sedentari che giocoforza conducono una vita decisamente poco sportiva: tutta salute! Ovviamente bisogna che ognuno si scelga gli esercizi a lui più consoni.

Nella chiesa di Santa Maria di Alicante siamo riusciti ad ascoltare la messa in spagnolo, visto che siamo arrivati a visitarla di domenica, e proprio verso mezzogiorno. E anche là, dopo la messa, c’era un battesimo. Non c’è che dire: siamo stati sfiorati da diverse funzioni religiose ben partecipate, direi; ed abbiamo potuto appurare come Spagna e Italia, nella fede, siano assai simili.

Prima di ripartire pranziamo in un ristorante del centro storico dal nome invitante: Al Buen Comer, situato a pochi passi dalla cattedrale cittadina, dedicata a san Nicola (che purtroppo troviamo già chiusa), dove assaggiamo il famoso gazpacho, ottimo, e la mojama alicantina, piatto tipico a base di tonno.

Di rientro imbocchiamo la vera e propria strada costiera, stavolta senza errori, verso Valencia, con l’intenzione di fare alcune tappe intermedie. La prima a Benidorm, una Miami dell’ovest iberico, spiaggia enorme, chilometrica, circondata da grattacieli; un luogo eccezionale che ho scoperto grazie al mio amico che era già stato da quelle parti una decina d’anni fa. Dopo un bagno rigenerante, due passi ed una bibita, proseguiamo alla volta del nostro paese gemello: Teulada. Anche qui ci fermiamo per scattare innumerevoli foto e ricercare qualche persona conosciuta; tentativo però andato male, tutti in giro! Pazienza.

Nel rientrare a Valencia, puntiamo al villaggio pescatori per gustarci la paella ai frutti di mare. Ci arriviamo dopo qualche errore di percorso. Seguendo per il porto infatti, siamo dapprima arrivati quasi ai moli d’imbarco, inaccessibili a chi non deve di fatto imbarcarsi, e poi, a naso, con un po’ di senso dell’orientamento, memori delle strade percorse il giorno prima col bus, siamo giunti a destinazione. In origine l’idea era di andarci l’ultima sera ma dato che è un punto non servito dalla metro, che tra l’altro ha un orario di chiusura che può legare, abbiamo preferito approfittare dell’unico giorno in cui avevamo la macchina a nostra completa disposizione. Scelta che si è rivelata azzeccatissima. Il ristorante La Perla che abbiamo scelto tra i diversi presenti nella zona, sul Paseo de Neptuno, è stato all’altezza della situazione e ci ha completamente appagati. Una bella passeggiata serale per il lungomare valenciano ha concluso anche la seconda giornata catalana. Come vola il tempo quando si è in giro!!!

L’ultimo giorno, come accennato poco fa, lo abbiamo dedicato interamente alla Città delle Scienze ed all’acquario, uno dei più grandi d’Europa, se non il maggiore. Riconsegnata la vettura in stazione, dopo averla nuovamente rifornita di benzina, chiediamo lumi sul come arrivare a destinazione e quindi, partiamo col bus numero 35 alla volta della cittadella. La fermata dell’autobus urbano era anch’essa ubicata a pochi passi dall’hotel e la cosa particolare è che si può acquistare un biglietto unico da dieci corse, una sorta di carta prepagata e ricaricabile, che può valere anche per più persone e, a seconda delle esigenze, solo per gli autobus oppure per bus e metro. Di una comodità estrema, dunque.

La Città delle Scienze è uno spettacolo architettonico di per sé. E’ composta da ben cinque edifici visitabili di cui l’acquario ed il museo delle scienze sono certamente i più quotati. Noi ne visitiamo tre, sia per il tempo che non sarebbe bastato, sia perché uno era ancora chiuso, forse il meno importante dal punto di vista culturale, ovvero la grande sala congressi dalla forma particolare a conchiglia. Anche qui si possono acquistare biglietti per le singole strutture o il cumulativo da circa trenta euro.

L’Oceanogràfic, così si chiama l’acquario, è un complesso composto al suo interno da diverse piccole strutture, ognuna delle quali ospita un habitat naturale diverso: Mediterraneo, Oceani, Tropicale, Mar Rosso (purtroppo chiuso quel giorno!!), Artico, Antartico e Delfinario. Numerose le specie presenti, bellissima la possibilità di percorrere gallerie d’acqua in cui sembra d’essere veramente immersi nel mondo dei pesci.

Ciò che ci ha attratti maggiormente è stato lo spettacolo dei delfini. Sarà che per entrambi era la prima volta che lo vedevamo dal vivo, sarà per la scenografia in cui eravamo immersi, e la bravura degli istruttori, fatto stà che siamo rimasti incantati ed abbiamo scattato numerose foto e fatto col cellulare anche qualche ripresa. Altra cosa simpatica è stata la presentazione stessa dello spettacolo, durante la quale un istruttore si è prodigato in spiegazioni sulle tante sfaccettature della vita del delfino e delle sue capacità, coinvolgendo il pubblico, stimolando curiosità e rispondendo alle tante domande che, specie i più piccoli, gli facevano. Alcuni bambini sono stati anche scelti per andare a toccare i delfini. Straordinario; lo consiglio a tutti per completare al meglio la visita a questa bellissima città che davvero non immaginavo così interessante e ricca, e che ha decisamente superato le mie iniziali aspettative.

Prima di lasciare la formidabile città delle scienze, vero tempio di cultura interattiva per tutte le età, che unisce sapientemente gioco, svago ed istruzione, non potevamo perderci la proiezione di un film presso l’Hemisfèric, altra struttura del complesso dalla forma ovoidale (pare anche una grande mandorla). Pochi i titoli tra cui scegliere e tra l’altro legati ad orari specifici. Bisogna prenotarsi prima, già all’ingresso nella città presso le biglietterie, organizzandosi al meglio i tempi delle varie visite. Noi abbiamo scelto quello delle venti così da tenercelo a conclusione della giornata. Giocoforza c’è quindi capitata la pellicola Wild Ocean. Avremmo preferito quella legata all’Africa per via dei paesaggi, ma pazienza, non coincideva con le nostre esigenze orarie. Ciò che importa all’Hemisfèric è infatti essere catturati dalle immagini che si trasmettono a 360° sopra e attorno a voi grazie al mega schermo che praticamente abbraccia e circonda, quasi avvolge, le file di poltroncine in cui si sta semisdraiati. La proiezione in sé era un documentario, né più né meno; ed anche gli effetti speciali, nonostante le cuffie forniteci all’ingresso, utili a sentire le voci narranti come dall’interno dello schermo stesso, in realtà non sono stati un granché; ci si aspettava qualcosina in più.

La sera, rientrando col medesimo bus cittadino, sbagliando di poco la fermata di discesa, siamo capitati al Carpe Diem, un ristorante del centro, vicino alla piazza della cattedrale, dove, indecisi tra una bella grigliata di pesce e l’ultima paella tipica, abbiamo optato per quest’ultima ed infine, grazie ad una richiesta d’aiuto del cameriere che ci serviva, Roberto, che parlava poco l’inglese, abbiamo attaccato bottone con una coppia di inglesi residenti nel Galles, anch’essi a Valencia per un breve stacco fuori patria. Il loro albergo era proprio di fronte al locale cosicché conoscevano Roberto già da qualche giorno ed avevano con lui una certa ‘confidenza’, che poi abbiamo condiviso anche noi durante la magnifica serata trascorsa insieme a parlare di mille cose: dalla politica alla cultura, ai viaggi, agli inviti turistici reciproci nei rispettivi luoghi di appartenenza (loro non sono mai stati in Sardegna e noi mai nel Galles) in un mix fantastico di accenti, opinioni e risate; un piccolo ma brillantissimo melting-pot dovuto alla straordinaria giovialità e intelligenza dei nostri interlocutori.

Roberto ci ha anche raccontato di aver lavorato per diverso tempo in un ristorante italiano della sua città e di aver visto sin da piccolo tanti film in italiano, tanto è l’amore che nutre per la nostra lingua; ed ecco quindi svelato l’arcano del perché la parlasse così bene. Inoltre di tanto in tanto viene in Italia perché ha parenti a Milano.

Tra una chiacchiera e l’altra, abbiamo così passato le nostre ‘ultime’ ore catalane; una piacevolissima serata che si è protratta in realtà fin quasi alle tre del mattino!

Al rientro in hotel chiusura bagagli, doccia veloce e a letto. Nel giro di due ore ci saremmo dovuti rimettere in marcia alla volta della stazione della metro: direzione aeroporto. Il volo partiva alle 8.50 del mattino e puntualmente ci ha ricondotti alla base per le 10.30. Fine della breve gita.

Ora ci rimangono oltre cinquecento foto, qualche video, bellissimi ricordi, un po’ di nostalgia e sicuramente la voglia di ritornarci presto.

Hasta pronto, Valencia!



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