Uganda, la perla d’Africa

Immersi nella natura tra tramonti infuocati, albe da inizio del mondo, animali e ancora animali
Scritto da: sabri73
uganda, la perla d'africa
Partenza il: 26/12/2013
Ritorno il: 06/01/2014
Viaggiatori: 2
Spesa: 3000 €
Era già un anno che avevamo deciso la meta: Uganda.

Scopo del viaggio: vedere i gorilla di montagna.

Risultato: abbiamo trovato molto molto di più!

Partiti da Malpensa in una giornata piovosa, dopo un breve scalo al Cairo, atterriamo all’aereoporto internazionale di Entebbe, 37 chilometri a sud di Kampala, al mattino molto presto, che ancora è buio. Il nostro driver-guida, Isaac, è già in aereoporto ad aspettarci e con le prime luci dell’alba, partiamo!

La prima tappa, a circa 5 ore dall’aereoporto, è il Parco Nazionale Lake Mburo e la strada da Entebbe all’ingresso del parco, contro ogni aspettativa, è bellissima, tanto da illuderci che tutte le strade in Uganda sarebbero state così….. Comunque, circa a metà strada già la prima sorpresa di questo meraviglioso Paese: lungo la strada, in mezzo ad acquitrini e canne di papiro, la nostra guida riesce ad avvistare uno strano uccello, il shoebill storke, una specie di simpatico paperotto grigiastro con un grosso becco “a scarpa” appunto, ormai difficile da osservare in natura ma onnipresente in poster e cartoline…

Il Lake Mburo è un piccolo parco nazionale nel sud ovest del Paese di recente istituzione e la sua particolarità è la possibilità di girovagare per il parco a cavallo e addirittura a piedi, ovviamente scortati dai rangers, potendosi avvicinare moltissimo agli animali.

L’esperienza è davvero meravigliosa: branchi e branchi di animali, erbivori principalmente, ed in particolare facoceri, impala, gazzelle, waterbucks, antilopi, zebre e bufali, davvero poco abituati alla presenza di turisti.

Poi ad un certo punto, la guida nota qualcosa di strano, un certo nervosismo in un branco di gazzelle, rallenta la jeep e proprio appena al lato della strada, un bellissimo leopardo ci osserva mentre si prepara a mangiare una gazzella appena uccisa. La mattina successiva, sempre il nostro driver scorge qualcosa che attraversa velocemente la strada, accelera, e tra i cespugli, il nostro secondo leopardo ci aspetta, ci guarda per qualche minuto e poi svanisce rapido tra la vegetazione.

Un’altra esperienza da non perdere in questo parco è una gita con le piccole barche a motore sul lago, per poter ammirare da vicino branchi di ippopotami placidi nelle acque e coccodrilli apparentemente immobili sulle sponde, tra aquile dalla testa bianca sempre all’erta sui rami più alti degli alberi e martin-pescatori coloratissimi che si tuffano a capofitto in acqua per pescare.

Già pienamente soddisfatti da tutti questi inaspettati incontri, ripartiamo per la prossima tappa, la ragione di questo viaggio: il Bwindi Impenetrable Forest National Park con i suoi gorilla di montagna, una meravigliosa e primordiale foresta pluviale ad alta quota (oltre 2.000 mt) che raggiungiamo dopo circa 7 per di viaggio in un alternarsi di verdi colline, piccoli villaggi di agricoltori e bambini in festa al nostro passaggio.

Attualmente nel mondo esistono meno di 900 gorilla di montagna, a causa di un’incontrollata deforestazione e, fino a pochi decenni fa, di un selvaggio bracconaggio criminale, tutti concentrati in quell’angolo di Africa lungo l’Equatore tra Uganda, Rwanda e Congo. In Uganda è presente circa la metà della popolazione rimasta di questi meravigliosi primati, concentrati in due Parchi Nazionali, il Mgahinga Gorilla NP sulle Virunga Mountains e il Bwindi Impenetrable Forest NP appunto.

Ogni giorno si organizzano trekking per poter arrivare in prossimità ed ammirare questi nostri maestosi cugini: piccoli gruppi di 8 turisti al massimo, sempre accompagnati da rangers e da immancabili portatori, possono entrare in contatto con una delle famiglie di gorilla abituati alla presenza umana.

Dopo un breathing mattutino in cui vengono spiegate le norme di comportamento da tenere (in particolare, fermarsi ad una distanza di almeno 7 metri dai gorilla, durante l’osservazione non fare movimenti bruschi e mantenere un tono di voce basso, non fissare negli occhi gli animali, e soprattutto il capobranco, un imponente maschio dominante chiamato silverback per la colorazione argentea che assume sul dorso dopo i 12 anni di età), armati di bastoni, scarponcini da trekking, guanti ed impermeabile, si parte!

Spesso si cammina per ore nel fitto della foresta prima di arrivare in prossimità della famiglia assegnata, dietro ai rangers che con i loro machete fanno strada tra la fitta vegetazione, su e giù per sentieri scoscesi e scivolosi, attraverso guadi e in mezzo al fango, a volte anche sotto improvvisi rovesci torrenziali di pioggia, ma quando poi si arriva vicino ai gorilla, si dimenticano tutti questi disagi: loro sono lì, in gruppo, quasi noncuranti della nostra presenza, maestosi, primordiali, che ti guardano, ti osservano, ti camminano accanto, ti sfiorano. E tu capisci e condividi l’amore e la dedizione di Dian Fossey (vedi “Gorilla nella nebbia”) per questi esseri così potenti ma al tempo stesso così incredibilmente fragili e indifesi.

Sempre in questo parco, scopriamo però con tristezza che anche altri abitanti della foresta sono stati esiliati dal loro ambiente: sono i Pigmei (Pigmei Batwa), piccoli uomini che per millenni hanno vissuto in simbiosi ed armonia con la foresta, con tutti i suoi abitanti e con tutte le sue risorse, e che dall’istituzione del Parco nel 1992 sono stati costretti a trasferirsi nei villaggi limitrofi, vivendo un’esistenza in bilico tra antiche tradizioni e modernità, spesso costretti per sopravvivere a rappresentare danze, riti e usanze del passato solo per i turisti.

Felici di questa indimenticabile esperienza, si riparte e dopo oltre 4 ore di polvere e piste sconnesse, chiamate simpaticamente african massage dalla nostra guida, raggiungiamo la zona meridionale del Queen Elizabeth NP, una vasta distesa di savana punteggiata da grossi alberi “a candelabro”, a ridosso del confine col Congo, il settore di Ishasha. Qui un’altra sorpresa ci attende: i famosi (almeno qui!) tree-climbing lions! Infatti su un grosso albero, troviamo letteralmente appollaiati come teneri gattoni, quattro leoni sonnecchianti che, al riparo dalla calura, ci guardano con noncuranza.

Ancora un po’ di chilometri e tanta polvere ed entriamo nel cuore nel Queen Elizabeth NP, un grande parco di quasi 2.000 chilometri quadrati esteso lungo l’Equatore, in un’area di antichi vulcani, tra il lago Edward ed il lago George, attraversato da un incredibile canale naturale di 33 km che unisce appunto i due laghi, il canale Kazinga.

Bene, questo lungo tratto navigabile di acqua dolce è ciò che più si avvicina all’Eden nella mia testa, tanto è il tripudio di vita lungo le sue sponde.

Sulle sue rive calme, è infatti un continuo spettacolo di uccelli acquatici delle più svariate speci e colori, dagli aironi ai sacri ibis, dai colibrì alle gru coronate, dai cormorani a tutte le varietà di martin-pescatore. Il tutto ad incorniciare centinaia di ippopotami che soffiano e si immergono in acqua al passare lento delle chiatte dei turisti o dei bufali che a decine fanno il bagno o si riposano sulle spiagge, tra grossi coccodrilli del Nilo perennemente appostati con le bocche spalancate.

E quando ti sembra che più di così non puoi desiderare, ecco che dalle rive del fiume scende impetuoso un intero branco di elefanti che supera l’argine ed entra in acqua a poche decine di metri da te.

E in mezzo a questo paradiso, straordinario è anche come l’uomo sia per una volta riuscito ad integrarsi perfettamente nella natura, come nel villaggio di pescatori di Kasenyi, dove ogni mattina gli uomini ritornano dalla pesca notturna con le loro piccole canoe di legno e ad attenderli ci sono bambini festosi e marabù golosi degli avanzi delle reti, dove è normale che le donne lavino i panni a pochi metri da una piscina naturale per gli ippopotami, o che leoni e iene gironzolino a poche centinaia di metri dalla scuola o dalle case…

Lasciamo l’eden, e dopo aver attraversato un’area punteggiata di antichi crateri vulcanici, di cui molti attualmente sono dei bellissimi laghetti turchese, alternati ad estese piantagioni di piccole banane verdi e coltivazioni di the a perdita d’occhio, accompagnati dalla vista dei monti Rwenzori, arriviamo in un paio d’ore nella foresta di Kibale, un altro piccolo parco nazionale, noto per la sua alta concentrazione di primati, tra cui colobi bianchi e neri, scimmie dalla coda rossa e babbuini, ma soprattutto famoso per la possibilità di vedere gli scimpanzè allo stato naturale. Infatti anche qui è possibile fare trekking nella foresta, sempre e soltanto accompagnati da rangers e per un massimo di tre gruppi di otto turisti, in due turni giornalieri, anche se non è garantito riuscire sempre a vederli.

Gli scimpanzè, a differenza dei gorilla, sono infatti molto timidi, vivono in grosse famiglie, composte anche da decine e decine di individui e sono la specie che condivide con l’essere umano ben il 98% del DNA! Si muovono in continuazione, saltando tra un albero e l’altro e raramente scendono a terra, e seguirli per la foresta può risultare davvero un’esperienza faticosa! Ma è indescrivibile l’emozione di vederli da vicino, come è capitato a noi, a pochi metri di distanza!

Si riparte: african massage per diverse ore, direzione nord e ancora tanta polvere, fino ad arrivare al più vasto parco del Paese, il Murchison Falls NP, con un’area di circa 4000 chilometri quadrati e diviso in due parti dal fiume Nilo. Infatti il grande fiume, che nasce proprio in Uganda nei pressi della città di Jinja sul Lago Vittoria, attraversa un serie di laghi e proprio in questo parco, scorre in una serie di gole e salti, formando diverse cascate, tra cui le Karuma prima e le Murchison poi, poco prima di entrare nel Lago Alberto, ed uscirne quindi diretto a nord, verso Sudan ed Egitto.

Neanche a dirlo qui l’attrazione principale è costituita appunto dalle cascate Murchison, che con un salto di 50 mt, rappresentano uno spettacolo imperdibile, sia dall’alto, dove si viene avvolti da una nube d’acqua e di spruzzi con un eterno arcobaleno, sia dal basso, dove affrontando flutti contrari, si viene rapiti dalla potenza di queste acque.

La bellezza della natura prosegue poi nel parco, con tramonti infuocati, albe da inizio del mondo, animali ed ancora animali, tra cui leoni, giraffe, peraltro presenti solo qui in Uganda, elefanti, mandrie di bufali al pascolo insieme ad antilopi e gazzelle.

Si avvicina la data del rientro e sulla lunga strada verso Kampala, ci fermiamo per un’ultima importante visita: il Ziwa Rhino Sanctuary, una piccola riserva privata in cui dal 2005 si sta portando avanti con successo la reintroduzione dei rinoceronti in Uganda.

Infatti i rinoceronti, sia bianchi che neri, sono stati dichiarati estinti nel Paese nel 1982, a causa sia dei conflitti interni che hanno martoriato per anni il Paese, sia di una caccia indiscriminata legata a stupide credenze sulle proprietà rinvigorenti e terapeutiche del loro corno.

Inizialmente sono stati reintrodotti 6 rinoceronti bianchi (per i neri il progetto è ancora più difficile, in quanto sono animali molto aggressivi) di provenienza in parte dal Kenya ed in parte da…. Disneyland! Evidentemente la nuova casa è piaciuta loro molto e infatti già diversi nuovi cuccioli sono nati, arrivando attualmente ad un totale di 13 rinoceronti, controllati a vista 24 ore su 24 dai ranger e ciascuno con un microtrasmettitore nel corno.

Ricolmi di emozioni ci avviamo verso casa, già con una certa malinconia nel cuore, ma grati a questo meraviglioso Paese per quello che ha voluto condividere con noi!



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