Accessibili non a caso!

Un luogo accessibile diventa un luogo migliore per tutti, in viaggio e non
Patrizio Roversi, 06 Lug 2011
accessibili non a caso!
Ma tu, che turista-viaggiatore sei? Sei un VCHC? E’ l’acronimo di Wellchair-cabin seat, significa che sei in carrozzella e che in treno ti devono portare a bordo, e all’aeroporto ti devono assistere dall’ingresso fino alla tua poltrona. Oppure un VCHS (ti serve assistenza fino alla scaletta dell’aereo)? Non sarai semplicemente un VCHR (ti basta essere scortato fin sotto la scaletta)? Poi magari appartieni alla categoria BLIND (ciechi o ipovedenti). Oppure DEAF (sordi). Magari sei banalmente un CHILD (bambino). A molti capita di essere ANPR (anziani un po’ rincoglioniti).

Io-Patrizio, da parte mia, ad esempio sono un DUD (non sono sordo, ma diversamente udente perché a volte faccio fatica ad afferrare) e nel contempo un HANDL (handicappato linguistico, cioè non so le lingue), spesso quindi sono un DIC (diversamente capente, nel senso che non capisco un acca degli annunci aeroportuali). Ma sono anche un DIDI (diversamente digerente, nel senso che ho lo stomaco a pezzi). Io-Syusy invece sono semplicemente una INVAL (incapace di portare le valigie). Poi conosciamo un sacco di DEPRO (deboli di prostata, che devono fare la pipì spesso), oppure di DIABY (diabetici che devono mangiare poco e spesso e bene), o di FIFO (amici affetti da paura di volare o da crisi di ansia e claustrofobia), e via discorrendo.

Premesso che le prime sei sigle citate sono vere e fanno parte delle specifiche da sottolineare quando si acquista un biglietto del treno o dell’aereo, e le altre sono di fantasia, resta il fatto che tutti – chi più chi meno, compreso quelli che vanno alla ricerca spasmodica dovunque di una presa per ricaricare il computer o il telefonino, o quelli che viaggiano con animali – tutti abbiamo delle disabilità, o comunque delle esigenze particolari. Ergo: discutere di accessibilità serve a tutti. Un viaggio, una struttura, un luogo accessibile diventa un luogo migliore per tutti. Per esempio io-Patrizio ho imparato a godere dell’andare in barca a vela dopo che a bordo è salito Giovanni, il mio amico cieco che mi ha insegnato a memorizzare le manovre e a sentire il vento. Quindi non si tratta di essere “sensibili” o peggio “altruisti”, si tratta di essere realisti. Abbiamo ricevuto un sacco di sollecitazioni, in questi anni, ad affrontare appunto l’accessibilità degli itinerari di viaggio, e sul sito già ci sono dei turistipercaso che si danno fare in merito (Fabrizio che come Rotex gestisce un forum chiamato “Viaggi a Rotelle”, Laura Rampini col suo Liberamondo, l’amico Rolando che ci ha raccontato il suo meraviglioso giro del mondo da solo, interrotto soltanto dall’ottusità della burocrazia e altri). Ma è ora di entrare nel merito tutti assieme. A convincerci è stata anche la visita in redazione di Silvia (Bonoli) e Roberto (Vitali) direttrice e presidente di V4A (Village for all), che ci hanno proposto di collaborare.

La proposta, a tutti turistipercaso di terra, di acqua e di cielo, di carta e di sito, è la seguente: cerchiamo di inserire nei nostri prossimi diari di viaggio annotazioni il più precise possibili sull’accessibilità, perché non si tratta di un dettaglio. Dateci consigli per stilare una griglia di riferimento comune. Noi, per quel che ne sappiamo, abbiamo cercato di segnalare l’accessibilità del nostro ultimo viaggio in India: Kerala in house-boat

Syusy& Patrizio