Resurrecturis – Andrea C. Intervista Lorenza-lorecoll

Cimitero Monumentale del Verano Un freddo pomeriggio a Roma, un tappeto a trama fitta di nuvole pastose ed una pioggerella che solletica, mille spilli finissimi che pungolano la pelle. Il quadriportico rosso mattone segna, monumentale davvero, l'entrata all' 'altro mondo'...
Andrea C., 14 Gen 2003
Cimitero Monumentale del Verano

Un freddo pomeriggio a Roma, un tappeto a trama fitta di nuvole pastose ed una pioggerella che solletica, mille spilli finissimi che pungolano la pelle. Il quadriportico rosso mattone segna, monumentale davvero, l’entrata all’ ‘altro mondo’.Mi faccio prendere dalla sacralità del luogo, da quel coagulo di storia che aderisce fin quasi ad incrostare i monumenti. Alcuni posti hanno uno strano destino, un filo d’Arianna che lega nel tempo esperienze consimili a segnare un continuum impercettibile.

Il Cimitero Monumentale del Verano infatti sorge nell’area destinata a luogo di sepoltura fin dai tempi dell’antica Roma.. Edificato sul sito dell’antico Impero di Lucio Vero, segna i margini del quartiere di S. Lorenzo, uno dei rioni popolari di Roma che cresce nell’abbraccio delle mura Aureliane e che fu quartiere dormitorio prima dei ‘serciaroli’ e dei ‘monnezzai’ ed in seguito dei proletari fuggiti dalle campagne. San Lorenzo è un quartiere popolare e se nell’ ‘800 raccolse i rivoluzionari, anarchici più che altro, impiegati nelle ferrovie della vicina Termini oggi è popolato ancora da anarchici, ma quelli meno rivoluzionari che affollano, con kefia al collo, le scalinate delle Facoltà, tante otarie con bavaglio sparse a godere l’ultimo sole (chi sa che fra di loro non ci sia anche Antonio Podda, quello di Diego Pastorino). Ha ancor oggi il carattere di quartiere dormitorio, ora degli studenti de ‘La Sapienza’ (il mangiafuoco dello studio nella capitale), ma come tutti i dormitori che si rispettino è insonne, pieno di locali notturni dove la gioventù romana danza i suoi baccanali sui tavoli in legno togliendo pace e silenzio al sonno dei poveri dirimpettai, quelli che popolano, silenziosi, il cimitero appunto. Sono davanti l’entrata principale ed ora che ci penso ricordo di non aver avuto il tempo per prendere accordi sul luogo preciso dell’incontro, per concordare un modo per poterci riconoscere, che so, anche un crisantemo all’occhiello della giacca. Allora staziono immobile davanti l’entrata principale, sotto la statua in marmo della speranza che, braccia tese verso l’alto ed occhi rovesciati all’indietro, ricorda tanto uno dei personaggi più conosciuti e riusciti di Carlo Verdone. Ho appuntamento per le 18:00, così mi ha comunicato di strapelo una voce sottile dall’altro capo del telefono. Sono un curioso di natura, uno di quelli che rovisterebbero nella altrui spazzatura se ci fossero misteri sui quali costruire congetture e castelli così un invito originale, anche se lugubre, riesce a solleticare la mia fantasia. Da poco poi ho finito di leggere ‘L’Antologia di Spoon River’ di Lee Masters e coincidenza ha voluto che quelle stesse atmosfere si ricreassero d’un sol colpo al pronunciare la parola ‘cimitero’.

Fa ancora eco nella mia testa Cassius Hueffer, una delle innumerevoli lapidi che tappezzano le pagine del libro:

Hanno inciso sulla mia tomba le parole: << La sua vita fu generosa, e gli elementi così mescolati in lui che la natura avrebbe potuto levarsi e dire al mondo intero, questi fu un uomo>>.

Coloro che mi conobbero ridono, a leggere questa vuota retorica. Il mio epitaffio avrebbe dovuto suonare: << La vita non fu generosa con lui, e gli elementi così mescolati in lui che egli mosse guerra alla vita, e vi rimase ucciso>>.

In vita non potei lottare con le lingue diffamatrici, adesso che son morto devo subire un epitaffio scolpito da uno sciocco! Ricordo di aver pensato di essere in ritardo nella difficile ricerca del giusto epitaffio, di dover ragionare per tempo sulla frase che mi accompagnerà per l’eternità. Ho gironzolato a lungo per i cimiteri, fermandomi commosso per una frase toccante o per una tumulazione a due piazze, ho disteso le labbra in un sorriso per un epitaffio spiritoso (quelli sono rari a dire il vero) o per una foto, diciamo, curiosa, pensando invece male della banalità di tante altre frasi lette sulle lapidi. Mi rammento di aver riflettuto sul fatto che frase e padrone della lapide avessero curiose corrispondenze, un po’ quello che accade fra cane e padrone. Ho allora acquisito la curiosa abitudine di avvicinarmi ad analizzare scientificamente la foto del defunto cercando somiglianze e comunione di forme fra epitaffio e tratti somatici del caro trapassato e ne ho scoperte a bizzeffe.

Mentre mi distraggo inseguendo questi pensieri guardo, senza mettere a fuoco, i soliti banchetti che stanno di fronte al cimitero per vendere fiori: c’è il chiosco di Mariangela, quello di ‘Piera ed Elda’ e quello di ‘Peppa’. Queste le scritte a caratteri cubitali sopra i banchetti perchè qui a Roma i cognomi sono banditi, ci si chiama come parte di una grande famiglia.

Tutt’intorno proliferano gli atelier del morto, fra Madonnine, Gesù Cristo e Padre Pio di ogni formato, materiale e forma disposti in bella mostra sugli scaffali dei negozi. Le vetrine sono una impudica mostra del ‘complementare cimiteriale’ che contrasta con l’omertosa tendina da parrucchiere che impedisce la vista all’interno delle numerose Onoranze Funebri adiacenti. Nella solitudine dell’ora una ragazza abbraccia un ricco mazzo di fiori rossi simili a grandi papaveri, mentre in uno sforzo d’equilibrio cerca di tirare fuori dalla borsa i soldi per pagare l’ambulante.

Immagino che possa essere lei ed avvicinandomi ‘Lorenza?’ – dico con fare interrogativo ‘Ehila`, ma non mi dire che sei Andrea!’ urla e mi corre incontro festosa, mentre due vecchine in gramaglie la inceneriscono con un’occhiataccia. Lei ricambia con una scusa, un sorriso beffardo ed una specie di goffo inchino che ha come unico risultato quello di far precipitare qualche fiore, spargendo una manciata di petali in terra.

‘Scusami Andrea se non riesco a stringerti la mano’, riprende con un tono di voce un tantino più basso ma non troppo, ‘ma vedi tu come sono combinata, tra borsa e fiori non mi resta una falange libera. Vado pure di corsa, a casa mi aspettano mia figlia Altea, i panni da lavare, un articolo sulle foreste da finir di scrivere ed altre due o tremila cosette da sbrigare, che ci vuoi fare…’ Varchiamo la soglia del cimitero rallentando leggermente il passo, come fossimo ospiti non invitati, intimoriti dalla soglia di questo mondo parallelo e, dopo aver imboccato il viale principale, infrangendo il silenzio le chiedo a bassa voce:

<< Come mai hai scelto questo come luogo del nostro incontro? Macabro interesse, originale curiosità, legame sentimentale a queste mura, improrogabile appuntamento con gli avi o... Volevi semplicemente spaventarmi?>>

‘Beh,’ – mi fa lei dedicandomi un ennesimo, serafico sorriso – ‘è una lunga storia. Come forse saprai io sono nata il 2 di novembre e per tutta la mia vita ho trascorso il giorno del compleanno ed i dintorni a visitare camposanti. Non che la cosa mi pesi, anzi, trovo che sia qualcosa di veramente istruttivo, oltre che una maniera gradevole per ricordare i nostri cari che non sono più con noi. Durante i miei viaggi mi capita spesso di andare a dare un’occhiata a tali dimore eterne, è qualcosa che mi da` un grande senso di serenità: Foscolo docet! Pensa che la prima volta che uscii con quello che sarebbe poi divenuto mio marito lo portai a visitare un piccolo cimitero di campagna… Pover’uomo, sperava in un appuntamento galante ed invece si è ritrovato in piena elegia di Thomas Gray…’

Nel frattempo si discosta dal mio fianco e posa uno dei mazzi di fiori sopra una tomba…

<< Chi è?>> ‘E chi lo sa? Però mi ricorda tanto mio nonno Romolo, un contadino gentile e testardo che è sopravvissuto alle guerre di Etiopia e di Russia, e da questa è tornato a piedi vincendo neve, freddo, fame e stanchezza disumana: orrori che lo avevano segnato non amareggiandolo bensì accrescendone umanità e simpatia. Da bambina mi ha insegnato ad amare la natura, a dare il giusto valore al denaro e, soprattutto, a sorridere. E’ morto due anni fa e mi manca molto. Pensa, io sono praticamente atea, ma ogni volta che vado a Vienna entro nel duomo di Santo Stefano ed accendo due minuscoli lumini, uno per lui e l’altro per un carissimo amico di famiglia, Franco il siciliano, morto ad appena 45 anni dopo un trapianto di fegato non riuscito: ed in quell’atmosfera suggestiva, tra il brusio della folla e il caldo odore di cera dei lumini io sento che qualcosa di loro e` ancora viva nel mio cuore’

<< E' una mia ossessione, non farci caso, ma visto che siamo nell'argomento quale epitaffio vorresti scolpito sulla tua lapide?>> ‘Regalami un sorriso o tu che passi’ … No, questo l’ho già sentito in ‘Bianco, Rosso e Verdone’! ‘Volle il cielo sulla terra’… Macchè, peggio che andar di notte, questo è Kundera! In effetti mi piacerebbe molto che ci fosse scritta una frase pronunciata da un mio carissimo professore di università: ‘Il seme nasce, l’albero muore, il bosco continua a vivere’. Oppure ‘Sono tornata alla madre Terra’. Insomma una scritta semplice ma originale, molto ecologica e non drammatica (in fondo la morte è una cosa della vita)…

Sale su una delle scale scorrevoli lasciate libere per l’ ‘arrampicata’ e posa il secondo mazzo di fiori acquistato…

<< E chi è l'inquilina dei piani alti?>> Una signora che aveva dei parenti con un bizzarro senso dell’umorismo, senti qui che epitaffio: ‘Onofria Sempronilla DeRoberticis/ moglie fedele, madre devota, esempio per la comunità / venne tragicamente strappata all’affetto dei suoi cari dal diretto Roma-Frosinone delle 8.15…’ E brava Onofria, che magari s’è buttata sotto al treno per sfuggire ad una vita di esagerato ed insostenibile conformismo! Per te doppia dose di papaveri, voilà.

<< Sapevi che in questo cimitero sono passate le ceneri di Gramsci e persino quelle di colui che ha messo in musica 'Fratelli d'Italia', la nostra 'marsigliese', Michele Novaro? So che sei a Roma per pochi giorni e per i prossimi tre anni vivrai a Bruxelles. In cosa senti allora di essere visceralmente italiana e per questo spiccatamente riconoscibile?>> ‘ Ah, è presto detto: per la fantasia, il buonsenso, l’amore per la buona cucina, la facilità nel coniugare comodità e bellezza e, soprattutto, l’arte di arrangiarsi, trovando sempre una scorciatoia o una soluzione di compromesso. Per la puntualità no, in quella sono più svizzera dell’Eloisa. La mia famiglia ha una certa tradizione in quanto a trasferimenti. Esattamente trentuno anni fa mio padre vinse un concorso e si sposto` con tutti noi a Milano, città che all’epoca sembrava lontanissima da Roma: io avevo quattro anni, mia sorella due. Abbiamo finito per starci nove anni ed e` stata un’esperienza assai formativa e bellissima. Ora tocca a me…’

Mentre parlottiamo vicino a noi passano tre strane figure: un becchino strabico con dei pantaloni scampanati, un ragazzo cicciotto dall’aria un po’ tonta ed una vecchia grassa con un viso simpatico. Mentre si allontanano sentiamo il ragazzo chiedere al becchino ‘Cerchiamo uno con un nome tipo riso, sorriso, risata, me fai ride…’ in un curioso dejavu alla Verdone. E mentre sono voltato a guardare i tre allontanarsi per uno dei viali, lei, si avvicina nuovamente ad una tomba e posa il terzo mazzo di fiori…

<< E il figurino di marmo, chi era?>> E’ un bambino, e tanto mi basta per sentire rimpianto per la sua prematura scomparsa. Ogni bimbo che muore è una speranza che se ne va ed un altro fiore che va adornare i giardini del cielo. Scusami se sono un po’ retorica ma in certi casi noi madri siamo fatte così’- e posa delicatamente qualche fiore in un vasetto posto tra un’automobilina ed una girandola di carta colorata eternamente agitata da un vento che non porta da nessuna parte.

<< La maternità, come condizione psicologica, deve avere grande spazio nella tua vita. Dicono che quando si diventa genitori cambiano prospettive e priorità, per te com'è stato?>> Ah, non ho problemi ad ammettere che è stata l’esperienza più travolgente della mia vita. Durante la gravidanza ero trasfigurata, piena di gioia ed energia, tanto che ho continuato tranquillamente a viaggiare per l’Europa (Cipro ed Olanda) Come ho già avuto modo di dire su un forum TPC la nascita di Altea ha cambiato il mio centro di gravità, rendendomi, al tempo stesso, più forte ed indipendente: perchè ogni mio traguardo raggiunto è per lei. Ma devo spendere almeno una parola di ringraziamento per quel povero cristo di mio marito, che la accudisce a tempo pieno da oltre due anni, con il risultato che io posso lavorare al meglio e che lui ha un costante esaurimento nervoso dovuto all’inarrestabile vitalità della cosiddetta ‘farfalla tigre’…

<< Nella parte non cattolica del cimitero, vicino a quella di Palmiro Togliatti, c'è la tomba di Nilde Jotti, presidente della camera dei deputati per ben 13 anni, la Thatcher Capitolina, la lady del sanpietrino. Lei è l'esempio di una donna che ha rivoluzionato i ruoli, testimoniato la forza del 'sesso debole'. In cosa credi di somigliarle?>> ‘Senz’altro per la grinta e l’anticonformismo che hanno caratterizzato la sua intera esistenza. Mi piaceva poi molto vederla adornarsi i capelli ormai grigi con un mollettone che aveva un fiore finto sopra, un tocco di femminilità semplice ed alla buona…’

<< Una delle caratteristiche del Verano è l'innumerevole numero di piante ed alberi che fanno ombra alle tavolette dei cari trapassati. Somiglia anche per silenzio ad un giardino botanico, non ti pare? Tu sei un'amante della natura e sei riuscita nell'arduo compito di coniugare passione e professione. Quale valore hanno per te le piante? Cosa significa una natura rigogliosa? >> Gli alberi sono le colonne del cielo, almeno di quello della mia vita. Trent’anni fa manco leggevo e già avevo consumato fino all’osso un libro dell’enciclopedia di mio padre dedicato alla natura. Passione precoce, quella per la botanica, mantenuta per tutta la via. A otto anni preparai il mio primo erbario, sconquassato e sconclusionato quanto bastava ma fatto con amore, e via di questo passo fino ad ora. La scelta di laurearmi in Scienze forestali è stata frutto di tale inveterata passione e di una serie di circostanze strambe che non ti sto a raccontare. Bene, se vuoi riassumere in una sola immagine le cose più importanti della mia vita, basta che ti immagini Altea su un albero!

<< Noi, abitanti incorporei di Turisti per caso, abbiamo questa curiosa abitudine di vedere il tema del viaggio in ogni nostra esperienza e quale luogo è più ricco di metafore del cimitero, abitato dagli spiriti di quelli che ci hanno preceduto. Non ti chiedo allora delle riflessioni serie SUL VIAGGIO, che è quello verso la morte (sarebbe interessante ma vista la cornice anche un po' terrifico), ma più modestamente sui nostri piccoli viaggi terreni...>> Mentre depone gli ultimi fiori davanti ad una lapide collettiva contenente una squadra di calciatori morti nel crollo del lupanare in cui erano in ritiro sportivo, mi fa: Viaggiare è indispensabile per arricchirci interiormente e per fornirci parametri di confronto con le nostre esistenze quotidiane. Per quel che riguarda, invece, il Viaggio con la V maiuscola, ovvero la vita, questo è il mio consiglio: volare alto e guardare in basso. Voglio dire che bisogna essere ambiziosi, credere in se stessi, combattere ma al tempo stesso riuscire a godere delle piccole cose che la vita ci dà, le più belle. In definitiva, come recitava la T-shirt citata da un TPC: ‘Carpe diem / trote gnam’. Peccato che l’esperienza sia quella cosa che quando ce l’hai non ti serve più perchè è ora di morire … A proposito di ora, uh, si è fatto tardissimo, devo proprio scappare. Andrea, è stato un vero piacere, ti lascio recitandoti l’epitaffio che Italo Calvino inventò per il suo Barone Rampante: ‘Cosimo Piovasco di Rondò – Visse sugli alberi – Amò sempre la terra – Salì in cielo’. Bello no? E la prossima volta che ci incontreremo preparati la risposta a un indovinello letto sul Comune di Canal San Bovo e che ti scrivo sullo scontrino della spesa. Ciao, a presto!’ e scappa via, tra sorrisi e lacrime, speranze e rimpianti, in un turbinare di petali rossi.

Nella mia mano resta solo un pezzetto di carta bianca stropicciata con sopra due frasi scritte frettolosamente a matita: ‘Del sol misuro i passi/ Dell’uom la vita ‘ Cosa sarà mai? Avete voi la risposta? Aiutatemi a risolvere la sfida lanciatami da Lorenza!



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