Medioevo in Toscana

Piana di Campaldino, tra il Castello dei Conti Guidi a Poppi ed il monastero di Certomondo...
Scritto da: Marco Tenerini
medioevo in toscana
Partenza il: 19/06/2009
Ritorno il: 19/06/2009
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 500 €
Piana di Campaldino, tra il Castello dei Conti Guidi a Poppi ed il monastero di Certomondo, metà mattinata di un assolato sabato 11 giugno, giorno di San Barnaba, Anno del Signore 1289. Un grido si alza in mezzo al fragore di battaglia che pervade, insieme con immense nubi di polvere, la verdissima vallata: “Ubertini!!! Ubertiniiii!!! Vescovo rinnegato traditore del nostro Santo Padre…dove sei!!! Dove sei Conte appestato servo dell’Imperatore!!! Ubertiniiii!!!” Il grido ha un tono irreale per come risuona dall’interno del possente elmo da battaglia, a gridare è un cavaliere terribile, una massa di metallo reso rovente dal sole e gualdrappe colorate che sventolano quando il cavallo si imbizzarisce rampante…è il condottiero di parte Guelfa Aimeric di Narbonne…ma non sarà lui ad uccidere il comandante Ghibellino, l’ultimo dei Vescovi-Conti, Guglielmino degli Ubertini…anzi, secondo le novelle “gotiche” di Emma Parodi, sarà proprio il francese Aimeric a perire misteriosamente in questa valle, tanto che il suo fantasma ancora vi si aggira… L’anziano eppur coraggioso Vescovo di Arezzo è lontano, in mezzo alla valle sta guidando la sua fanteria…i nemici Fiorentini (tra questi un giovane sconosciuto Dante Alighieri, ufficialmente nel ruolo di “feditore”, una specie di ardito assaltatore di prima ondata, nella pratica evidentemente più valente con la penna che con la spada, tanto che sarà ferito…al lato B…) sono in soprannumero ed in posizione avvantaggiata, eppure le loro prime linee di cavalieri hanno inaspettatamente e rovinosamente ceduto sotto l’urto della carica Ghibellina…ma il pavido Guido Novello si è ritirato con la sua cavalleria di riserva al sicuro nel suo castello dei Conti Guidi ed adesso tutto è ormai perduto… Ubertini ha scambiato il suo vistoso scudo giallo con aquila nera per rendersi meno riconoscibile, ma a tradirlo è comunque il suo singolare armamento, una mazza ferrata, (in obbedienza al precetto che gli uomini di chiesa non potevano “spargere sangue” in battaglia)…disarcionato, combatte anche a piedi, impacciato dalla pesante armatura, in mezzo all’agile fanteria nemica…ad un tratto si blocca, i nerissimi occhi sbarrati e la bocca aperta, sottili rivoli di sangue gli scendono sulla fronte da sotto l’elmo, impastano il pizzetto bianco…una picca, da dietro, gli ha sfondato l’elmo ed il cranio… Arezzo, centro storico, piazza del Duomo, metà mattinata di un assolato sabato 20 giugno, Anno 2009… In abiti ed armi medievali sono schierati sul sagrato (dopo una lunga e coreografica parata per le vie del centro) gli sbandieratori, i musici, gli armati in bianco-nero del Comune e quelli con i colori dei quartieri, al centro l’araldo che legge il bando di sfida a Buratto, Re delle Indie…spiccano su tutti, alti su loro possenti cavalli dalle lunghe gualdrappe multicolori, inquietantemente alteri e chiusi dentro cilindrici cimieri teutonici, i Cavalieri delle Nobili Casate …riconoscete Ubertini, con l’aquila nera ad ali aperte in campo giallo sullo scudo e sul petto…proprio da qui, proprio sotto lo sguardo severo di queste torri, proprio in questi giorni, proprio questi cavalieri erano partiti, per non ritornare… Oggi le cose sono un pò più tranquille, c’è aria di festa e ad Arezzo stasera si correrà la Giostra del Saracino in notturna…i cavalieri sono comunque qui, davanti al Duomo costruito proprio da Guglielmino Ubertini, per ricevere la benedizione del Vescovo… Non ho notato se è così ancora oggi, ma nei miei ricordi di bambino, il Vescovo in questa occasione (come nelle altre cerimonie importanti in Cattedrale, tipo Natale, Pasqua, ecc.) ha alle sue spalle due valletti che portano su cuscini un elmo ed una spada…non mi risulta infatti che al Vescovo di Arezzo sia mai stato revocato il titolo di Conte… Chiudete un attimo gli occhi, lasciate perdere per un pò la macchina digitale che avete tra le mani…concentratevi sul sapore antico di aglio e dolciastra carne di maiale arrosto che avete ancora in bocca dalla colazione con porchetta, respirate gli odori di polvere, di sterco fresco di cavallo e di sudore della gente che vi attornia… Riguardatela adesso questa scena: non sono più figuranti, è tutto vero, come le solide pietre del duomo che fanno da sfondo, come i bronzei rintocchi delle campane che vi vibrano nei polmoni, come le facce degli aretini che vi stanno intorno, sono le stesse facce che riconoscerete negli affreschi dentro al duomo, vi trovate a seguire le parole di chiamata alle armi dell’araldo come se stesse dicendo a voi, in un crescendo che sale fino all’urlo pur nelle parole scandite e ritmate “…I magnanimi spirti a torto offesi, lungi dal trionfar, odiano i giorni. Con questo del flagel più grave pondo, giuro atterrir, giuro atterrare il mondo!!!…”, vorreste strappare una bandiera dalle mani di qualche vicino per sentirvi ancora più parte di questi attimi fuori dal tempo…fissate gli occhi rotondi spalacati quasi iniettati di sangue dell’araldo “…al campo! Alla battaglia! All’armi! All’armi!” Già che siamo qui vale la pena anche di entrare in Duomo…impressionante per le slanciate navate gotiche che siamo più soliti associare ad architetture nordiche anzichè toscane… Da vedere il piccolo quadretto in ceramica policroma della Madonna del Conforto, miracolosa per le lacrime, che protegge Arezzo dai terremoti e che scatenò la rivolta contro gli atei invasori napoleonici (che hanno però lasciato varie eredità in città…il dolce tipico aretino che si chiama “gattò” – ovvero il “gatteau”, il nostro tipico modo di intercalare per dire “muoviamoci!” che è “Alò” – il francese ”Allons!, e certi cognomi, tipo Mozzorecchì)… Pudicamente seminascosto nella penombra troverete anche il cippo dove venne decapitato San Donato, ancora con la sua macchia scura di sangue…c’è la tomba di una Papa, Gregorio X, finanziatore della costruzione e da poco, dall’11 giugno 2008, trovate la tomba di un cavaliere con l’aquila nera sul petto… Piana di Campaldino, sul far della sera di sabato 11 giugno 1289… Battaglia finita da un pezzo, prosegue ancora la caccia ai nobili feriti che saranno portati prigionieri a Firenze in attesa di riscatto (molti di loro invece moriranno nelle prigioni fiorentine, seppelliti in quello che ancora oggi si chiama Canto degli Aretini). Un improvviso acquazzone estivo ha ingrossato l’Arno di un’acqua torbida dal vago innaturale colore rossastro ed inzuppato i più di 2.000 morti di una poltiglia di sangue e fango che li rende irriconoscibili…i frati incappuciati che si aggirano lentamente benedicenti decidono di seppellirli tutti in grandi fosse comuni presso il convento di Certomondo (la credenza popolare vuole che il nome derivi da un grande abero di cerro che, trovandosi tra le due schiere, venne “mondato“ delle sue foglie dalle nuvole di frecce che lo attraversarono…). Si era sempre dato per scontato che anche il corpo di Ubertini fosse tra questi… Invece nel 2008 lo hanno ritrovato proprio sotto il pavimento della chiesa di Certomondo (strano come a volte basti cercarle le cose…) e poi degnamente traslato nella cattedrale da lui voluta… Godiamoci ancora per un pò l’umido fresco dell’interno della cattedrale, l’odore di polvere ed incenso, la timida luce soffusa delle vetrate colorate di Marcillac, il silenzio irreale ch sempre regna nelle chiese… Oddio, quasi sempre: stasera dopo la Giostra qui entrerà una torma di scatenati urlanti del quartiere vincitore, brandendo per trofeo una lancia d’oro, saltando in ripetute ondate al conteggio gridato delle vittorie, sino a chetarsi in ringraziamento alla Madonna…ed in omaggio allo sfortunato capitano Ubertini che avrebbe potuto cambiare la storia d’Europa se non del mondo intero sconfiggendo i fiorentini quel giorno… Bene, sarebbe davvero una giornata particolare da passare in città, invasa dai quartieristi vocianti e dai figuranti in costume (e molti di loro sembrano essere nati e vissuti proprio in questi abiti invece che nei jeans o nelle giacche in cui un altro tempo li costringe…), ma per stavolta preferiamo seguire il percorso fatto dal nostro Vescovo-Conte ed avviarci verso il Casentino… Ah!…già che siamo quassù, date un’occhiata alla parte di Corso Italia che sbuca in salita praticamente in piazza del Duomo, prende il nome di via dei Pileati…qui si trovava la Domus della famiglia appunto dei Pileati, da qui partì un nobile governatore mandato ad amministrare una turbolenta regione verso l’estremo “limes” orientale dell’Impero Romano…un certo Ponzio Pilato… Note per il viandante… Arrivo ad Arezzo: si arriva comodamente in auto, uscita A1 Arezzo ed in 10 minuti di “raccordo semi-anulare” (si chiama proprio così…) si è già in centro. Occhio a non entrare proprio in centro con l’auto, almeno guardate bene i segnali che non sia in vigore un qualche divieto per auto senza “bollino” e simili…secondo me conviene parcheggiare al parcheggio (a pagamento, ovviamente…) sotto alle mura (via Giuseppe Pietri – a proposito, qui, mentre attraversate i giardini sotto le mura, guardate il terreno, sarà facile notare un’infinità di piccolissimi pezzetti di coccio rosso: qui si trovava, attorno all’anno 0, la “bottega” di Marco Perennio, discepolo della tradizione etrusca e forse il più grande vasaio dell’antichità…le sue opere si trovano negli angoli più remoti dell’Impero…ma questa è un’altra storia…). Fate le scale mobili che, in un suggestivo percorso interno tipo passaggio segreto, attraversano mura e palazzo vescovile per farvi sbucare magicamente proprio in piazza del Duomo…tanto poi tutta la città si gira benissimo a piedi in pochi minuti. Altrimenti ancora più comodo sarebbe arrivare in treno, che vi scodella nel bello del centro…certo che essendo fuori dalla cosidetta “direttissima” i treni veloci che fermano ad Arezzo sono davvero pochi e ad orari un pò, come dire, particolari? Per quanto riguarda il dormire ad Arezzo sono costretto a dire che tutti gli alberghi sono piuttosto cari e pure di qualità spesso non adeguata al prezzo…forse meglio dormire fuori città, in qualche agriturismo o simili…personalmente conosco bene sia il posto che i proprietari di Villa Morelli, una splendida dimora storica, praticamente in centro, ma in mezzo alle verdi colline…costa in fondo come un normale albergo, ma vi offre l’emozione di un soggiorno nella villa cinquecentesca dell’architetto idraulico del Granducato di Toscana, Vittorio Fossombroni…(Villa Morelli – Loc. Molinelli 38, 52100 Arezzo Tel. 335-669 0000 dovrebbe risponderni Paola, o Alessandro…ditegli che vi mando io, magari vi trattano con un occhio di riguardo… Tel. 0575-371507 e-mail: info@villamorelli.it – www.villamorelli.it) Colazione: visto che stiamo considerando un sabato, direi che potremmo arrivare in macchina al grande mercato settimanale di via Giotto, nella parte bassa e moderna della città…al bordo che guarda verso lo stadio il mercato finisce in una rotonda, poco prima ci sono i banchi degli alimentari e soprattutto quelli delle porchette…cercate di imbucare per i pochi minuti occorrenti l’auto in qualche via vicina. Colazione quindi alla medievale, se non all’etrusca, con un bel panino con la porchetta (di Monte San Savino, per carità…) ed una bottiglia di rosso dei colli aretini (nel panino chiedete che vi mettano magari meno magro ma anche fegato, agli con sale, spezie e cotenne croccanti…passerete per intenditori e ritroverete sapori davvero antichi…) tanto poi avrete di che smaltire camminando, spesa sui 5 euro per ogni panozzo e 5/6 per la bottiglia (che vi dovrebbe bastare per 4…)… Più tardi, a metà salita di Corso Italia verso il Duomo, deviazione di pochi metri per Piazza San Francesco ed il Caffè dei Costanti, storico locale della Arezzo “intellettuale”, dove ha girato Benigni scene de “La vita è bella” per un grande caffè ed una soave fetta di “gattò” (al cioccolato, ovviamente…)..di fronte trovate il monumento al già citato Vittorio Fossombroni “Idraulico” (che vale una foto alla targa…se poi avete dormito a Villa Morelli è l’occasione giusta per conoscere personalmente il vostro vecchio padrone di casa…)…il pranzo, la merenda e la cena in Casentino, ospiti del Conte Bevisangue, dei Monaci Camaldolesi, dell’Oste Matto o di Lars, ultimo ristoratore dal nome etrusco… Ah, nella stessa piazza c’è la chiesa di San Francesco, in questa direi che vale assolutamente una visita, visto che vengono a vederlo da tutto il mondo ed è stato da poco perfettamente restaurato, il ciclo di affreschi “Storia della Vera Croce” di Piero della Francesca. Bene, riprendiamo l’auto dal parcheggio sotto le mura, usciamo tenendocele a sinistra e ci ritroveremo in una rotonda dalla quale imboccheremo seguendo le indicazioni per Capolona o Poppi…Casentino insomma…qui la strada si chiama Viale Santa Margherita, dopo la prima rotonda diventa la SR71 “Casentinese”…dopo poco alla vostra sinistra troverete delle indicazioni per Stroppiello e Sitorni, proseguite tranquilli dritti ma guardate la cresta di lievi colline in quella direzione, proprio li dietro c’è la frazioncina di Campoluci… Ovvero ”Campus Luci”… Anno 284 a.C., piccola spianata in un’ansa del fiume Arno, in vista della città etrusca di Arretium. La testa, perfettamente sbarbata, del trentaseienne console della Repubblica Romana Lucius Caecilius Metellus Denter è infilzata sulla cima di una lancia, attorniata da altre sette teste dei suoi tribuni, tutto intorno, a perdita d’occhio, una terrificante distesa dei corpi disarticolati di oltre tredicimila legionari massacrati dai Galli Senoni…ma questa è un’altra storia… Proseguiamo…troverete ancora a sinistra l’indicazione per Giovi, è un borghetto medievale proprio sull’Arno, c’è l’unico ristorante dove ancora fanno il tradizionalissimo mitico coccio sugosissimo di “anguilla in ginocchioni” (Antica Trattoria Al Principe – 25, V. Giovi, Arezzo, AR 52100, tel. 0575362046‎ www.anticatrattoriaalprincipe.it, anche classici piatti tipici toscani, bella selezione di vini, ottimi anche i piatti di pesce, possibilità di soggiorno, prezzi non bassissimi ma abbordabili e da considerarsi convenienti vista l’eccelsa qualità e tipicità delll’insieme per la quale vale davvero la pena uno sforzino…)… …teniamolo a mente per una prossima occasione… Passate Capolona e Subbiano…magari ci fermiano al ritorno… Dimenticavo: attenetevi scrupolosamente ai limiti di velocità, tutta la strada è disseminata di autovelox…in più è un modo per guardarsi intorno e godersi il paesaggio…lasciate perdere quelli che vi sorpassano, rischiano da qui in avanti di prendersi in faccia uno degli infiniti autotreni che in direzione opposta trasportano prefabbricati… Dopo qualche chilometro con l’Arno sulla sinistra vedrete sulla destra un grande parcheggio con un vagone di un treno…ed un albergo ristorante…il proprietario è il figlio del cuoco personale dell’ultimo Re d’Italia…si chiama Lars, come l’etrusco che… Ma anche questa è un’altra storia… Potete farvela raccontare da lui a cena… ( Hotel – Ristorante La Gravenna, loc. Gravenna, 101 – Subbiano (AR) – S.S: 71 – Casentinese – Tel. 0575.420682 – www.lagravenna.it). Arrivati ad attraversare Santa Mama, in un passaggio a livello, sulla sinistra trovate la ditta Caporali, a mio parere il più grande artista del ferro battutto, se vi piace il genere fermatevi a curiosare…il contatto con gente che ancora oggi prende a martellate pezzi di ferro roventi, uomini più duri, appunto, del ferro e del fuoco, può essere emozionante…(Caporali – Loc. Santa Mama, 110 Arezzo Italia tel. 0575 487033 www.caporali.it). Poche centinaia di metri e sulla sinistra, proprio lungo la strada, un classico casale toscano con degli strani recinti e dentro degli animali ancora più strani…struzzi!!!… Qui potete acquistare a prezzi decenti uova, carni, anche lavorate e piccoli da far crescere e riprodurre nel vostro giardino… Attraversati Rassina e Bibbiena finalmente la piana di Poppi, con il castello dei Conti Guidi che si staglia a sentinella sulla cima della verde collina, più arcignamente medievale di cosi nemmeno quello transilvano dell’altro più famoso Conte. Dirigiamoci direttamente verso Campaldino, fermiamoci presso il cippo commemorativo della battaglia… Guardiamoci attorno per un pò, in silenzio… Lasciate sparire le strade asfaltate e gli edifici moderni, i dolci verdi campi coltivati e le belle vigne toscane…fate come Maximo nel “Il Gldiatore”, raccogliete una zolla di terra umida, rompetela tra le dita ed odoratela da vicino… Qui, esattamente qui, con la stessa terra sotto i piedi e tra le dita… metà mattinata di un assolato sabato 11 giugno, giorno di San Barnaba, Anno del Signore 1289… Un cavaliere a terra è un cavaliere morto ed io sono stato disarcionato, il campo visivo è tutto nero, salvo la sottile fessura a forma di croce che mi lascia respirare a fatica l’aria infuocata dentro l’elmo arroventato…e vedo solo una torma di fanti nemici, francesi e fiorentini… Non un colore amico sotto questo sole di un’azzurro abbagliante, in mezzo a queste nubi di terra che si impasta in bocca e nel naso con l’odore del sangue…roteo su me stesso inciaspicando, spaccando quante più teste posso con la mia mazza…il Signore mi ha dunque abbandonato come io ho abbandonato il mio Papa?…non mi avranno vivo, non avranno un Ubertini da deridere nelle carceri fiorentine… ”Pazzo! Montefeltro! Dove siete? Novello! Ma nessuno che senta i miei comandi? Novellooo!!! Dove sono i tuoi cavalieri? Novellooo!!! Puoi ancora salvarci tutti!!!” Di certo qualche passaggio di camion o strombazzata di automobilista frettoloso vi ha già riportati al 2009. Torniamo verso Poppi, lasciamo la macchina in basso e saliamo a piedi verso il castello (si può salire in auto e parcheggiare comodamente proprio davanti al castello…ma arrancare piano su questi gradini antichi è un’altra cosa…)….si direbbe che il castello abbia il seguente orario: gio / ven / sab / dom : ore 10-17…va visitato internamente a tutti i costi. Ancora praticamente orginale del 1200, comunque i rifacimenti più “recenti” sono del 1400…il primo ad abitarlo ufficialmente fù Guido Bevisangue, con suo Figlio Guido Guerra (tanto per chiarire subito che aria tirava qui a quei tempi…)…del resto ancora oggi troviamo in cima allo scalone la statua di uno dei primi conti che si dice si voltasse a guardare la moglie (di lui prima traditrice e poi assassina…) – nota: se siete una donna baciategli il “marsupio”, la leggenda dice che vi porti fortuna… Altra leggenda vuole il fantasma della Contessa Matelda, murata viva nella torre per le sue malefatte, come dire, da mantide, aggirarsi ancora tra queste mura… Confesso che, nonostante la modernizzazione di luci e segnaletica interna… Nonostante le frequenti vocianti scolaresche in visita… Nonostante tutto il 2000 insomma, l’ambiente è davvero inpressionante: si fà presto a sporgersi dai merli e sentire ancora il tintinnare delle spade in Campaldino…oppure, mentre si sfoglia un manoscritto della biblioteca, ritrovarsi a guardarsi attorno, soli nel salone, ma convinti che una signora profumata vi sia passata vicino sfiorandovi leggermente… Cerchiamo di toglierci dalla schiena i freddi brividi portati dalla maliarda Matelda buttandoci prosaicamente sul ristorante per il pranzo, proprio davanti al castello, giusto di la dalla piazza panoramica, nelle ex stalle del castello stesso, con annesso hotel in palazzi trecenteschi (a 70 euro per notte doppia con colazione sarebbe da starci un pò… Albergo-Ristorante Casentino – Piazza della Repubblica, 6 Poppi (AR) Tel. 0575-529090-529197-529925 info@albergocasentino.it, www.albergocasentino.it). Il posto è quanto di più toscanaccio si possa trovare, arredo tradizionalissimo, da decenni propongono sempre le stesse cose (peraltro una ampia varietà) quindi le sanno fare come si deve, la cucina aderisce anche ad un circuito di locali della Regione Toscana per quei ristoranti che si impegnano a proporre anche un menù composto di soli prodotti del territorio – Signori, devo dire, proprio da buon toscanaccio, che questi cucinano come mia nonna e a dei prezzi che vi faranno venire il dubbio che vi abbiano fatto il conto per una persona invece che per due, non so se mi spiego… La pasta fresca se la fanno loro, compresi degli incredibili tortelli (ravioli, per i non toscani) ripieni di patate e spezie (tipici casentinesi) con un ragù di carne nero appunto come quello della nonna… L’insostenibile leggerezza dei carciofi fritti ve la consiglio di antipasto… Come vini qui ho sempre preferito dei semplici rossi della cantina sociale aretina, straordinari per come si abbinano bene con questi piatti, leggeri in alcol e pure nel prezzo. Se ci tornate più di una volta provate anche a pasteggiare con sola fiorentina, contornata da fagioli all’uccelletto (cannellini toscani in pomodoro, salvia e aglio) – la bistecca ve la tagliano davanti agli occhi e ve la cuociono sulle braci sempre in vista – Nota importante: NON, ripeto NON chiedete la fiorentina “piccola monoporzione”, “tagliata bassa”, oppure… Madonna, ho quasi paura a dirlo, “ben cotta”… Ve la fanno comunque come volete, ma, sempre da toscanaccio, mi pare di sentirlo l’altrimenti cordialissimo cameriere che tra se e se mugola “Turisti del c***o…”. Insomma, per una volta fidatevi di gente competente e gentile come non se ne trovano facilmente e vedrete che la fiorentina fatta “come dicono loro” è impossibile che non vi piaccia. Abbinateci un vino “serio”, ma senza esagerare con Sassicaia e simili (che pure qui hanno in cantina), direi una bella Riserva di Chianti Classico Gallo Nero tra 30 e 40 euro, ma ne potrebbero avere anche da meno… Insomma, in questo caso il conto lievita un pò, ma non esageratamente come in certe “trappole per turisti”… Mi rendo conto che forse la sto facendo un pò troppo lunga…direi che per questa volta mi fermo qui…attendo i vostri giudizi…se ce ne fossero di positivi proseguo sia questo viaggetto che altri… Dall’inviato speciale in terra aretina, il giovane nostro “Dantino” Alighieri, la conclusione: “Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza”.


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