Viaggio in alta quota

Tibet, misticismo o globalizzazione?
Scritto da: strugny
viaggio in alta quota
Partenza il: 08/08/2011
Ritorno il: 22/08/2011
Viaggiatori: 2
Spesa: 4000 €

KATHMANDU E TIBET

IL NOSTRO VIAGGIO agosto 2011:

Dopo una serie di preventivi di viaggio in Tibet dalla città cinese di Chengdu, abbiamo optato per la partenza da Kathmandu, che essendo ad un’altitudine di circa 1.300 m, ci favoriva l’acclimatamento per il Tibet. Naturalmente si deve ricordare che la Cina proibisce la visita del Tibet ai viaggiatori indipendenti, quindi anche noi ci siamo dovuti rivolgere ad un’agenzia di viaggio.

Deciso l’itinerario, pattuito la cifra con l’agenzia Silkroad, dopo circa un mese i farabutti hanno scritto dicendo che il prezzo era sbagliato e con un aumento di 1000 $ a testa… col cavolo!

Così ai primi di luglio, con il volo già fissato ci siamo trovati a piedi e molto scoraggiati e sfiduciati. La fortuna vuole che abbiamo incontrato su internet il nostro angelo-salvatore Francesco, milanese ma nepalese di adozione (nepalplanet@yahoo.it), che gestisce un hotel molto carino – il Nepal Planet a Bakhtapur (vedere recensioni su Tripadvisor) – ci ha ridato fiducia e speranza per organizzare un ottimo tour.

Così finalmente siamo partiti!

8 agosto

Arrivati nel pomeriggio dopo tre voli da Firenze all’aeroporto di Kathmandu che è rimasto tale e quale al 1992, anno in cui avevo visitato per la prima volta il Nepal. Ci mettiamo in fila per fare il visto (25$ a testa per 15 giorni) poi ritiriamo i bagagli e troviamo il buon Gopal, agente di Kathmandu e uomo fidato di Francesco. La macchina che ci porterà all’albergo ha visto giorni migliori ma siamo catapultati nel medioevo e poi fa un caldo tremendo…

Ci vuole circa un’ora per arrivare al Planet, immerso nel verde fuori dal caos cittadino. Finalmente una bella camera in cui rinfrancarsi e farsi una doccia!

Scendiamo per la cena nella sala comune; il personale, molto affabile e gentile, ci ha chiesto se abbiamo preferenze sul cibo ma a noi va bene tutto!

Così ci offrono un piatto tipicamente nepalese con varie leccornie: zuppa di legumi, pollo piccantissimo, verdure e una specie di grosso brigidino ma che non è dolciastro. Per dolce ci offrono uno yogurt sopraffino.

Ci sono altre coppie di italiani con le quali trascorriamo la serata in chiacchiere, scambiandoci suggerimenti ed impressioni sui vari viaggi già fatti.

9 agosto

In mattinata dopo un’ottima colazione ci viene a prendere Carlo Hada, guida che parla italiano e che ci porta in giro per i dintorni di Kathmandu.

Subito ci sentiamo avvolti dagli odori, dai colori e dai rumori di un mondo completamente diverso dal nostro. Visitiamo Bakhtapur, il tempio a Changu e Patan. Mangiamo un’omelette in un ristorante dal quale si gode un meraviglioso panorama dei tetti della città.

Torniamo in hotel, dove nel frattempo sono arrivati anche dei gruppi dal nord Italia e con i quali ceniamo e parliamo fino a tardi.

10 agosto

Ultimo giorno a Kathmandu con Carlo e visita di Pashupatinath, Bodnath e Swoyonbhunat, dove abbiamo un primo assaggio di ciò che vedremo in Tibet. Non vedo l’ora di partire, di vedere finalmente la città santa e tutto ciò che ho sognato per anni.

Cena in hotel e a letto presto: domani si sale di quasi 2500 m.!

11 agosto

Volo con Air China per Lhasa: molti controlli in aeroporto e un’ora di ritardo ma arriviamo finalmente a Gongkar. I controlli sono molto rigidi, mi sfogliano i libri uno ad uno, ma per fortuna la guida della Lonley Planet è nascosta in valigia…se la trovano me la sequestrano!

Vittorio consegna il nostro visto di gruppo… un “gruppo” di due persone non si era mai visto!

Ad aspettarci c’è la nostra guida tibetana, Pubu, ma dopo tre giorni scopriremo che non è il suo vero nome! Ci mette al collo una sciarpa bianca e ci dà il benvenuto in Tibet. E’ stato proprio divertente: sui nostri documenti, consegnati dall’agenzia nepalese, c’era scritto che il nome della guida era appunto Pubu. Per qualche giorno lo abbiamo chiamato così, ma si vedeva che non rispondeva prontamente per cui abbiamo addirittura pensato che fosse sordo (ma pensa: così giovane, povero figliolo…).

Poi, il nostro Pubu ci ha chiesto come mai ci rivolgessimo a lui in questo modo e ci ha domandato se fosse una parola italiana…al che noi gli abbiamo mostrato i documenti dove c‘era scritto che il suo nome era Pubu, lui ha riso dicendo che c’era stato un errore perchè il suo nome è infatti Wangchuk… ma dato che era troppo difficile per noi è rimasto più affettuosamente Pubu!

Stavolta abbiamo una Land Cruiser che ci aspetta ma c’è un sostituto del nostro autista, che ha avuto un bambino.. sua moglie ovviamente!

Un’oretta di comoda friendship highway e siamo all’hotel Xing Ding: camera buona, c’è anche la bombola di ossigeno, una doccia fantastica in bagno.

La sera ci strafoghiamo nel ristorante cinese dell’hotel e la notte è davvero dura. Tra l’altitudine e l’abbuffata dormiamo poco e punto. Vittorio al mattino dichiarerà di aver avuto gli incubi veri!

12 agosto

Colazione non eccelsa, siamo in mezzo ai cinesi e non c’è nessun occidentale: ci sentiamo veramente degli alieni!

Pubu ci porta a visitare il Jokhang Temple, mèta di pellegrinaggi, avvolto nel fumo dell’incenso e del forte odore di burro di yak.

La città mostra intorno al Tempio il suo aspetto più tibetano e antico ma fuori da qui è come una qualsiasi città cinese, se non fosse per il meraviglioso Potala che svetta.

Mangiamo in un locale, sulla terrazza in alto, un semplice sandwich ma l’appetito non è molto.

Nel primo pomeriggio visitiamo il Potala: il palazzo è circondato da tabelloni luminosi, nemmeno fossimo a Times Square! All’interno ci sono chiassosi gruppi di cinesi che la fanno da padroni ma ci dovremo abituare… Malgrado tutto, il palazzo mezzo rosso e mezzo bianco, è davvero spettacolare e finalmente – dopo averlo visto tante volte su immagini e in tv – siamo qui e ce lo godiamo… insieme alle infinite scale, che sono faticose e lasciano senza fiato per la mancanza di ossigeno.

Il Potala, residenza invernale del Dalai Lama, è uno dei simboli di questa civiltà che sta scomparendo.

Dopo raggiungiamo il monastero di Sera, dove un tempo c’erano migliaia di monaci ma che adesso sta cadendo un po’ a pezzi. In un cortile c’è un’adunanza di monaci che si parlano e schioccano le mani in un modo buffo, ma sembra più uno spettacolo messo su per i turisti che un vero e proprio rito.

Torniamo in hotel dove ci mangiamo una fettina di carne che ci costa un patrimonio…però è buona e cucinata all’occidentale!

13 agosto

Stamani a colazione veniamo salutati da un connazionale che è felice di incontrare qualche italiano in mezzo a tanti orientali. Saliamo subito al monastero di Drepung che si trova sopra Lhasa e dal quale si gode un magnifico panorama della città. Qui gli edifici sono conservati meglio, li stanno anche restaurando a suon di balli e canti. Non mangiamo nel ristorante del monastero perché Vittorio non è stato bene (e perché il “ristorante“ non ha niente a che vedere con quello che immaginiamo noi debba essere un ristorante!) così andiamo in una steak house tibetana nel centro di Lhasa. Rimango abbastanza stupita dai prezzi che sono decisamente bassi per noi: spendiamo una media di 3 o 4 euro a testa! Potenza dell’euro… Nel pomeriggio visitiamo la residenza estiva dei Dalai Lama, il Norbulingka. Da qui il quattordicesimo Dalai Lama è fuggito nel 1959. L’atmosfera è molto rilassante: giardini curati, templi non molto alti, laghetti, sembra quasi di essere in Giappone. Ci sono moltissimi monaci con accessori ultramoderni come cellulari e macchine fotografiche, molto lontani dall’immagine di povertà e semplicità che abbiamo in occidente! Sarà mica l’effetto della globalizzazione? Torniamo poi nelle vie del Barkhor per qualche ora di shopping.

14 agosto

Oggi dopo un percorso di circa 5 ore raggiungiamo il Namsto Lake che si trova ad un’altitudine di 4.700 m. Abbiamo superato bene il problema dell’altitudine: non abbiamo il mal di montagna ma solo un po’ di fiato corto.

Per arrivare in questo luogo sacro abbiamo attraversato un passo a 5.190 m.: il nostro massimo ad oggi mai raggiunto! Naturalmente esiste una foto a testimonianza del record! I paesaggi sono fantastici: montagne verdi e yak al pascolo, peccato solamente per le toilette che sono davvero uno spettacolo ma in senso negativo!

Pranziamo con carne di yak, riso e verdure insieme al nostro Pubu e ad “Olinto”, il nostro autista, che finalmente è entrato in servizio. Perché “Olinto”, vi chiederete… ovviamente non è il suo vero nome ma noi lo avevamo soprannominato scherzosamente così per via del quintale di olio che si spalmava sui capelli alla mattina!

15 agosto

Oggi è una delle giornate più belle: visitiamo il monastero di Ganden, che si trova a circa 40 km da Lhasa, in montagna. Gli edifici sono molto belli, il panorama è stupendo. Ciò che mi colpisce infatti di questi monasteri è la posizione e la costruzione esterna. All’interno infatti le cappelle hanno sempre lo stesso aspetto: statue dorate, pellegrini che si inchinano per dare offerte, monaci che controllano che nessuno scatti foto senza pagare ma che non disdegnano di chiederci delle squadre di calcio nostrane non appena sanno che siamo italiani. Non mi sembra un’aria molto mistica: i monaci mangiano, rispondono al telefonino e ogni tanto pregano… Pranziamo con i momo, una specie di ravioli di carne molto buoni, nel ristorante del monastero. Il locale è molto sporco, pancacce e tavolacci, cani che razzolano intorno, ma noi non siamo schizzinosi e mangiamo con appetito. Cedo il resto dei nostri noodles a un cane speranzoso di avanzi…

La sera Pubu ci accompagna in un hotel dove per circa 20 euro a testa ceniamo a self service (all can you eat) ed assistiamo ad uno spettacolo di danze tibetane tradizionali. Il nostro tavolo è in primissima fila (con buona pace degli autoctoni…) e naturalmente la visione è perfetta. I canti e le danze durano una mezz’ora ed è veramente piacevole!

16 agosto

Oggi lasciamo Lhasa e arriviamo a Tsedang, dopo circa 4 ore di viaggio.

La nostra Land Cruiser ha fatto i capricci ma ci ha condotti alla meta.

Visitiamo il monastero di Yumbulankhang che si trova su una roccia che domina tutta la valle… ma che fatica salire fino in cima! Ci sarebbe stato anche un servizio di trasporto con i cavalli ma abbiamo preferito faticare a piedi. Dopo visitiamo il tempio di Trandruk più vicino alla città.

Torniamo all’hotel Tsedang dove ceniamo con il solito piatto di riso fritto. In effetti, per noi buongustai, la cucina cinese è un supplizio, insieme alla reiterata rinuncia a birra e vino per colpa dell’altitudine.

In verità Vittorio notoriamente non si arrende in alcun posto del mondo ed ogni tanto il birrino se lo concede comunque…

17 agosto

Dopo due ore di strada, di cui una parte sterrata, arriviamo al monastero di Samye che non gode di una posizione particolarmente bella rispetto ad altri monasteri. Pranziamo al ristorante del monastero e proseguiamo per tutto il pomeriggio costeggiando il lago Yamdrok. Arriviamo stanchissimi a Gyantse e mangiamo in un ristorante di fronte all’omonimo hotel. Optiamo per una zuppa e un piatto di yak: nel menù c’è anche la pizza… ma chissà se c’è da fidarsi! Naturalmente c’è anche un gruppo di italiani…

18 agosto

Di prima mattina visitiamo il Monastero di Palchor Code con il famoso Kumbun, dove incontriamo quattro ragazzi di Pordenone che vengono scaricati dalla loro guida al nostro Pubu. Il Kumbun è molto grande: è una specie di torre a sei piani con numerose cappelle. In ogni cappella ci sono le immagini delle solite ed infinite reincarnazioni del Buddha.

Dopo un’ora di strada arriviamo al monastero di Shalu che si vede che è molto più dismesso rispetto agli altri templi, essendo fuori dai consueti giri turistici. Qui però si respira un’aria più vera ed autenticamente tibetana. I monaci si dedicano a lavare le ciotoline di metallo, nelle quali offrono ogni mattina fresh water alle statue del Buddha. Le statue dei protettori invece, che hanno uno sguardo minaccioso ma sono molto più prosaici, gradiscono anche birra e vino! Non abbiamo capito poi alla fine della giornata chi se li beve…

Arriviamo dopo mezz’ora a Shygatse e stavolta mangiamo in un buon ristorante; nel pomeriggio visitiamo il monastero di Tashilumpo che è davvero molto bello. Cena nell’hotel Shygatse.

19 agosto

Lasciamo la città per raggiungere il monastero di Sakya, che è grigio di nome e di fatto. All’interno ci sono turisti italiani in meditazione, ma francamente siamo piuttosto stanchi di visitare monasteri: oggi è l’ultimo comunque! Pranziamo nella città di Lhaste in quello che dovrebbe essere il miglior ristorante…e difatti anche il nugolo di mosche che accompagna e condivide con noi il pasto fa evidentemente parte del pacchetto deluxe!

Procediamo per circa 5 ore su una strada sterrata che ci conduce a Rongbuck (il campo base dell‘Everest): piove e siamo avvolti dalla nebbia. Siamo francamente scoraggiati e depressi quando arriviamo all’hotel: i bagni sono come quelli con le buche alla turca che si trovano per le strade, non c’è nemmeno un lavandino con l’acqua corrente in stanza e fa un freddo cane; siamo a 4.900 m. e non c’è nemmeno la luce elettrica in camera!

Riusciamo a mandare giù il solito riso fritto e preghiamo che non ci venga un attacco di una qualsiasi cosa che qui, in vetta al mondo e sperduti nel nulla, sarebbe davvero un bel problema!

Ci laviamo i denti con un bicchiere di acqua calda presa dal thermos e aspettiamo che arrivi la luce elettrica in stanza dopo le venti e trenta! Poi proviamo a dormire semi-vestiti e sotto un cumulo di pesantissime coperte: non c’è che da sperare che la notte da incubo passi in fretta! Intanto continua a piovere come Dio la manda…

Vittorio sacramenta ed impreca, borbottando qualcosa sulla bellezza della civilizzazione occidentale e degli hotel a cinque stelle: speriamo che domani l’Everest si mostri nel suo splendore perchè sarebbe veramente il colmo se, dopo tanta fatica, non riuscissimo a vedere niente!

20 agosto

Incredibilmente siamo svegliati da un meraviglioso sole e la punta dell’Everest fa capolino… miracolo!

Saliamo al campo base e aspettiamo un piccolo bus che ci porterà a 5.200 metri insieme a molti altri turisti. Lo spettacolo è ineguagliabile, la fatica viene dimenticata immediatamente! Scattiamo tante foto, siamo niente meno che ai piedi della montagna più alta del mondo. La luce è abbagliante, uno spettacolo di bandierine colorate e di montagne innevate. A malincuore ripartiamo percorrendo un’altra strada sempre sterrata ma fortunatamente più corta di quella di ieri. Il viaggio di ritorno è molto più bello perchè c’è il sole. Viaggiamo in compagnia di altre jeep e ogni tanto ci fermiamo per scattare le foto ed usufruire della natural toilette (ovvero la fai nei campi!).

Si arriva verso le due del pomeriggio ad Old Tingri dove mangiamo in un ristorante lungo la strada. Questa volta Pubu e Olinto non si uniscono a noi ma restano con un gruppo di loro colleghi.

Arriviamo dopo un paio d’ore di Friendship Highway a Zhangmu, città di confine. Siamo scesi a 2.250 m., il paesaggio è davvero verdeggiante e ci sono cascatelle d’acqua che scendono dai monti. La città ha l’atmosfera di frontiera e ci sono troppi camion che provocano ingorghi. Per arrivare all’hotel, che è in fondo al paese, ci impieghiamo un’ora!

Finalmente l’hotel Zhangmu ci accoglie con una bella doccia e subito ci sentiamo rinfrancati. Ceniamo di fronte all’hotel con l’ultimo piatto di carne di yak e riso fritto!

21 agosto

Molto presto ci avviamo alla frontiera: ci mettiamo in coda e ci precede una decina di persone ma dopo un po’ la coda dietro di noi si allunga. L’apertura è alle 10.30: infatti ci sono 2 ore e un quarto di differenza oraria con il Nepal.

Lasciamo i nostri fedeli “Olinto” e “Pubu” con una lauta mancia, lasciamo il nostro visto di “gruppo di due” alle autorità cinesi che ci perquisiscono anche in uscita e attraversiamo a piedi il ponte dell’amicizia per essere accolti dalla guida nepalese.

Per fortuna troviamo una jeep rossa nuova fiammante che ci riserva un viaggio gradevole verso Kathmandu; la strada ogni tanto è dissestata ma ci sono anche dei pezzi di buon asfalto. Dopo circa 4 ore siamo all’hotel Yak and Yeti. Pranziamo con una bella birra Everest ghiacciata (che ci voleva dopo tanta astinenza) e dopo gli ultimi acquisti nei negozietti delle viuzze vicino all’albergo ci prepariamo ad un pomeriggio di assoluto relax con tanto di piscina: domani ci aspetta il lungo volo di rientro a casa.

Beatrice e Vittorio

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