I parchi del sud della tanzania

Leggendo, un paio di anni fa, un articolo su una rivista che descriveva i parchi e le riserve del sud della Tanzania, ci eravamo ripromessi che, appena possibile, ci saremmo andati. Dopo aver contattato via internet diverse agenzie di viaggio e tour operators locali, la scelta (che purtroppo, e come in seguito spiegheremo, non si è rivelata del...
Scritto da: Bushman
i parchi del sud della tanzania
Partenza il: 29/08/2007
Ritorno il: 09/09/2007
Viaggiatori: in coppia
Leggendo, un paio di anni fa, un articolo su una rivista che descriveva i parchi e le riserve del sud della Tanzania, ci eravamo ripromessi che, appena possibile, ci saremmo andati.

Dopo aver contattato via internet diverse agenzie di viaggio e tour operators locali, la scelta (che purtroppo, e come in seguito spiegheremo, non si è rivelata del tutto soddisfacente) è caduta sulla E.A. Di Dar Es Salaam, il cui titolare è Mr. D.

Il tour da noi proposto, che si doveva svolgere dal 29/08/2007 al 10/09/2007, è stato accettato da Mr. D senza alcuna variazione. L’itinerario prevedeva: – 1° giorno) Partenza da Roma alle ore 00,50 con volo Ethiopian Airlines (Roma – Addis Abeba – Kilimanjaro – Dar Es Salaam) con arrivo alle ore 14,00. Trasferimento dall’aeroporto all’Hotel concordato con D; – 2° giorno) trasferimento da Dar Es Salaam al Mikumi National Park; – 3° giorno) game-drive nel Mikumi National Park per l’intera giornata; – 4° giorno) trasferimento dal Mikumi National Park al Ruaha National Park. Nel pomeriggio primo game-drive; – 5° giorno) game-drive nel Ruaha National Park per l’intera giornata; – 6° giorno) walking-safari al mattino, il resto della giornata dedicata al game-drive nel Ruaha National Park; – 7° giorno) trasferimento dal Ruaha National Park all’Udzungwa National Park. Trekking pomeridiano; – 8° giorno) trasferimento dall’Udzungwa National Park alla Selous Game Reserve; – 9° giorno) game-drive nella Selous Game Reserve per l’intera giornata; – 10° giorno) al mattino boat-safari sul fiume Rufiji ed al pomeriggio walking-safari; – 11° giorno) trasferimento dalla Selous Game Reserve a Dar Es Salaam; – 12° giorno) partenza da Dar Es Salaam alle ore 16,30 con volo Ethiopian Airlines (Dar Es Salaam – Kilimanjaro – Addis Abeba – Roma); – 13° giorno) arrivo a Roma alle ore 6,00.

L’accordo con Mr. D prevedeva che egli avrebbe dovuto fornirci: l’auto, compreso il carburante, la guida-autista, il cuoco, l’alloggio in campi tendati fisso o lodges (situati al di fuori dei parchi perché per quelli situati all’interno i prezzi sono proibitivi), tre pasti al giorno, tutti i safari e le attività previste dal programma e le tasse governative. Il costo concordato è di 1.325 dollari USA, a persona. Se si vuole risparmiare si può optare per un tour in tenda.

Descrizione del viaggio 29/08 Partiamo dall’aeroporto Leonardo da Vinci di Roma in perfetto orario ed arriviamo a Dar Es Salaam con 1 ora e mezza di ritardo (il volo Addis Abeba-Dal Es Salaam è partito in ritardo). Il volo, a parte il ritardo, è andato benissimo. L’unico timore che, come sempre, ci accompagna fino all’arrivo è: ci sarà la guida ad attenderci all’aeroporto ? Ritiriamo i bagagli in pochissimo tempo (non siamo all’aeroporto di Fiumicino). Nei pressi dell’uscita ci sono i soliti collaboratori delle diverse agenzie di viaggio che sono in attesa dei turisti. Cerchiamo invano ma i nostri nomi non li vediamo scritti in nessuno dei cartelli esposti. Purtroppo ciò che temevamo si è avverato, non c’è nessuno ad attenderci (il viaggio non inizia nel modo migliore). Che si fa ? Non ci perdiamo d’animo, Aldo entra in un negozio di telefonia con l’intenzione di acquistare una scheda telefonica per poter contattare Mr. D. Con qualche difficoltà riesce a spiegarsi, ma purtroppo vendono solo schede per telefoni cellulari. Il commesso del negozio, forse vistolo in difficoltà, molto gentilmente lo invita ad usare il loro telefono, e così finalmente riesce a contattare Mr. D che, inizialmente cade dalle nuvole, poi si ricorda e cerca di tranquillizzarlo dicendogli che presso lo Sleep Inn Hotel (che avevamo prenotato dall’Italia via internet) ci raggiungerà un suo collaboratore. Lui sta accompagnando un gruppo di turisti in un tour nei parchi del nord della Tanzania. Prendiamo un taxi e raggiungiamo lo Sleep Inn Hotel, ad attenderci troviamo M. (il collaboratore di D). Ci dice che dopo circa mezz’ora tornerà a prenderci per andare presso gli uffici dell’Agenzia per definire il tutto. La stanza dell’hotel è appena accettabile (scopriamo solo il giorno seguente, dopo aver sfogliato un depliant dell’hotel, che invece della “suite” (tale definizione è molto abusata) prenotata, ci avevano affibbiato una stanza singola adattata a doppia. L’unica consolazione è stata che costava circa la metà e che, per fortuna, era solo per una notte. Comunque, se vi dovesse capitare di dover pernottare a Dar Es Salaam evitate questo hotel. Dopo una veloce rinfrescata scendiamo ad attendere M.. Durante l’attesa facciamo conoscenza con un signore molto distinto e gentile che, sentendoci parlare in italiano, ha iniziato a conversare con noi. Ci dice di essere Somalo ma che vive a Milano da molti anni ed è a Dar Es Salaam per affari. Ci ha anche consigliato un ristorante per la cena dove, quando ci siamo andati, abbiamo incontrato anche lui.

Dopo poco più di mezz’ora è arrivato M., ed insieme a lui siamo andati all’Agenzia della E.A.. L’ufficio è situato al piano terra di un edificio non propriamente nuovo, è composto da una singola stanza con un paio di computers. In quanto ad organizzazione dobbiamo dire che lascia molto a desiderare, infatti abbiamo dovuto dare noi l’itinerario del tour concordato con D, M. Ne era sprovvisto, comunque ci ha detto che era tutto O.K. E che il mattino seguente la guida ed il cuoco sarebbero venuti a prenderci presso il nostro hotel. Con parecchia titubanza e con il timore che il giorno dopo non avremmo visto nessuno (come all’aeroporto), abbiamo pagato in contanti, a M., il corrispettivo concordato per il tour.

30/08 Con enorme sollievo, dopo circa mezz’ora di ritardo, abbiamo rivisto lo stesso M. Che ha accompagnato la guida ed il cuoco. La guida si chiama J.. Il nome del cuoco non lo ricordiamo. L’auto è una Toyota che, anche se molto robusta, secondo il nostro parere poteva essere stata tranquillamente utilizzata dai primi esploratori Europei venuti in Africa. Infatti, dopo pochi chilometri dalla partenza, ci siamo dovuti fermare presso un meccanico perché l’auto faceva uno strano rumore poco rassicurante. Dopo circa un’ora, con la rassicurazione da parte di J. Che tutto era stato sistemato, siamo ripartiti. Breve sosta per il pranzo in un piccolo ristorante di Morogoro (J. Ed il cuoco sono andati a fare acquisti di cibarie per i giorni successivi).

Poco prima di giungere al Mikumi Bush Camp, costeggiamo il Mikumi National Park. Il primo animale che avvistiamo è un facocero, ai bordi della strada avvistiamo anche molti babbuini (attirati fin sulla carreggiata dal cibo che gli viene gettato dai passanti), elefanti, giraffe e molti impala. Arriviamo al Camp intorno alle ore 16,00, ed appena scaricati i bagagli ripartiamo (ad eccezione del cuoco che rimane al Camp per preparare la cena) per un primo safari nel Mikumi National Park. Molti avvistamenti di elefanti, giraffe, bufali, facoceri ed impala.

Al tramonto rientriamo al Camp. Il Mikumi Bush Camp è provvisto di sole cinque tende fisse ed è privo della corrente elettrica (si usano le lampade a petrolio), il bagno è in comune ma, piacevolissima sorpresa, siamo gli unici ospiti, e quindi il campo è tutto per noi (sarà così per quasi tutto il viaggio). La cena, niente di particolare, è però buona ed abbondante. Dopo aver chiacchierato un po’ intorno al falò (solo noi due) e, con il favore dell’oscurità, aver osservato a lungo, affascinati, lo splendido cielo africano,ce ne andiamo a dormire. Avvistamento notturno dell’ombra di un babbuino che si aggirava intorno alla nostra tenda, ed incubo notturno da parte di Aldo che ha sognato una invasione del Bush Camp da parte di un foltissimo gruppo di turisti 31/08 Sveglia alle 6,00, doccia fredda, colazione e partenza per il parco dove scorrazzeremo per tutto il giorno. Gli animali che avvistiamo durante la mattinata sono gli stessi del giorno precedente con l’aggiunta di un’aquila pescatrice, zebre, alcuni gnu, ed un ippopotamo solitario che, pigramente, se ne stava immerso in un laghetto che, a nostro parere, era artificiale e l’ippopotamo c’era stato portato per far contenti i turisti. L’incontro con l’ippopotamo è stato comunque molto eccitante perché J. (la nostra guida n.D.R.) ci ha invitato a scendere dall’auto per andare a piedi fin sulla riva del laghetto, l’ippopotamo non è stato molto contento di vederci ma, dopo aver sbuffato un po’ e, con l’intenzione di intimorirci, accennato ad un paio di attacchi, si è calmato e si è lasciato osservare e fotografare in tutta tranquillità.

Durante il pranzo (preparato al mattino dal nostro cuoco) consumato ai bordi di un altro laghetto molto più grande del precedente e nel quale stazionavano alcuni ippopotami e molti uccelli, abbiamo assistito ad un fatto molto curioso. Mentre stavamo mangiando abbiamo avvistato un branco di elefanti che si avvicinava al laghetto, appena giunti all’acqua hanno iniziato a bere ma dopo poco tempo il capo branco, per qualche oscuro motivo, emettendo alcuni barriti ha costretto tutto il branco a smettere di bere e, correndo in modo sfrenato ed inusuale per gli elefanti, li ha fatti allontanare dall’acqua.

Per tutto il pomeriggio abbiamo girovagato per il parco anche alla ricerca spasmodica (da parte di J.) di qualche leone, ma non è riuscito a rintracciarli. J. Si rammaricava di non essere riuscito a farci vedere i leoni, ma noi gli abbiamo detto: “hakuna matata”, non mancherà certo l’occasione nel prosieguo del viaggio.

Ritorno al Camp e, dopo una doccia (questa volta con acqua tiepida), abbiamo cenato. Immancabile sosta presso il falò (sempre, e per fortuna, da soli), ed inevitabile osservazione del cielo con la sorpresa, questa sera, di uno stupendo sorgere di una luminosissima luna.

01/09 Partenza per il Ruaha National Park. Il cuoco ci lascia per fare ritorno a Dar Es Salaam; al Tungamalenca Camp ne troveremo un altro. Abbiamo fatto sosta ad Iringa per il pranzo. J. Ci ha lasciato in un ristorante indiano mentre lui è andato a fare la spesa per i prossimi giorni. Dopo pranzo breve passeggiata per le strade di Iringa alla ricerca di cartoline, ma non le troviamo. Si riparte, e facciamo una breve sosta lungo la strada ad osservare un gruppo musicale che si stava esibendo, utilizzando come palco un camion. Era un gruppo itinerante con annesso corpo di ballo. Poco dopo aver lasciato Iringa percorriamo un lungo tratto di strada sterrata. Nel primo pomeriggio giungiamo al Tungamalenga Camp (che però, a dispetto del nome, non è un campo tendato ma è un lodge). Non è il massimo ma è pulito e, particolare non trascurabile, i soli ospiti siamo noi, però dista circa 15 chilometri dal gate del parco. Qualche centinaio di metri prima di giungere al Camp, incontriamo il cuoco che cucinerà per noi durante la permanenza al Tungamalenga Camp.

Scaricati i bagagli si parte immediatamente per un primo safari nel Ruaha National Park. Lungo il tragitto inizia a piovere. Man mano la pioggia si fa sempre più fitta fino a diventare un vero e proprio acquazzone. Quando stiamo per entrare nel parco, per fortuna, cessa di piovere, ma non abbiamo avvistato molti animali, salvo alcuni ippopotami nel fiume Ruaha, un paio di dik-dik ed un bel branco di elefanti che pascolava lungo la riva di un fiume asciutto – questa è la stagione secca e quasi tutti i fiumi, salvo i più grandi, sono asciutti – però lungo i loro argini c’è molta vegetazione. Siamo scesi dall’auto per andargli più vicino ed osservarli meglio. E’ stato molto emozionante.

J., accortosi dell’ora tarda – alle diciannove bisogna uscire dal parco – si affretta e facciamo ritorno al Tungamalenga Camp. Solita doccia (non proprio solita perché l’acqua è calda) cena con spaghetti (conditi con non sappiamo cosa però buoni) e tantissima altra roba. Mentre sorseggiamo un ottimo gin-tonic (con gin tanzaniano) ad Aldo viene il sospetto che a J. Piacesse bere molto, non solo la coca-cola che beve anche a colazione (si trova dappertutto, anche nei più remoti villaggi) ma anche i super alcolici; ci si augura di sbagliare.

Prima di andare a dormire concordiamo con J. Il programma per domani. Lui ci dice che sarebbe opportuno partire verso le otto. Allora gli facciamo notare che poiché per vedere gli animali i momenti migliori sono il mattino presto e la sera (durante le ore più calde del giorno essi stazionano all’ombra degli alberi) sarebbe opportuno arrivare al gate del parco appena giorno, ovvero tra le sei e le sei e mezza. Per fortuna recepisce in fretta il messaggio e, senza fare alcuna obiezione, si dice d’accordo per partire verso le cinque e mezza (il cuoco ci avrebbe preparato sia la colazione che il pranzo).

Nottata da incubo. Prima le zanzare che ci torturano per tutta la notte, nonostante ci fossimo cosparsi di autan, ma quando finalmente eravamo riusciti a prendere sonno, ecco che verso le tre udiamo un frastuono infernale. Un camion che (abbiamo chiesto spiegazioni a J. Il giorno dopo) strombazzando con il clacson chiamava a raccolta tutto il villaggio perché doveva scaricare delle pietre. Mah !!!!! 02/09 Sveglia alle cinque. Usciamo dalla stanza che è ancora buio, non vediamo nessuno ma dopo un po’ iniziano a materializzarsi nel buio il cuoco, il giardiniere ed un cameriere. Chiediamo dove sia J., ma non riusciamo a capire ciò che dicono. Dopo una ventina di minuti ecco che, all’improvviso, viene avviato il motore della nostra auto. E’ stato J.. Pensiamo che abbia dormito nell’auto (evidentemente ieri sera avrà fatto tardi per chi sa quale motivo – ne avremo la conferma durante il safari). Mentre albeggia cerchiamo di raggiungere l’entrata del parco. Poco prima di giungere al gate intravediamo, da lontano, uno sciacallo che, dinanzi a noi, attraversa la strada. Giunti nel punto dove lo abbiamo avvistato ci fermiamo. Lo vediamo che gironzola in circolo intorno ad un cespuglio. Stiamo per andare via ma, d’improvviso, J. Si blocca fissando non sappiamo cosa, poi esclama, Simba ! Lion ! Lo scorgiamo nella boscaglia, in lontananza, con qualche difficoltà, nella luce ancora tenue del primo mattino. J., euforico per aver finalmente avvistato un leone, mette in moto l’auto e, uscendo dalla strada, gli si posiziona proprio di fronte a non più di tre metri. Il leone, che non si cura affatto di noi, sta mangiando un piccolo animale, presumibilmente un dik-dik ucciso da poco. In religioso silenzio l’abbiamo osservato per un po’. L’emozione è stata forte. Quest’incontro di primo mattino ed ancora fuori dal parco, viene inteso quale buono auspicio per una giornata fortunata e ricca di avvistamenti.

Entriamo nel parco, e subito andiamo in un posto, non molto lontano dal gate, situato lungo il fiume Ruaha, dove è possibile osservare gli ippopotami ed i coccodrilli. Non sono molto vicino, però si vedono distintamente alcuni Coccodrilli e molti Ippopotami, come sempre immersi nell’acqua.

Il Ruaha National Park non è la classica savana africana del Serengeti o del Masai Mara, è un terreno collinare, con boschi e molto selvaggio. Essendo questa la stagione asciutta con il terreno arido e la vegetazione quasi completamente essiccata, ci sono buone probabilità di avvistare gli animali. Durante la stagione delle piogge, oltre ad esserci molte possibilità di non riuscire neanche a muoversi con l’auto, essendo le strade abbondantemente infangate ed i fiume ed i ruscelli che tracimano, la vegetazione è rigogliosa, ci sono scarse possibilità di avvistare gli animali. Iniziamo il nostro safari che durerà tutto il giorno. Avvistiamo i “soliti” animali: elefanti, giraffe, impala, kudu, zebre, facoceri ecc.. Nell’attraversamento del greto asciutto di un fiume Aldo scorge, alla sua sinistra, un piccolo branco di leoni che, evidentemente infastiditi dal nostro arrivo, si alzano e, molto lentamente, si inoltrano nel bush. Il buon J., ogni qualvolta ferma l’auto per permetterci di osservare da vicino qualche animale, si addormenta. I sospetti di Aldo erano, purtroppo, fondati. J. Durante la notte, molto presumibilmente, è andato a spassarsela e, certamente, ha anche alzato un po’ il gomito. Constatato che J. Non è in grado di svolgere la sua attività di guida oltre che di autista, Aldo gli propone di cedergli la guida dell’auto e lo invita ad andare a stendersi sul sedile posteriore a dormire. Non ci ha pensato neanche un millesimo di secondo, in un baleno si era già steso ed aveva chiuso gli occhi. Dobbiamo dire che ci siamo anche divertiti a fare il game-drive per nostro conto. Poco prima di mezzogiorno J., finalmente riposato e “presente”, si desta e invece di mettersi alla guida dell’auto si siede sul tetto dell’auto per fare da vedetta.

Verso l’una chiediamo a J. Se è possibile fermarci per pranzare. Alla prima radura priva di vegetazione ci fermiamo e consumiamo il pranzo preparatoci dal nostro cuoco (due panini, un coscio di pollo, un uovo sodo, wurstel e succo di frutta). J., dopo aver mangiato qualcosa, si sdraia sul tetto dell’auto in una posizione nella quale neanche un orso in pieno periodo di letargo sarebbe riuscito a dormire. Lui si.

Dopo circa tre quarti d’ora siamo ripartiti con alla guida nuovamente J.. Le guide ed i turisti di quelle pochissime auto che abbiamo incrociato, ci guardavano con stupore vedendo Aldo alla guida dell’auto.

Mentre attraversiamo il greto di un torrente in secca, Aldo avvista, alla sua destra, un lungo serpente cobra che, evidentemente spaventato dal nostro arrivo, scivola silenziosamente verso i cespugli. Aldo urla “cobra – cobra” ed istintivamente J. Svolta verso il rettile per cercare di andargli vicino, ma, oltre al fatto che il rettile si è dileguato in un baleno tra i cespugli, le ruote dell’auto iniziano a slittare nella sabbia non riuscendo più a muoversi. J. Ha tutto il suo da fare per riuscire a rimettere l’auto in movimento. Comunque tutto va per il meglio e possiamo continuare con il safari. Facciamo ritorno al Tungamalenga Camp, come da routine doccia, breve chiacchierata con degustazione dell’immancabile gin-tonic (molto apprezzato sia da J. Che dal cuoco) e a nanna. Domani ci aspetta il tanto atteso walking-safari. Speriamo non ci deluda.

03/09 Dopo colazione partenza per il gate. Entriamo nel parco e ci dirigiamo verso un agglomerato di baracche dove c’è la Direzione del parco e gli alloggiamenti dei Rangers. La principale attività che svolgono i Rangers è quella della sorveglianza del parco per contrastare la caccia di frodo che, ci è stato riferito, negli ultimi anni si è quasi azzerata, e quella di accompagnare i turisti durante i walking-safari. Il Ranger che ci accompagnerà è molto giovane, è armato di un fucile che, a suo dire è molto efficace, ma, anche se Aldo non è un esperto di armi, dice che non si sentirebbe molto tranquillo se dovesse usarlo. Il safari a piedi si svolgerà lungo il fiume Ruaha nelle cui acque, ci hanno detto, vivono tantissimi ippopotami e coccodrilli del Nilo. Fatte le presentazioni e salutato J., che ci attenderà al gate, ci incamminiamo in fila indiana con il Ranger che fa da guida e a seguire Paola e Aldo. Il ragazzo è molto preparato e ci spiega molte cose su parecchie piante: se sono velenose, se vengono usate dagli indigeni anche come medicinali, quali animali se ne cibano ecc.. Inoltre ci illustra a quali animali appartengono i vari escrementi che incontriamo sparsi sul terreno. Vanno dai più grandi che, senza bisogno di essere degli esperti, si capisce che appartengono agli elefanti. Le palline più piccole sono opera dei facoceri, quelle appena più grandi degli impala. Incontriamo molti escrementi di Ippopotamo. Il Ranger ci spiega che, poiché gli Ippopotami hanno una cattivissima memoria, percorrono sempre lo stesso tragitto fiume-pascolo pascolo-fiume e lo segnano con i propri escrementi che vengono sparsi muovendo velocemente la piccola coda. Arrivati al fiume, nel quale scorre poca acqua essendo, come già detto, questa la stagione arida, avvistiamo in lontananza molti uccelli: aquile pescatrici, cicogne, aironi ecc.. Ci incamminiamo lungo il letto del fiume scavalcando degli enormi massi e, lungo i bordi di una specie di piscina naturale, stazionano molti coccodrilli. E’ la prima volte che ne vediamo così tanti insieme, così grandi e così da vicino. E’ veramente emozionante. Ci avviciniamo a loro a non più di venti metri. Essi sono molto tranquilli, e se ne stanno immobili a godersi il sole che man mano si fa sempre più cocente. Il Ranger ci spiega che non hanno un’ottima vista e che se non si entra nel loro raggio d’azione, che non è molto ampio, non sono pericolosi. Ci attardiamo ad osservarli e fotografarli. Chissà quando ci si ripresenterà una simile occasione. Si riparte camminando con il Ranger che ci fa strada. Paola, anche se un po’ timorosa nello scavalcare gli ostacoli, alla fine ne esce alla grande. Incontriamo tanti gruppi di ippopotami che, a volte, vivono a strettissimo contatto con i coccodrilli.Questi ultimi possono rappresentare un pericolo solo per i piccoli degli ippopotami, altrimenti si ignorano a vicenda. Mentre stavamo superando un’ansa del fiume, un folto gruppo di ippopotami, che se ne stavano tranquilli in una enorme pozzanghera, spaventati da noi, si sono messi a correre verso la parte opposta del fiume facendo un enorme fracasso. Facciamo una breve sosta nei pressi di questi ippopotami. Sono veramente tanti, e poterli osservare da così poca distanza e nel loro ambiente naturale è veramente entusiasmante.

Riprendiamo il cammino e giungiamo nei pressi di un ippopotamo solitario che il ranger ci dice essere particolarmente aggressivo. Infatti per un paio di volte abbozza un attacco facendo, con la sua mole, schiumare l’acqua, e si ferma solo quando ode lo schioccare del caricatore del fucile emesso quando il ranger ha inserito il colpo in canna.

A poca distanza dal gate del parco, il ranger si blocca improvvisamente ed alla sua destra ci indica, ad una distanza di circa centocinquanta metri, all’ombra di un grosso albero, un bel leone maschio, che prima ci osserva un po’ e poi si sdraia all’ombra. E’ stata la ciliegina sulla torta, l’inaspettato incontro alla fine del walking-safari.

Giungiamo al gate verso le dodici e trenta. Troviamo J. Che, “molto stranamente”, dorme in macchina. Lo svegliamo e lui ci accoglie offrendoci una coca cola, non fredda ma che comunque gradiamo molto. Saliamo in macchina ed entriamo nel parco nel quale gireremo fino a sera. Chiedo a J. Se è possibile fermarci per pranzare, e lui, annuendo, ci porta sulla riva del fiume nel quale sostano alcuni ippopotami e, più lontano, dei coccodrilli. Scendiamo dall’auto per il pic-nic e J., appena finito di mangiare si addormenta, sdraiato sulla sabbia, noncurante della presenza, sull’altra sponda del fiume, di un enorme coccodrillo. Gli facciamo notare tale presenza ma lui dice di stare tranquilli che non succede nulla. Noi finiamo di mangiare e dopo un po’ andiamo a svegliare J.. Aldo prende un filo d’erba e glielo passa lentamente sotto la pianta del piede. Gli prende un colpo, si alza di scatto allarmato ed impaurito. Finalmente desto risaliamo in macchina, e per prima cosa, poiché siamo rimasti senz’acqua (doveva provvedere J.) ci dirigiamo verso il Ruaha River Lodge (un lodge situato all’interno del parco) per fare rifornimento. Il lodge è veramente bello. E’ stato costruito sulla riva del fiume Ruaha e, dal suo bar, dove ci gustiamo una bibita fresca, si domina un bel tratto di fiume nel quale osserviamo un branco di elefanti che vanno ad abbeverarsi. Si riprende il safari con Aldo al volante e J., di vedetta, seduto sul tetto dell’auto. Incontriamo molti animali a noi ormai familiari. All’improvviso J. Dice ad Aldo di girare a sinistra e di prendere un pista che porta ad un fiume in secca. Fermata l’auto lo vediamo scendere di corsa, ha scorto due leoni che se ne stanno tranquilli all’ombra di un albero. Non gradiscono la nostra presenza, e corrono via in due diverse direzioni. Uno non lo vediamo più, mentre l’altro, in lontananza, si ferma e, sempre osservandoci con diffidenza, si sdraia all’ombra di una acacia. Verso le sei si ritorna al Tungamalenga Camp. Dopo cena ci attardiamo a chiacchierare con J., il cuoco ed il responsabile del Camp. Il mattino successivo si partirà alla volta dell’Udzungwa National Park.

04/09 Si parte che è ancora buio, con noi ci sono il cuoco ed una ragazza che accompagneremo fino ad Iringa, dove faremo sosta per la colazione.

Lungo la strada incrociamo molti bambini e ragazzi che, vestiti con una divisa – gonna o pantalone blu e camicia bianca – sono in cammino per raggiungere la scuola che, per molti, dista qualche chilometro. Alcuni hanno in mano dei contenitori di plastica, che, al loro ritorno a casa, dovranno riportare pieni di acqua. Altri, invece, al ritorno da scuola porteranno, alle loro case, della legna che, ricordiamo, è l’unico combustibile usato da coloro che vivono nelle capanne.

Giungiamo ad Iringa e dopo aver fatto colazione, salutiamo il cuoco e la ragazza, e partiamo per Morogoro dove incontreremo il “nuovo” cuoco che sarà con noi solo per un giorno. Successivamente proseguiremo per l’Udzungwa National Park. Verso le due giungiamo presso l’ufficio dei rangers dell’Udzungwa National Park. In attesa di una persona che ci farà da guida per il trekking, consumiamo il pranzo al sacco. Dopo un po’ arriva un ragazzo, è lui che ci accompagnerà. J. Ci lascia all’ingresso dal parco. Tornerà a prenderci fra circa tre ore. L’Udzungwa National Park è una montagna con una foltissima vegetazione la cui crescita è favorita dalla presenza di molta acqua. La principale attrazione del parco è una cascata alta circa 170 metri. Ci sono molte piante, alcune endemiche, ed alcuni esemplari di scimmie. Dalla sommità della montagna si domina una vastissima pianura, nella quale vanno a confluire le acque che da essa scendono. Nella valle viene coltivata, quasi esclusivamente, la canna da zucchero.

Per strada si incrociano molte persone, essenzialmente bambini, che masticano spezzoni di canna da zucchero. Noi l’abbiamo assaggiata e non è male. Iniziamo l’ascesa (molto ripida !!!) non senza aver prima informato la guida che noi siamo persone che fanno una vita prettamente sedentaria e, quindi, sarebbe stato preferibile procedere adagio. Sembra aver recepito il messaggio, ma non passano che una decina di minuti e per noi il trekking diventa una vera sofferenza. La fatica è tanta, si suda moltissimo ma, giunti sulla sommità della cascata, il panorama che si gode è veramente notevole, si domina tutta la pianura sottostante (immensa) nella quale, come accennavamo prima, si coltiva la canna da zucchero.

Riprendiamo il cammino risalendo nella boscaglia per raggiungere altre due (più piccole) cascate. Nel ritornare a valle facciamo una deviazione che ci porta in un punto dove si ammira dal basso la cascata più grande. Abbiamo incontrato anche delle scimmie che al nostro passaggio si allontanano urlando e saltellando da un albero ad un altro. La discesa non è meno impegnativa, spezza le gambe e tormenta le nostre ginocchia. Al ritorno, fradici di sudore e con le gambe che ci dolgono, salutiamo J. Che ci aspetta e che ci riserva una piacevole sorpresa, quale bibita rinfrescante e ritemprante ci offre due noci di cocco che un ragazzo ha appena raccolto, invitandoci a berne il liquido in essa contenuto e a mangiarne la polpa. Gradiamo molto e ringraziamo. Ci dirigiamo verso l’Udzungwa Mountain View Lodge nel quale pernotteremo. E’ l’unica struttura dove abbiamo trovato altre persone (per la precisione 6), nelle altre, salvo l’ultimo giorno che abbiamo soggiornato al mare, siamo sempre stati da soli (che bello).

05/09 Si parte per la Selous Game Reserve che è ancora buio. Facciamo una piccola sosta a Morogoro per la colazione presso un tipico “locale” all’aperto (ce n’erano molti in fila) situato ai bordi della strada. Meglio non soffermarci sull’igiene ma, comunque, ci facciamo coraggio e mangiamo alcune “cose” fatte con un impasto di non sappiamo cosa, e che assomigliavano, nella loro forma, alle piadine, e bevuto un tè.

Il cuoco ci lascia a Morogoro e, dopo averlo salutato, J. Ci dice che ha un grosso problema (sic !). Aveva un appuntamento con un collaboratore della E.A. Che doveva portargli del danaro ma, purtroppo, non è arrivato e, quindi, se non vogliamo perdere altro tempo ad attenderlo, dobbiamo anticipargli noi duecento dollari che ci saranno restituiti al nostro rientro a Dar Es Salaam. Non abbiamo scelta, se non vogliamo interrompere il tour dobbiamo prestargli questi soldi. E così facciamo. Certo che l’organizzazione dell’Agenzia non può certo dirsi “perfetta”. Si riparte e, dopo aver da poco superato Iringa, la strada non è asfaltata ma sterrata ed attraversa vallate ricche di vegetazione formata, in prevalenza, da banane ed alte palme. Attraversiamo numerosi villaggi e, durante il tragitto, distribuiamo parecchie caramelle ai bambini (e non solo). Verso le due del pomeriggio arriviamo al Matambwe Gate che si trova a nord della Selous Game Reserve dove vediamo degli elefanti che stanno pascolando, indisturbati, tra gli alloggi delle delle guardie del parco. Consumiamo il pranzo al sacco mentre J. Disbriga tutte le formalità, compreso il pagamento delle tasse, per poter accedere alla Riserva.

Entriamo nella riserva e qui iniziano le nostre peripezie che, a volte avranno dei risvolti simpatici, a volte meno.

Dobbiamo attraversare tutto il parco perché la struttura dove dobbiamo pernottare per tre notti si trova al Mtemere Gate, situato a sud della Riserva ovvero alla parte opposta di dove siamo attualmente noi. Il tragitto è lungo circa 70 chilometri però, essendo la strada sterrata, ci vogliono circa 5 o 6 ore. Ci dobbiamo affrettare. Aldo si mette al volante, non ci sono indicazioni, ci sono solo dei piccoli cartelli che indicano la direzione per i vari lodges situati all’interno del parco. Ad un bivio Aldo prosegue diritto avendo avuto anche l’assenso di J. Che, tra l’altro, si diceva conoscitore del parco, oltre ad aver chiesto ulteriori informazioni al gate. Dopo aver percorso circa duecento metri J. Dice ad Aldo di tornare indietro perché abbiamo sbagliato strada. Al bivio dobbiamo svoltare a destra. Prendiamo l’altra strada e dice che bisogna affrettarsi perché siamo in ritardo. Attraversiamo una vasta parte del parco alquanto desolata avendo subito un incendio, tra l’altro ancora in corso in quanto scorgiamo, in lontananza, delle alte colonne di fumo. J. Ci dice che questi incendi vengono appiccati dalle stesse guardie del parco per far sì che la vegetazione, cibo per molte specie di animali, si rigeneri.

Dopo un paio d’ore Aldo cede la guida a J., soprattutto perché guidare un auto in quelle condizioni ed a quella velocità (tra l’altro sbandava spesso sia da una parte che dall’altra) richiedeva molta concentrazione e stancava moltissimo. Il sole iniziava a calare e notavamo che J. Non era molto sicuro delle varie piste che prendeva. Avevamo macinato molti chilometri quando in lontananza, e finalmente, intravediamo un grande fiume. Chiediamo a J. Se è il Rufiji, il fiume che taglia in due la parte accessibile ai turisti della Selous Reserve (precisiamo che la parte centro-sud della Selous Game Reserve – circa i due terzi – è una riserva di caccia e vi possono accedere solo coloro che ottengono il permesso di caccia), ci risponde di sì. Finalmente. Controllando su una cartina che, trovata su un sito web abbiamo stampato in Italia, verifichiamo che seguendo il corso del fiume ci ritroveremo nei pressi del Mtemere Gate. J. Scorge delle grandi tende fisse che sicuramente appartengono ad un Camp situato all’interno del parco. Mentre ci avviciniamo ci vengono incontro quattro uomini (di colore) e J. Coglie l’occasione per chiedere, in swahili, delle informazioni. L’unica parola che riesco a comprendere è “Ruaha”. Non è possibile, questo non è il Ruaha National Park ma la Selous Game Reserve. Ma gli uomini precisano che il fiume che ci è davanti è il Great Ruaha. Diamo subito un’occhiata alla nostra cartina e constatiamo che effettivamente il fiume Great Ruaha scorre attraverso la Selous Reserve ma da tutt’altra parte di dove dovevamo andare noi. J. Ha sbagliato strada, ed è troppo tardi per tentare di raggiungere il Mtemere Gate, fra non molto farà buio, quindi può essere molto pericoloso girare per il parco di notte, ed inoltre J. Ci comunica che nell’auto c’è poco carburante. J. Si dispera, Aldo gli dice che ormai la frittata è fatta, bisogna solo cercare una soluzione per la notte. In fin dei conti nella disavventura siamo stati comunque un po’ “fortunati” poiché ci siamo ritrovati in un campo tendato, e l’alternativa a pernottare in auto è quella di chiedere ospitalità.

I quattro uomini ci spiegano che quello è un Tended Fixed Camp (campo tendato fisso) in costruzione e loro sono gli operai che vi lavorano. Senza pensarci su, e con estrema cortesia e generosità, il capo degli operai si dice disponibile ad ospitarci.

Ci fanno visitare un paio di tende. Sono enormi ed attiguo ad ognuna di esse c’è un ampio bagno con doccia costruito in muratura. L’unica tenda provvista di letti è quella nella quale dormono i quattro operai. La cederanno a noi due ed essi dormiranno in alcune baracche.

Pian piano la disavventura si sta trasformando in una piacevole avventura, oltre poi a rivelarsi la più bella serata tra tutte quelle trascorse durante i nostri viaggi in Africa.

J. Ci invita a sederci su un paio di sedie che ha fatto portare sulla riva del fiume, perché da qui a poco ci verrà servito del tè. Non avremmo mai pensato di trascorrere una simile serata. Mentre il sole sta tramontando, noi sorseggiamo il tè, e nel fiume, a non più di una ventina di metri da noi, ci sono alcuni ippopotami che rumoreggiamo – il fiume ne è pieno.

Aldo ha tanta voglia di farsi una doccia, va in bagno ma purtroppo la doccia non è ancora funzionante ed allora uno degli operai gli porta qualche secchio di acqua presa dal fiume. Ringrazia, ma vista la situazione preferisce lavarsi direttamente nel fiume. Infila le ciabatte, si incammina verso il fiume e vi immerge i piedi. Sempre con gli ippopotami che ci osservano con noncuranza, si lava abbondantemente alla faccia di tutte le precauzioni igieniche.

Torna nella tenda per rivestirsi, ci hanno preparato un letto matrimoniale (avvicinando due singoli) forniti di lenzuola fresche di bucato. Mentre Paola mette in ordine un po’ le valigie, Aldo si attarda a scattare fotografie agli ippopotami e ad uno splendido tramonto sul fiume.

Uno degli operai sta preparando la cena per tutti, come presumiamo faccia tutti i giorni, per noi attrezzano un tavolino sulla riva del fiume con una lampada a petrolio per fare un po’ di luce, vicino ad un bel falò (per tenere lontani gli ippopotami che durante la notte escono dal fiume per andare al pascolo e possono diventare particolarmente pericolosi). Tutti fanno del loro meglio per farci sentire a nostro agio e, con estrema cortesia, ci viene servita la cena. Cenare sulla riva di un fiume al lume di una lampada con l’unico rumore che sentiamo è quello del verso degli ippopotami, non ce lo saremmo mai neanche sognato. Non è esagerato dire che è stato meraviglioso.

06/09 Il mattino seguente, appena svegli, Aldo, J. Ed uno degli operai se ne vanno a pescare. Si sono allontanati un bel po’ dal Campo per cercare il posto migliore. Altra bella avventura è pescare lungo il fiume con gli ippopotami che ti osservano da pochi metri. Abbiamo pescato tre pesci che il cuoco ha cucinato immediatamente. Noi ne abbiamo assaggiato un po’ ma J. Se ne è fatta una bella scorpacciata.

Mentre Aldo se ne è andato a pescare, Paola si gode un altro bello spettacolo. Lungo la riva opposta del fiume, vede un gruppo di impala che fuggono velocemente, accorrono gli operai e gli dicono di vedere un Simba (Leone) che sta inseguendo i poveri impala. Paola, con l’ausilio del binocolo, osserva con attenzione e, finalmente, riesce a scorgerlo anche lei.

Dopo aver salutato e ringraziato tutti, senza trascurare di lasciare una cospicua mancia, ripartiamo per il Matambwe Gate per rifornirci di carburante.

J. Se la prende un po’ troppo comoda e questo, nell’economia dello svolgimento del programma di viaggio, influirà negativamente.

Si riparte dal Matambwe Gate per raggiungere il Mtemere Gate e, successivamente, la struttura dove dovremo soggiornare per altri due notti. Il viaggio è lungo e tutta la mattinata verrà sprecata per l’attraversamento del parco anziché per il safari, come programmato. Durante il tragitto non manchiamo di avvistare molti animali ed inoltre, il pomeriggio, lo trascorriamo facendo safari lungo il perimetro di un lago, infestato di coccodrilli, e nelle sue vicinanze. Tra gli altri animali che avvistiamo abbiamo la fortuna di osservare delle iene, un maschio adulto ed una femmina adulta con un cucciolo. E’ quasi buio quando arriviamo al River Back Lodge. E’ situato poco al di fuori del parco, nei pressi del fiume Rufiji e, come al solito, siamo gli unici ospiti.

Dopo aver cenato si va al letto presto, domani avremo un altro walking-safari e, lo scopriremo dopo, la più brutta giornata di tutto il viaggio.

07/09 Alle otto circa, dopo aver fatto colazione, il responsabile del River Back Lodge ci conduce presso il gate del parco dove incontreremo il ranger che ci accompagnerà per il walking-safari. J. Non si è visto affatto. Aldo comincia ad avere dei brutti presentimenti.

Questo walking-safari non è stato molto interessante come quello fatto al Ruaha National Park. Non è durato molto e si è risolto in una camminata nel bush con l’avvistamento di pochi animali.

Mentre rientriamo al River Back Lodge, l’autista ci informa che poiché il boat-safari ci sarà questo pomeriggio alle ore 16,30, se vogliamo, nel frattempo, fare una visita al vicino villaggio. Molto risentito Aldo gli risponde che gli accordi presi con J. Prevedevano che dopo il walking-safari avremmo dovuto fare un game drive (safari in auto) nel parco e che l’indomani mattina avremmo fatto il boat-safari. Poichè il programma era cambiato gli chiediamo di accompagnarci al Camp perché vogliamo parlare con J.. Debbono chiamarlo almeno tre volte. Sta dormendo nell’ufficio del Camp. Aldo si innervosisce sempre di più; intuisce che J. Non vuole farsi vedere, perché ?. Finalmente si decide e viene fuori. Mentre ci viene incontro Aldo gli guarda gli occhi, sono quelli di una persona che durante la notte non ha dormito affatto e che sicuramente ha abusato abbondantemente di bevande alcoliche. Guarda Aldo, non riesce a connettere, non capisce ciò che gli si dice. Finalmente Aldo riesce a trasmettergli tutto il suo risentimento per come stanno andando le cose e gli dice che vuole parlare con D (il titolare dell’agenzia). Si scuote e ci dice che ha un altro problema, l’auto non è più in condizione di affrontare strade molto dissestate, quindi non si può fare il safari. Ci chiede di attendere una decina di minuti e si avvia verso l’auto. Insieme ad un’altra persona si aggira intorno all’auto cercando di capire cosa c’è che non va, poi sale sull’auto e sparisce. Pensiamo che sia andato da qualche meccanico ma, con il passare dei minuti, e poi delle ore, ci diciamo che lo rivedremo solo poco prima delle 16,30 (l’ora del boat-safari). E, purtroppo, così sarà. Verso le 16,00 lo vediamo arrivare, mentre Aldo gli va incontro, incazzatissimo, gli urla di tutto. Cerca di calmarlo e gli dice che dobbiamo andare al villaggio per il boat-safari. Arriviamo al fiume Rufiji, dopo aver atteso una decina di minuti arriva una barca con a bordo due uomini, uno al timone e l’altro che ci farà da guida. Saliamo sulla barca e, mentre ci allontaniamo, il caro J. Ci dice che l’indomani faremo il safari in auto, fino all’ora di pranzo, che era stato programmato per questo pomeriggio. Non gli diamo molto credito, vedremo.

Il boat-safari si rivela abbastanza interessante. Si naviga lungo il fiume e si osservano i vari animali che si incontrano, molti tipi di uccelli pescatori visti anche mentre si tuffano per pescare, qualche piccolo coccodrillo e molti ippopotami. Ci fermiamo qualche minuto su una piccola isoletta situata al centro del fiume per scattare alcune foto del tramonto. Rientriamo al Camp per la cena, ed andiamo a dormire molto presto con la rinnovata promessa da parte di J. Che l’indomani sarà sua cura riservarci un gran bel safari (sic !).

08/09 Dopo aver fatto colazione carichiamo i bagagli sull’auto e, dopo aver salutato tutto lo staff del Camp si parte. Non facciamo che un centinaio di metri che J. Arresta l’auto e ci dice che ha un grosso problema (un altro !): non ha i soldi per pagare la tassa di entrata al parco. Aldo gli chiede a quanto ammonta, fa un veloce calcolo, è una bella cifra. Gli dice allora che non siamo disposti ad anticipare altri soldi perché non abbiamo la certezza che poi ci saranno restituiti, e che quindi e meglio tornare a Dar Es Salaam. Dopo un viaggio di circa quattro ore giungiamo al Kipepeo Village. E’ un villaggio turistico, a sud di Dar Es Salaam, con dei bei bungalows (tipo palafitte) situati a non più di cento metri dalla spiaggia privata con, a disposizione degli ospiti, ombrelloni, capannine, sedie e sdraio. Molto carino ed appropriato per riposarsi qualche ora dopo 9 giorni di viaggio abbastanza faticoso. Il mare è di un colore turchese, veramente bello, e noi, dopo un anno dall’ultima volta che abbiamo bagnato i nostri piedi in un mare (Cuba 2006), lo rifacciamo nuovamente. Soggiorneremo al Kipepeo Village solo per questo pomeriggio e l’indomani mattina, perché nel pomeriggio abbiamo il volo per Roma.

Dopo vari tentativi Paola riesce a contattare D ed ad esporgli tutte le nostre vicissitudini, non ultimo il fatto che dobbiamo riavere 200 dollari. Si giustifica dicendo che lui è al Serengeti ad accompagnare alcuni turisti e che non sa nulla di quanto accaduto, ma che comunque contatterà immediatamente l’ufficio di Dar Es Salaam e poi ci aggiornerà. La prima volta che richiama ci dice che un suo collaboratore la sera stessa verrà da noi a portarci il denaro, in una seconda chiamata ci avverte che poiché non sono riusciti a racimolare i 200 dollari, ce li porterà lui stesso domani e con l’occasione ci accompagnerà all’aeroporto. Molto dubbiosi, e con la quasi certezza di averci rimesso anche i 200 dollari, dopo una discreta cena a base di pesce, ce ne andiamo a dormire.

09/09 Al mattino siamo i primi ad accedere alla spiaggia. Prendiamo un po’ di sole per qualche ora. Verso le dieci facciamo ritorno al bungalow per una doccia e per preparare i bagagli. Abbiamo appuntamento per le undici con D.

Verso mezzogiorno, quando ormai avevamo perso tutte le speranze, vediamo arrivare D accompagnato da Jospeh. Ci salutiamo e gliele cantiamo proprio tutte. E che comunque, al ritorno in Italia, gli scriveremo una e-mail molto dettagliata. Dopo aver recuperato (che miracolo!!) i famigerati 200 dollari, gli chiediamo se è veramente disposto ad accompagnarci all’aeroporto o se dobbiamo chiamare un taxi. Almeno su questo è di parola e ci accompagna all’aeroporto. Dopo esserci salutati, andiamo a fare il check-in ed attendiamo il nostro volo che ci riporterà a Roma dove giungiamo il giorno dopo alle sei di mattina.

Considerazioni Parchi Quei parchi del sud della Tanzania che abbiamo visitato non ci hanno deluso, anche se Aldo non ha avuto la fortuna di avvistare il tanto desiderato hunting-dog (licaone) che, tra l’altro, è una specie a rischio estinzione. Abbiamo comunque visto quasi tutte le specie animali, a parte il ghepardo ed il leopardo. Come abbiamo detto in precedenza sono parchi molto selvaggi e poco frequentati dai turisti che prediligono i parchi del nord, dove certamente è più facile avvistare gli animali.

Volo Gli aerei della Ethiopian Airlines, con la quale abbiamo volato, non erano certamente di ultima generazione, però il volo è stato tranquillo e, cosa che certamente non è da trascurare, il costo del biglietto è il più basso del mercato.

E.A. (Agenzia di viaggio) Con tutta sincerità non ci sentiamo di dire che il viaggio sia andato poi così male, a parte una mattinata sprecata a non fare nulla invece di fare un game drive, con altrettanta sincerità non ce la sentiamo di consigliarvi la E.A., anzi evitatela, perché siamo certi che senza necessariamente doversi appoggiare ai grossi tour operators, che sono anche molto cari, ci sono delle piccole agenzie in grado di dare un servizio migliore (in rete se ne trovano parecchie) ad un costo accettabile.

Strutture Le strutture dove abbiamo soggiornato erano tutte circa dello stesso livello, abbastanza buono, comunque molto pulite e con il personale sempre gentile e disponibile. La migliore certamente è il Kipepeo Village che ci sentiamo di consigliare sia per gli amanti del mare, sia per coloro che hanno a disposizione qualche giorno, magari in attesa del volo di rientro.

Nonostante quel “contrattempo” che ha intaccato la perfetta riuscita del viaggio, vogliamo comunque ringraziare questo meraviglioso paese che ci ha regalato delle indimenticabili emozioni: ASANTE SANA TANZANIA Aldo e Paola P.S.: ogni volta che torno in Africa, ed ho la fortuna di visitare qualche villaggio, mi sembra, per certi versi, di tornare indietro nel tempo, quando anche in Italia: – si dava importanza alle cose vere e non a quelle effimere; – noi bambini giocavamo per strada senza eccessivi pericoli e non passavamo tanto (forse troppo) tempo davanti alla televisione o al computer; – le persone anziane venivano rispettate ed ascoltate e non derise ed emarginate; – eravamo educati e gentili e non volgari e scortesi; – si sorrideva con poco.

Aldo



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