Rincorrendo la dama sfuggente…

... alle isole Lofoten e in Svezia
Scritto da: Giorgio Grande
rincorrendo la dama sfuggente...
Partenza il: 15/01/2015
Ritorno il: 20/01/2015
Viaggiatori: 4
Spesa: 2000 €

ON THE ROAD

Partenza da Cesenatico ore 7.30, 45 minuti di ritardo rispetto alla tabella di marcia prevista. Il viaggio procede in modo regolare e ridondante! Una leggere nebbia avvolge la fiat multipla color oro, come una goccia preziosa su una gettata di asfalto!

Il decollo è previsto alle 13.30… tempus fugit… stay tuned!

Giunti all’aeroporto di Malpensa, i ragazzi vennero informati da un asettico Sms che il volo sarebbe stato in ritardo di 25 minuti, 25 dannati minuti… 25 dannatissimi minuti in meno per imbarcarsi sull’aereo per la tratta Oslo-Evenes\Narvik; ora avremo solo 35 minuti (runner runner)!

STUCK IN THE ICE

Dopo aver corso disperatamente per riuscire a prendere l’aereo per la coincidenza Oslo\Evenes, districandoci tra perquisizioni invasive, non senza perdite (deodorante giustamente trashato), siamo qua, all’aeroporto.. inchiodati con l’altro aereo in ritardo più biblico del primo.. e l’incognita, sempre presente, si sposta sulla macchina. Ci aspetteranno per 1,5h? Arrivo previsto ad Evenes ore 21:30.

Habemus Hyunday

Avevamo prenotato un RAV4 nuovo… sospettavamo potessero rifilarci un modello vecchio con x-mila km, nessuno poteva immaginare che ci avrebbero dato una ix35 nuova di pacca con interni in pelle, doppio tettuccio e 4 sedili riscaldabili in grado di raggiungere temperature inimmaginabili.

Dopo questa istantanea… partiti! 190 km di neve, vento, ghiaccio e ancora neve.. tantissima neve (difficile scorgere la strada) per giungere fino a Svolvaer. Il viaggio è durato 4,5h. Lungo la strada (la E10) il nulla si alternava a bellissime casine caratteristiche che invitavano all’entrata, ognuna con una lucina per ogni finestra. In 190km abbiamo scorto non più di una manciata di auto… un ermellino bianco, un uomo claudicante e un lupo nero… ma questa è un’altra storia.

L’ingresso a Svolvaer è segnato da un corta galleria scavata nella roccia che di tutto sa meno che di opera umana. Con l’entrata a Svolvaer incontriamo il primo segno di civiltà/cittadina strutturata alle isole. In mezzo alla tempesta di neve, senza acqua (ma con molto cibo :)), alla ricerca di un pub o qualsiasi cosa potesse anche solo lontanamente avvicinarsi ad una fontanella, scorgiamo quasi per caso un uomo, chiediamo informazioni e l’uomo si offre di accompagnarci ad un pub in cambio di un passaggio, accettiamo… stesi in 3 sui sedili dietro per offrire al “pedone fluorescente” (sconosciuto e potenziale “qualsiasi cosa”) ci avviamo.. l’uomo di accompagna prima ad un pub.. chiuso.. poi ad un altro pub… chiuso… poi all’albergo.

Dopo i saluti di rito ed i ringraziamenti entriamo in hotel. Una pulsantiera a codice come reception ed una busta a fianco ad un piccolo rinfresco di benvenuto come “welcome in Svolvaer”… mai “acqua”/”tea”/”caffè d’orzo moolto allungato” furono più graditi. Ad accompagnare il tutto come ciliegina sulla torta biscottini allo zenzero in un piatto a parte… in realtà molto a parte (si sospetta fossero per cani… posizione/dimensioni/sapore lasciavano parecchi dubbi).

Alle 2:30, partiti da 19,5h, decidiamo di andare al Magic Ice, famosa trappola per turisti in cui bere in coni ghiacciati alcolici misteriosi a prezzi mistici, per fortuna abbiamo trovato chiuso 🙂 (per chi fosse interessato 18-22 è l’orario di apertura… in fondo eravamo solo 4,5h di ritardo). Scarichiamo le valigie, con non poche difficoltà, lo strato di ghiaccio miete le sue vittime e in 15 minuti siamo in camera, pesti e doloranti. Il letto è unico, a 4 piazze… vi lasciamo con questa immagine… “particolare”.

W il Samyang! W la Hyunday! A domani, stay tuned.

8:30, suona la sveglia… la prima. In rapida successione le altre si susseguono in un’inascoltabile quanto fastidioso concerto risvegliando quei sentimenti di rifiuto/negazione che solo la suoneria della sveglia, non importa di che natura sa “stimolare”. Ma noi siamo carichi, come dei draghi. Aperti gli occhi ci rendiamo conto che l’alba è già lì e, nonostante le 4,5/5h di sonno, siamo in netto ritardo su di lei (e sulla colazione.. ultima chiamata alle 9). Un ricco buffet ci attende nella sala delle colazioni, la tavolo imbandita offriva di tutto un po’… nulla di commestibile e/o comunque nulla di cui avresti voglia appena sveglio, soprattutto dopo poche ore di sonno. Formaggi con colori improbabili, salse con consistenze atipiche… Alla fine ce la siamo cavata con uova all’occhio di bue, buttate giù, con latte e marmellata.

Approcciamo il porto di Svolvaer, centro nevralgico della cittadina, supera le aspettative. Niente di speciale, ma di certo non da buttare via come descritto in certe guide. Ci intratteniamo più del necessario alla ricerca di un negozio che venda accessori per fotoamatori (uno di noi… non diremo chi, ha perso la staffa per fissare la macchina al cavalletto). Risolviamo con un negozio un po’ particolare di una coppia di “nonni” davvero gentili che vendevano: macchine fotografiche lui e, a fianco, letteralmente all’interno della stessa stanza, stesso bancone, biancheria per la casa lei.

Pronti a ripartire entriamo in un edificio pubblico per chiedere informazioni sul lago ghiacciato in programma per oggi… non immaginavamo che entrando saremmo sbarcati direttamente in un aula piena di ragazzi che stavano facendo lezione.. avendoli oramai interrotti… già che c’eravamo. Abbiamo chiesto le informazioni per cui avevamo fatto irruzione.

Partiamo alla volta di Laukvik, centro del Polar Light Centre. Il lago di cui sopra lo incontreremo lungo il tragitto. La strada perennemente ghiacciata/innevata non ci costringe ad innumerevoli tappe quanto invece il fantastico e surreale paesaggio che ci circonda (ix35 4×4 con gomme chiodate inarrestabile). Innumerevoli le fermate per le foto in mezzo a fiordi e laghi/laghetti ghiacciati stupendi (non appena avremo qualche minuto e/o comunque alla fine di questa avventura posteremo qualche foto in più). Lo spettacolo più entusiasmante… un lago completamente ghiacciato, le cui lastre di ghiaccio si erano/sono spezzate in tante forme triangolari a fare sembrare la superficie un “tipico schizzo da telefonata di lavoro”.

Arrivati a Laukvik, andiamo alla ricerca del Polar Light Centre, in paese una casa molto caratteristica, spicca sulle altre. Chiediamo per strada ad una coppia di ragazzi che ci indirizzano a quello che, “indebitamente” ci aspettavamo (visto il contesto). Il Polar Light Centre dall’esterno appare come una casa normale, tipico colore rosso, senza vezzi particolari. Suoniamo il campanello, ci apre una signora che si rivelerà essere molto gentile quanto rigida nel mantenere le sue posizioni/convinzioni. Dopo un’amichevole chiacchierata ci dice che loro offrono un servizio di allerta Sms per l’aurora boreale, peccato che al servizio si possa accedere solo dopo essersi “pappati” anche tutto il contenuto multimediale che hanno da “offrirti” e che viene proiettato una sola volta al giorno. A nulla sono valsi i tentativi di corruzione (eravamo disposti a pagare l’intera cifra del servizio per il solo Sms, ma niente da fare… e ci abbiamo provato, ve lo garantisco. Da un certo punto di vista professionalità apprezzabile… dal nostro, che preferiremmo dormire in caso l’aurora non si presenti, un po’ meno).

Ripartiamo, non abbiamo tempo da perdere, la luce fa ancora risplendere il ghiaccio sulla strada ma ci accorgiamo dai tempi di esposizione, che in AV si allungano, che il “mezzogiorno” Lofoteniano è passato.

Direzione “Sildpollness Church“, chiesa simbolo delle isole… un flop di dimensioni bibliche. Arriviamo (con l’aiuto di una signora piuttosto “sportiva”) a destinazione, ma in ritardo sul tramonto. Le luci della chiesa in notturna, la lontananza dell’obbiettivo, una composizione non troppo soddisfacente ci fa presto desistere e abbandonare (non troppo a malincuore) l’obiettivo e lo scopo della tappa.

Passando da Kabelvag raggiungiamo Henningsvaer. Complici il buio e la neve intensa, le foto trash si sono sprecate tra giochi di luce creati con le torce e alcune peculiarità della cittadina. Decidiamo di proseguire infine verso Reine quando alla richiesta di un pub, ci sentiamo rispondere che il più vicino si trova a circa 60Km di distanza.

Stremati raggiungiamo la Rorbu che avevamo prenotato. I nostri dirimpettai esibiscono con orgoglio fuori dalla porta una ventina di stoccafissi, l’odore si sente da 100m, ma fanno tanto Lofoten, e ci piacciono un sacco. La Rorbu è veramente bella, assolutamente sopra il target di costo che si è preposta. Passeremo sicuramente 2 notti in un ambiente caldo, confortevole, unico, circondati da legno, lanterne, lucine alle finestre e, appunto, stoccafissi.

Cosa ci riserverà il domani ancora è un mistero. Per il momento ci sono 2 sveglie puntate, una alle 4:30 e una alle 8. Chissà cosa succederà (sono oramai le 3:)). Aggiornamenti in arrivo, domani.. o perchè no, se riusciamo anche oggi stesso. W il Samyang, W la Hyunday! Stay tuned.

Primo obiettivo della giornata, il più importante, con priorità assoluta su tutto… colazione continentale. Direzione A i, ultima città delle Lofoten, si gioca il posto tra le più famose. Un bar non può mancare in una cittadina così. Partiamo. Lungo il tragitto ci fermiamo a chiedere informazioni ad un ragazzo, un po’ per sport più che per necessità (la strada è una sola).. si innesca subito una conversazione interessante sul nome della cittadina che porterà a 5 minuti buoni di A i (“O”, così si pronuncia) “EI AI” (spelling in inglese), OH? OUH!?.. stava quasi per partire un Hey! oh! Let’s GO! (cit. https://www.youtube.com/watch?v=nBUusDv6hXI).

Continuiamo lungo la strada, l’alba ci accompagna con la sua luce a creare stupendi giochi con le nuvole e ombre interessanti. Facciamo un paio di fotografie alle Rorbu lungo il tragitto.

Proseguendo, decidiamo poi di fermarci in un paesino che non ci sembrava male, parcheggiamo e facciamo un giro a piedi. Scattiamo qualche foto, ci guardiamo intorno, esploriamo. Come in tutti gli altri luoghi che abbiamo visitato vigeva la desolazione totale. Affascinanti rorbu dal tipico colore rosso facevano cornice ad un piccolo fiordo… Valutiamo il paese nel suo complesso “mediocre” paragonato agli altri visitati. Decidiamo di ripartire verso A i.. Scopriremo 30 secondi dopo che la strada terminava dopo una galleria (senza senso?) e che la famosa A i era il paese di cui sopra… Naturalmente di un “Kafe” nemmeno l’ombra…

Risolviamo il problema della colazione in un supermercato lungo la strada, con brioche, latte al cioccolato e marshmallow (crudi).

Direzione Ramberg! Nei pressi ci dovrebbe attendere una delle 3 spiagge top delle Lofoten. I km da fare non erano tanti, ma gli spunti ed i paesaggi indimenticabili trovati lungo il tragitto hanno fatto si che di fatto raggiungessimo la spiaggia rocciosa al tramonto. Uno spettacolare mare in burrasca con onde alte qualche metro che si andavano a infrangere su rocce vulcaniche nere immerse in un paesaggio innevato, bianco e unico, avvolto da imponenti montagne.

Utilizziamo l’ultima ora del giorno per visitare Nusfjord, il paese è interamente costruito da palafitte a formare un ferro di cavallo ai margini del fiordo che le ospita. Le rorbue rosse e la neve intonsa (ennesimo villaggio deserto) ci offrono lavoro e materiale fino al sopraggiungere del buio totale. Il paese offre un punto panoramico di facile accesso da cui si può ammirare il paese dall’alto e il fiordo aprirsi sul limpido mare norvegese. Al centro del paese (non più di 20 rorbue) una piccola capanna con un piano per la preparazione del pesce dà il tocco finale, caratteristico, al paese; a nostro parere, il più bello visitato sino ad ora. Anche qui abbiamo trovato un Kafe, molto carino ed accogliente… chiuso (luci accese all’interno ma deserto e chiuso).

Avendo saltato il pranzo, ed essendo la scorta di marshmallow al limite, decidiamo di rientrare alla base per cenare. Ponderiamo il programma notturno. Il cielo sembra essere coperto, ma le nostre fonti ci dicono che questa serata per loro è un “GO!!”. Prepariamo tutta l’attrezzatura, il cibo e controlliamo le batterie. Siamo pronti per l’appostamento notturno! Decidiamo di non muoverci troppo lontano da “casa” dato che domani (fra poco più di 3 ore) ci attendono 405Km (8 ore di macchina minimo) per arrivare ad Abisko in tempo per l’escursione notturna che abbiamo in programma e considerando anche che gli ultimi due giorni non hanno offerto molte più ore di sonno.

Direzione A I, subito dopo Reine, un piccolo ponte separa un fiordo con rorbue da una parte, aggregate a formare una bella composizione che avevamo fotografato anche in mattinata, ed un imponente monte dall’altra. Ci rendiamo conto dopo un paio di scatti di prova per valutare la quantità di nubi in cielo che l’inquinamento luminoso la fa da padrone, al punto da poter compromettere eventuali foto alle luci del nord. Partiamo! Si cambia luogo dell’appostamento!

Sono circa le 9 di sera, c’è ancora una notte davanti, ma l’aurora è imprevedibile, non c’è tempo da perdere.. procediamo tornando verso Nusjford memori di foto scattate nel pomeriggio per poter sfruttare i percorsi che avevamo aperto durante il giorno e che dovevano essere ancora tali dato che non aveva nevicato. Anche qui, dopo un paio di “foto check” ci rendiamo conto che le nubi la fanno da padrone, ed un miglioramento sembra improbabile. Mentre valutavamo la posizione, fermi con le 4 frecce inserite, una macchina, non solo ci incrocia (evento più che raro, soprattutto considerando la strada, che non era la E10: eravamo alla ricerca di meno inquinamento luminoso possibile) ma si ferma anche, abbassa il finestrino, e dall’interno un ragazzo ci chiede con nonchalance “Qualche problema?”, testuali parole. La cosa ci inquieta non poco, considerando che lui era chiaramente norvegese, e che noi avevamo una macchina con targa sempre norvegese.. ma questa storia, seguirà a quella de “l’ermellino bianco, il lupo nero ed il ragazzo claudicante”.

Il tempo passa, noi non ne abbiamo… Questa è l’unica sera in cui il meteo potrebbe (anche se a fatica) permetterci di raggiungere la Dama. Partiamo!! Si cambia luogo dell’appostamento!

Non possiamo sbagliare, non possiamo procedere a vista. Le previsioni meteo lofoteniane appaiono abbastanza generiche ed ottenere informazioni specifiche per i singoli paesi sembra impossibile. Arriviamo a Nusjford. Scorgiamo un ragazzo dalla finestra, lui ci guarda, noi lo guardiamo.. Il bersaglio è agganciato. In meno di un minuto stiamo salendo le scale della sua abitazione. Scambiamo qualche chiacchiera amichevole, chiediamo se conosce un punto panoramico abbastanza alto e/o un’altra location da provare (verificare la presenza o meno di nuvole). Ci offre un paio di nomi, 1 a 20 minuti in direzione “casa”, l’altro ad 1h in direzione opposta, verso Svolvaer. Optiamo per quello vicino a casa.

Lungo la strada per raggiungere il luogo indicato una stupenda composizione di luci, montagne e acqua cattura la nostra attenzione. Facciamo una foto di prova per verificare la bontà del cielo. Il risultato è un’aurora boreale nello scatto di prova (non ancora visibile ad occhio nudo, ma intrappolata dallo scatto ad alti ISO).

1 minuto e siamo sbarcati tutti e quattro dalla macchina, ognuno con il suo cavalletto in mano affrontiamo con entusiasmo la discesa nel bosco per scendere verso il mare e raggiungere quello che sarà il punto panoramico da cui nasceranno gli scatti alla Dama.

Lo spettacolo che si è presentato è stato qualcosa di incredibile: inizialmente un timido accenno di colore verdastro, poi un alternarsi di intensi verdi che creavano ritmicamente con intensità crescente forme e sfumature differenti hanno danzato con noi per un paio di ore sotto un cielo magnifico e pieno di stelle. A domani le foto “buone” dell’aurora. Vi lasciamo con questa immagine che ci vede (purtroppo solo in 3, per motivi tecnici) insieme al lavoro in compagnia della Dama. Stanchi, ma felici dei risultati portati a casa, rientriamo. Domani traslocheremo in Svezia, dove il clima rappresenterà un altro aspetto critico da gestire con grande attenzione, sia per quanto riguarda noi che per l’attrezzatura.

W il Samyang!, W la Hyunday! Stay tuned.

Lofoten, we will see you again!

Ore 8. Ci alziamo. La situazione critica ci vede tutti abbastanza in difficoltà… Pochissime le ore di sonno alle nostre spalle. Mentre facciamo un check degno della DIA per verificare di non lasciare nulla nell’accogliente Rorbu da sogno, Fabione prepara una “pentola”, letteralmente, di caffè.

1 “Piatto fondo” di caffè a cranio, e… pronti per partire, like 4 drakes! In programma c’e un viaggio intenso di 9/10 ore in condizioni estreme (le temperature rigide fanno si che il ghiaccio sulle strade la faccia da padrone non perdonando la minima distrazione). La tabella di marcia e’ rigida, blindata, da rispettare ad ogni costo, senza troppe deviazioni, abbiamo infatti appuntamento ad Abisko alle 8 per un escursione in notturna. Unica tappa programmata, la spiaggia di Haucland, recensita e definita anche dal Times come un must see.. e noi la vedremo (e quindi anche voi).

(Nei giorni scorsi abbiamo promesso foto, arriveranno tutte nei prossimi giorni, ci scusiamo, ci abbiamo provato ma la nostra tabella di marcia serrata a fatica ci permette di dormire piu di 3 / 4 ore a notte). Facciamo l’ultimo scatto alla Rorbu creando luci particolari muovendoci in cerchio con la nostra magica Hyundai ix35. Lasciamo le chiavi in una cassetta della posta (nessun contatto umano con i proprietari nei giorni in cui siamo stati li, le chiavi ci aspettavano a fianco alla porta) e… Partiti! Oggi ripercorreremo tutta la strada fatta la prima notte di giorno per poter osservare ed ammirare i paesaggi (che si riveleranno stupendi) che non avevamo visto all’andata. La tentazione di fermarsi ogni 500 metri continua a perseguitarci, come se le Lofoten non ci volessero fare arrivare in tempo in Svezia, ad Abisko, trattenerci qui.

Lungo il tragitto, gli specchi d’acqua ricchi di rocce innevate circondate da montagne sono ovunque, la luce dell’alba rende il tutto ancora piu’ magico creando sfumature sulle montagne che mai avevamo visto persistere per cosi’ tanto tempo. Arriviamo alla spiaggia di Haucland, parcheggiamo lungo la strada aprendoci strada tra la neve abbondante raggiungiamo la spiaggia. Procediamo insieme, compatti, decidendo insieme i possibili scenari da scattare per non rovinarceli a vicenda con orme sulla spiaggia. Il timore si rivela presto essere infondato. Le temperature rigide rendono la spiaggia solida come una roccia. Scattiamo diverse inquadrature, diverse esposizioni, cercando di cogliere tutto le sfumature dell’alba e “gestire” l’acqua nel migliore dei modi. Ad un certo punto ci rendiamo conto che il mare ha trascinato in acqua un paio di guanti che pensavamo aver lasciato a distanza di sicurezza dalla riva. Attendiamo 5 minuti sperando che i guanti, indebitamente sottratti, vengano restituiti dal mare in un momento di pentimento.. I guanti si allontanano sempre di piu’. Organizziamo al volo una spedizione nelle acque artiche.. in mutande sfidiamo le acque cristalline e recuperiamo il maltolto. Pronti per ripartire. Proseguiamo lungo la E10, abbiamo visto cose che non abbiamo fotografato ma che ci ricorderemo per sempre. Il tragitto procede senza intoppi, un po’ di stanchezza e tanti litri di RedBull.

Ci fermiamo a metà strada per una pausa a base di stoccafisso essicato, la cosa piu’ proteica mai esistita (90% di proteine). L’odore un po’ particolare ci lascia perplessi in una fase iniziale, ma dopo 4… 5… 6… 7…8 bocconi ci abituiamo al sapore.

Siamo di nuovo in macchina.. arrivando al confine svedese un alce ci attraversa la strada, si ferma, ci guarda, poi procede come senza curarci di noi, che nel frattempo cerchiamo freneticamente di tirare fuori le macchine fotografiche senza risultato. L’alce sparisce egoisticamente nel bosco senza che noi riuscissimo ad imprimerla sui nostri sensori… A breve saremmo arrivati al confine con la Svezia… La seconda parte della giornata in serata, le luci ci stanno sfuggendo e il tramonto non possiamo perderlo.. (per non perderlo non siamo riusciti a postarlo prima).

W il Samyang! W la Hyundai! Stay tuned!

WELCOME to Sweden!?

Arriviamo al confine con la Svezia. Scendiamo dalla macchina per una foto blog con il cartello (un po’ trash ma ci stava). Un vento fortissimo (da spostare la nostra ix35), gelido, pungente e tagliente ci sorprende subito. Senza guanti, un dolore “atroce” alle mani (stando fuori solo il tempo necessario per aprire un cavalletto e scattare una foto al volo) ci convince a rientrare subito in macchina per scaldarci.

Procediamo direzione Abisko. Arriviamo al luogo in cui avremmo passato la notte. La Rorbu in cui abbiamo alloggiato i giorni scorsi è oramai solo un ricordo, da li a breve sarebbe diventata anche un rimpianto. La camera è piccolissima, a malapena ci stanno i 4 letti (a castello). Il bagno è sprovvisto di docce (in comune in tutti i sensi: uomini, donne non ci sono distinzioni). Ci prepariamo per la ciaspolata notturna. Un po’ stanchi per il lungo viaggio ma carichi, ansiosi di eguagliare il successo della notte precedente ci avviamo verso il punto di ritrovo armati di ciaspole e torce. Saliamo lungo una collina, la strada era stata in precedenza battuta da delle motoslitte (ciaspole inutili). Il percorso non e’ impegnativo, piccole pendenze e non troppo lungo. Salendo ci rendiamo conto con un po’ di amarezza che non siamo più alle Lofoten, dove tutto era sogno. Intorno a noi solo alberi spogli e un paesaggio “piatto” e “indifferente”. Facciamo check periodici ad alti ISO per verificare la presenza o meno dell’aurora. Per il momento è presente ma molto debole e poco definita. Procediamo verso il traguardo. Arriviamo alla meta dopo una 40ina di minuti. Ad attenderci un calderone in cui accendere il fuoco e una teiera in cui preparare una tisana (che si rivelera’ essere il punto forte della serata). Dopo qualche secondo, quasi stessero aspettando noi le luci del nord iniziano a danzare. Estasiati prepariamo l’attrezzatura e cerchiamo una buona posizione da cui fare uno scatto con una buona composizione.. cerchiamo .. cerchiamo… inutile. Il paesaggio insipido da una parte, l’inquinamento luminoso di Abisko dall’altro ci convincono.. smettiamo di scattare dopo pochi tentativi. Decidiamo quindi di goderci le luci del nord sorseggiando un’ineguagliabile tisana di frutti rossi e scambiando quattro chiacchiere con un ragazzo che era salito con noi. Sarà proprio lui (e i suoi consigli) a “disegnare” il nostro destino nelle ore successive. Il fuoco oramai fievole si estingue, il tepore svanisce, decidiamo di rientrare.

Il ragazzo ci aveva suggerito come posto carino per scattare qualche foto il Lago Torneträsk, attualmente ghiacciato, e considerato “SAFE” (la leggenda narra per il ghiaccio 70cm di spessore) , calpestabile.

Siamo stanchi, dilaniati dal viaggio e dal numero di ore irrisorie dormite (o meglio, dal numero considerevole di quelle non dormite), ma non vediamo l’ora di rifarci sul flop della serata.

Raggiungiamo la macchina e ci avviamo direzione lago. Una spia nel cruscotto ci ferma poco dopo, abbiamo forato!? Accostiamo dalla macchina e scendiamo, gli pneumatici ci sembrano ok. Nel frattempo una macchina con dei ragazzi si ferma per chiedere se abbiamo bisogno di una mano, ci aiutano a tradurre il libretto di manutenzione dal norvegese all’inglese, in cerca di una spiegazione diversa da “dobbiamo cercare un gommista”. La chiacchierata si conclude con un nulla di fatto, rimediamo solo indicazioni per il distributore (con servizio pompa per le gomme) piu’ vicino. Raggiungiamo il distributore, chiediamo ad un ragazzo che sta facendo rifornimento se sapeva dov’era la pompa… ci indica la posizione ma aggiunge anche che da diverso tempo non funziona. Da li nasce uno scambio di battute che ci porterà a raccontargli il nostro problema. Ci chiede subito se veniamo dalla Norvegia, ci fa presente che in tal caso è normale che le gomme risultino sgonfie dato il cambio significativo di temperatura (in effetti potevamo pensarci…). Decidiamo di tenere monitorata la situazione delle gomme con check periodici ma fondamentalmente diamo fiducia alla sua tesi, ripartiamo! Direzione lago! (siamo testardi, e l’aurora che brilla persistente nel cielo non fa altro che spronarci ancora di piu’). Ci infiliamo in una stradina che in linea d’aria sembrava potesse avvicinarci alla costa del lago ghiacciato. Dopo un paio di km ci ritroviamo con le ruote, e la macchina completamente immersa nella neve, bloccati.

Sembra non esserci speranza di uscire quando vicino scorgiamo un capanno, dentro riusciamo a trovare un paio di badili. Iniziamo a liberare la macchina (erano le 2.30/3 di notte). Dopo non poca fatica, terminiamo con successo l’impresa.

Stanchi, decisi che quel giorno doveva andare così, non molliamo, ma “posticipiamo” la visita al lago. Domani vi racconteremo la giornata di oggi, assolutamente da non perdere.

W il Samyang! W la Hyundai, Stay tuned!

Alle 9:00 siamo seduti ad un tavolo dell’unico pub che siamo riusciti a trovare aperto da quando siamo arrivati in suolo straniero. Il locale è buio ma accogliente. Un signore inquietante, parecchio inquietante (tipo Sloth dei Goonies) troneggia su di noi da dietro al bancone. Ci riprende per l’orario, facendo presente che dalle 9:30 avrebbero iniziato a preparare per il pranzo. Paghiamo i consueti 2000 euro per una tazza di “qualunquecosapurchésiacaldo”. In una teca i dolcetti verdi con gli estremi di cioccolato che (credo tutti) adoriamo all’Ikea.. solo che qui siamo in Svezia, impossibile resistere alla tentazione. Altri 2000 euro e passa la paura. Il termometro segna -20, decidiamo di affrontare il parco naturale di Abisko per fare una passeggiata “corroborante” e, perché no, se ci va bene anche avvistare un alce. Chiediamo informazioni ad una ragazza del luogo, ci suggerisce di costeggiare il fiume. Partiti!

Abbiamo abbandonato la macchina da appena 10 minuti, scorgiamo l’entrata del parco. A tutti viene subito il dubbio che non sia stata un’idea geniale uscire con quella temperatura quando si solleva una leggera brezza tagliente. La desolazione di Abisko in un qualche senso ci fa bene allo spirito, per la prima volta in questo viaggio ci prendiamo veramente del tempo per noi, per scattarci delle foto, così, giusto per il gusto di scattare (a -22). Ci inoltriamo nel parco naturale, il sentiero dista un centinaio di metri dalla costa del fiume (completamente innevato), ben presto ci accorgiamo che la strada battuta non ci basta, un sentiero monotono su uno scenario suggestivo, ma ripetitivo: neve e alberi spogli.

Uscire dal sentiero è sicuramente pericoloso, il metro di neve intorno a noi nasconde tutto, compreso possibili crepacci tra una roccia ed un’altra. Scorgiamo delle orme di dimensioni considerevoli, pensiamo ad un alce, facciamo alcune considerazioni sull’animale e sul suo peso. La decisione è unanime, seguiamo le sue tracce avendo cura di non uscire dalla strada tracciata dalla bestia e usando i cavalletti per testare la solidità del terreno, procedendo con decisione e cautela allo stesso tempo. Siamo consapevoli che scivolare nel fiume non lascerebbe alcuno scampo. Continuiamo a farci qualche foto, avendo difficoltà con i guanti, ingenuamente, uno di noi se li toglie. Il dolore alle dita ed alle mani si fa dopo qualche secondo lancinante, impossibile scaldarlo con le buste chimiche, difficilissimo e dolorosissimo convincerlo a rimettersi i guanti. Data la criticità della situazione, decidiamo di rientrare. Riguadagniamo l’entrata del parco il più velocemente possibile. Il vento si fa più forte, impetuoso, e soffia su di noi ad ammonirci per avere osato. Ora tutti stiamo subendo il freddo, penetra nei piedi, nelle gambe. Acceleriamo il passo. Arrivati alla macchina, la accendiamo, il termometro della macchina segna ora -28. Decidiamo di ristorarci in una tourist station con vista sul lago che avevamo visto procedendo verso il parco. Il posto è accogliente, caldo, caldissimo (soprattutto venendo dall’esterno). Enormi vetrate si affacciano sul lago Torneträsk. Una luce soffusa crea un’atmosfera rassicurante e piacevole. Permettiamo al luogo di coccolarci un po’ e decidiamo di mangiare li, pasta alla carbonara! (della carbonara non aveva nulla, ma era veramente buona).

Stesso posto, stesso tavolo, davanti ad un caffè americano con taaante zollette di zucchero, attendendo il tramonto, scriviamo il post relativo alla giornata precedente…

Ore 15:30, le luci del giorno iniziano a svanire, presto compariranno quelle del tramonto. (Non riusciamo, come avrete notato, a pubblicare il post. Troppo grande il timore di perdere la giusta luce). Destinazione, lago di ghiaccio. Torniamo sul luogo della sera precedente. Questa volta memori di quanto accaduto la notte prima ci fermiamo ben prima con la macchina e decidiamo di proseguire a piedi. Camminiamo con voga per non perdere neanche un attimo, vogliamo trovare la corretta composizione e attendere le luci giuste, per goderci il momento. Vediamo il lago, non c’è una strada battuta, ma ci sono alberi intorno a noi, ci facciamo strada nella neve altezza ginocchio sprofondando di tanto in tanto fino alla coscia. Gli alberi ci fanno da guida. Mentre scendiamo scorgiamo alla nostra sinistra un ponte, decidiamo di non procedere oltre onde evitare spiacevoli sorprese e ci avviciniamo alla struttura per valicare. Una piccola collina, e al di la di questa eccolo li, il lago ghiacciato tanto agognato. Ci prepariamo per scattare, un pontile e delle pietre nere che emergono dalla neve depositata sopra al ghiaccio creano, assieme alla distorsione del Sammy 14mm, giochi prospettici sull’orizzonte piatto, infinito. Procediamo distanti, per non appesantire il ghiaccio e non osare troppo, nonostante ci abbiano detto che è assolutamente sicuro, tanto da girarci in macchina. Le acque gelide sotto i nostri piedi ci sarebbero fatali in caso succedesse qualche imprevisto e il ghiaccio si rompesse. Posizioniamo i cavalletti, uno scatto con triplice esposizione, prima prova. Le esposizioni sono sbagliate, abbiamo sopravvalutato la luce, ritentiamo. Questa volta le esposizioni sono giuste, il paesaggio e la foto migliori di quanto immaginato…

Un TOOOOOMMMMMMMMMHHHH sordo ferma il tempo per qualche secondo. Lo sguardo a cercare quello degli altri, 5 secondi per intenderci… lentamente indietreggiamo, sempre uno alla volta verso quella che avevamo battezzato NOI come zona sicura, prima di avventurarci.

Uno solo è riuscito a scattare, e il fuoco non è perfetto… La situazione lascia parecchi dubbi ma decidiamo di ritentare.. ci servirebbe una corda.. ma non ce l’abbiamo… decidiamo che scatterà uno solo, per portare a casa il risultato ponendo sul lago meno peso possibile. Il cavalletto viene posizionato, TOOOOOOOOMMMMMMMMMMMMMHHHH…… Il ghiaccio si infrange con boati agghiaccianti e inquietanti che fanno eco tra di loro e sembrano chiamarsi… TOOMMMH … TOOOOMMMMHH….. TOOOOOMMMMMMHHHHHHH.

La priorità diventa subito sicurezza per tutti, la riva viene guadagnata camminando seguendo le rocce emergenti dal lago (con la speranza che basassero su qualcosa di solido e non sul lago stesso) con l’abbigliamento tecnico in mano, pronto ad essere abbandonato qualora qualcosa andasse storto.. Non abbiamo lo scatto perfetto.. ci accontentiamo di quello leggermente sfuocato da conservare come ricordo. Un mezzo flop carico di emozioni forti.

Torniamo indietro un po’ sconsolati, la Svezia non sta premiando la nostra tenacia quanto la Norvegia.

Mentre camminiamo sulla neve lungo la strada aperta in precedenza, ci accorgiamo che in prossimità del ponte c’è qualcosa che si muove. Ci avviciniamo. 2 poderosi alci (femmine, ma poderose) ci bloccano il passaggio. In 1 secondo abbiamo tutte le macchine fuori, ma siamo sprovvisti di tutto. Lo scopo dell’uscita era una fotografia paesaggistica e l’unica cosa diversa da un grandangolare che abbiamo dietro è un 24-105, troppo buio per la foto in notturna.

Bianconi, flashes e trigger sono in macchina.

Facciamo un paio di scatti con il 24-105 tentando di sfruttare le torce per fare luce, cercando di non infastidire troppo gli animali, i risultati non sono convincenti (a dire il vero non erano proprio accettabili).

Decisione presa! Ci dividiamo in 2 gruppi. Il primo procede verso la macchina… con cautela guadando il torrente usando sempre gli alberi come riferimento per capire cosa potesse essere sicuro o meno, per recuperare l’attrezzatura; l’altro monitora gli animali con lo scopo di non perderli. Il freddo è indescrivibile, -32, ma siamo gasati come pochi e non sentiamo niente, l’adrenalina è a mille. Arrivati alla macchina montiamo i trigger, i bianconi (avendo cura di togliere i filtri davanti per evitare che il freddo produca tracce sull’immagine) e tariamo i flash, assicurandoci che ogni macchina scatti come si deve nel più breve tempo possibile. I 2 gruppi si ricompattano circa un quarto d’ora dopo, hanno perso di vista gli alci, che si sono inoltrati nel bosco, ma possiamo ancora udirli.. come in un film cerchiamo le loro tracce e li cerchiamo addentrandoci tra i fitti spogli arbusti. Procediamo a coppie, in ognuna di queste 1 persona incaricata della gestione delle luci e l’altra dello scatto. Nella neve tra i rami congelati il freddo inizia a farsi sentire e il dolore ai piedi diventa apprezzabile.. Continuiamo, li sentiamo, sono vicini. Nel buio un occhio riluce davanti a noi, dopo aver posizionato i flash off-camera come delle trappole muovendoci furtivi, puntiamo prima obiettivo e poi ad un segno torce per agganciare il bersaglio e scattare… niente da fare, troppo buio, il biancone non aggancia. L’alce fugge, si sposta, ricomincia la caccia. Lo ritroviamo in una radura… memori di quanto successo prima decidiamo di scattare in manuale. Difficilissimo! I guanti, lo strato di ghiaccio sulla fotocamera e il respiro che appanna il mirino, rendono l’impresa una vera e propria “mission impossible”! Procediamo in modo metodico, mettiamo più o meno a fuoco e scattiamo diverse volte con diversi variazioni sperando di tirare fuori una foto buona. L’ennesima lampata fa girare l’alce verso di noi, lo sguardo è fisso. Rimaniamo immobili per circa una decina di secondi a scrutarci. In noi si fa largo il pensiero che ci possa caricare, nonostante l’esemplare fosse (purtroppo) femmina, la sua stazza è incredibilmente possente. Fortunatamente alla fine opta per la soluzione più saggia (per noi ) e fugge nella direzione opposta alla nostra spezzando rami come fossero fuscelli, senza curarsene. L’adrenalina è a mille. Ci chiamiamo e cerchiamo di riunirci. Ci ritroviamo poco dopo, tutti non sentiamo più i piedi e le mani iniziano ad essere in condizioni critiche. Raggiungiamo velocemente la macchina. Appena entrati in macchina la differenza di temperatura, nonostante non fosse calda, fa letteralmente “trasudare” la macchina. Attendiamo per visualizzare gli scatti (scopriremo poi che qualcosa di buono c’è!! Certo, non sono foto da riviste, ne hanno la luce dell’alba o del tramonto, ma il modo in cui le abbiamo vinte ce lo ricorderemo per tanto tempo).

Rientriamo all’Ostello dopo esserci procacciato del cibo, non alce, ma pizze. Ci rendiamo conto dell’errore non appena sbarcati nella cucina comune veniamo colpiti a morte da un odore di “nonsisacosamafamalesoloarespirarlo”, una mandria di ragazzi asiatici si stava preparando la cena.. Accendiamo il forno e preghiamo che in mezz’ora liberino la cucina. La cucina è tutta nostra, facciamo girare un po’ d’aria, e ci sistemiamo, ceniamo con serenità, postando sul blog e pianificando la serata sulla Sky Station, a 1600 metri.. temperature inferiori ai -40 gradi nominali, non percepiti… percepiti molti meno in casi di vento (sul sito di riferimento della Sky il consiglio è di utilizzare il grasso della pelle per proteggersi e di non lavarsi la faccia prima di salire). Non c’è tempo per una sauna, la prima salita è alle 9. Ci vestiamo con molta cura, mettendoci addosso tutti gli strati a nostra disposizione e guarnendo i punti sensibili (pancia, cosce, piedi, mani con delle sacche chimiche per la produzione di calore, scopriremo solo poi che a in quota quelle più esposte smetteranno di funzionare causa freddo intenso).

Saliamo in macchina, la temperatura fuori è -32, appena entrati in macchina apriamo il tettuccio, non possiamo permetterci di sudare neanche una goccia di acqua, pena il congelamento in quota. Arrivati alla cabinovia della Sky Station la situazione che ci troviamo davanti è surreale: per la salita (di 30 minuti) e’ previsto l’utilizzo di una seggiovia aperta, titubanti saliamo, la temperatura polare, a 5/6 metri di altezza lungo il percorso non ci ferisce in modo particolare, ottimo! Vuol dire che siamo attrezzati come si deve. Le luci del nord accompagnano la nostra salita. In quota un accogliente rifugio con almeno 30/35 gradi all’interno accoglie gli ospiti e tutela i freddolosi. Entriamo giusto il tempo di controllare il setup dell’attrezzatura senza guanti.

Usciamo, una piccola collina domina sulla skystation e fa da sfondo ad una potentissima aurora boreale. Saliamo, scattiamo, scattiamo… e scattiamo ancora… è incredibile quanto la danza della dama, a parità di scenario, possa offrire emozioni differenti a seconda del momento in cui si cattura lo scatto. Rimaniamo in quota a scattare fino a mezzanotte (compreso uno star trail di 70 minuti, per cui abbiamo “sacrificato” visto il risultato (pessimo) una macchina). Da notare, quanto le nostre Canon EOS 6D ed EOS 5D Mark II, non abbiano minimamente risentito in nessuna occasione del clima ostile (Canon garantisce come temperatura minima di funzionamento 0 gradi) contrariamente a quanto trovato annotato in diversi forum. Anche le batterie si sono comportate egregiamente, nessun calo di prestazioni significativo: durante lo scatto di 70 minuti ad esempio la batteria non ha mollato neanche una tacca. Abbiamo quel che volevamo e siamo soddisfatti (gli scatti hanno nulla a che vedere con quelli delle Lofoten, ma sono molto migliori di parecchie cartoline che abbiamo visto).

Due su 4 hanno i piedi e le dita dei piedi addormentate, prima di scendere decidiamo per cui di ristorarci nella Sky Station, sorseggiando un ottimo tea speziato con un po’ di latte di fronte ad una suggestiva stufa a legno.

CURIOSITA’: Una volta scesi ci soffermiamo un attimo a chiacchierare con il ragazzo della cabinovia, gli raccontiamo della nostra avventura sul lago, si mette quasi a ridere e ci ribadisce anche lui che il lago e’ sicuro e che ci sono 70cm di ghiaccio. Ci rassicura anche sui “TOOMH” uditi, spiegandoci che è normale udirli, e che effettivamente corrispondono al ghiaccio che si rompe, ci rassicura dicendoci che i movimenti delle lastre di ghiaccio sono normali, e che la nota sorda con cui risuona è proprio indice di sicurezza: Nota bassa corrisponde a ghiaccio spesso, nota alta, a ghiaccio sottile.

Una giornata ricca di emozioni, andiamo a letto contenti, con buone foto e tantissime cose vissute in un sol giorno.

Domani (oggi) sveglia alle 6, direzione aeroporto Harstad/Narvick. Meno di 3 ore di sonno previste, ma domani rientriamo (siamo a Copenaghen ora), dormiremo, in qualche modo in aereo.

(A domani il racconto del viaggio e della giornata di oggi. Continuate a seguirci nelle prossime settimane perché vi faremo vedere tutto quello che abbiamo visto… e posteremo tutte le foto che abbiamo fatto ai luoghi fantastici che abbiamo incontrato. Cercheremo di mantenere come tabella di marcia per il post delle foto “1 al giorno”, speriamo di farcela).

W il Samyang!, W il biancone!, W la Nitecore!, W la Hyundai! Stay tuned!



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