La mia Africa: Mozambico e Sud Africa

Luci, colori, odori, emozioni di una terra misteriosa e carismatica
Scritto da: Costanza Russo
la mia africa: mozambico e sud africa
Partenza il: 08/08/2014
Ritorno il: 25/08/2014
Viaggiatori: 2
Spesa: 4000 €

08 ago 2014

Con questo diario di viaggio cercherò di essere concisa, anche se non è nella mia indole, e farvi entrare nell’atmosfera e peculiarità di questi due splendidi Paesi. Sarà difficile trasmettere le forti emozioni provate davanti alla bellezza di certi paesaggi, alla maestosità delle balene, alla simpatia dei pinguini, alla regalità dei leoni, ma ci proverò comunque.

Il viaggio prevedeva un Bologna/Londra/Johannesburg con British Airways per poi prendere il volo che ci avrebbe fatto toccare il suolo di Inhambane (Mozambico) nel primo pomeriggio del giorno successivo. Purtroppo, per un ritardo incomprensibile del primo volo, perdiamo anche gli altri e dobbiamo fermarci una notte a Londra. Tutto spesato dalla BA ma con una notte persa in Mozambico e un giorno in meno sul territorio africano. Dopo un primo momento di smarrimento, non potendo cambiare la situazione, ce la mettiamo via e il giorno dopo cerchiamo di trovare un’alternativa valida alla grigia camera dell’hotel recandoci a Windsor dove l’attrazione maggiore, al di là del castello, è una sfilata carnevalesca di tulle, piume di struzzo e cappellini che camminano verso il matrimonio di qualche nobildonna inglese.

Consigli: tra un volo e l’altro assicurarsi che ci siano almeno tre ore. Al Terminal 5 di Heathrow, per andare da un Gate all’altro, può servire anche mezz’ora, così come a Johannesburg per il controllo passaporti e il raggiungimento del Gate per il Mozambico.

Se si cambia compagnia aerea, prendete sempre un biglietto “flexible”. Il nostro ultimo volo, quello per il Mozambico, era con la LAM e fortunatamente ci hanno riprotetto su quello del giorno dopo, senza costi aggiuntivi.

Per entrare in Mozambico è indispensabile il Visto che deve essere rilasciato dall’Ambasciata a Roma, quindi procuratevelo per tempo.

Noleggiare una macchina è molto caro, la guida è a sinistra ed è richiesta la patente internazionale ma, per chi vuole avventurarsi alla scoperta di questa terra selvaggia, consiglio di prendere un 4X4 (a parte le vie principali che sono malamente asfaltate, il resto è sabbia) con navigatore (le strade sono raramente segnalate) e fare una mappatura dei distributori di benzina.

A Tofo, dove abbiamo trascorso la nostra settimana, quasi ovunque, si può pagare con carta di credito (VISA o Master) ma conviene avere un po’ di soldi locali con sé. La banca più vicina si trova a 15′ di macchina.

10 ago 2014 – 16 ago 2014

Arriviamo a Inhambane dopo un’ora e mezza di volo (anche questo in ritardo di un’ora!). L’aeroporto locale é una stanza poco più grande di una camera da letto e il ritiro bagagli avviene praticamente in pista. Appena fuori, una frotta di bambini protende le mani verso i nuovi arrivati, scrutandoci come fossimo delle specie rare da studiare.

Il transfer di Baia Sonambula, la Guest House che abbiamo scelto per la nostra permanenza a Tofo, è già pronto ad accoglierci e in venti minuti arriviamo a destinazione.

Baia Sonambula è un piccolo Paradiso che sovrasta la lunga spiaggia di Tofo. Intimo e accogliente con le sue tre Sea View rooms e due belle terrazze che si affacciano sul mare, una adibita alla colazione, l’altra alla zona sole.

La camera è avvolgente con il grande letto a baldacchino munito di candide zanzariere e tende bianche svolazzanti. La zona doccia è un prolungamento della camera e punta dritto al mare. Il parquet, l’arredamento di legno invecchiato e le parure dalle decorazioni africane danno un tocco caldo ed esotico all’ambiente mentre l’ampia terrazza della stanza, che sovrasta un giardino tropicale ben tenuto, invita ad una tranquilla siesta all’ombra del pergolato. La notte, l’unico rumore presente è la dolce ninna nanna del mare.

Veniamo accolti calorosamente da Gian (italiano) e Stefy (svizzera), due splendidi ragazzi che da cinque anni gestiscono il B&B. Cordiali, attenti e sempre disponibili, ci raccontano quanto sia difficile lavorare con le persone locali. L’affidabilità è una caratteristica rara e loro hanno selezionato il loro staff dopo lunghe ricerche. Purtroppo la stessa cosa non si può dire per gli idraulici, gli elettricisti e i carpentieri che latitano.

Dopo esserci sistemati, ci rechiamo da Peri Peri Divers, a 100 metri da casa, per organizzare le nostre immersioni. Qui è inverno e l’aria è frizzantina (dai 20C ai 27C). Ci dicono che la temperatura dell’acqua è di 20 gradi e già mi vengono i brividi (per fortuna ho una muta 7mm!) ma non si può essere in Mozambico e non perlustrarne gli abissi, quindi prenotiamo per l’indomani.

Le immersioni non saranno spettacolari. Il mare molto mosso dei primi giorni non ci permetterà di allontanarci troppo e l’esperienza insegna che, più si è vicini alla riva, meno avrai l’occasione di fare incontri interessanti. La visibilità è pessima, ma il primo giorno abbiamo la fortuna di vedere due enormi Sting Rays, una specie che qui credevano già estinta. Il diving è molto spartano e i dive master, a parte indicarti la via, si limitano a guardare nel blu. Pensare che qui sarebbe la culla di nudibranchs e di tutto quello che è macro!

Agosto è il periodo delle megattere che arrivano dai mari freddi per partorire e allattare. Il mare ne è pieno e loro si esibiscono con tuffi e sbuffi mostrando code e pinne. Uno spettacolo che si può godere anche dalla riva o dalla terrazza del B&B facendo colazione. Il loro canto è facilmente udibile in immersione e le emozioni che si provano sono indescrivibili. È incredibile pensare che i cuccioli di balena nascono già lunghi 6 metri per una tonnellata di peso, e fanno colazione con 600 litri di latte! Le loro mamme, invece, pesano 50 tonnellate, l’equivalente di 10 elefanti africani.

Se poi, durante l’Ocean Safari in barca (vivamente raccomandato) avrete la fortuna di godere di uno show privato di un cucciolo di balena con tuffi e piroette, a pochi metri di distanza, o nuotare per mezz’ora con due squali balena e farsi scortare da delfini giocosi quasi fino a riva, allora non potrete fare a meno di versare qualche lacrima di commozione.

Il villaggio di Tofo è piccolissimo, le strade di sabbia ti invitano a camminare scalzo o in infradito. Il piccolo mercato offre una vasta distesa di frutta fresca e anacardi. Non esistono supermercati e qui è impossibile trovare anche solo un repellente per le zanzare che fortunatamente, in questo periodo, non sono molte. In compenso ci sono dei tipici ristorantini dove si possono mangiare pesci e crostacei in abbondanza con 15/20 euro a testa.

Da segnalare: Tofo Tofo e Barry Bar. Il cibo è veramente delizioso, merito delle spezie che usano e il Matapa, piatto tipico del posto, è da provare. Frutta e verdura sanno di sapori antichi.

La spiaggia di Tofo è lunghissima e popolata da surfisti che giocano con le onde. A destra, dune di sabbia bianche accompagnano una battigia selvaggia e deserta, meta di pescatori e reti; a sinistra, una passeggiata di tre ore in una spiaggia deserta conduce a Barra dove si avvistano resort nascosti tra le dune. Qui, proseguendo verso la punta nord, si può cenare al Bay View Lodge (Green Turtle), gestito da una coppia di francesi e farsi ammaliare dal tramonto. Il cibo è buono e ben curato, cocktail ottimi. Costa il doppio rispetto alla media ma la location è invidiabile.

Se un pomeriggio vi resta del tempo, fatevi portare con un taxi alla vicina Inhambane, una cittadina dall’impronta coloniale, con un bel mercato e un lungomare ordinato che conduce al lungo pontile del porto. Qui affianco, potrete cenare al Pescador, mescolandovi con i locali per poi fermarvi ad acquistare anacardi dalle allegre ambulanti che ballano al ritmo di canzoni portoghesi.

Il Mozambico è diverso rispetto ai paesi africani già visitati. La vegetazione è più rada, a punti quasi mediterranea, se non fosse per le palme che rendono esotico il paesaggio. Nei posti visitati non c’è la frenesia e la confusione tipicamente africana. Le strade sono silenziose e percorse da ragazzi con gli zainetti e donne che camminano elegantemente con enormi cesti in testa.

La sera, al posto della TV, c’è un firmamento che si lascia guardare per ore, accompagnato dal dolce soffiare del vento e dalle onde che si infrangono sulla spiaggia. Non serve nient’altro. Tutti i sensi sono totalmente appagati.

16 Agosto 2014

Lasciamo a malincuore Baia Sonambula, con un saluto alle balene giocose che ci regalano le ultime acrobazie, per recarci all’aeroporto di Inhambane. Il check-in è velocissimo e si svolge all’interno di un ufficio. Sembra tutto tranne un aeroporto.

KRUGER NATIONAL PARK E SOUTH AFRICA

KRUGER

Il volo della LAM per Maputo parte abbastanza puntuale. L’aereo è piccolo, un Express, che conta 30 posti, tutti occupati. Facciamo uno scalo a Vilankulo, a nord, per poi ripartire alla volta di Maputo dove arriviamo con mezz’ora di ritardo.

Il nostro transfer per il Kruger è lì ad attenderci, insieme ad una pioggia torrenziale. L’autista ci spiega che oggi inizia ufficialmente il periodo delle piogge che terminerà a febbraio. Dentro di noi speriamo che ritardi almeno di due giorni! Non sarebbe il massimo fare il safari nella jeep aperta al freddo e sotto la pioggia…

Uscire da Maputo non è semplice. Il traffico impazza ad ogni ora e, se per caso ci si ferma ad un rosso, si rischia di venire tamponati. La città la vediamo di sfuggita mentre i suoi 5 milioni di abitanti sembra che abbiano deciso di prendere la macchina tutti insieme!

Arriviamo a destinazione alle 21.15. Entriamo nella riserva del Likweti Lodge che sta ancora piovendo. Famiglie di impala e kudu ci osservano mimetizzandosi nel buio.

Ad accoglierci lo chef della tenuta che ci conduce al lodge informandoci che la cucina è chiusa e che troveremo la cena in camera. Apre la pesante porta della villetta e rimaniamo estasiati dall’immagine che si presenta davanti ai nostri occhi. Una suite grande come casa nostra con un arredamento raffinato ed accogliente. Soffitto alto con travi a vista, mezze pareti aranciate e pavimenti di un grigio volutamente invecchiato. Luci soffuse e caminetto a ridosso del salottino dove si trova un tavolo imbandito di ogni leccornia. Enorme doccia con idromassaggio e vasca doppia stile retrò con candele profumate e sali da bagno lungo i bordi. Colonne rivestite di corda, arazzi, marmi grezzi, vasi, lampade di terracotta e mobili wengé rendono l’ambiente caldo e intimo. Ci accorgiamo che le pareti perimetrali sono enormi vetrate che permettono di godere del panorama a 360 gradi. Una portafinestra conduce sulla terrazza con tanto di piscina privata. Consumiamo una piccola parte di tutto il cibo riposto ordinatamente sulla tavola imbandita e felici mettiamo fine a questa lunga giornata.

Il giorno dopo la sveglia suona alle 05.30. Ad attenderci un pick-up da 10 posti tutto per noi, con un ranger che ci saluta calorosamente.

Impiegheremo più di un’ora per arrivare al Gate del Kruger più vicino. Un gran peccato visto che gli animali sono maggiormente visibili la mattina molto presto o la sera.

Nonostante tutto vediamo quattro Big Five su cinque: elefanti, rinoceronti, bufali, leoni. Ci manca il leopardo che difficilmente si mostra anche agli occhi più esperti.

Un cucciolo di iena si avvicina a noi incuriosito, zebre e bufali attraversano indisturbati la strada, giraffe allungano il collo nella nostra direzione, rinoceronti mostrano inesorabilmente il lato B, coccodrilli sdraiati al sole e ippopotami in ammollo nelle fredde acque del torrente… tutto questo mentre il ranger ci spiega che la lingua della giraffa è lunga 42 cm, che gli elefanti maschi hanno la fronte arrotondata mentre le femmine ce l’hanno piatta, che le iene sono matriarcali, che gli ippopotami preferiscono stare dove si tocca e stanno sott’acqua per massimo sei minuti.

Il Kruger, nei suoi 20.000 sq km (la grandezza del Galles!) ospita più di 150 specie di mammiferi, 500 uccelli, 340 alberi, 115 rettili, 50 pesci e 35 anfibi. Una biodiversità impressionante!

Torniamo al Likweti alle 16.30 e approfittiamo del sole ancora abbastanza alto per fare una passeggiata nella tenuta, accorti di rimanere lungo i sentieri tracciati per evitare di fare qualche incontro indesiderato con serpenti dal veleno mortale. Nonostante sia una piccola riserva, anche qui, veniamo sorpresi da rumori inaspettati, zebre curiose, timidi gnu e giraffe che si aggirano furtive nel giardino davanti al Lodge.

Cena esclusiva (nel senso che c’eravamo solo noi!) al ristorante della tenuta.

La mattina successiva c’è un sole che spacca le pietre. Prenotiamo la partenza per il safari alle 12:00 e ci godiamo qualche ora di sole sulla nostra terrazza in compagnia di un buon libro. Il safari pomeridiano non ci esalta, la nostra guida non si allontana molto dal Gate e a parte centinaia di gazzelle, i soliti elefanti, zebre, bufali e rinoceronti, non vediamo traccia di animali feroci. Ormai le nostre aspettative si sono alzate troppo!

Consiglio: se riuscite, prenotate da dormire in anticipo nei Camps del Kruger e noleggiate una macchina almeno per un giorno; un altro fatelo con il ranger e non perdetevi il walking tour che parte alle 05:00 della mattina, accompagnati dal ranger munito di fucile. Volete mettere l’adrenalina di trovarvi davanti dei leoni che stanno consumando il loro pasto quotidiano?!?

19 Agosto 2014: CAPE TOWN

Il giorno successivo partiamo dal vicino aeroporto di Nelspruit alla volta di Cape Town. Noleggiamo, con Avis, una Toyota Corolla con navigatore e ci avviamo verso il nostro B&B. Nonostante l’ora di punta, Cape Town non da’ l’idea di essere la classica metropoli dove respiri smog e stress. È tutto molto ben organizzato, con tangenziali scorrevoli e ben segnalate. Anche la guida a sinistra non è poi così complicata.

Il nostro B&B, 51 Camps Bay, si trova nella zona Vip di Cape Town ma si mantiene semplice e curato. L’ampia camera da letto con bagno è arredata con buon gusto mescolando elementi moderni con pezzi di antiquariato. Anche qui due enormi vetrate dominano il mare in tempesta. Il tempo è brutto e ci sono 16 gradi, le previsioni per domani non lasciano scampo… Pioggia! Piumino e sciarpa sono indispensabili, soprattutto nelle ore serali.

Raggiungiamo il lungomare per scattare qualche foto al mare burrascoso e ceniamo al Cod Father, altamente raccomandato, dove non esiste un menu ma si può selezionare il pesce da un bancone enorme dove c’è solo l’imbarazzo della scelta.

Grande abbuffata di crostacei e filetti accompagnati da ottimo vino (32€ a testa).

20 Agosto 2014: CAPE TOWN

Come da previsioni: piove!

Su consiglio dell’albergatore prendiamo il Cape Town Sightseeing, linea rossa (170 RAM), per farci un’idea della città. Facciamo un giro completo ascoltando un guida italiana registrata con spiccato accento francese. Percorriamo la strada costiera con le sue enormi spiagge (quella per le famiglie, per i modelli, per i turisti…); arriviamo al Waterfront, il porto di CT che ricorda molto, per chi c’è stato, quello di San Francisco; ci addentriamo nel cuore della City caratterizzata da grattacieli e banche; giungiamo ai piedi della Table Montain con il suo inconfondibile cappello di nuvolette. Vicini, spiccano per la loro invadenza, tre palazzoni (Pepe, Sale e Mostarda) costruiti da alcuni impresari edili che ottennero la concessione mediante un cavillo legale.

Al secondo giro di bus, c’è un accenno di sole. Scendiamo e iniziamo il nostro girovagare, tra uno scroscio e un raggio di sole. Cape Town è molto concentrata e facile da girare a piedi. Si hanno due riferimenti principali: le montagne (Table Mountain e la catena dei Dodici Apostoli) e il mare. Consiglio di recarvi anche al quartiere mussulmano di Bo-Kaap, caratterizzato dalle sue casette colorate e di fermarvi a consumare una fetta di dolce e un tea caldo al Rcaffè (cravatte, mangianastri, racchette, libri: tutto appeso sulle pareti come fossero quadri) in Long Street. Qui trovate anche il free wifi, come un po’ in tutte le strutture del SA.

Il centro di CT è d’una bellezza straordinaria. Palazzi dall’impronta Liberty si mescolano a grattacieli, case coloniali, edifici fatiscenti, colori e luci. Puoi trovare l’impiegato bianco in attesa dell’autobus e affianco il clochard nero che fruga nella spazzatura. Le colline formano dei sali-scendi che ricordano San Francisco. La popolazione è cordiale e disponibile. Non si respira aria di tensione né di paura.

Solo uscendo dalla città ti accorgi della sua povertà, con i quartieri di case in lamiera ghettizzati nelle zone più impervie.

21 Agosto 2014: MUIZEMBERG, PINGUINI a THE BOULDERS, CAPE OF GOOD HOPE

La prima tappa che facciamo, scendendo verso sud, è Muizenberg, famosa per le sue cabine balneari colorate schierate lungo il lido. La sua ampia spiaggia di sabbia soffice e il vento, che da queste parti decisamente non manca, la rendono una meta molto amata dai surfisti, che si ritrovano al Cooked per un caffè e per noleggiare l’attrezzatura.

Qui l’ambiente Seventies è irresistibile!

La tappa successiva è The Boulders Beach, dove vive una colonia di 3000 pinguini in un’area protetta che fa parte del Table Mountain National Park. La tariffa d’ingresso per gli adulti è di 55 ZAR (€ 4,06 al cambio attuale).

La location che hanno scelto per vivere farebbe invidia a una delle più belle spiagge delle Seychelles. Roccioni dalle forme arrotondate si ergono da un mare turchese fino alla candida spiaggia.

Le imponenti scogliere laterali riparano la battigia dalla furia dell’oceano e le onde arrivano sulla spiaggia placide e silenziose.

È bellissimo osservarli mentre giacciono appollaiati sulla spiaggia o quando ciondolano verso il mare per tuffarsi e venire ricacciati indietro dalla prima onda.

Salutiamo i pinguini e la loro spiaggia da favola per proseguire verso la terza tappa:

Cape Point e Cape of Good Hope.

La tariffa d’ingresso è di 105 ZAR (€ 7.50 al cambio di oggi), è possibile arrivare con l’auto fino ai punti panoramici da dove poi si sale a piedi (o in bici) per sentieri di terra e rocce (le scarpe da trekking sono consigliate). Per le strade diversi cartelli avvisano “Don’t feed the baboos”, non date da mangiare ai babbuini, perché potrebbero essere aggressivi. Ne incrociamo diversi che fotografiamo al sicuro dalla nostra macchina. Anche impala, stambecchi, tartarughe e struzzi finiscono impressi sui nostri obbiettivi, insieme con lo scenario che è semplicemente mozzafiato: promontori montuosi coperti di verde scivolano verso spiagge candide. Un cielo blu come pochi, sporcato da qualche nuvoletta bianca, si riflette nello spumeggiante mare cobalto.

Due fatti molto poetici su Cape of Good Hope vanno smentiti: innanzitutto, non è il punto in cui si incontrano l’Oceano Indiano e l’Oceano Atlantico, e poi non è l’estremità meridionale dell’Africa, ma quella sud-occidentale. Cape Agulhas, diversi chilometri più in là, è molto meno famoso ma di fatto separa gli oceani e segna il confine meridionale del continente. Comunque, un luogo dalle grandi emozioni soprattutto se rifletti sul fatto che, al di là dell’orizzonte, non ci saranno più terre emerse ma solo mare e ghiacci dell’Antartide. Se da lì, col dito, giri intorno al mappamondo passando per il Polo Sud, dall’altro lato ti ritrovi nel mezzo dell’Oceano Pacifico e devi salire fino al Golfo dell’Alaska per toccare di nuovo terra.

Tutti i venti del mondo s’incontrano su questo promontorio. Chi pesa meno di 50 Kg dovrebbe mettersi del piombo in tasca prima di avventurarsi. Qui, in un anfratto tra le rocce, conosciamo Luca di Milano che fatalmente incontreremo i successivi due giorni in luoghi del tutto insospettabili. Lui terrà vivi i ricordi dopo il nostro rientro, scrivendoci ogni giorno le sue avventure al Kruger dove si è successivamente recato.

Rientrando a Cape Town percorriamo la Chapmans Peak Drive, bellissima strada panoramica a pagamento (35 ZAR) da cui avremmo dovuto assistere a un incredibile tramonto, se non fosse che nuvole dispettose, cariche di acqua, l’avessero rovinato!

Approfittiamo di un attimo di tregua dalla pioggia per recarci a piedi sul lungomare di Camps Bay e cenare da Zenzero, un locale molto chic con una frotta di camerieri che potrebbe far invidia a Buckingham Palace, ovviamente tutti neri. In SA i bianchi hanno solo funzioni manageriali e di controllo.

22 Agosto 2014: THE WHALE COST

Giornata dedicata all’avvistamento delle balene lungo la costa occidentale (False Bay).

Percorriamo la tortuosa strada costiera a picco sul mare fermandoci estasiati nei viewpoint, dai quali si possono ammirare le lunghissime spiagge bianche completamente deserte. In una baia tranquilla scorgiamo una famiglia di balene e, per un gioco di correnti ventose, ne udiamo il canto. Rimaniamo in silenzio ad ascoltarle e a seguire i loro movimenti lenti e misteriosi.

Proseguendo, la strada attraversa paesini ordinati e perfetti. Sembra di essere in Svizzera. Candide villette con i tetti verde smeraldo, ognuna con il proprio prato all’inglese e le grandi vetrate; giardini a filo scogliera, sentieri che portano in punti panoramici, strade deserte. Il paesaggio muta in continuazione: si attraversano colline dalla fitta vegetazione mediterranea, ciuffi spettinati di arbusti, boschi dai pini altissimi, prati dai colori intensi, dune di sabbia bianca.

Prima di Hermanus, famosa per il whale watching, ci fermiamo a Stony Point (10R), dove in un ambiente più aspro del precedente, vive un’altra colonia di pinguini con una specie non ben identificata di castori e uccellacci dal lungo collo.

Trascorriamo solo un’ora a Hermanus, troppo turistica per i nostri gusti, ma con un piccolo museo sulle balene molto interessante.

Ripercorriamo la strada a ritroso che, con la luce del tramonto, appare totalmente diversa; le dune bianche si tingono di rosa e gabbiani giganti volano bassi alla ricerca della loro cena. Ci fermiamo a Hout Bay nella Harbour Rd. dove un bellissimo mercato coperto, dal venerdì alla domenica, offre più 100 bancarelle di cibo di tutte le nazionalità, arte, decori, abbigliamento vintage. È molto affollato e consumiamo un aperitivo in piedi ascoltando live music.

La nostra cena sarà al Blu Ocean, a Camps Bay, dove consumiamo un ottimo pasto di pesce con soli 15€ a testa.

23 agosto 2014: TABLE MOUNTAIN E CAPE AGULHAS

È l’ultimo giorno e non possiamo farci mancare una salita alla Table Mountain. La giornata è limpida e soleggiata. Parcheggiamo un po’ distante e affrontiamo un irto sentiero che ci porta ai piedi della funivia. La vista di Cape Town è già strepitosa da lì ma, quando giungiamo in vetta, è mozzafiato. Il vento freddo penetra nelle ossa e guardiamo allibiti gruppi di ragazzi che indossano con nonchalance t-shirt e pantaloncini. La cosa che però mi mette più i brividi sono i climbers che sfidano con la forza di gambe e braccia i 1000 mt di parete verticale.

Il pomeriggio lo trascorriamo quasi totalmente in macchina per raggiungere Cape Agulhas, addentrandoci nelle campagne sudafricane dalle dolci colline tappezzate di campi verde smeraldo e giallo sole, pecore e cavalli, pale eoliche e laghetti. Una lunghissima linea di asfalto collega noi all’orizzonte e si perde nel nulla.

Cape Agulhas è l’estremità più meridionale del continente africano e qui è segnalata la linea di divisione ufficiale tra l’Oceano Atlantico e quello Indiano. La mia immaginazione, ancora bambina, rimane delusa nel non individuare nessun segno evidente della mescolanza dei due mari, non so, colori diversi, onde differenti, evidenti marcature, così mi accontento di guardare quella massa di acqua impetuosa che, negli anni, ha provocato un numero elevatissimo di naufragi. La spiaggia brulla e gli scogli aguzzi sulla costa non invitano a trascorrere lì una vacanza, sebbene villette di villeggiatura si contino a centinaia. Torniamo verso Cape Town accompagnati dal tramonto dorato, la radio trasmette musica tirolese e sorridiamo ripensando che è proprio azzeccata per quel pezzo di Africa così ordinato e organizzato. Poi, però, passando accanto alle baraccopoli, ai margini della città, riflettiamo che questa nazione mostra ancora impietosamente le ferite aperte dell’apartheid e che, probabilmente, passeranno ancora decine di anni perché possano diventare delle innocue cicatrici.

Il Sudafrica è una terra magnetica, bellissima e complessa, meravigliosa e drammatica, facile da guardare e impossibile da comprendere nelle sue mille contraddizioni, nella sua storia non ancora risolta, nelle sue tante lingue (ben undici) che sono lo specchio della composizione multi-etnica e multi-culturale della sua popolazione.

È la fine di questo viaggio ma non sarà un addio. Il suo richiamo ci scorre ormai nelle vene e sicuramente non passerà troppo tempo prima di poter riabbracciare quelle emozioni uniche che ci ha regalato.



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