Sudafrica e Swaziland, il nord est

KwaZulu Natal, Swaziland, Kruger Park, Blyde River Canyon, Limpopo, Mpumalanga e Soweto, solo il nord est: tra animali, culture diverse, natura selvaggia, scenari mozzafiato, modernità e tradizione, oceano, fiumi e canyon.
Scritto da: laurasergio
sudafrica e swaziland, il nord est
Partenza il: 12/07/2014
Ritorno il: 26/07/2014
Viaggiatori: 2
Spesa: 3000 €

13 luglio 2014

Qui comincia una nuova avventura: a Durban nella regione del Kwa-Zulu Natal. Dopo un lungo viaggio di circa14 ore e 3 voli (Milano, Cairo, Jo, Durban) siamo in terra sudafricana. Un po’ emozionati. A Durban provvediamo subito a cambiare un po’ di valuta, acquistiamo una simcard con la mtv, compagnia telefonica locale. Tutto bene anche con l’auto a noleggio con tanto di gps. L’aria è frizzante, la gente giovane, la lingua inglese un po’ cantilenata, ma comprensibile. Il primo impatto positivo. Prendiamo la N2 verso Nord, la guida a sinistra e la stanchezza della notte in aereo, ci costringono ad una massima prudenza. In 2 ore siamo a Shakaland, un villaggio Zulu ricostruito con grande accuratezza storica, a dimostrazione della cultura e delle usanze Zulu. Per la cronaca Shaka, cui è anche dedicato l’aeroporto è riconosciuto come il grande capo della zona che ha saputo riunire sotto di sé un grande popolo composto da tribù differenti. Il programma prevedeva una spiegazione della vita nel villaggio seguita dalla visita vera e propria nelle capanne e nello spazio comune per vedere anche come si faceva la birra o quali strumenti venivano usati nella vita quotidiana. Sotto le stelle e davanti al fuoco ascoltiamo musica e assistiamo alle danze tribali in costume tipico nella capanna grande. La serata si conclude con un’ottima cena self service ed una passeggiata sotto le stelle dell’emisfero australe.

14 luglio

Dopo una dormita colossale di 12 ore e un’ottima colazione, è proseguita la visita nel villaggio, con spiegazioni della cultura e delle usanze zulù, con tanto di sosta nella fumosa capanna del guaritore. Riprendiamo l’auto e ci dirigiamo verso l’Hluhluwe-iMfolozi Park. Si tratta di una riserva molto estesa (ma più piccola del Kruger), disposta sulle tipiche colline di queste zone, molto boschive. Siamo in inverno e gli alberi sono tutti spogli, ma si fa lo stesso un po’ di fatica a vedere gli animali. Restiamo in contemplazione per un po’ ad osservare due grandi elefanti mentre si abbeveravano lungo il fiume; incrociamo un rinoceronte molto grosso mentre attraversava il nostro percorso; ammiriamo i numerosi impala, zebre e facoceri. Non si contano gli uccelli, che però non riconosciamo. Niente giraffe né bufali, che dovrebbero essere presenti. Usciamo e giungiamo a Santa Lucia che è già buio: è la base perfetta per esplorare l’iSimangaliso Wetland Park. Abbiamo prenotato al Sunset Lodge, molto carino, con bungalow di tronchi e cucina, con vista sull’estuario (è gestito da una simpatica e gentile giovane donna ex figlia dei fiori, con figlio e padre, fuggiti dallo Zimbabwe in crisi). Di sera, ormai ci siamo accorti, si abbassa parecchio la temperatura, e dopo una cena buona e leggera, ci fiondiamo a letto sotto le coperte di lana. Molti cartelli avvisano di prestare particolare attenzione agli ippopotami, che sono aggressivi e pericolosi. E’ chiaro ormai che bisogna muoversi con il ritmo del sole.

15 luglio

Stamattina, dopo una bella colazione, ci siamo diretti all’ iSimangaliso Wetland Park, lungo la costa a nord di Santa Lucia. È un parco tra l’oceano e l’estuario più profondo del continente. Siamo nella Elephant Coast, un tratto di costa straordinariamente bello e vario, nella lista dei luoghi mondiali da vedere assolutamente. Nella riserva abbiamo visto ippopotami, tantissimi kudu e impala, bufali, scimmie e molto altro. Possiamo solo assaporare una piccola parte della grande varietà di ambienti e di animali selvatici. Infatti arriviamo solo fino a Cape Vidal, un posto fantastico, una spiaggia infinita molto lunga con un mare molto mosso e le onde che prendono direzioni diverse e si incrociano. Il bagnoasciuga è molto ampio ed è bellissimo camminare al sole invernale, che comunque ci ha permesso di metterci in costume e di bagnarci nell’oceano. Chi ha una certa età si ricorderà del Carosello con la pubblicità del bagnoschiuma Vidal col cavallo bianco che corre libero sulla spiaggia: è qui che fu girato. Siamo andati via contro voglia, ma non volevamo perdere il giro in barca sull’estuario delle ore 3. Da un battello, quindi da una prospettiva diversa, e con il sole calante all’orizzonte, abbiamo visto una marea di ippopotami crogiolarsi in acqua, qualche coccodrillo e volatili vari. Breve riposino nella nostra casetta al Sunset Lodge e buona cena al Reef & Dune, come ieri sera. Poi a letto presto dopo un’altra giornata indimenticabile.

16 luglio

Stamattina sveglia alle 6.45, rapida colazione nel lodge e subito in giro, per vedere le prime luci dell’alba sulla spiaggia dell’estuario di Santa Lucia. Ci stupisce un po’ vedere che lungo la passerella di legno si trovano passaggi pensati per gli ippopotami, in modo che il loro peso non distrugga tutto quanto. La spiaggia è chilometrica, con la presenza di pochi pescatori dotati di lenze lunghe 200 metri tirate direttamente dalla spiaggia. Dobbiamo salutare questo posto meraviglioso per dirigerci nello Swaziland. Ci resta nel cuore la voglia di tornarci ed andare ancora più a Nord nella Elephnat Coast, fino a Kosi Bay (confine con il Mozambico). Ma per il momento seguiamo il percorso di viaggio programmato. Durante il tragitto ci fermiamo a Hluhwule, dove visitiamo l’Endomeni rehabilitation project per vedere da vicino alcuni felini sudafricani a rischio di estinzione. Ci troviamo ad accarezzare ghepardi e a fare la conoscenza di caracal, di serval e di gatti selvatici africani. Ripartiamo, il viaggio è lungo, ma per fortuna le strade sono ottime e passano in mezzo a coltivazioni di alberi e poi di canna da zucchero, per chilometri e chilometri; passiamo il confine dello Swaziland con formalità semplici e rapide (50R). Arriviamo un po’ stanchi al bello, conveniente e tranquillo Mantenga Lodge (www.mantengalodge.com), tra Manzini e la capitale Mbabane, situato in un bosco di jacarande. Abbiamo fame e ceniamo alle 6 del pomeriggio con il buio, sotto le stelle, su una bella terrazza che si affaccia sulla vallata e sul picco. Stasera a nanna presto, con il buio come al solito.

17 luglio

Queste prime giornate di viaggio sudafricano, sono una più bella ed emozionante dell’altra… non saprei scegliere fino ad ora la giornata migliore od il posto preferito. Al Mantenga Lodge si può fare colazione sin dalle 6.30 e noi siamo i primi, per poter arrivare presto al rinomato e pittoresco mercato di Manzini del giovedì mattina. Al nostro arrivo non tutte le bancarelle sono ancora aperte ed attive: solo quelle della frutta, dei tornitori e dei sarti sono già al lavoro. Piano piano dai pulman di linea o dalle strade limitrofe fluiscono venditori con ogni genere di merci: dai misteriosi fili d’erba lunghissimi, all’unico pollo, alle sacche di poveri merci, ai limoni butterati esposti in terra, alle saponette in paziente attesa di compratori, in un caos composto, colorato e tranquillo. Un venditore di radici “mediche” ci ha chiesto di scattargli e poi mandargli una sua foto: era felice ed emozionato. Fra gente tranquilla e sorridente eravamo gli unici bianchi, per lo più ignorati, al massimo salutati con cortesia: a costoro rispondevamo in lingua swazi, suscitando sorpresa e sorrisi compiaciuti. Dopo avere visitato l’unico banchetto turistico ed acquistato per 10 euro un sacco di souvernir, inclusa la bella e colorata bandiera swazi, siamo rientrati al lodge. Salutiamo il simpatico guardiano che apriva la sbarra e ci dirigiamo allo swazi cultural village, un villaggio culturale vivente. Con 100E. (=8euro) assistiamo alla tipica danza sabaha in costume tradizionale (molto particolare ed emozionante), e visitiamo il villaggio guidati da una giovane donna swazi che ci ha raccontato come viveva il popolo swazi e come vive tuttora il 4% della popolazione. Storie di un altro mondo, dove anche la posizione del recinto degli animali ha una logica; la capanna delle bambine dai 6 anni, davanti al portone di ingresso per ammansire con la loro bellezza gli intrusi malintenzionati; la capanna degli uomini; il recinto per soli uomini dove si parlava della vita o si poteva fumare marjuana prima di partire per la caccia; la capanna della prima e della seconda moglie e quella del marito che poteva portarsi nuove fidanzate; la cucina interna e quella esterna; il locale per la produzione della birra; la capanna più grande per la nonna, regina rispettata ed indiscussa della tribù che aiutava a dirimere questioni, che portava pace e armonia nel villaggio; la capanna della guaritrice circondata da aiuole con le erbe magiche. Infine, la più atroce, la execution rock: se giudicato colpevole di adulterio oppure di omicidio, il colpevole veniva accompagnato in cima alla rocca e costretto a buttarsi giù a spinta di punte di spada. Con una breve passeggiata arriviamo alla bella cascata Mantenga Falls, dove scorazzano felici scimmie con il fondoschiena azzurro. Ci riposiamo al ristorante, immerso nella lussureggiante foresta pluviale prima di riprendere l’auto per il Phophonyame: percorriamo una bella strada panoramica, fra colli boscosi. Quando un cartello finalmente ci indica la direzione per il Phophonyane Falls Ecolodge, dobbiamo constatare che è una strada sterrata e difficile, che ci conduce però nel cuore di una foresta subtropicale con capanne e tende armonicamente inserite nel contesto, una vera oasi di pace, lungo le sponde del fiume ed accanto alla cascata: noi siamo nella tenda n. 3 con bel terrazzino che si affaccia al fiume (la leggenda dice che il fiume si è formato con le lacrime della fanciulla che ha perso il fidanzato, andato per lei a cercare la pelle del ghepardo, ma trasformato in eterno fiore bianco da una strega malvagia). Nella foresta c’è anche una piscina alimentata dall’acqua del fiume. Oltre a noi non c’è nessun altro turista, e ci pare strano. Ceniamo tranquilli in un bel salone accogliente con camino acceso, riflettendo sul piacere di essere lì, insieme. Torniamo alla tenda, si è alzato il vento. Alle 8 siamo già in tenda, sotto una pesante coltre di coperte, cullati dal suono del vento e del fiume. Un po’ ci inquieta la completa solitudine! E sapere che qui fuori girano ben 23 specie di serpenti e scimmie dispettose. Spegniamo le luci, in attesa dell’alba e di una nuova giornata avventurosa.

18 luglio

Andare a dormire con il primo buio, ha i suoi vantaggi: alle 6 di mattina sei sveglio e pimpante. Ne approfittiamo per concederci una breve passeggiata intorno al lodge ed oltre il fiume fino all’ora di colazione. Usciamo poi con calma dallo Swaziland, paese che ha superato le nostre aspettative, per i paesaggi bellissimi, sentieri e strutture confortevoli. Puntiamo decisamente verso il parco Kruger e scegliamo di entrare al Malelane Gate: scopriamo che chi ha la prenotazione di una notte nel parco non paga il biglietto di ingresso. E’ con un po’ di emozione che entriamo in una delle aree protette più famose al mondo. Noi abbiamo scelto il camp Skukuza, situato lungo il Sabie river, molto ben organizzato, con bungalow comodi. Arriviamo abbastanza cotti ma contenti per gli animali che abbiamo potuto vedere lungo il percorso: impala, elefanti, bufali, numerosi uccelli, in un ambiente da documentario. Il sole cala in fretta, ci sistemiamo nel comodo chalet tipico, rotondo con tetto in paglia e, nonostante un brutto raffreddore speriamo momentaneo, prenotiamo il night drive che parte, con il buio pesto delle ore 20, alla ricerca di animali. Nel camioncino aperto ci sono per fortuna giovani dalla vista acuta cui non sfuggono molti animali anche di piccola taglia. Abbiamo così l’occasione di vedere serval, iene, ma anche elefanti al pasto, ippopotami e perfino un grande coccodrillo.

19 luglio

Alle 7 del mattino usciamo dallo Skukuza camp, del Kruger senza colazione, con già il sole alto. Siamo in cerca di animali e siamo diretti all’Orpen gate, circa 100 chilometri più a nord. Avvistiamo kudu, una grande quantità di impala, zebre, gnu, rinoceronti, waterback, aquila africana pescatrice, ippopotami, wild dogs, elefanti. Bella la prova di forza tra un rinoceronte e un gruppo di gnu per un posto all’ombra: gli gnu erano più forti e numerosi, ma il rino più paziente e insistente, e alla fine ha ottenuto quello che voleva. Tutta questa ricerca in auto è stancante, e alla fine sogniamo di fare due passi. Usciamo dal Kruger e la mancanza di mappe ci fa deragliare sui percorsi futuri. Dopo qualche indecisione, ci dirigiamo a Graskop, nelle vicinanze del Blide River Canyon, dove decidiamo di sostare due notti al Backpapers Lodge, decisamente molto conveniente e carino. Il problema è che siamo a 1500 m. di altitutide, e calato il sole, la temperatura si abbassa decisamente fino a 5°. Laura è sempre più raffreddata e con qualche linea di febbre, e cosi, dopo una frugale cena, alle 20.00 siamo già a letto !

20 luglio

Dopo una dormita colossale, ci alziamo solo quando il sole ha cominciato a scaldare l’atmosfera. Colazione in un locale dove si trova anche un uomo che fa placidamente colazione con un pappagallo sulla spalla… Decidiamo per un giro nei paraggi, per non rischiare con la salute di Laura, in esplorazione del Blyde River Canyon. Dopo un po’ di spesa al Despar locale, vediamo il Pinnacle, un’incredibile formazione rocciosa che sembra un palazzo; God’s Windows, un punto panoramico preso d’assalto da bancarelle di bell’artigianato locale, e a cui si giunge con una lunga gradinata ed addentrandosi nella foresta pluviale; le imponenti Lisbon falls, vicino a Graskop. Attirati poi da una pubblicità, ci dirigiamo a visitare l’Elephant Whisper, un luogo dove abbiamo potuto accarezzare gli elefanti, dare loro mangiare ed infine cavalcarne uno. Fantastico!!! Al ritorno verso Graskop, ci fermiamo alle Mac Mac falls. A Laura e ritornata la febbre e il freddo pungente a questa altitudine si fa sentire ancora di più e quindi ci siamo rintanati di nuovo nella casa, anch’essa freddina. Siamo usciti solo per una buona cena in un locale molto accogliente con menu leggero e gustoso.

21 luglio

Colazione nel nostro alloggio per backpackers, semplice ma dotato dei conforts, stile ostello. Farmacia, banca, benzinaio e partenza alle 8.40. Siamo i primi a giungere alle alte Berlin falls, con annessi banchetti di artigianato e le venditrici davanti al fuoco per scaldarsi dal freddo che per loro è davvero insopportabile. Al Bourke’s Luk Potholes, dove confluiscono i due fiumi Blyde e Treuer, si ammirano delle bizzarre cavità cilindriche, scavate nella roccia dai vortici d’acqua. Il sentiero è comodo ed attrezzato con ponticelli per ammirare dall’alto le belle formazioni naturali. Il punto panoramico che si affaccia su Three Rondavels ci regala senza dubbio uno dei migliori spettacoli, è certamente il posto migliore del Blyde River canyon, con vista meravigliosa sulle montagne di fronte, le valli i fiumi e il lago sottostante. I tre rondavel, sono enormi cerchi di pietra dalla sommità erbosa e a punta, che assomigliano a grandi capanne scavate nel canyon. Ci troviamo di fronte al terzo canyon del mondo in ordine di lunghezza ed una delle meraviglie naturali del Sudafrica. Da rimanere senza fiato, davvero! Proseguiamo verso nord senza una méta precisa: dal Kruger in avanti non abbiamo prenotato più nulla. Leggiamo la guida e ci guardiamo intorno. Troviamo i cartelli per una riserva privata: lungo il sentiero che conduce ad un lussuoso lodge, incontriamo due meravigliose giraffe che si fanno immortalare. Il lodge è favoloso ma l’importo richiesto è spropositato: 3000R a testa, un po’ troppo per il nostro budget. Ci dirigiamo allora verso Tzaneen, una città molto carina e piena di vita, e troviamo a 10 km un bellissimo e conveniente lodge sul Letaba river: si chiama proprio Letaba River Lodge. Nei suoi giardini si aggirano liberamente emu e pavoni, mentre il cagnolino è chiuso in un recinto! Lo spettacolo del sole che cala, goduto dalla riva, mette in pace con il mondo e infonde armonia gloriosa. Non fa freddo come a Graskop, ma comunque quando cala il sole, la temperatura si raffredda subito, e per Laura ancora febbricitante non è un piacere, anche perché si capisce dalle strutture del lodge e dagli infissi che il problema di solito è il caldo. Dopo la cena, nella grande capanna centrale, arredata con gusto e stile africani, ce ne andiamo a letto, sperando in una pronta guarigione.

22 luglio

La giornata sembra bella e calda ma il malessere non dà tregua, la gola brucia come un fuoco. Stiamo fermi, io a letto sperando che cali la febbre e Sergio alla ricerca di un termometro e di tachipirina. Questa non ci voleva… Pausa forzata quindi fino a mezzogiorno, quando raduno tutte le forze e partiamo per la città, per un giro e una sosta pranzo. Al primo incrocio ci blocca un vigile per uno Stop non rispettato. Cerco di impietosirlo spiegando che sto male e cerco un dottore… Ci indica il centro medico e, gentilmente, non ci sanziona… decido quindi che non è un caso che ci abbia fermati e che è meglio andare veramente a farsi visitare. E’ uno spunto per capire come funziona il sistema sanitario di questo paese che ancora si appoggia agli sciamani o alla medicina tradizionale, e ne siamo piacevolmente sorpresi per l’efficienza e l’organizzazione. Si tratta di uno studio di 4 medici che visitano in ordine di arrivo. Il medico mi visita, pago 35R (28euro) e la tariffa prevede anche il farmaco nella farmacia interna, dove facciamo conversazione con la farmacista, una sudafricana viaggiatrice che prepara la dose richiesta del farmaco e mi dà le indicazioni sul dosaggio. Insomma, fa la farmacista. Direi che questo ci dà modo di approfondire un aspetto che non è di solito previsto dei giri turistici. Andiamo verso la movimentata via centrale dove una giovane parcheggiatrice ci cura l’auto (per 0.50R) mentre noi mangiamo un semplice hamburger e osserviamo tranquilli il movimento sulla via. Siamo davvero gli unici bianchi, ma nessuno sembra fare caso a noi. Intanto ogni pochi metri notiamo poveri banchetti posti davanti a negozi scintillanti, la merce in vendita è di ogni tipo, inorridiamo davanti ai sacchetti di vermi della pianta mopane lessati e fatti asciugare al sole, venduti come noccioline. Alla vista fanno ribrezzo, ma Sergio con coraggio e con gli occhi chiusi ne assaggia uno. Rientriamo al lodge, ma la febbre è tornata alta. Mi alzo solo per la cena solo quando la febbre torna sui 37°. Fiduciosi nell’effetto del mix di farmaci avvisiamo Lindi che desideriamo vedere i leoni, prima della partenza, domani mattina.

23 luglio

Stamattina sveglia con Laura sfebbrata, il solito freddo di prima mattina e, fuori dall’ingresso del lodge, tre cuccioli di leone di sei mesi che gironzolano beatamente e liberamente. Ci avviciniamo e il gestore del lodge ci mette in mano un biberon pieno di latte e ci invita a dar loro da bere. Un po’ in apprensione ci proviamo e riusciamo persino a toccarli. Sono tanto carini e ci chiediamo fino a che età potranno rimanere liberi. Ma notiamo che in effetti molti uomini e donne stanno preparando dei grandi recinti rinforzati. Per il momento ci godiamo la grande emozione e ci stupiamo di fronte agli abbracci e alle coccole riservate loro dal gestore, come si trattasse di gattini o dei propri figli. Ripartiamo. Prima tappa è il museo di Tzeneen, piccolo, etnografico e carino. Qui si parla della misteriosa Regina della Pioggia e della Venda region, molto legata alle tradizioni. Quasi fiabesca la storia delle Regine: sono arrivati alla n° 6; non si sposa, ma può fare figli con membri della tribù; ogni anno a novembre presiede una festa tradizionale che celebra l’arrivo della pioggia. Seconda tappa il Modjadje Nature Reserve, che protegge le foreste di antiche cicadee, piante rarissime e quasi estinte simili a felci giganti, con pigne che arrivano a pesare fino a 40 chili, di colore arancione/giallo. Ci sembra di essere catapultati nella preistoria e non ci stupiremmo di vedere svolazzare un pterodattilo. Naturalmente non ci sono altri turisti. Seguendo la LonelyPlanet, cerchiamo le indicazioni per il Sunland Baobab, il più grande baobab al mondo, alto 22 metri e di circa 6000 anni. Per abbracciarlo occorrono 40 persone; ha un bar interno ed è davvero meraviglioso. Ci mettiamo quindi in viaggio per Elim, a nord, vicino a Louis Trichard, dove previa telefonata, troviamo alloggio al Shiluvari Lakeside Lodge (www.shiluvari.com), in riva ad un lago, immerso in un paesaggio rurale, dove leggiamo l’ormai solito avvertimento di non avvicinarsi troppo alla riva a causa di coccodrilli e ippopotami. Gli chalet rotondi sono deliziosi, con bagno e secondo salottino ricavati da un secondo ordine di muri intorno alla camera da letto rotonda. La zona è nota per i numerosi artisti e gli artigiani venda e tsonga-shangaan. Troviamo il tempo, prima che faccia buio, di andare a trovare un artista del luogo che lavora il legno, Thomas Khubayi. Le sue sculture e i suoi strumenti musicali ci affascinano. L’arte è proprio trasversale e lui è gentilissimo e davvero molto creativo. Questa regione del Limpopo ci sta regalando molte emozioni. Fra la cultura tradizionale e le bellezze naturali, fra gli animali e la grande eterogeneità, siamo contenti di attraversare questa regione solitamente esclusa dagli itinerari turistici classici. Torniamo col buio, dando persino un passaggio a un autostoppista, uno dei numerosi sulle strade. Il lodge Shivulani Lakeside lodge è gestito da sole donne e la cena è squisita, la migliore fino ad ora. Andiamo a letto più tardi del solito, 9.30, e la notte è particolarmente dolce.

24 luglio

Deve esserci una polvere magica nell’aria del Limpopo. Fatichiamo a staccarci, come calamitati dalla pace e tranquillità di questa regione. Il luogo ideale anche per romanticherie! Colazione con vista lago, in ambiente super accogliente, arredato con gusto, e raffinato. Non sappiamo ancora la nostra mèta finale della giornata, sappiano solo che lungo la N1 e nel Limpopo ci sarebbero posti da non perdersi. Data l’ora dobbiamo escludere di andare ancora più a nord, fino al confine con lo Zimbabwe, purtroppo, dove le guide raccontano di luoghi meravigliosi. Prendiamo quindi la N1 verso Sud. Sostiamo al Bokane Malapa open air museum, per un rapido giro nel villaggio ndebeba mantenuto alla perfezione. E’ la pausa pranzo: peccato non poter assistere alla dimostrazione dell’accensione del fuoco, fatto con legnetti speciali e compito esclusivo degli uomini (le donne dai villaggi avevano il compito di andare a prenderlo e portane a casa), o alla dimostrazione della preparazione dei vasi con feci di mucca (non adatti per contenere liquidi) o dei bellissimi cocci colorati per cucinare. Notiamo che pur nella somiglianza fra loro, questi villaggi hanno ciascuno qualche tratto distintivo che li differenzia dagli altri. Questo villaggio ndebeba ad esempio ha la base murata delle capanne; la stanza delle guardie del corpo della regina; strade comuni sempre in terra battuta, ma molto compatte, pare asfalto; il laboratorio all’aperto degli uomini per la preparazione delle armi o l’accensione del fuoco. Non lontano dalla N1, andando verso Sud, si trovano anche le Makapan’s caves, telefoniamo per accertarci che ci sia qualcuno prima di fare chilometri inutilmente. Sotto un albero ad aspettarci troviamo un giovane Andrew 29 enne, entusiasta della zona e del suo lavoro: ci guida alle cave, patrimonio mondiale dell’umanità. Si tratta di un sito di fossili di importanza mondiale e anche fulcro della resistenza nbele contro l’avanzata dei voortrekker. Troviamo montagne di rocce infarcite di ossa e denti e resti animali, bloccati dal fango fattosi roccia, cementificato dal carbonato di calcio di cui la zona è ricca e che aveva attirato gli speculatori di allora. Le ultime 2 grotte hanno visto il sangue del popolo che si doveva difendere dai boeri e che ha visto coinvolto anche il Mr. Kruger del Parco; il bravo Andrew ci racconta con dovizia di particolari quelle ed altre storie. Tentiamo anche di visitare la Cocrodile farm, inutilmente. Nessuno sa darci indicazioni: scopriamo che, fuorviati da una brutta cartina del Limpopo, chiedevamo nella città sbagliata di Modimolle, anzichè in quella di Bela Bela. Già con il sole al tramonto e abbastanza cotti, telefoniamo al Flamboyant guesthouse e prenotiamo (250R cad con colazione). Persi nelle strade caotiche di BelaBela e senza alcuna chiara indicazione, il proprietario ci viene incontro. Un personaggio che bisogna conoscere: simpaticissimo 70enne, pieno di sano humor che ha organizzato la casa in un modo davvero originale e super funzionale. Ci consiglia di NON perdere TheHydroSpa, l’importante centro termale, con piscine all’aperto e al coperto collegate tra loro, per cui la città è famosa. Le sorgenti zampillano dal terreno alla velocità di 22.000 litri l’ora a temperature fino a 50°. In effetti sono una vera libidine e siamo molto contenti di questa chiusura di giornata abbastanza intensa.

25 luglio

Facciamo fatica a partire puntuali, la simpatica compagnia di questo personaggio unico al mondo ci trattiene come una calamita. Infatti il nostro padrone di casa è piacevole da ascoltare e mi dona ben 4 dei mega frutti della sua pianta e fa ridere di gusto con le sue continue battute. Ci salutiamo come vecchi amici ed è bello riuscire ad entrare in sintonia così con le persone, nonostante le differenze di età, di lingua (ne parla 10), di cultura e di provenienza. Ma vogliamo arrivare in orario all’appuntamento delle 8.30 presso la Diamond Mine di Cullinan e dobbiamo partire: siamo già in ritardo, con il sole che sorgendo cambia i colori della savana. Arriviamo a Cullinan solo alle 9 e iniziamo il giro di circa 2 ore (115 cad. + 200 per la simpatica guida sig.ra Fran di origine britannica). Nell’immaginario di ciascuno di noi esiste una miniera di diamanti, magari con la fila di schiavi seminudi e frustati per lavorare sotto terra in condizioni disumane a scavare rocce a mano…. La Petra diamond, che di recente ha rilevato la Debier che aveva esaurito il filone e raggiunto i 700 mt sotto terra, che ha il quarto buco a cielo aperto più grande al mondo, e che ha continuato gli scavi sempre più profondi, alla ricerca di diamante nero per fini industriali, ci ha aperto gli occhi. La società occupa 2400 persone, ad ogni livello di competenza e professionalità, con turni per 24 ore, con macchinari moderni ed attrezzature all’avanguardia, con un ciclo continuo di frammentazione della pietra attraverso chilometri di tapis roulant, cavi giganteschi che sollevano le pesantissime carrucole da sotto terra, veri e propri ascensori titanici. Insomma fra dati, aneddoti e spiegazioni di Fran, ne sappiamo qualcosa di più, ora. Ciononostante non ci siamo proprio fatti tentare dallo spaccio che offriva splendidi diamanti a prezzi convenienti. Il prossimo appuntamento della giornata è per le ore 13 a Soweto per incontrare Angie, tramite l’organizzazione Taste of Africa (www.tasteofafrica.co.za), che propone un tour di 24 ore, con la possibilità di incontrare la gente del posto e vedere Soweto da un punto di vista inusuale. Arriviamo puntualissimi all’appuntamento presso il distributore della Soweto highway. Ci aspetta Angie, che sarà la nostra guida oggi pomeriggio. Dapprima ci porta a vedere il Chris Hani Baragwanath Hospital, l’ospedale più grande ed esteso del mondo, con ben 3000 posti letto. Ci fermiamo anche davanti alle Orlando Towers, le twin towers di Soweto, costruite in origine per la centrale elettrica (o nucleare??) che oggi sono coloratissime ed utilizzate per il bungy-jumping più originale del pianeta. Poi andiamo a visitare una scuola d’infanzia per orfani aiutata da Taste of Africa; in pieno Kliptown, passiamo dal Walter Sisulu Square of Dedication ex campo di calcio ove è stato redatto il Freedom Charter, il 26 giugno 1955; qui si trova il Freedom Charter Monument un imponente monumento di forma conica in mattoni ed uno simile in lamiera. Non può mancare un giro in auto della township, fra case di lamiera, fango, sporco, e wc chimici esterni a disposizione per l’intera via o quartoere. Infine la simpatica e non giovanissima Angie ci conduce al Credo Mutwa Cultural Village, una serie di opere e di costruzioni ispirate al folklore africano realizzate da Credo Mutwa, un artista molto controverso; a Sergio è parso un gran furbacchione, anche se qualcosa di interessante si poteva ricavarne; lì vicino dalla cima di una torre si poteva spaziare con la vista per tutta Soweto. All’imbrunire Angie ci accompagna nella casa privata che ci avrebbe ospitato per la notte, una bella casa, con tante stanze, ma da piccoli indizi si capisce che l’apparenza inganna e che fanno fatica a tirare avanti. L’ospitalità è calorosa e molto accogliente, con nipote simpaticissimo. E’ buio presto, si mangia molto presto, si comincia a congelare, siamo sempre a 1700 m. di altitudine, e non resta che andare a dormire molto presto. La cena è stata buona, ma il pesce fritto e il freddo intenso hanno disturbato la digestione di Sergio e la nottata è stata complicata.

26 luglio

Ultimo giorno del nostro viaggio sudafricano. Usciamo all’alba con Cedric, il capo di Taste of Africa. La temperatura è gelida, Cedric è un bianco che cammina a piedi scalzi. Soweto è deserta fino a quando il sole non scalda un po’. Nessuno qui ha il riscaldamento e tutti stanno rintanati. Approfittiamo per ascoltare Cedric, che ci porta a girovagare a piedi verso il Mandela House Museum, l’Hector Pieterson Memorial, e infine ci lascia con un accompagnatore che ci seguirà fino al Museo dell’Apartheid, sito in Jo’burg. Abbiamo giusto una ora e mezza per visitarlo, un po’ pochino ma comunque molto interessante. Purtroppo dobbiamo dirigerci all’aeroporto per la partenza, restituiamo l’ auto che per fortuna non ci ha mai dato problemi. Volo con la conveniente e comoda Emirates, per Dubai-Londra-Dublino, con la tratta Dubai-Londra nel nuovo super aereo a due piani.

Un viaggio bellissimo in una terra e un popolo che hanno tanto da offrire e da raccontare. Culture diverse, scenari mozzafiato, animali, natura selvaggia, avventura, un paese che coniuga modernità e confort, a tradizione e che mantiene le sue 11 lingue ufficiali, nel difficile compito di tenere unito un Paese così variegato .

Calza a pennello una bella frase firmata da B.Waterson che ho letto in un libro sul Sudafrica: “everything you promised, more than I expected, bigger than my imagination or dreams”

Ci resta il sogno di tornarci, per visitare Cape Town e le regioni sud occidentali, nella stagione adatta. A presto Sudafrica!



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