I volti del Sud Africa

Salve a TUTTI! sono nuovo di questo forum, nel senso che non ho mai scritto qui un racconto di viaggio, ma è tempo che leggo i post e trovo tutte le informazioni veramente utili. Perciò voglio dare il mio contributo sperando che sia utile e raccontare la mia recentissima esperienza di viaggio in Sud Africa. Premetto che si è trattato di un...
Scritto da: Davide S. 1
i volti del sud africa
Partenza il: 05/06/2005
Ritorno il: 19/06/2005
Viaggiatori: in coppia
Salve a TUTTI! sono nuovo di questo forum, nel senso che non ho mai scritto qui un racconto di viaggio, ma è tempo che leggo i post e trovo tutte le informazioni veramente utili. Perciò voglio dare il mio contributo sperando che sia utile e raccontare la mia recentissima esperienza di viaggio in Sud Africa. Premetto che si è trattato di un viaggio di nozze quindi speciale di per se, ma non credo che sia necessario stare in compagnia della amata del cuore per poter godere delle bellezze di questo paese poco conosciuto ma splendido.

Inannzitutto abbiamo adottato una soluzione “fly & drive”, cioè abbiamo scelto un itinerario (che andrò a descrivere), con soli pernottamenti in albergo, voli di linea e automobile a disposizione per tutto il tempo del viaggio (13 giorni totali utili). Il tour operator era la Kuoni Gastaldi (non so se si può scrivere questo, al lim pregherei Patrizio e Susy di cancellare questa info), specializzata in paesi esotici. Il trattamento è stato nel complesso eccellente, gli alberghi e i camp di prima qualità e l’itinerario semplicemente favoloso.

Siamo sbarcati a Città del Capo il mattino del 6 giugno con 2 scali (Zurigo e Johannesburg, che i sudafricani neri chiamano “Jo’burg”, se sentite questa parola non entrate nel panico) partendo da Roma. Per il giorno che abbiamo scelto noi (domenica) non erano disponibili voli diretti dall’italia e sinceramente non sono sicuro che ve ne siano affatto. In questo periodo (maggio – giugno) in Sudafrica è autunno inoltrato, e il clima, pur buono, è molto simile al nostro settembre ottobre e la sera fa piuttosto freddo! consiglio per chi si avviasse a questa destinazione di munirsi di almeno una giacca pesante e diversi maglioni per la sera, specialmente nella zona di Cape Town, dove il tempo cambia ad una velocità inquietante. Inannzitutto se vi ritrovate a dover fare scali con voli interni al paese vi raccomando di spedire i bagagli direttamente alla destinazione finale (nel nostro caso Cape Town) e al primo sbarco (nel caso Johannesburg) fare quello che loro chiamano Custom Clearing, cioè ripetere il check-in senza ritirare i bagagli con la sola carta di imbarco presso uno sportello della compagnia che avrete utilizzato (nella maggior parte dei casi la South African Airways, che consiglio per l’efficienza e l’eleganza). Se non fate questo i bagagli si bloccano al primo aeroporto come è successo a noi, il che può provocare tremendi ritardi, che siamo arrivati a Cape Town e i bagagli erano a Johannesburg.

Giunti a Cape Town abbiamo ritirato l’auto ed è cominciata la nostrra avventura con lo shock della guida a sinistra, all’inglese, un’esperienza che vi conisglio perché quanto ad adrenalina è meglio del bungee jumping ;). Cmq le strade nelle metropoli sudafricane sono enormi: i raccordi fra i sobborghi e il cantro hanno un minimo di tre corsie per carreggiata, ma spesso anche quattro o cinque compresa l’emergenza.

Vi consigllio di prendere un albergo nei pressi dei quartieri del centro vicino all’oceano cioè Green Point, Waterkant e Waterfront, che sono i più vicini ai punti importanti e che vale la pena visitare.

Il nostro albergo era a Green Point. Il primo giorno dopo sistemazione in albergo siamo subisto usciti per andare a vedere il Waterfront, che è il nucleo più antico della città in quanto rappresenta il porto costruito quando il sudafrica era colonia olandese, oggi riqualificato e bellissimo. Waterfront può essere visitato di giorno e di notte (nel secondo caso andate in auto, perché Cape Town non è una città molto sicura) è pieno di locali, ristoranti e pub di ogni genere. NOTA: se visitate la città con l’auto e senza viaggio organizzato cioè senza guida, procuratevi un’ottima guida cartacea, le migliori sono quelle della Lonely Planet e della Routard, che sono una vera e propria miniera di informazioni, nonché una buona mappa dettagliata della città e una del Sudafrica, altrimenti vi assicuro che orientarsi è impossibile.

Abbiamo visitato l’antica torre dell’orologio, le stradine intorno ai moli, abbiamo ammirato il tramonto sull’oceano e abbiamo fatto una puntata al Victoria Wharf un immenso centro commerciale, ma assolutamente diverso dai nostri e dove si possono gustare delizie di ogni genere poiché pieno di ristoranti (vi consiglio il St. Elmo’s per un cibo abbondante economico e veloce). Mangiare in sudafrica costa davvero poco rispetto a noi, ma non ordinate più di una pietanza a testa, perché le porzioni sono incredibilmente abbondanti! Il Waterfront, se il tempo è buono è davvero delizioso, anche solo girando a piedi non si finisce mai di vedere cose curiose. Nei giorni buoni si può ascoltare il jazz di strada o come noi vedere danze e canti soul. Unica nota negativa è che in autunno fa notte molto presto (circa le 17 e 30) e la notte arriva in un lampo, perciò è meglio regolarsi. Non rimanete di notte nel Waterfront a piedi, perché quando si esce dalla zona commerciale le strade del porto non sono per niente tranquille e si spopolano in fretta.

Il giorno successivo (il 7) abbiamo dedicato la mattina ad una visita ai giardini botanici Kirstenbosch, che sono un immenso parco di svariati km quadrati, dove sono conservate piante autoctone e ogni genere di albero e fiore che cresce in sudafrica, organizzati con una precisione davvero inglese. Questa è la soluzione ideale se il tempo è un po’ nuvoloso. Il guardino si visita in circa 2 ore e mezza. Ci sono anche alcuni sentieri che salgono sulla Signal Hill che è una montagna che sorge al centro dell’area urbana. Se invece il tempo è migliore andate alla Table Mountain, la montagna piatta alta 1000 metri che domina il paesaggio ed è una splendida oasi naturalistica. Nel pomeriggio abbiamo visitato il centro, seguendo un percorso a piedi che partiva dal castello (il Castle of Good Hope) e arrivava al Parlamento, passando per la City Hall (il municipio) e attraversando il mercato, questo davvero carino e molto caratteristico.

Nel complesso Cape Town assomiglia alle grandi metropoli americane specialmente di notte, ma i visi, gli sguardi, i lineamenti sono uno spettacolo all’aria aperta e il modo di vivere è tutto diverso. Il sudafrica è un paese composto di moltissime culture provenienti da tutto il mondo e dal continente africano, e noi siamo riamsti stupiti dell’apertura mentale dimostrata dai giovani di Cape Town.

Il terzo giorno siamo partiti alla mattina presto per andare a vedere punta del Capo, il Capo di Buona Speranza doppiato da Vasco de Gama. Lo spettacolo era da mozzare il fiato…Non avevo mai visto una natura così bella, devo dirlo, nemmeno in Italia. La terra è selvaggia e primitiva e si ha l’impressione di tornare indietro nel tempo! Abbiamo percorso io e la mia sposa diversi sentieri che conducono in vari punti della costa, siamo scesi fino all’oceano e abbiamo avuto la fortuna di vedere una tempesta scatenarsi sul mare e abbiamo avvistato un gruppo di balene, che abbondano in questi mari.

Lì abbiamo assaporato ogni momento della nostra visita compreso l’avvistamento di molti animali e uccelli africani (babbuini, impala, antilopi, cani selvatici, ecc.). Nel pomeriggio tornati al volo a Cape Town (sono circa 35 km di strada di montagna) abbiamo partecipato alla Sunset Cruise che parte da Waterfront, la crociera che vi porta ad ammirare il tramonto in mezzo all’oceano, semplicemente fantastico…Ottimo per coppie in vacanza.

Il quarto giorno (il 9) siamo partiti per la nostra prima destinazione di viaggio, la città di George (centro simil-americano, molto anonimo) ma che ha il vantaggio di trovarsi all’inizio della celebre Garden Route, la “Strada Giardino” ricca di oasi naturalistiche, sentiri nelle foreste, punti di osservazione sull’oceano, etc etc etc. Lungo la strada ci siamo fermati nelle campagne intorno a Cape Town che si chiamano Winelands, perché dedicate esclusivamente alla coltivazione del vino. In SudAfrica si beve un ottimo vino di produzione locale che compete molto bene con i nostri, vi consiglio un giro delle cantine lungo le strade del vino che si trovano un po’ dappertutto, specialmente fra le ridenti cittadine di Paarl e Stellnbosch, che meritano una sosta. I piccoli centri nel sudafrica hanno tutti più o meno qualcosa di caratteristico, residuo della colonizzazione boera. Stellenbosch in particolare ha numerose carinerie ed è molto ordinata.

Siamo giunti a Gorge a sera, e abbiamo alloggiato in un’hotel della catena Protea, famosissima in sud africa, diciamo assimilabhile all’Holiday Inn, con sistemazioni che in genere si integrano perfettamente con l’ambiente in cui si trovano e che si distinguono per cortesia ed efficienza. Il giorno successivo (il 10) abbiamo viaggiato verso la garden route, nella zona di Wilderness, ricchissima di riserve naturali di incredibile bellezza. In una sola mattina muniti di scarponi, panini e bibite come veri trekkers, abbiamo percorso 4 diversi sentieri (totale 15 km) nel bel mezzo della giungla, soli soletti, emozionantissimo (non ci sono pericoli particolari). In queste occassioni si ha la possibilità di fare una quantità di avvistamenti soprattutto di uccelli variopinti, scimmie, e antilopi. Nel pomeriggio abbiamo visitato le riserva naturale De Hoop, a ridosso dell’oceano, molto caratteristica, ma lungo la strada si è scatenato un acquazzone e siamo dovuti rientrare prima del tempo.

L’11 siamo partiti verso Port Elizabeth, centro vacanziero attivo in estate (il nostro dicembre), che vanta una stupenda passeggiata sull’oceano indiano. Lungo il percorso abbiamo scelto una strada alternativa che attraversava l’interno della regione della Garden Route; le strade interne nella maggior parte dei casi sono sterrate, se potete affittate un fuoristrada. Qui si possono vedere una quantità di paesaggi e di meraviglie della natura che non si può descrivere e che sono il tesoro del Sud Africa. Ci si può fermare lungo la costa per mangiare, ci sono paesini bellissimi che vantano ristoranti di alto livello quasi tutti con vista sulle innumerevoli baie e spiagge della zona (Victoria Bay, Plettenberg Bay, Mossel Bay, etc etc).

Se siete un po’ avventurosi e di larghi gusti, assaggiate solo specialità dei posti in cui andate, e avrete l’opportunità di provare piatti buonissimi, fra cui del pesce eccezionale.

In serata abbiamo raggiunto Port Elizabeth e abbiamo avuto giusto il temp di una passeggiata sul lungo…Oceano per poi partire in aereo il mattino successivo verso Durban.

E qui finisce la 1° parte, spero di non avervi annoiato!!! a presto — I volti del Sudafrica (parte II) Salve a tutti di nuovo, turisti più o meno per caso sparsi per l’Italia.

Sono qui per concludere il mio racconto di viaggio in Sudafrica, troppo lungo per essere scritto in un solo post. Così inoltre si aggiunge un pizzico di suspense.

Bene…

Ero rimasto all’arrivo a Port Elizabeth lungo la meravigliosa Garden Route. Io e la mia sposa abbiamo alloggiato in questa città vacanziera e balneare solo una notte, perciò non l’abbiamo visitata affatto, tranne per una passeggiata sul lungoceano, che comunque vale la pena di fare. Vi consiglio inoltre di provare il ristiorante “Buffalo Bill” che si trova proprio affacciato all’oceano ed è un posto molto particolare dove per la prima volta abbiamo assaggiato il kudu (ottimo per la cronaca) e il cosiddetto One Pounder, deliziosi 400 grammi di ottima carne formato burger (che non ha NULLA a che vedere con il disgustoso surrogato di panino servito nella nota catena di ristorazione americana (McD!) Il mattino successivo ci siamo imbarcati per raggiungere Durban, distante 1200 km circa, volo piacevole come tutti i trasferimenti con la South African airways.

Durban è una modernissima città, un caso unico nel SudAfrica, che ci ha affascinato perché piena di indiani, che nell’800 la colonizzarono richiamati dalle industrie inglesi come manodopera a basso costo. Oggi popolano la città e sono presenti in tutti i settori, sono molto gentili in genere e comunque caratteristici (abbiamo parlato con diversi di loro).

In tutta fretta abbiamo acquisito l’automobile e abbiamo cominciato il nostro viaggio verso il leggendario KwaZulu Natal, una provincia di unba belleza e un’aspreza incredibile. A chi va in sudafrica consiglierei sicuro di passarci e di leggere prima qualcosa su questa gente, che ha una cultura molto profonda e ricca. La terra degli Zulu è il primo assaggio di Africa che abbiamo avuto. Qui nel nord il clima a giugno è molto arido, i fiumi si seccano e la savana cambia colore. Si comincia a vedere la dura realtà di questo continente.

Spero che a tutti i viaggiatori questo faccia effetto altrimenti sono solo turisti cioè spettatori armati di macchinetta fotografioca che non capiscono nulla di quello che vedono. Premetto che io e mia moglie non abbiamo avuto il coraggio di scattare neppure una foto alle persone, soprattutto per rispetto e non farli sentire come animali allo zoo. Quello che abbiamo visto è difficile descriverlo, ma ci proverò. Non avevo mai avuto il contatto con tanta povertà.

Non si può fare il paragone con i nostri senza tetto, perché è molto molto peggio. Buona parte degli zulu sopravvive con il turismo. Il resto fa lavori durissimi come boscaioli, coltivatori, minatori. Per spostarsi chi può utilizza un servizio di minibus, il che significa stare stipati per ore in un angusto furgone a morire di caldo; i più invece vivono di autostop o peggio vanno a piedi. E parliamo di 30-40 km al giorno. A notte inoltrata li vedrete ancora sul ciglio della strada. E non potrete neppure caricarli sull’auto perché siete turisti ed esposti ad una marea di pericoli.

Molti girano scalzi, e vestono con quello che trovano, cioè anche maglie di lana blu e calzettoni rosa o cose simili. Molti bambini vanno a scuola e indossano persino colorate divise e l’aspetto è quello di ordinati studenti inglesi, ma anche la loro realtà è quella di studio in edifici cadenti, o carenti, distanti km e km dalle loro case. Con questo non voglio essere patetico, sono semplicemente i fatti.

Mentre gli uomini si massacrano nei lavori più umili, le donne vendono frutta e oggettini agli incroci, agli stop per lavori in corso, ai semafori, in mercantini ai bordi delle strade.

Le donne zulu sono a loro modo bellissime. Non sto tradendo mia moglie (la quale sta vicino a me mentre scrivo), descrivo solo quello che abbiamo visto. La cosa che più miha colpito in loro sono gli sguardi. Sono magre nella maggiornaza dei casi e affilate come coltelli. Hanno l’aria di persone decise e negli occhi portano il perso di una vita che a 30 anni è già un casino. E noi ci lamentiamo dei reggiseni che prudono.

Gli zulu sono una razza guerriera e fiera che un tempo aveva qui un regno potente e rispettato, distrutto dall’avidità colonialista inglese. Oggi vivono poveri ma non danno l’impressione di aver eprso la dignita nemmeno un po’. Se passate nel KwaZulu Natal vedrete come vi guardano e capirete come abbiamo fatto noi che c’è un’abisso fra noi bianchi e loro neri. La loro realtà è che noi siamo ricchi e abbiamo tutto loro poveri e nullatenenti. Se è vero che Cape Town è un esempio di multirazzialità e di riconciliazione, il resto del Sud Africa stenta ad accettare il nuovo ordine di cose. Non mostrano ostilità, anzi sono estremamente accoglienti e gentili, sorridono molto (almeno ai turisti) e hanno un forte senso dell’aiuto reciproco. Ma sono un popolo che soffre.

Il primo giorno nel KwaZulu Natal abbiamo raggiunto la riserva di Hluluwe-Imfolozi, un posto veramente suggestivo che vale la pena vedere. Abbiamo pernottato 2 notti all’Hilltop Rest Camp, il più grande e importante camp della zona. I camp sono organizzati come residence immersi totalmente nella natura, talmente immersi che nelle strade del camp girano scimmie e impala. Le sistemazioni sono deliziose e pulitissime, costruite come capanne e dotate di ogni comfort, compresa la cucina. Il servizio è eccellente e l’accoglienza calorosa. Si mangia divinamente e principalmente in stile buffet, da assaggiare assolutamente è la carne di impala che è tenerissima. Il pirmo giorno siamo subito partiti per un safari notturno guidato, molto suggestivo ma con pochi avvistamenti tranne un branco di elefanti a spasso con elefantini al seguito, bellissimo. Il giorno successivo abbiamo preso l’auto e siamo andati in giro da soli (che va beinissimo, non ci sono pericoli se ci si comporta in maniera assennata) e abbiamo cominciato a stupirci della ricchezza di fauna che si incontra. Si può vedere di tutto ma è una questione di fortuna.

Il terzo giorno (il 14) abbiamo effettuato un safari mattutino (levataccia alle 5:00 e partenza alle 5:30) molto ad effetto vedere l’alba sulla savana, ma molto faticono e aria gelida.

Dopo colazione siamo ripartiti alla volta dello Swaziland, tappa intermedia nella Ezulwini Valley, il centro ricco di questo paese stranissimo ma bello. Lo Swaziland è abitato dagli Swazi che sono un’etina zulu, attaccatissima alla propria tradizione e religione che è ostentata da tutte le parti. Il paese è povero, specialmente al sud e ha pochissime risorse. La capitale Mbabane è l’unico centro di un certo rilievo ma è una città mediamente brutta e molto confusa.

Per la cronaca le indicazioni al sud sono un disastro tanti che ci siamo persi e siamo finiti in un paesino minuscolo in mezzo al deserto pietroso dello Swaziland dove nessuno capiva un’acca in inglese e abbiamo dovuto farci capire a gesti, degno di un film di Salvatores! Lo Swaziland è comunque un posto molto bello a livello naturalistico, con splendidi paesaggi.

Giunti fortunosamente all’albero stanchie impolverati abbiamo deciso di farci una bella doccia e dormita all’Hotel Lugogo Sun (Sun è una catena di hotel) elegante fino all’eccesso. Il 15 mattina siamo partiti presto per raggiungere la nostra meta più ambita: il Kruger National Park.

Subito abbiamo fatto i conti con la realtà del nord. Le strade sono si asfaltate per la maggiorparte, ma le indicazioni sono un po’ carenti e i dintorni sono desertici. Fra una città e l’altra non troverete piccoli centri attrezzati ma solo interminabili piantagioni di alberi da legname, una cosa da piangere. E’ comunque bello vedere i paesaggi, ma alla lunga si arriva alla monotonia e si può non incontrare anima viva per chilometri. In serata raggiungiamo il Kruger Park e alloggiamo nel lussuosissimo Protea Hotel Kruger Gate, costruito interamente su palafitte di legno nero e arredato come una villa coloniale dell’ottocento (le camere sono splendide e modernissime). Unico neo l’eccessivo lusso e il servilismo dei camerieri; la maggioranza dei clienti dell’albergo probabilmente poteva vantare conti correnti da far impallidire i nostri industriali; giusto per rendere l’idea: abbiamo conosciuto lì sul posto durante un safari la moglie del console inglese in sudafrica, l’amministratore delegato di una compagnia petrolifera e il titolare indiano di una ditta che produce comonenti elettronici ad alta tecnologia.

Vi lascio immaginare il ristorante all’aria aperta (con un falò al centro dove sedersi a chiacchierare di affari ei fumare sigari e bere whisky, nonché il salotto, il biliardo in noce, la sala d’attesa con tavoli di ebano, il campo da pallavolo e il campo da tennis. Allucinante.

Le camere sono circondate da alberi e da un mare di verde, dove abitano vari animali della savana che scorazzano liberamente.

Abbiamo cercato di godere di ogni angolo dell’immenso Parco Kruger (~10000 km quadrati!), ma non ci è stato possibile. Abbiamo comunque avuto la fortuna di vedere i leoni, cosa molto rara, e i leopardi, che attraversavano allegramente la strada davanti a noi. Vi giuro che sono di una bellezza unica e avvistarli così dà un’emozione incredibile.

Il 17 a malincuore abbiamo lasciato il parco e abbiamo iniziato il viaggio di ritorno verso Johannesburg e il rientro in Italia. Potrei dirvi che a causa del mal d’africa prima di prendere l’aereo stavamo per scoppiare in lacrime per la tristezza…

L’ultima tappa che ci siamo concessi è stata alla riserva-missione di Botshabelo, vicino Middleburg, sulla strada per Johannesburg. Questa riserva museo ospita un piccolissimo villaggio di indigeni Ndebele, oggi presenti in ridottissimo numero nel Sud Africa perché vittime della colonizzazione boera. Vale la pena andarci, comunque. Lìingresso costa una cifra ridicola (17 rand = 2 euro) e il villaggio è bellissimo. Gli ndebele hanno la particolarità di essere artisti di grande capacità e fabbricano oggetti di artigianato molto carini tutti dipinti e costruiti a mano. Nel villaggio di Botshabelo vivono l’incredibile numero di 6 (dico sei!) Ndebele, da soli, ancora alla maniera dei loro antenati. Parlateci un po’ e scoprirete una ciultura interessantissima.

Questo è tutto (phew!)… Sono stanchissimo! Spero che questo racconto vi sia piaciuto e sarei contento se mi inviaste critiche/commenti/racconti analoghi.

Saluti a tutti Davide S.



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