Ritorno al West alla ricerca dell’onda

Alla scoperta dei grandi parchi
Scritto da: Alessandro Neglia
ritorno al west alla ricerca dell'onda
Partenza il: 01/08/2015
Ritorno il: 24/08/2015
Viaggiatori: 2
Spesa: 3000 €
C’è un luogo nel mondo che non è per tutti, un dono della natura che l’uomo ha voluto preservare e rendere unico limitandone l’accesso: solo 20 persone al giorno possono accedervi e per poterlo fare è necessario vincere una lotteria che si svolge 5 mesi prima.

Il mio viaggio dell’estate 2015 negli States è stato costruito intorno a quella fortunata data: dopo 5 anni dal mio matrimonio a Las Vegas e da un giro emozionante dei parchi del west, dovevo tornare on the road con mia moglie nei luoghi che più ci avevano emozionato, visitarne degli altri e vivere la magia dell’onda di roccia più fotografata del mondo.

Così, voliamo proprio su Las Vegas e lì ci fermiamo 4 notti per girare tutti gli alberghi e le attrazioni possibili. Con una macchina noleggiata alla Dollar partiamo alla volta del Gran Canyon West per visitarne il famoso skywalk: il posto è indubbiamente bello ma la politica degli indiani che non fanno portare la macchina fotografica sul ponte, che fanno pagare moltissimo l’ingresso al parco e che hanno trascurato ogni minima protezione di sicurezza sul rim rispetto a quello che troveremo sui lati nord e sud, ci lascerà alla fine del viaggio l’unica piccola perplessità del tour. Indimenticabile è invece la scelta di dormire nel ranch dentro il parco, cenando davanti al fuoco sotto le stelle e mangiando mashmellow cantando musica country.

Il giorno dopo è tutto per la Route 66: visitiamo Flagstaff e William, prima di arrivare al south rim dove dormiremo 2 notti e visiteremo sia il lato ovest con le navette sia quello est con la nostra macchina. Ogni Point of View è uguale e diverso, ogni ora la luce cambia le ombre di questo parco stupefacente che avevo già sorvolato con l’elicottero nello scorso viaggio.

L’incontro con un’alce alla fine di un temporale e le nuvole basse col sole che tramonta sul Colorado ci donano le foto dell’addio a questo parco. Da qui ci siamo mossi verso la foresta pietrificata, parco sottovalutato ma incredibile soprattutto per i percorsi intorno a questi tronchi di cristallo tra cui il Blue mesa. Una temperatura mite e la mancanza di turisti ci hanno dato la sensazione di essere su un pianeta lontano. Il meteor crater è di strada ma non vale il prezzo del biglietto. Il canyon di Chelly è invece un’altra piacevole sorpresa: pazzesco che i tour all’interno della gola siano venduti a prezzi carissimi mentre con la propria macchina si possa fare un giro dei vari punti di osservazione che sono uno più bello dell’altro, fino alla vista dello Spider rock. Decidiamo di passare per i 4 corners per mettere i nostri 4 piedi ognuno in uno stato diverso Colorado, Utah, New Mexico e Arizona. Bancarelle di indiani e souvenir fanno da cornice alla piattaforma di marmo.

La Monument Valley l’avevamo già vissuta ma abbiamo voluto riviverla dormendo ben 2 notti nella cabine del The view, prenotate con largo anticipo. Il prezzo è esagerato ma una volta nella vita si deve fare! Vediamo anche la Valley of Gods e il Gosenecks park, quest’ultimo da non perdere. E finalmente dopo aver attraversato il Colorado sul ponte dove avvistiamo un condor, arriviamo all’unico lodge nel North Rim che da solo vale il viaggio. Sembra di essere nel cartone animato dell’orso Joghy anche se a onor del vero è ambientato nello Yellostone.

Dopo la visita del parco, che ha però pochi point of view e ha invece più percorsi nei boschi, adatto quindi più agli americani che ai turisti, ci spostiamo all’Holiday Inn di Kanab. L’indomani avevo prenotato la visita al South Coyote Buttes con Dreamland Safari Tour: anche qui l’accesso è limitato e il permesso va comprato on line: le rocce sono meravigliose e le nuvole ci proteggono dal caldo. La strada per accederci è veramente sconnessa e non segnalata ma con la giuda e una macchina adatta, questi grandi problemi diventano piccole cose. Il percorso tra i buttes è meraviglioso e anche mia moglie che soffre di vertigini … si diverte e si emoziona davanti alle forme e ai colori di questi luoghi.

Un giorno di riposo visitando il Mystical Canyon, simile al famoso Antelope ma meno turistico, e finalmente arriva il gran giorno. A dir la verità, ho un pò paura. Avevo letto molte cose poco rassicuranti sul web. Pochissime recensione di italiani, qualche video su you tube. E l’unica costante erano le difficoltà di un percorso senza ombra nè punti di riferimento (più di una volta qualcuno è morto per essersi perso o per disidratazione…), il caldo e la necessità di uno zaino pieno di acqua e barrette energetiche, e infine lo spauracchio di incontrare puma, serpenti e scorpioni.

La notte totalmente insonne ha creato una iniziale stanchezza che mista alla paura e all’eccitazione hanno reso il mio fisico quasi drogato di adrenalina. La bravissima guida Marjurie è stata la persona che insieme a un turista cinese che non parlava neppure una parola di inglese è stata una presenza essenziale quanto piacevolissima.

Il percorso di andata è stato quasi più emozionante del raggiungimento della meta. Il paesaggio non si può spiegare, e le foto sono solo una parte dell’immensità degli spazi desertici che i miei occhi hanno osservato. Sabbia e rocce si alternavano con colori che l’alba rendeva sempre più accesi. Merjorie mi mostra impronte di dinosauro su alcune rocce… metto vicino il mio piede che dista un centimetro da quel passo di un milione di anni fa.

Ogni tanto ci si fermava a bere, fare foto, rimanere in silenzio e vivere quegli istanti come meglio si poteva. Quando le rocce creavano ombra ci si siedeva anche se a quell’ora il caldo non ere poi così cattivo. Avevo un contapassi al polso e cercavo di farmi forza contando le distanze che diminuivano strada facendo. In realtà alle 3 miglia previste si sono aggiunti 2 Kilometri per aver fatto una strada alternativa più panoramica e meno scoscesa… che abbiamo fatto invece in discesa al ritorno. Quando siamo quasi a destinazione mi distraggo un attimo per motivi idraulici, e in quel minuto mi perdo la guida e l’ingresso a the wave. La presenza di una coppia di ragazzi mi conforta e mi fermo davanti all’ingresso secondario che l’acqua piovana di un temporale di qualche giorno prima ha reso inagibile. Chiamo ad alta voce Marjorie che compare al di là della pozza d’acqua. La sua immagine con dietro le rocce di mille sfumature d’ocra riflessa nell’acqua mi rimarranno impresse per sempre nella memoria.

Si toglie le scarpe e guada la pozza per venirmi a prendere. Vedo le onde di roccia nelle ondine di acqua. E’ l’unica immagine che non fotografo ma che mi si salva nel mio hard disk cerebrale. Finalmente aggiro la roccia e mi immetto nella parte bassa dell’onda.. guardo davanti a me e risalgo la collina rocciosa voltandomi solo alla fine. Eccomi lì, nel punto esatto dove volevo e “dovevo” essere. Eccomi lì. Sono arrivato. Ce l’ho fatta. Sì. Sono anche qui. Io, il Dr Neglia.

Non penso a niente. Mi guardo intorno. Non curante del caldo e della fatica. So che non avrò molto tempo e che quello che ho passerà in frettissima, per cui poso lo zaino e tiro fuori l’unico “peso” inutile dello zaino che tuttavia non potevo non portare con me. La mia maglietta bianconera con il 74 del mio anno di nascita sotto il “Dr Neglia”! La indosso e comincio a vagare tra i saliscendi delle rocce disposte come una millefoglie e come quel dolce fragilissime. Incontro il ranger che ci aveva registrato all’inizio del trail e che controlla i pass delle persone che viavia appaiono dietro le rocce. Si ricorda pure il mio nome, e mi scatta le prime foto. Non sento caldo, ne’ provo stanchezza. Sento di essere felice , appagato, dissetato. Non smetto di ridere , fotografare, guardarmi intorno. Mi siedo all’ombra a mangiare il pic nic preparato dalla guida. Andiamo a vedere i dintorni e un’altra ondina, fino a che mi rendo conto che è ora del rientro. Il caldo potrebbe aumentare e la strada di ritorno è comunque lunga. A dire il vero a metà strada incontriamo due coppie che salgono ora. Non li invidio e penso a quanto ho fatto bene a spendere quei dollari per viaggiare in sicurezza!

Qualche sosta sotto i pochi arbusti che incontriamo e Marjorie mi racconta che proprio lì un turista è morto due anni prima per un malore… Meno male che ho quarant’anni e che me l’ha detto alla fine! Un caffe dello Sturbucks mi aspetta sulla jeep. L’ultima foto è al cartello del trail. Ora sì che la stanchezza della notte insonne e dei 10000 passi sulla luna si fanno sentire. Mi affretto a chiamare la Vivi che mi aspetta nell’hotel. Se non fosse stato per lei, avrei potuto rinunciare a uno dei giorni più belli della mia vita. Ma come Forrest Gump ha portato la sua Jenny in giro per il mondo, così ho fatto io con lei.

Il rientro a Las Vegas del giorno dopo con un tuffo nella piscina del Paris ai piedi della Eiffel mi rigenera come lo spettacolo delle fontane del Bellagio dall’alto della torre. Il volo su San Francisco è breve e con una nuova macchina , la più piccola degli Stati Uniti, ci spostiamo a Monterey per visitare le scogliere del Big Sur che ci regalano l’incanto di numerose balenottere sottocosta.

Rivedere Frisco facilita il nostro orientamento: tornare A Haight Hasbury è meno emozionante della prima volta, ma il Pierre 39 merita sempre. Vediamo anche la festa del sabato e lo skiline dal Terminal dei ferry, il giardino giapponese, chinatown e little italy. Percorriamo il Golden gate avvolto dalle nuvole e ceniamo a Sausalito dove prendo la prima multa del viaggio.

L’ultimo giorno di sole ci regala il fascino di Alcatraz e l’orizzonte del Pacifico in fondo a cui immaginiamo la meta del prossimo nostro viaggio estivo. Le Hawaii. E’ tempo di rientrare a casa e archiviare le foto. E per la prima volta scrivere due fogli di memorie. Per non dimenticare. Per poter sospirare. Un giorno . lontano nel futuro. E pensare. Chiudere gli occhi. E rivedere l'”onda” nell’oceano di ricordi di una vita.



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