4 luglio a san francisco

4 LUGLIO A SAN FRANCISCO “..If you’re going to San Francisco… be sure to wear some flowers in your head…” Come si fa ad arrivare a San Francisco e non sentire riecheggiare nell’aria le note di questa canzone, icona della hippies generation degli anni ‘60? A noi ha fatto questo effetto non appena arrivati alle porte di questa bella...
Scritto da: emix
4 luglio a san francisco
Partenza il: 29/06/2004
Ritorno il: 19/07/2004
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 3500 €
4 LUGLIO A SAN FRANCISCO “..If you’re going to San Francisco… be sure to wear some flowers in your head…” Come si fa ad arrivare a San Francisco e non sentire riecheggiare nell’aria le note di questa canzone, icona della hippies generation degli anni ‘60? A noi ha fatto questo effetto non appena arrivati alle porte di questa bella città californiana, e dire che la differenza tra qui e Las Vegas, nostra prima tappa del viaggio di nozze, è davvero abissale.

Prima tra tutte: il clima!! Veniamo dal deserto del Mojave con una temperatura media di 42 gradi e con una certa sorpresa veniamo accolti da un venticello gelido che spira dall’oceano e non ti dà tregua neanche per un minuto. Sappiamo che a Frisco c’è sempre un tempo particolare per via della posizione della baia ma è mai possibile che questo luglio californiano somigli piuttosto ad un tiepido marzo di casa nostra? Suvvia! Non facciamoci scoraggiare e partiamo alla scoperta di questa perla della West Coast.

Il nostro viaggio di nozze è iniziato da qualche giorno e, dopo 4 giorni di spasso e follia a Las Vegas prevede ora tre giorni di sosta proprio qui, alla scoperta di una delle mete più visitate dai turisti USA.

Arriviamo a destinazione nel tardo pomeriggio del 3 luglio e ci sistemiamo nell’albergo prenotato dall’Italia: il Radisson che si affaccia proprio su Fisherman’s Wharf. Che dire, il paragone con la mega stanza che avevamo a Las Vegas (Hotel Luxor) è davvero impietoso ma sappiamo che lì c’è una concezione completamente diversa degli alberghi e poi il nostro Radisson non è male, pulito, tranquillo e con una posizione davvero eccezionale. Basta uscire dalla hall e ci si trova subito immersi nel quartiere più movimentato della città e così, non appena sistemati i bagagli ci tuffiamo subito nella movida del Wharf.

Al molo si respira subito l’aria di una città di mare, c’è un via vai continuo di gente, turisti e non, che passeggia sul lungomare Jefferson Street mentre ogni tanto si sentono gli schiamazzi di qualche pellicano o dei famosi leoni marini che affollano la baia (per la verità in estate non ce ne sono molti perché la maggior parte si sposta qui nel mese di gennaio). Il quartiere è molto pittoresco, allegro e frizzante: chi si aspetta grattacieli o palazzi hi-tech rimarrà sorpreso nel trovare casette basse dallo stile marinaro, molte delle quali ancora in legno, ed un susseguirsi di negozietti di souvenir che, come in ogni parte del mondo, vendono un po’ tutti le stesse cose ma un dubbio ci coglie all’improvviso: come mai nessuno espone costumi o pareo ed invece gli scaffali sono pieni di felpe, giubbotti e maglioni di pile? Una mezza idea ci sta già venendo purtroppo…

Il cuore pulsante del Fisherman’s Wharf è il famosissimo e conosciutissimo Pier 39, un vecchio molo di carico, restaurato negli anni ‘70 ed ora sede di tanti negozietti e ristoranti caratteristici.

Lo percorriamo fino alla sua estremità, passiamo accanto alla grande ruota veneziana che fa la gioia dei bambini di ogni età e, dopo una panoramica generale, decidiamo di cenare al Neptune, un ristorante davvero carino dove passeremo una delle serate più belle del nostro viaggio.

Cenetta a lume di candela proprio davanti alle grandi finestre panoramiche che si affacciano sull’oceano e, davanti a noi, la famigerata isola di Alcatraz che sembra proprio una roccia caduta per caso in mezzo al mare. Agli amanti delle specialità di pesce consigliamo vivamente questo posticino e, mi raccomando, dovete provate assolutamente la Clam Chowder, una zuppa di vongole semplicemente divina nonché uno dei piatti più rinomati della cucina cittadina..

All’uscita del ristorante scopriamo sconcertati che la temperatura si è abbassata ancora ed il vento è sempre più freddo così decidiamo su due piedi che, i primi due souvenir di San Francisco saranno due caldi giubbini in pile che, obiettivamente, non avevamo certo previsto di caricare sulle nostre già agonizzanti valige, e che invece ci torneranno veramente utili anche nei giorni a seguire! Il 4 di luglio ci aspetta un tour in auto in giro per la città, accompagnati dal simpatico Miguel italo-uruguaiano che guida una Chevrolet perché la sua ex moglie si chiamava Ford! Miguel ci viene a prendere in hotel e ci accompagna, insieme ad altri 4 italiani, su e giù per le colline di San Francisco per una visione panoramica dei suoi caratteristici quartieri e, da subito, avvertiamo il clima di festa che avvolge ogni angolo della città. Sì perché il 4 di luglio, come tutti saprete, è festa nazionale negli USA ed è la giornata che tutti dedicano alla famiglia e ai barbecue in compagnia. E così tutti a bordo e via verso la prima meta: il Campidoglio, centro nevralgico dell’amministrazione cittadina nonché fulcro del Civic Center District.

Praticamente facciamo una lunga passeggiata in auto lungo i quartieri di ChinaTown e Nob Hill, percorriamo la Powell e la Madison che attraversano il quartiere finanziario dominato dalla Transamerica Pyramid, ad ogni curva c’è qualcosa che attira la nostra attenzione, ad ogni saliscendi delle colline la città cambia faccia e ci presenta un aspetto nuovo di se stessa e della sua gente.

Miguel è una fonte inesauribile di aneddoti e curiosità, ci indica i palazzi che hanno fatto la storia cittadina, i luoghi che hanno fatto da scenario a celebri film, le curiosità che scopriamo ad ogni angolo di strada ed intanto ci racconta di come si sia sposato a Las Vegas quasi per gioco o per caso.

La sosta al Civic Center è giusto propizia per sgranchirsi un po’ le gambe e per scaldarsi un po’ al tiepido sole che fa capolino tra le nubi. Facciamo qualche foto davanti al curatissimo complesso del City Hall ma non possiamo non notare l’incredibile numero di homeless che stanno rannicchiati nei loro precari rifugi di cartone praticamente ad ogni angolo di strada. Ce ne sono a decine e non riusciamo a capirne il perché. Questa California simbolo dell’opulenza dell’economia USA e dell’America vincente e di successo evidentemente ha dei difetti non da poco se genera un numero così elevato di senzatetto. Giuro, non ne abbiamo mai visti così tanti neanche a New York! Ripartiamo e ci dirigiamo verso Pacific Heights per vedere le pittoresche case vittoriane così famose da queste parti (avete presente la location del telefilm Le Streghe?). Non ne sono rimaste molte di queste residenze perché la maggior parte fu distrutta dal disastroso incendio del 1906 ma quelle che rimangono sono davvero incantevoli e, con i loro giardini curati e le facciate color pastello, sembrano un angolo di ‘800 in pieno XXI° secolo. La vista da quassù è fantastica, passeggiamo per qualche minuto nei vialetti del parco di Alta Plaza per regalarci una spettacolare vista dall’alto dell’intera baia.

Vogliamo godere di un’altra vista mozzafiato? E allora tutti a bordo: destinazione Twin Peaks, due collinette ventose che si elevano di circa 300 mt sopra la città ed offrono la vista migliore dell’intera baia. Per arrivarci attraversiamo il trasgressivo quartiere di Castro, avanguardia gay dell’intero complesso urbano con le sue multicolori bandiere della pace appese ad ogni balcone.

Dall’alto di Twin Peaks ammiriamo tutta San Francisco ai nostri piedi, sotto di noi il quartiere di Haigh Ashbury, più avanti i grattacieli che svettano dal Financial District e, sullo sfondo i moli del Fisherman’s Wharf. Appena visibile la prigione di Alcatraz mentre è nascosto alla nostra vista il Golden Gate (nostra prossima meta), in compenso si gode una panoramica affascinante dell’Oakland Bay Bridge che partendo dall’Embarcadero congiunge la baia con l’isola di Oakland, sede della celeberrima università di Berkeley.

Stavamo parlando di Golden Gate? Non è forse giunta l’ora di visitare il simbolo della città? E allora che aspettiamo? Giù per i tornanti di Twin Peaks e via diretti verso il Presidio, antico quartiere dominato da un fortino posto a difesa della baia, ai tempi della dominazione spagnola, ed ora diventato parco nazionale.

Dal Presidio si accede al Golden Gate Area dove, giustamente, sostiamo per l’immancabile foto ricordo con alle spalle il Golden Gate dalle maestose campate che si perdono nella nebbia.

Miguel ci racconta qualche aneddoto di questa meraviglia dell’ingegneria moderna che, quando fu inaugurato nel 1937 era la struttura sospesa più lunga e più alta esistente al mondo, dopodichè facciamo una passeggiata lungo il ponte ma senza arrivare dall’altra parte, visto che ci sono quasi 3 km da percorrere e poi c’è sempre questo fastidiosissimo vento freddo che, a 70 mt dall’acqua raggiunge il suo massimo splendore! L’esperienza comunque è davvero eccitante, il panorama visto da qui è veramente qualcosa di particolare e poi passare sotto le gigantesche campate ci dà una sensazione di magica euforia. Questo non è solo un ponte, è un mito della storia americana e, per qualche istante, ce ne sentiamo parte. Ora, il nostro tour della durata di un mattino sarebbe finito qui ma, per acclamazione popolare decidiamo di prolungarlo anche al pomeriggio per avere la possibilità di visitare anche i dintorni della città e così, tutti d’accordo, mettiamo mano al portafoglio e, con una modica spesa di 50$ a testa aggiungiamo alla visita anche il parco delle sequoie di Muir Woods e il celebre quartiere degli artisti di Sausalito.

Entrambi ci hanno lasciato un bellissimo ricordo: a Muir Woods abbiamo fatto una lunga passeggiata rilassante all’interno del parco per ammirare quella meraviglia della natura che sono le sequoie giganti (da vedere assolutamente) di fronte alle quali ci si sente così piccoli! Di Sausalito c’è rimasto il ricordo di un paesino in festa, tutto è molto curato, dai giardini fioriti alle strade addobbate con palloncini e bandiere americane ovunque. La gente va a passeggio e si gode un po’ di sole, qualche gabbiano starnazza dal molo, gli artisti espongono le proprie opere nelle loro gallerie e i negozi sono affollati di turisti e curiosi. Ce n’è persino uno che vende solo articoli natalizi (palle per l’albero, statue del presepe, angioletti, luci ecc..) che per un attimo ti proietta in un clima totalmente differente da quello che puoi assaporare fuori dal negozio.

Per arrivare a Sausalito bisogna attraversare tutto il Golden Gate (già di per se esperienza emozionante) e, una volta arrivati, si può vedere da questo sobborgo tutta San Francisco dall’altro lato della baia. Il nostro giro con Miguel finisce qui, ma non il nostro speciale 4 luglio americano.

La serata la passiamo gironzolando lungo il Fisherman’s Wharf dove si sta ammassando un numero impressionante di gente: ovunque ti giri ci sono migliaia di persone di ogni età che passeggiano, mangiano stuzzichini, ascoltano la musica di uno dei tanti complessini che rallegrano il molo con le loro canzoni.

I chioschi che vendono granchi e specialità di pesce take away fanno affari d’oro ed i bicchieri di birra in circolazione non si contano neppure! Il freddo è sempre pungente e così decidiamo di riscaldarci con una generosa porzione di chili servito come si fa da queste parti in una pagnotta di pane gigante da cui è stata scavata la mollica: davvero delizioso! L’idea è quella di prender posto per tempo in cima al Pier 39 per riuscire a vedere al meglio lo spettacolo dei fuochi d’artificio che verranno sparati direttamente dal mare e che si preannuncia spettacolare. Peccato che la nostra stessa idea ce l’hanno avuta almeno altre 20.000 persone per cui è davvero un impresa districarsi tra la folla ma, quando finalmente raggiungiamo un bel posticino e resistiamo pazientemente ai morsi del solito venticello gelido, cosa va a capitare? La nebbia!!!! Una densa foschia che si alza dal mare a pochi minuti dall’inizio dello spettacolo e che impedisce di vedere i fuochi quasi totalmente. Si vedono solo bagliori colorati tra le nubi, un lampo azzurro, uno rosso… Che delusione! I bambini sono tutti a testa bassa ma anche noi grandi ci siamo rimasti male. Peccato, vorrà dire che per consolarci facciamo un giretto al negozio di cioccolata della Girardelli che sta proprio sul Pier e lì proprio non abbiamo saputo resistere alle tentazioni del cacao. Evviva la dietaaa! Arrivati al 5 di luglio abbiamo deciso di tuffarci in un’avventura che rimarrà per sempre nei nostri cuori: abbiamo affittato un’auto per evadere dalla città e andare alla scoperta della costa californiana. Che spettacolo!! Il cambio automatico della nostra auto era un’incognita per me che non ne avevo mai guidata una ma sono stati sufficienti pochi minuti di pratica per familiarizzare con il nuovo tipo di guida.

Uscire da San Francisco è stato semplicissimo, basta costeggiare la zona dell’Embarcadero e far attenzione ai semafori che, al contrario delle nostre parti, sono posti dall’altra parte dell’incrocio e non prima: l’importante è avere l’occhio lungo altrimenti si rischia di passare convinti di avere sempre la precedenza! Percorriamo un tratto della freeway che ci porta a Pacifica dove la nostra Highway n° 1 diventa una semplice strada a 2 corsie, la Pacifica Highway, che costeggia tutta la costa oceanica ed arriva fino a Carmel.

Guidare su questa strada è un’esperienza favolosa, poco traffico, vedute sensazionali, musica country che esce dalla radio e ci accompagna alla scoperta di un America diversa da quella patinata delle guide turistiche. Oggi è la strada la protagonista del nostro viaggio, è lei che ci guida, è lei che ci accompagna tra scogliere a picco sul mare e dune di sabbia accumulate dal vento, è lei che ci mostra gli spazi immensi che abbiamo la fortuna di percorrere.

Scopriamo un’America rurale e selvaggia, fatta di paesini sperduti e grandi campi coltivati, spiagge desolate e pinete a ridosso del mare. La Pacifica Highway scorre davanti a noi alla velocità costante di 60 mph, guidare è molto più facile che da noi, sicuramente meno stressante, pochi sorpassi, strade sicure, segnaletica precisa.

Dietro una curva copriamo il promontorio di Pigeon Point su cui sorge un tipico faro bianco che sembra indicarci la strada verso sud, verso Santa Cruz che oltrepassiamo senza fermarci per arrivare in tempo dalle parti di Monterrey dove abbiamo deciso di percorrere il famoso percorso panoramico della 17 Miles Drive.

E’ questo un percorso privato (8$ per entrare) che si estende tra la pineta di Spyglass Hill ed i campi da golf di Pebble Beach e che dista all’incirca 200 km da San Francisco.

La particolarità di questo percorso è che offre la possibilità di immergersi completamente nella natura di questo Stato regalandoci degli scorci spettacolari, e ciò nonostante esso si snodi all’interno di una sorta di quartiere residenziale di lusso perfettamente integrato nel paesaggio.

Alla biglietteria dell’ingresso ci danno una cartina con l’itinerario da seguire dove sono segnalate anche numerose aree di sosta con relativa descrizione di ciò che da esse si può vedere.

In questo posto abbiamo visto delle ville da sogno, alcune in vendita a cifre da milioni di dollari, ma lo spettacolo vero lo dà la natura. E’ un emozione sedersi sulla spiaggia di Pebble Beach ed ascoltare le onde del Pacifico che si infrangono a riva, osservare i pellicani e le fregate di mare a volo radente sul mare, affacciarsi sulle scogliere di Cypress Point ed incantarsi ad ammirare una colonia di otarie che se ne stanno placide e sonnecchianti a gustarsi un po’ di sole o giocano a rincorrersi nell’acqua.

Che giornata indimenticabile! Al ritorno ripercorriamo la stessa strada ma in senso inverso, fermandoci a Santa Cruz per fare uno spuntino per poi far ritorno alla cara vecchia Frisco in serata. Totale km percorsi 450 e il ricordo di una giornata sensazionale di cui continuiamo a rivivere le emozioni anche alla sera quando, stanchi ma entusiasti, celebriamo questa avventura davanti ad una monumentale torta di mele con gelato gustata ai tavolini dell’Hard Rock Cafè.

Il giorno seguente è purtroppo l’ultimo che passiamo in città per cui decidiamo di prendercela comoda e gironzolare dove ci porta il vento. E non dimentichiamo che non abbiamo ancora provato uno dei miti di San Francisco: la corsa sul cable car! A pochi passi dal nostro albergo passa la linea Powell & Hyde per cui decidiamo di iniziare da lì il nostro tour cittadino. Che emozione percorrere i saliscendi delle colline a bordo di questo tram (rigorosamente affacciati di fuori, con una mano alla sbarra di sostegno e l’altra alle prese con la videocamera), il conducente fa un po’ da cicerone a beneficio dei turisti, scampanella ad ogni incrocio ed avverte con uno slang quasi incomprensibile che sta per tirare il freno prima di prendere qualche curva pericolosa. Che spasso!! Scendiamo a Union Square dove, a ridosso della piazza, troviamo tutti i maggiori centri commerciali della City da Macy’s a Saks Fifth Avenue dove, naturalmente passiamo una mezz’oretta in preda alla più classica frenesia da shopping turistico. Macy’s comunque è anche un ottimo punto d’osservazione della piazza, salite all’ultimo piano e, dalle vetrate panoramiche avrete una visione di tutta Union Square.

Da qui facciamo due passi in Market St, una delle vie più commerciali del centro dove, tra un negozio e l’altro facciamo altre due tappe interessanti: Virgin Megastore per curiosare tra 4 piani di cd ed articoli musicali ed il Nordstrom Shopping Center, bellissimo centro commerciale su 8 piani (da vedere assolutamente!) utile per fare anche una pausa ristoratrice in uno dei numerosi bar del piano terra.

In fondo a Market St, un capannello di turisti ci ricorda che siamo al capolinea del Cable Car per cui aspettiamo come gli altri per assistere alla famosa rotazione del tram fatta a spinta dal conducente su un’apposita rotatoria posta alla fine dei binari (necessaria perché i tram possono andare in un’unica direzione).

Più che una manovra da tranviere è una cerimonia che si svolge tra due ali di folla e che si conclude con l’immancabile applauso finale. Imperdibile! Market St è anche la principale via d’accesso al Financial District che giriamo abbastanza in fretta, giusto il tempo per qualche foto davanti alla Transamerica Pyramid: questo quartiere finanziario non ha certo il fascino di Wall Street ed i grattacieli non sono niente di speciale, forse anche perché, per le rigide norme antisismiche, non possono superare i 30 piani di altezza per cui… Più interessante è invece la passeggiata a China Town alla quale arriviamo dopo aver percorso la via della moda, Grant Street, che ci porta diritti davanti al portale cinese i cui leoni ci danno il benvenuto in questo angolo d’oriente.

Penso ormai che le China Town in giro per il mondo si assomiglino un po’ tutte ma questa forse ha un chè di particolare, i palazzi hanno i tetti a pagoda, insegne cinesi sono appese ovunque su balconi e cornicioni, al piano terra dei palazzi è un alternarsi continuo di negozi di paccottiglia varia e ristoranti più o meno scadenti che vanno da quelli discreti-passabili a quelli da denuncia ai NAS: dipende da cosa uno cerca e, soprattutto di cosa si accontenta! L’odore è forte, di spezie, di pesce esposto in strada, di anatre caramellate ai banconi delle macellerie, di incensi accesi nei negozi di souvenir. China Town è indubbiamente un mondo a sé, con proprie regole e con uno stile di vita che non ha nulla di simile con quello che c’è al di fuori della Porta del Drago che abbiamo attraversato all’ingresso, ma merita senz’altro di essere visitata se non altro per non privarsi del gusto di entrare nei negozi e curiosare alla ricerca del più improbabile dei souvenir (la scelta è difficile, si va dal drago in porcellana alto 2 mt alle zanne di elefante intarsiate, ai Budda portafortuna dal peso improponibile…).

Ormai la giornata volge al termine ma non possiamo lasciare la città senza aver visto un altro dei suoi scorci caratteristici: ci arrampichiamo su per le salite di China Town fino ad arrivate a Nob Hill e da qui riprendiamo il cable car fino a Lombar Street.

Chi non ha sentito mai parlare di questa stradina fatta a tornanti che si dice essere la strada più tortuosa del mondo? In effetti la pendenza è tanta, la stradina è stretta stretta e le macchine la percorrono in discesa a passo d’uomo partendo dalla sommità di Russian Hill ma, il modo migliore di gustarsela, è senz’altro quello di scendere a piedi lungo i gradini che costeggiano le aiuole fiorite e le case addossate le une alle altre.

Foto obbligatoria e via verso l’ultima tappa: Ghirardelli Square, vecchia fabbrica di mattoni rossi ora restaurata e divenuta negli anni un alternativo centro commerciale.

Immancabile è la sosta alla famosa Fabbrica di Cioccolata dove festeggiamo la nostra partenza con il gelato più grande (e più caro) mai mangiato in vita nostra! San Francisco è tutta qui, o per lo meno è quello che noi siamo riusciti a visitare nei tre giorni che avevamo a disposizione. Certamente è una città particolare che si differenzia dalle altre metropoli americane ma mi sento di sfatare un po’ il mito della “città più europea d’America”.

San Francisco ha poco di europeo, non ha certo la storia e la tradizione delle nostre capitali, non ha i nostri monumenti e non ha neppure il nostro stile di vita ma è indubbio che sia diversa da una città come New York (posto che ci sia qualche cosa simile a NY) o da altre megalopoli americane, con meno frenesia, un attenzione maggiore ai gusti europei nel vestire (nei negozi spiccano tutte le nostre firme migliori) ed anche nell’alimentazione (meno ciccioni in giro che non nel resto del paese). San Francisco, con i suoi 800.000 abitanti è, in sostanza, una buona via di mezzo, una metropoli a misura d’uomo, dove ciascuno può sentirsi a casa propria e girare è facile anche a piedi.

Per il resto la cortesia della gente, la sua disponibilità, l’apertura mentale verso tutte le razze e tutti gli stili di vita sono quelli tipici del popolo americano che abbiamo trovato ovunque negli States.

Non possiamo che consigliare a tutti una visita a San Francisco, passeggiate tra la sua gente, vivete i suoi quartieri e scoprirete una città sempre diversa ad ogni angolo di strada ma, se venite a luglio come abbiamo fatto noi, non dimenticate le parole di Mark Twain il quale disse: “l’inverno più freddo della mia vita fu un’estate a San Francisco!” Buon Viaggio a tutti da Emiliano e Alessandra!! P.S. Chi fosse interessato al diario della prima parte del nostro viaggio legga pure: Las Vegas – Oasi di luce nel deserto del Mojave



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