On the road: Mother Road e Hyw 1

24 giorni on the road ripercorrendo quel che resta della mitica Route 66. Da Chicago a Los Angeles, senza tralasciare la magia della Monument Valley, la maestosità del Grand Canyon, e ancora le magiche scogliere di Big Sure e San Francisco
Scritto da: veromoli
on the road: mother road e hyw 1
Partenza il: 25/07/2013
Ritorno il: 17/08/2013
Viaggiatori: 2
Spesa: 4000 €
Il viaggio sulla Mother Road – Route 66 – è una continua scoperta, un susseguirsi di paesaggi differenti, di cieli sempre bassi e paesaggi unici. Di vera America, di vita quotidiana e di una realtà che a volta sa di abbandono a volte di rinascita. Sembra di vivere un film, si incontrano luoghi e persone veramente straordinari, fieri di avere ancora un ruolo in questa strada dimenticata. Di turisti se ne incontrano pochi, salvo nelle grandi città o nei Parchi. Calpestare i tratti di strada originale da forti emozioni e l’entusiasmo di chi cerca con ogni forza di tenere ancora vivo questo mito, ripaga immensamente le lunghe ore passate al volante. Non è un viaggio semplice, è faticoso e psicologicamente impegnativo, si ci perde, in alcuni stati come il Missouri e l’Oklahoma le strade sono mal segnalate e le indicazioni sommarie, per non parlare delle grandi città dove è facilissimo perdersi, ma arrivati al molo di Santa Monica, si ha l’impressione di aver compiuto qualcosa di unico. Quello che seguirà non vuole assolutamente sostituire le utilissime guide turistiche, piuttosto è una lista di consigli, di tappe assolutamente da non mancare e di esperienze da vivere, che per noi hanno reso il viaggio indimenticabile.

Per raggiungere Chicago dall’aeroporto è comodissimo il treno metropolitano che in soli 45 minuti porta in centro. La nostra priorità è ovviamente la foto con il “Historic Route 66 Begin”, in Adams St, ma assolutamente da non perdere sono il Millenium Park, i caratteristici e divertenti locali della Old Town, epicentro della cultura hippy della Chicago anni ’60, Wrigleyville, dove ci siamo concessi un tour dello stadio dei Chicago Cubs e Boystown dove si riescono ancora a trovare locali autentici, fuori dai circuiti di massa.

In Illinois notiamo subito l’attaccamento a questo mito americano, ad ogni incrocio ci sono i cartelli stradali ed ogni vecchia attività vanta con orgoglio l’appartenenza alla Route 66. Utilissima la tappa al Museo di Joliet, dove una gentilissima signora ci ha fornito numerose cartine ed indicazioni che sono tornate estremamente utili durante il viaggio. A Wilmington se volete arrampicarvi su una scala e lasciare la vostra firma sul soffitto fermatevi a gustare un hamburger al Nelly’s. Assolutamente da non perdere Atlanta una incantevole cittadina dove Tommaso ha comprato un cd di musica dedicata alla Route 66 che ci ha fatto da colonna sonora per tutto il viaggio. In Missouri, come detto, abbiamo qualche difficoltà in più, ma tutti ci accolgono pieni di entusiasmo per la nostra avventura, in quasi ogni locale dove ci fermiamo ci fanno compilare il book dei viaggiatori, e ci chiedono come troviamo questi luoghi. Da ricordare assolutamente, come ben noto, la maglia per l’aria condizionata, estremamente bassa in tutti i locali, e l’abbondanza infinita dei piatti. Altra tappa da non mancare è Heatonville dove un simpatico, spero non me ne voglia, vecchietto, ci accoglie nel suo shop pieno zeppo di cianfrusaglie risalenti agli anni d’oro della Route, ci fa firmare il book e ci racconta la storia della sua vita, della moglie ormai defunta, dei nipoti, e di come le cose fossero diverse…morale spendiamo 70 dollari. Qui i paesi sono molto suggestivi, tutto trasuda aria della Mother Road.

Circondati dal paesaggio costellato di case curatissime, di una moltitudine infinita di chiese e pascoli dove mandrie brucano tranquillamente, entriamo in Kansas, dove i pochi km di Route sono stupendamente segnalati e sfruttati. In Oklahoma, uscendo da Miami, si ha la possibilità di percorrere il tratto più suggestivo della Strada Madre. In tutta questa zona le cittadine sono tranquille; ricordate solamente di cenare sul presto, intorno alle 21 tutti i ristoranti chiudono ed è difficile persino trovare qualcosa da bere. In Oklahoma il tratto di Route va abbastanza veloce, non ci sono più molte attrazioni, passiamo per diversi paesini come Bethany e Yukon dove ormai i segni della Route sono semplici case o pompe di benzina completamente abbandonate. Degni di nota El Reno, con i suoi murales, Clinton, dove facciamo una tappa veloce al museo dedicato alla Mother Road, mentre la cittadina western ricostruita a Elk City, ci sembra un po’… troppo. Degna di nota è Texola, una fantastica ghost town, al confine con il Texas, non mancate l’unico locale aperto il Water Hole, dove una deliziosa signora gestisce il market ed espone le sue opere d’arte. Anche qui si firma il book e la bandiera dello stato a cui si appartiene.

A questo punto varchiamo il tanto atteso confine con il Texas, tra sterminate pianure ed incredibili distese verdi, dove ogni strada che si incrocia è rigorosamente sterrata e tutti salutano amichevolmente. Passiamo le cittadine di Shamrock, con la sua “Tower Station”, Mc Lean ed Alanreed, con le loro stazioni di servizio, fino al serbatoio pendente di Groom. Visita e firma al Bug Ranch e via alla volta di Amarillo, dove vinti dalla stanchezza ci accontentiamo del turisticissimo Big Texas Ranch, ed annesso Motel. Purtroppo solo la mattina dopo abbiamo trovato ciò che cercavamo, il caratteristico 66 district, assolutamente da visitare. Al Cadillac Ranch le bombolette, a differenza della sua parodia, bisogna portarsele e mi raccomando di fate attenzione al fango. A Vega una simpaticissima Rory ci accoglie nel suo stupendo Saloon, il Boot Hill, dove mangiamo la bistecca più buona di tutto il viaggio. Pochi metri dopo al Dimes Tradenpost ci scateniamo con gli acquisti: una targa del Texas e uno strepitoso modellino di una Cadillac, questi negozi di antichità sono assolutamente una tappa obbligatoria. Ad Adrian sosta imperdibile al Midpoint Cafè e via verso la citta fantasma di Glenrio, che chiude l’avventura in Texas. Da qui non si può proseguire, la strada è chiusa, si torna indietro e si prende l’interstatale per entrare in New Mexico. Da fotografare velocemente Tucumcari ed il Blu Hole di Santa Rosa. Las Vegas, ci sembra molto carina, ma arriviamo sul presto, ed è ancora tutto chiuso, mentre troviamo estremamente turistica, troppo per noi, Santa Fe. Sinceramente restiamo un pochino delusi anche dai pueblo a nord della città. Da Santa Fe ad Albuquerque consigliamo vivamente il Turquoise Trail con le cittadine di Madrid, Cerrillos e Golden, che purtroppo noi ci siamo persi. Ci ripaga comunque il Silva’s Saloon a Bernalillo, gestito dalla stessa famiglia sin dal 1933. La proprietaria, facendoci firmare l’ormai canonico book, ci dice che siamo in assoluto i primi italiani mai passati nel locale e la cosa ci stupisce parecchio, il posto è strepitoso. A Gallup, dove al centro visitatori ci danno moltissime indicazioni sui murales e gli edifici storici della cittadina, entriamo in un pub del centro e troviamo moltissima gente ubriaca, l’impatto è decisamente triste, sono praticamente tutti nativi americani e di una certa età. Con un pizzico di amarezza partiamo attraverso km e km anzi miglia, nella pianura più sterminata che dal New Mexico ci porta in Arizona. La Route in questo tratto corre per la maggior parte sull’interstatale, ma incontriamo moltissimi gift shop indiani. A Chambers lasciamo la Mother Road per dirigerci a nord verso i parchi. Facciamo tappa all’Hubbell trading post di Ganado, quindi percorrendo le lunghe strade, che sembrano non finire mai, arriviamo al Canyon de Chelly.

Per chi come noi ha poco tempo, si ci deve accontentare del percorso con auto propria, tra l’altro completamente gratuito, fino alle Higt House; il Canyon vale sicuramente qualche ora in più, è veramente suggestivo. Hai punti panoramici ci sono diversi artigiani che vendono gadget di vario genere, da cui è molto conveniente acquistare. In tarda mattinata raggiungiamo la Monument Valley, dove optiamo per il molto poco inflazionato tour a cavallo, un’esperienza unica… solo noi due la guida ed il paesaggio da film, assolutamente diverso dalle file interminabili di fuoristrada che partono dal visitor center. Dopo altri faticosissimi km nel nulla, entriamo al Grand Canyon Park, è già tardi ma al primo lodge troviamo subito una stanza, nonostante siano i primi di agosto. Di prima mattina tour con le comodissime navette del parco, Il Canyon è infinito e l’emozione è tangibile, tanto che decidiamo di regalarci anche il giro in elicottero. Se avete la possibilità, vi consigliamo di prenotare l’elicottero, oltre allo sconto sul costo del biglietto, eviterete anche di dover aspettare ore per il tour.

Lasciamo questo posto straordinario e via alla volta di Williams, se avete bambini o vi sentiti comunque tali, è divertente il parco dedicato ai Flintstones di Bedrock City. Williams è un tributo alla Mother Road, un susseguirsi di Motel, Saloon, dinner e spettacoli dedicati al vecchio West, decisamente turistici, ma decisamente di impatto.

La cittadina di Flagstaff non ci entusiasma particolarmente, se non per il Museum Club, tappa storica sulla Route 66. Dalle spettacolari pinete attorno a Flagstaff, passiamo di nuovo ad immensi spazi desertici, con pianure brulle e strade dritte a perdita d’occhio. Un altro importante consiglio è di portare un repellente per gli insetti, le zanzare ci hanno divorati.

Arriviamo quindi a Las Vegas, il parco giochi del Nevada, qui la temperatura è decisamente alta e di giorno si sta in piscina o dentro i casino. Gli Outlet ci hanno delusi parecchio, ma i casinò sono assolutamente da visitare, per il lusso, lo sfarzo e la follia Americana. Per chi vuole cenare ai famosi buffet, ricordiamo che chiudono tutti molto presto, intorno alle 21:00 (pochi alle 22:00), tanto che noi abbiamo dovuto mangiare in un ristorante messicano. Naturalmente da mettere in preventivo un bel po’ di coda, noi al buffet di pranzo al Bellagio abbiamo dovuto aspettare quasi un’ora.

Allo Stratosfere si respira un’aria decisamente più giovanile rispetto agli altri lussuosi casinò. Per chi fosse interessato, al bar del casinò, dalle 19:00 alle 22:00 con 19.99 dollari c’è “all you can drink”.

Altra nota, non c’è suite che tenga, la stanza con vista sulle fontane del Bellagio è una esperienza unica.

Surreale è invece lo spettacolo che si apre ai nostri occhi arrivando nella Death Valley, il tutto condito dai 112 °F. Il problema lo abbiamo alla sera, mi raccomando chiedete sempre se tutte le strade sono percorribili, noi infatti troviamo la strada per San Bernardino chiusa, lo scherzo ci costa due ore di auto in più e la ricerca di un motel alle 22:30.

In California la Route 66 è di nuovo molto valorizzata e assolutamente da non mancare il The Iron Hog pub, ad Oro Grande, dove il simpatico proprietario ci racconta la storia del locale compiacendosi del fatto che proprio li siano state girate alcune scene di Easy Rider. A San Bernardino già si nota il cambio di realtà…ci stiamo avvicinando a Los Angeles, tutto è moderno ed è continuo susseguirsi di centri commerciali e Fast food. A Los Angeles il centro commerciale Hollywood & Highland da la possibilità con 4 euro di parcheggio, di scattare la classica foto alla Hollywood sign e di fare una passeggiata sulla Walk of fame. Il cartello che segnala fine della Route 66, l’“End of the Trail” è sul Molo di Santa Monica. Per quanto riguarda la Hyw 1 un consiglio è quello di prenotare quotidianamente i Motel, noi abbiamo dormito la prima sera in macchina, a Malibu, e la seconda sera nella bellissima Pismo Beach abbiamo speso, per un Motel decisamente spartano, 248 dollari.

Alle dune di Golena un ranger molto simpatico ci chiede, da prima se siamo francesi, poi ci chiede che viaggio stiamo facendo, e quando gli rispondiamo di avere fatto la Mother Road e di proseguire ora verso San Francisco, ci sorride e ci dice che abbiamo visto più stati Uniti di quelli che ha visto lui. Pismo Beach, benché costosa e turistica, è molto divertente, suonano in molti locali e c’è vita.

La Hyw 1 è veramente deliziosa, ci sono moltissimi punti panoramici e viste mozzafiato. I paesini sono estremamente carini, tutti con il loro molo e le bellissime spiagge, anche se il mare non è proprio quello di Baywatch. Per chi fosse interessato a visitare Hearst Castle è consigliabile la prenotazione, è veramente molto affollato in questo periodo dell’anno. Ci fermiamo quindi a goderci lo spettacolo dei leoni marini ad Elephant Seals e la splendida sabbia viola della Pfeiffer beach.

Ho letto che su Big Sure è stato speso molto inchiostro, posso dire che lo vale tutto. Da gustare doverosamente l’ottima zuppa di vongole.

A Santa Cruz passiamo la giornata nel luna Park sulla spiaggia, ideale per una giornata di relax.

Ano Nuevo state park ha bellissime passeggiate, purtroppo però i leoni marini in questo periodo dell’anno sono veramente pochi e li si possono vedere, più che altro sentire, solo in lontananza.

San Francisco è effettivamente stupenda, e decisamente fredda. Noi abbiamo optato per il bus Hop on Hop off, molto comodo, ma Il cabs-car è una esperienza a cui non si può rinunciare, nonostante l’interminabile coda (è consigliabile non salire ai capolinea e optare per una corsa serale). Lombard St, pur essendo solo una strada è da brivido, così come i divertentissimi quartieri di Castro ed Haight St dove si susseguono locali e negozi vintage. Ultimo consiglio è di perlustrare ogni angolo di questa splendida città, dove ancora si possono trovare vecchi locali clandestini e bohemien, che regalano un’atmosfera assolutamente unica.



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