California e grandi parchi

Salve a tutti i turisti per caso. Anche quest’anno ho preso i miei appunti di viaggio un po’ per fermare ricordi che col tempo svanirebbero e un po’ per aiutare chi come me cerca sempre informazioni e consigli prima di partire. Biglietto aereo: Milano-Francoforte-Los Angeles acquistato a maggio a 630 Euro Giorni:16 Km totali: 5.500 Auto:...
Scritto da: Elisabetta73
california e grandi parchi
Partenza il: 16/07/2004
Ritorno il: 31/07/2004
Viaggiatori: fino a 6
Spesa: 2000 €
Salve a tutti i turisti per caso. Anche quest’anno ho preso i miei appunti di viaggio un po’ per fermare ricordi che col tempo svanirebbero e un po’ per aiutare chi come me cerca sempre informazioni e consigli prima di partire. Biglietto aereo: Milano-Francoforte-Los Angeles acquistato a maggio a 630 Euro Giorni:16 Km totali: 5.500 Auto: noleggiata sul sito Hertz dall’Italia a 730usd Spesa complessiva (incluso biglietto, auto, pernottamenti generalmente in motel, pasti, ingressi parchi): 1600 Euro/persona 16/7 Milano – Los Angeles dopo un viaggio di quasi un giorno (partenza da casa il 15 sera, notte a Malpensa con un paio d’ore di sonno e 4 ore di attesa a Francoforte) finalmente arriviamo a Los Angeles nel pomeriggio e passato il controllo (molto più noioso a Francoforte, qui ci fanno solo qualche domanda quando presentiamo il foglio verde) ci rendiamo conto che siamo proprio negli States! Basta mettere il naso fuori e guardarsi intorno per capire che abbiamo cambiato continente.

Visto il tempo che ci vuole a fare mente locale, ritirare l’auto alla Hertz e trovare l’albergo abbiamo fatto bene a fermarci qui la prima notte, non saremmo stati in grado di andare molto lontano. Giusto il tempo per una doccia e un boccone in un ristorante dietro l’angolo e poi subito a nanna per farci una bella dormita e iniziare l’avventura…

Howard Johnson Hotel Airport (51 usd – i prezzi sono tutti a camera doppia e includono le tasse) 17/7 Los Angeles – Santa Barbara – Solvang – Monterey 680 km la sveglia stamani non serve, grazie al jet lag ci svegliamo alle 6. Usciamo subito da Los Angeles visto che quello che abbiamo letto e sentito non ci ha entusiasmato e decidiamo di dedicargli gli ultimi giorni se abbiamo tempo. Quindi partiamo alla volta di San Francisco ma visto che non è proprio dietro l’angolo ed è la prima tappa ce la prendiamo comoda. Smaltita la stanchezza del viaggio l’euforia comincia a farsi sentire, quindi presa confidenza con la nostra Toyota Camdy (soprattutto con cambio e limitatore) siamo veramente pronti per l’avventura, accendiamo la radio e come per magia le note di Hotel California ci danno il benvenuto negli States.

Seguiamo la costa da Santa Monica a Santa Barbara e almeno io rimango un po’ delusa da queste spiagge tanto famose così deserte, eppure è sabato! Proseguiamo verso l’interno e ci fermiamo per un boccone a Solvang, ricostruzione fedele di un paesino danese. La temperatura rispetto alla costa è aumentata notevolmente e rende il tutto ancora più strano: siamo negli US in uno scenario nordeuropeo e con temperature tropicali…! E’ un po’ troppo, quindi riprendiamo la interstate che porta a San Francisco e attraversa paesaggi bellissimi di ogni tipo, da distese di frutteti a colline coperte da vigneti, da vallate con pascoli a deserti di rocce rossastre. Arriviamo nel pomeriggio a Monterey, cerchiamo l’albergo e facciamo due passi prima di cena. Per quello che riusciamo a vedere il paese è carino, unico neo la temperatura, direi che fa abbastanza fresco, e la sera la felpa fa proprio comodo…

Vagabond Motel (77 usd) troppo caro per quello che offre 18/7 Monterey – 17 mile Drive – Carmel – San Francisco 270 km ci alziamo di prima mattina (costante di tutto il viaggio perché con le distanze da fare tutti i giorni non abbiamo scelta e poi la sera non è che facciamo le ore piccole…) e prendiamo la 17 mile drive che ci fa fare il giro della penisola di Monterey, un’oasi naturale abitata da foche, leoni marini, molte specie di uccelli, cerbiatti e anche da tanti ricconi a giudicare dai campi da golf e dalle ville di politici e artisti (la definizione villa non rende bene l’idea…) Lasciando la penisola passiamo da Carmel famosa per l’ex sindaco Clint Eastwood, di per sé solo una bella zona residenziale. Non a caso mi dicono che queste due cittadine sono prime in classifica sulla costa occidentale per quanto riguarda il prezzo al mq. Degli immobili.

La meta del giorno è San Francisco, ci arriviamo nel primo pomeriggio e ci immergiamo per la prima volta nell’atmosfera di una metropoli americana (a Los Angeles non siamo usciti dalla zona aeroporto) La sensazione è spettacolare, improvvisamente sembra di essere catapultati in un telefilm e di girare in compagnia di Michael Douglas. Per fortuna è domenica e non c’è molto traffico quindi ci spostiamo bene da un punto panoramico all’altro: da Telegraph Hill ci godiamo la visuale su tutta la baia, dal Golden Gate al Bay Bridge, poi ci facciamo un giro del centro per arrivare al Golden Gate che fino ad ora è rimasto avvolto nelle nuvole. Lo attraversiamo e ci fermiamo un po’ su Angel Island poi torniamo in centro per cercare l’albergo già prenotato da casa. Dopo una bella doccia facciamo un giro a piedi a Chinatown e in centro e ceniamo in un locale molto americano stile Happy Days con tanto di divani rosso lucido, juke box e un’auto anni ‘60. Chiudiamo la giornata con giro panoramico della città in notturna. Col buio il centro si è riempito di barboni che non sembrano pericolosi, ma noi che viviamo in città di provincia non siamo abituati a queste scene mentre gli abitanti della città non ci fanno assolutamente caso. Metropolis Hotel (72 usd) camera grande e molto ben arredata

19/7 San Francisco – Groveland 240 km Dopo una bella colazione con tanto di cappuccino italiano, ci facciamo un giro sui famosi cable car fino al Fisherman’s Wharf, passiamo tutta la mattinata tra i negozi di souvenir e i pier e mangiamo a un baracchino una bella dose di pesci e gamberi fritti. Il panorama sulla baia e sulla città è bellissimo e il tempo è dalla nostra, splende il sole ma l’aria non è caldissima. Nel primo pomeriggio ci rifacciamo tutto il percorso fino all’albergo in cable car, ci riprendiamo i bagagli e a malincuore lasciamo SF.

Tutto quello che avevo letto su questa città è sicuramente vero: è bellissima e particolare, dal punto di vista architettonico combina la metropoli americana con la città europea e gli abitanti sono gentilissimi (ma questa si rivelerà una costante di tutti i posti che abbiamo visto). Il clima è strano, fa un po’ freddo per essere in estate, ma per chi come noi deve camminare tutto il giorno è l’ideale. La metà di oggi è avvicinarci allo Yosemite. Nonostante non sia una delle tappe più lunghe in programma è sicuramente una delle più varie: lasciata la metropoli e il mare ci troviamo su una strada che passa dritta in mezzo a frutteti e campi immensi di mandorli (ho provato ad immaginare lo spettacolo quando sono in fiore…), poi inizia a salire e il panorama diventa simile a quello delle colline toscane e infine diventa montagna. L’intenzione è fermarsi nell’ultimo paesino prima dell’entrata del parco, ma è già tardi (sono le 19.30 e in questi posti cenare tardi è difficile!) e dobbiamo ancora cercare un albergo, così ci fermiamo al primo motel che troviamo sulla strada a Big Oak Flat, un posticino sperso nel nulla con qualche bungalow prefabbricato e una piscina. Ci accoglie un omone uguale allo zio Jessie di Hazzard con tanto di tuta di jeans e ci porta alla nostra roulotte con due camere un bagno e un cucinotto. Non è sicuramente tra le sistemazioni più carine che abbiamo trovato, ma non ricordo di aver mai visto un cielo così pieno di stelle! Per cena ci facciamo la solita bistecca (che sta diventando un appuntamento giornaliero) in un saloon a Groveland.

La metropoli è a soli 200 km ma sembra lontana anni luce da questo posto. Prima di andare a letto ce ne stiamo in questo angolo sperduto di mondo col naso all’insù almeno un’ora a respirare il silenzio.

Old Priest Station (100 usd in 4) la pulizia lascia a desiderare ma il posto è bellissimo 20/7 Yosemite – Tioga Pass – Mammoth Lake – Lone Pine 410 km Partiamo di buon ora per attraversare il parco, in realtà non ci aspettiamo un gran che da questa zona. In effetti il paesaggio non ci è nuovo si avvicina un po’ a quello dolomitico: rocce bianche, laghetti e cascate. Degli orsi nemmeno l’ombra, tranne quelli imbalsamati nei locali. Attraversiamo tutto il parco fermandoci solo per fare il sentiero che porta al bosco di sequoie (ve lo consiglio, questi alberi ti fanno sentire un microbo!) e usciamo dal Tioga Pass. Stiamo scendendo dai 3000 m verso la zona deserta della Death Valley, quindi da domani la temperatura non sarà più così mite. Il paesaggio man mano che scendiamo diventa sempre più arido e della ricca vegetazione restano solo cespugli bassi. Arriviamo a Lone Pine verso le 19 e fa un gran caldo, cerchiamo un motel con piscina (poco più di una vasca da bagno, ma meglio di niente!) e ci facciamo un tuffo prima di cena. Questo paesino è molto caratteristico, sembra uscito da un film western, si snoda lungo un’unica strada polverosa con due file di edifici di legno e diversi ristoranti, ed è tappa obbligata per chi come noi proviene da nord e va verso la Death Valley o il Sequoia Nat. Park. Trails Motel (53 usd) stanza spaziosa e pulita con frigo e aria condizionata 21/7 Lone Pine – Death Valley – Las Vegas 460 km Oggi il programma inizia dalla Death Valley, una delle tappe che aspetto con ansia. Ci alziamo presto per arrivare alla valle a un’ora decente ed evitare di attraversare i punti panoramici nelle ore più calde. Subito dopo Lone Pine prendiamo una di quelle strade talmente dritte che sembrano non avere un inizio e una fine, e attraversiamo un’immensa pianura semidesertica coperta di cespugli e saline con ratti canguro che sbucano ogni tanto. Davanti a noi di avvicina sempre di più la Sierra Nevada ed è lì che questa strada sembra infrangersi. Invece inizia a arrampicarsi tra le montagne per poi scendere nel deserto più assoluto, un paesaggio del tutto inospitale fatto dapprima solo di una distesa rocciosa poi di dune di sabbia. Attraversiamo la pianura sotto il sole cocente (siamo sopra i 40°) e scendiamo ogni tanto giusto per scattare velocemente le foto. Poi iniziamo a salire verso Zebrieske Point e Dante’s View, due punti panoramici assolutamente imperdibili per la bellezza del panorama che offrono ma soprattutto per le sensazioni che si provano. Dante’s View si affaccia dai suoi 1600m sul bacino di Badwater che è il punto più basso del nord America (86m sotto il livello del mare) Non perdetevi questo punto panoramico per nessun motivo, riuscirete a stare qualche minuto nel silenzio più assoluto, un silenzio impressionante e assordante a cui non siamo abituati. Dall’alto ci si affaccia su una distesa che di umano non ha proprio niente (nome azzeccatissimo), è come ritrovarsi d’improvviso catapultati su un altro pianeta e io mi sono sentita piccolissima e mi sono ritrovata a trattenere il respiro per paura di disturbare quel silenzio. E’ stata sicuramente una sensazione indimenticabile e sto ancora cercando di immaginare come può essere lo spettacolo al tramonto… Purtroppo dobbiamo lasciare troppo presto questo luogo incantato perché scesi nuovamente a valle la temperatura è diventata insopportabile, sembra di stare in un formo. Così puntiamo dritti su Las Vegas dove arriviamo verso le 6. Non so dirvi che delusione! Il primo impatto è tremendo per una serie di motivi: il caldo che ci ha perseguitato tutto il giorno qui è diventato terribile (siamo a 50.5 °C) e il caos sulle strade è ancora peggio, ma soprattutto arriviamo qui dal regno del silenzio, come può non venirmi un gran mal di testa!?! Siamo passati dal silenzio assoluto al caos, dal niente all’eccesso di tutto, dal regno incontaminato della natura a quello artificiale dell’uomo. Comunque trovato l’albergo ci mettiamo a molle in piscina e piano piano ci caliamo in questa dimensione del tutto particolare. Appena cala il sole iniziamo il giro sulla Strip, anche se la temperatura non scende sotto i 45°, e ci buttiamo nel mondo della finzione, mangiamo al buffet dell’Excalibur e entriamo in quasi tutti gli alberghi. Guardiamo qualche spettacolo e ci facciamo tanti di quei km che non sento più i piedi, così dopo aver giocato un’ora con un dollaro alle slot chiudiamo qui questa giornata così faticosa e particolare.

L’aggettivo che userei per definire Las Vegas è senza dubbio SCIOCCANTE, al di là del senso positivo o negativo che ognuno può attribuire al termine è indiscutibile che questo posto provoca in chiunque uno shock, va talmente al di là di quello che può aspettarsi anche la più fervida immaginazione…È impossibile descriverlo, forse è più facile giudicarlo ma non senza averci passato una notte.

Hotel San Remo (64 usd) 22/7 Las Vegas – Zion Nat. Park – Bryce Canyon – Panguitch 460 km Lasciamo la città del divertimento e nella giungla di macchinette nella hall riesco a riconoscere personaggi già visti ieri sera…Che tristezza… Ma oggi torniamo alla natura e iniziamo la serie di canyon in programma. Il pezzo forte della giornata è il Bryce, dai commenti una delle meraviglie americane. Entriamo nello Utah e attraversiamo lo Zion National Park che non è niente di particolare ma è tappa obbligata perché la strada per arrivare al Bryce ci passa in mezzo.

Poco prima del Bryce ci fermiamo in un bar sulla strada e ci mangiamo il miglior hamburger con patatine di tutta la vacanza anche se non possiamo bere birra in questo stato (contraddizioni americane…) Dopo lo Zion dove il paesaggio è quasi alpino, ora si stanno avvicinando montagne rosse e imponenti, attraversiamo il Red Canyon e poi saliamo verso il Bryce. Attraversiamo dei boschi cercando di scorgere qualcosa, ma tutto sembra volerci nascondere fino alla fine lo spettacolo. Infatti solo dopo essere scesi dalla macchina e raggiunto il bordo del canyon si spalanca sotto di noi una scena da brividi: una distesa immensa di guglie e pinnacoli con colori che sfumano dal bianco al rosso e cambiano a seconda della nostra posizione e col passare delle ore. Percorriamo tutto il sentiero lungo il rim e da ogni punto panoramico il paesaggio assume caratteristiche diverse a seconda della conformazione delle rocce, dell’inclinazione della luce e dell’altezza dell’osservatore. L’effetto della luce è sorprendente, a distanza di due ore col sole che si abbassa il rosso si accentua e le ombre si allungano e sembra di essere davanti a un’opera di un incisore, e pensare che gli elementi della natura hanno fatto tutto questo…Le foto si sprecano, anche se nessuna sarà mai in grado di ridarci la grandezza di questo spettacolo.

Qui è facile perdere la cognizione del tempo, ci accorgiamo che è già passata qualche ora e purtroppo dobbiamo lasciare anche questo posto da favola.

Decidiamo di arrivare fino a Panguitch, anche perché siamo in mezzo al nulla, e troviamo posto in un motel gestito da cinesi alla bellezza di 60 usd per due camere. Questo paesino si trova all’incrocio di due strade e si gira in 5 minuti, comunque c’è qualche negozio e perfino un campo da baseball. Per la cena troviamo un posticino in perfetto stile country (Cowboy’s Smokehouse) dove mangiamo molto bene accompagnati da una cantante veramente brava e lasciamo il biglietto da visita con firme e data attaccato alla parete già piena di bigliettini di tutti i tipi a testimoniare che anche noi siamo passati da questo angolino di mondo…! Bryce Ways Motel (30 usd) camera piccola ma tutto sommato decente 23/7 Panguich – Arches Park – Moab 450 km Anche oggi la temperatura non è delle più fresche (diciamo così…), ci mettiamo sulla strada verso Moab e ci arriviamo verso mezzogiorno, così decidiamo di non entrare subito nell’Arches Park visto che la visita prevede anche qualche sentiero. Troviamo subito due camere in un motel con piscina che da queste parti fa un gran comodo quando si rientra la sera (quindi consiglio vivamente di non sottovalutare anche i formati vasca da bagno) e poi ci fermiamo a mangiare qualcosa per passare al fresco un paio di ore. Moab è uno dei paesi più grandi in cui ci siamo fermati, ci sono parecchi motel e ristoranti e l’ingresso del parco è a un paio di km. Finalmente entriamo nel parco e scegliamo un paio di sentieri, il primo ci porta nel punto panoramico in cui si ammira il Rainbow Arch e il secondo al Landscape Arch. Per fortuna appena iniziamo questo secondo sentiero il cielo diventa grigio e ci fa respirare un po’ perché col sole sarebbe stata molto dura…Prima di uscire ci fermiamo agli altri punti panoramici per scattare qualche foto a North and South Windows e Double Arch. Anche questo parco è sorprendente, sicuramente ha un minore impatto emotivo rispetto al Bryce ma pensare che queste formazioni rocciose sono state create della natura ha un non so che di misterioso.

Tornati al motel ci rilassiamo mezz’ora in piscina e ceniamo a Moab Inca Inn (55 usd) camera grande ben attrezzata e piscina 24/7 Moab – Dead Horse Point – Canyonland: Island in the sky – Monument Valley – Kayenta 550 km Vicino a Moab c’è anche l’ingresso di altri due parchi: Dead Horse Point e Canyonlands (l’area chiamata Island in the Sky) così prima di scendere verso l’Arizona decidiamo di passare qui un’altra giornata. Il primo parco non rientra nel pass quindi paghiamo l’ingresso. Il panorama sui canyon e il Green River è spettacolare, è una distesa che va oltre l’orizzonte e sembra non avere fine; le pareti del rim sotto i nostri piedi non sono certo adatte a chi soffre di vertigini! E’ qui che sono state girate scene di Thelma e Louise e soprattutto Mission Impossible (l’arrampicata sulla parete verticale che apre il film) Il secondo parco riassume un po’ tutto quello che abbiamo visto fino a ora (tranne ovviamente l’ineguagliabile spettacolo al Bryce): canyon immensi e archi meno spettacolari di quelli visti ieri, forse è per questo che non ci colpisce più di tanto. Quindi almeno io non me ne vado a malincuore anche perché la meta di oggi è niente meno che la Monument Valley. Ci facciamo una bella tappa di trasferimento e attraversiamo solo deserto, pianure e pochi paesi e solo verso le sei cominciamo a intravedere la Monument. Il tempo come tutti i pomeriggi è peggiorato, ma qui i nuvoloni neri minacciano proprio un bel temporale. Intanto stiamo percorrendo una strada che attraversa la valle e ora i ‘monumenti’ ci circondano, impressionanti le dimensioni, forse anche per il cielo nero e la luce che va e viene. A un certo punto sembra di essere in un film: siamo su questa strada dritta, la valle e le rocce hanno dimensioni esagerate, il cielo è nerissimo e minaccioso, davanti a noi in lontananza tuoni e fulmini, poi improvvisamente alle spalle si alza una tempesta di sabbia che confonde tutto. Ormai abbandoniamo l’idea di entrare nel Navajo Tribal Park e puntiamo verso Kayenta dove arriviamo giusto in tempo per beccarci finalmente il temporale. Già il posto è triste, si trova sull’incrocio di due interstate in mezzo al nulla, poi con la strada allagata e il buio è proprio desolante. Aspettiamo che la situazione migliori e cerchiamo un albergo, ce ne sono due e chiedono sui 130 usd a camera, ma ci dicono che ce n’è uno a qualche miglio gestito dagli indiani. Decidiamo di dare un’occhiata, il posto è bruttino e le camere non sono un gran che ma c’è anche il ristorante così ci fermiamo. Avevo sentito che gli indiani non riscuotono in genere molto successo con i turisti, sicuramente non si possono definire molto cortesi ma a noi non sono capitati episodi particolari. L’impressione che mi hanno lasciato è abbastanza triste, l’espressione dei volti è dura e difficilmente li vedi ridere, non dicono mai una parola in più, ma sicuramente la loro storia è una spiegazione valida a tutto questo.

Visto che il posto non offre veramente niente ceniamo e andiamo a letto perché oggi siamo cotti, il ritmo frenetico di questa settimana comincia a farsi sentire, ma con una bella dormita ci ricarichiamo sempre.

Anasazi Inn (70 usd) 25/7 Monument Valley – Grand Canyon – Tusayan 400 km Approfittando della serata scarsa partiamo presto per la visita alla Monument. Il percorso su strada sterrata dura due-tre ore a seconda delle soste. Siamo proprio in mezzo a quei famosissimi paesaggi dei film western, mancano gli indiani a cavallo e il quadro è completo… anche qui le foto si sprecano (tra foto normali e digitali siamo già ad alta quota, e spesso rimpiango di non avere la telecamera!) peccato che anche le più belle non riusciranno a rendere i miliardi di colori e sfumature che abbiamo visto, ma almeno ci faranno ricordare le sensazioni che abbiamo provato, spiegarle sarà impossibile. Ancora una volta siamo di fronte a quella vastità dei paesaggi americani di cui avevo sentito parlare ma era impossibile pensare a tanto perché sono dimensioni che non rientrano nel nostro immaginario.

Prima di lasciare la riserva ci fermiamo al mercatino indiano e compriamo qualche regalino, poi ci mettiamo in marcia verso l’altra attesissima tappa: il Grand Canyon.

Arriviamo nel primo pomeriggio e entriamo dal lato orientale costeggiando quindi il south rim per qualche miglio. Il bosco nasconde la vista sul canyon e la visuale si apre solo quando arriviamo ai punti di osservazione. Se dovessi scegliere qualche aggettivo direi che lo spettacolo è maestoso, imponente e unico, tuttavia personalmente sono rimasta molto più affascinata dal Bryce o la Death Valley forse perché sono sicuramente meno famosi e quindi creano meno aspettative, mentre vedere il grand canyon guardando la tv non è impossibile e l’immagine è più familiare. Come al solito il tempo è andato peggiorando e appena arriviamo a Tusayan e troviamo il motel inizia a piovere, quindi dobbiamo rinunciare all’idea di tornare al canyon al tramonto. Ceniamo a base di ottima carne in un saloon molto caratteristico e facciamo due passi.

7 Miles Lodge (72 usd) camera grandissima e pulita 26/7 Tusayan – Slide Rock – Oak Creek – Sedona – Yuma 670 km Approfittando del fatto che siamo solo a due km dal canyon e splende il sole, prima di lasciare questa parte di mondo facciamo un salto sul rim per fare ancora qualche foto e in effetti lo spettacolo non è niente male. Poi partiamo direzione sud per una tappa lunga: il programma è arrivare a Yuma stasera per essere a San Diego domani. Lungo la strada passiamo nel Oak Creek canyon e ci fermiamo incuriositi allo Slide Rock park che è semplicemente una zona attrezzata lungo il fiume Oak Creek caratterizzata dalle rocce lisce che fanno da scivolo. Decidiamo di fare un bagno perché il posto è veramente carino anche se l’acqua sembra gelida, ma vinto il primo impatto direi che ne è valsa sicuramente la pena. Passiamo il resto della giornata in macchina dopo una sosta a Sedona per il pranzo. Andando verso sud il clima e il paesaggio diventano sempre più aridi, passiamo da Phoenix e poi rientriamo in California e costeggiamo il confine col Messico fino a Yuma. La strada passa proprio a fianco della linea di filo spinato al di là del quale ci sono solo le casette dei soldati di guardia e le dune del deserto. Arriviamo a Yuma nel tardo pomeriggio e la temperatura non accenna a scendere sotto i 40, quindi bagno in piscina (stavolta nemmeno tanto piccola) al tramonto e cena a Pizza Hut. Torch Lite Lodge (32 usd) nella media

27/7 Yuma – San Diego 360 km Arriviamo a San Diego in mattinata, cerchiamo per prima cosa l’albergo per avere la giornata a disposizione poi facciamo un giro sul lungomare e decidiamo di concederci mezza giornata di riposo sulla spiaggia. Finalmente abbiamo trovato la spiaggia dei telefilm, quella piena di gente, con i veri baywatch, le jeep rosse e le moto d’acqua, l’atmosfera qui è molto più allegra forse perché la presenza significativa di messicani la rende molto più latina e vicina a noi. L’acqua dell’oceano non è molto invitante quindi niente bagno. In compenso ci facciamo una passeggiata sul lungomare e la zona sembra proprio una delle migliori a giudicare dalle ville. Dopo una bella doccia in albergo ci spostiamo in centro, ceniamo nel famoso centro commerciale all’aperto e facciamo un giro. Abbiamo la conferma che l’atmosfera è decisamente più movimentata in questa città: le strade sono piene di ristoranti (molti dei quali italiani e di ottimo livello) e locali con musica dal vivo pieni di giovani. Molti stanno seguendo una partita di baseball in TV, chiedo spiegazioni e mi dicono che si tratta delle squadre di San Diego e San Francisco che giocano nello stadio a due isolati di distanza. Non perdiamo tempo ma arriviamo allo stadio subito dopo la fine della partita, troppo tardi per poter entrare, che peccato! Inn Mission Bay (87 usd) 28/7 San Diego – Long Beach 280 km oggi finiamo di vedere la città. Passiamo la mattina alla missione cioè la città vecchia fondata dai messicani, molto caratteristica, poi facciamo un giro panoramico in macchina. Sul lungomare ci fermiamo a vedere il veliero del film Master & Commander e una portaerei immensa parcheggiati nel porto. Poi ci spostiamo su Coronado Island da dove si ha una splendida vista sulla skyline della città e dove si può ammirare il famoso Hotel del Coronado dov’è stato girato ‘A qualcuno piace caldo’. Infine facciamo il giro della laguna adibita per la maggior parte a campo di addestramento per i marines e salutiamo anche San Diego. Lungo la interstate 5 poco prima della periferia di LA troviamo il centro commerciale Citadel Outlets e visto che siamo alla fine del viaggio ci concediamo qualche regalino a prezzi decisamente convenienti.

Per essere a LA domattina ci avviciniamo e passiamo la notte a Palm Beach, un posto davvero poco raccomandabile di sera, probabilmente totalmente diverso il giorno, con pochi locali, alberghi bruttini, poca gente in giro e negozianti chiusi in box con vetri doppi. Travelodge Motel (60 usd) camera spaziosa 29/7 Los Angeles – Universal Studios 60 km visto che girare per Los Angeles dopo tutto quello che abbiamo visto non è per niente entusiasmante, per passare la giornata scegliamo come meta gli Studios. Arriviamo a Hollywood in mattinata e cerchiamo l’albergo così stasera non dobbiamo correre. Poi entriamo nel mondo dei set e al contrario di ogni aspettativa passiamo una giornata divertente in un mondo tutto particolare. Facciamo il classico giro turistico nella zona dei set cinematografici e poi ci dedichiamo ai giochi, tra le attrazioni più divertenti consiglio Terminator, Jurassic Park e il nuovissimo The Mummy (per chi vuole smettere di respirare e urlare per un paio di minuti che sembrano un’eternità) abbiamo concluso con cena a un ristorante messicano e poi siamo andati a nanna per l’ultima volta sul suolo americano…Sigh! 30/7 – 31/7 Hollywood – Beverly Hills – LAX – Milano 80 km siamo agli sgoccioli, oggi dobbiamo trovare il modo di passare l’ultima mezza giornata qui prima di andare in aeroporto. E ‘ dura perché la tristezza è già nell’aria e qui non c’è rimasto molto da fare. Ci facciamo un giro per Hollywood Boulevard tra le stelle e le impronte al Chinese Theater, poi prendiamo la macchina e facciamo un salto nel punto in cui si vede la famosissima scritta sulla collina (tappa obbligatoria giusto per dire l’ho vista anch’io…). Facciamo un giro tra le ville di Beverly Hills e poi seguiamo il Sunset Boulevard verso il mare. Ci fermiamo per un boccone e nel primo pomeriggio ci dirigiamo verso Santa Monica e poi all’aeroporto. Se c’è una cosa che odio è l’attesa all’aeroporto prima del viaggio di ritorno…Non passa mai il tempo mentre cerchi di afferrare gli ultimi dettagli, comprare le ultime cose per finire gli spiccioli e provare a fissare nella mente episodi che col tempo si perderanno sicuramente. Comunque alla fine partiamo, il viaggio è un po’ più movimentato dell’andata ma niente di grave e per fortuna questa volta a Francoforte abbiamo solo un’ora per la coincidenza. Arriviamo a casa verso l’una di notte ma nonostante la stanchezza ci addormentiamo verso le 4 di mattina, il jet lag ha colpito ancora.

CONSIGLI PRATICI – Il satellitare è molto utile soprattutto nelle città, chiedete la differenza di prezzo sul noleggio e valutate. Le indicazioni stradali sono in generale ottime anche nelle grandi città e a differenza di quanto si possa pensare appena imboccata una grande arteria a 5 corsie per senso di marcia, trovare l’uscita giusta è più facile di quel che sembra. – Per il cibo rassegnatevi: è impossibile fare un pasto che non sia a base di carne, in molti posti ne vale la pena (soprattutto nei paesini sperduti), nelle città è più difficile scegliere perché si passa dal fast food ai ristoranti sicuramente buoni ma cari. Tutto dipende dal budget a disposizione. Personalmente ho avuto più problemi con le bevande perché riuscire a trovare bibite non gassate o dolci non è proprio facile e l’acqua naturale esiste solo al gusto di cloro (mi sono salvata con gatorade, tè e birra) – Ricordate di prendere sempre nei supermercati o negli uffici di turismo i giornalini con gli sconti per i motel perché a noi li hanno sempre accettati (tranne venerdì e sabato ma è sempre specificato) e si risparmia parecchio.

– Nella pianificazione dell’itinerario tenete presente che conviene essere nelle grandi città nei week-end per evitare il traffico caotico dei pendolari e girare più tranquilli, e prenotando l’albergo un po’ prima su internet evitate le tariffe più alte dei giorni festivi. Per Las Vegas invece il week end è sconsigliato per la confusione incredibile e perché tutti gli alberghi raddoppiano le tariffe.

– Se siete amanti dei percorsi trekking l’estate non è la stagione più adatta per visitare i parchi (a parte lo Yosemite) perché il caldo è secco e quindi sopportabile, ma il sole cuoce letteralmente la testa e a parte all’alba e al tramonto è impossibile fare tanti km. – L’itinerario che abbiamo studiato noi è fattibile in 15 giorni ma il ritmo è sostenuto (non abbiamo dormito due notti nello stesso posto!) La prima settimana è passata bene, la seconda abbiamo iniziato a sentire la stanchezza, ma se da un lato cambiare zona tutti i giorni (e quindi farsi un bel tot di km) non è riposante, dall’altro è sicuramente un grosso stimolo e non si ha mai il tempo di annoiarsi. Consiglio vivamente a tutti un viaggio fai da te alla conquista del west, se avete bisogno di altri dettagli scrivetemi BUON VIAGGIO carrara.Elisabetta@libero.It



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