Un week end a New York

9 Marzo 2001, Manhattan, New York. Andare a New York per due giorni e' mezzo e' sicuramente una pazzia, ma quando Gabriele ci ha chiesto di accompagnarlo per rivedere la sua amata Eleonora, che ora lavora negli States, non abbiamo resistito. Carla ci tornava dopo dieci anni, per me era la prima volta, e se anche fosse stato per mezza giornata,...
un week end a new york
Partenza il: 09/03/2001
Ritorno il: 11/03/2001
Viaggiatori: fino a 6
Spesa: 1000 €
9 Marzo 2001, Manhattan, New York. Andare a New York per due giorni e’ mezzo e’ sicuramente una pazzia, ma quando Gabriele ci ha chiesto di accompagnarlo per rivedere la sua amata Eleonora, che ora lavora negli States, non abbiamo resistito. Carla ci tornava dopo dieci anni, per me era la prima volta, e se anche fosse stato per mezza giornata, sarei partito. Cosi’, scovato un volo low fare (a marzo, se non ce’ la Pasqua, si paga pochissimo) siamo partiti venerdi 9 marzo alla volta di New York, via Bruxelles. Siamo giunti nel primo pomeriggio (per il fuso abbiamo guadagnato 6 ore) e trovata Eleonora, ci siamo subito portati a Manhattan. Fa uno strano effetto, New York. Anche se non ci mai stato. Non ti sembra una citta’ sconosciuta… Si, questo e’ il parco dove E. Murphy fa il monco in “Una poltrona per due”, questo e’ il set di “Una colazione da Tiffany”, qui… Insomma, ogni angolo sembra un “deja-vu”… Inoltre, Carla si sorprende moltissimo perche’ e’ non solo pulita, ma da l’ idea (impensabile dieci anni fa) di una citta’ “sicura”: niente “homeless”, vagabondi o facce poco raccomandabili. Inoltre, lo stereotipo di americano obeso qui non esiste: sono (nella media) abbastanza in forma. Abbiamo alloggio nei pressi del “ferro da stiro”, sulla 25ma Ovest angolo Quinta e Broadway, a meta’ strada fra il Central Park e le torri gemelle (il World Trade Center) e, scaricati i bagagli, decidiamo di fare due passi sulla Quinta strada. Cosi’, passiamo molto tempo dentro un negozio di abbigliamento molto “trend” (che da noi non ha ancora aperto i battenti), poi una doverosa visita ai “vitamin shoppe” dove facciamo, anche qui, acquisti. Fa freddo, ma la giornata e’ incantevole, e alla faccia delle previsioni pessimistiche (parlavano di mezzo metro di neve) non sono caduti che una decina di centimetri di neve, subito sciolta (mercoledi). Cosi’, verso sera, stanchi un po’ del viaggio, un po’ della passeggiata ci infiliamo un ristorante (Heartland Brewery, in Union Square) a mangiare. Bisteccona, naturalmente. Alla newyorkese, con il pomodoro. 4 etti di carne, tenerissima e saporitissima (ma carissima). Alla faccia della Mucca Pazza europea! Ritornando verso l’ alloggio, confermiamo l’ impressione di citta’ sicura (rimane il dubbio di DOVE siano gli homeless, vagabondi ecc., visto che anche il Bronx e Harlem sembra siano stati “risanati”) 10 marzo 2001, Manhattan, New York. Ci svegliamo di prima mattina, per assaporare in toto questo week-end americano. La colazione la consumiamo in un posto che sa molto di fritto, ma i “bagels” (ciambelle newyorkesi imbottite o di formaggio o di crema) sono eccellenti, cosi’ come il mezzo litro di caffe’ che il latte rende delizioso…

Oggi puntiamo ai luoghi classici, newyorkesi: il Madison Square Garden, dove giocano i Knicks (tutto esaurito, pero’, per la partitissima con Miami, in programma domani) e i Rangers, squadra di hockey, non particolarmente forte. Nei pressi, tra la Quinta e la Sesta strada, c’e’ l’ Empire State Building, dalla cui sommita’ si gode il panorama di tutta New York. La vista oggi e’ di 10 miglia (16 km, piu’ o meno) ed e’ favolosa. Ma che freddo! Tornati con i piedi per terra, ci incamminiamo verso Central Park, e dopo una rapida visita alla New York Public Library (3 piani di biblioteca, con sale di consultazioni enormi, mostre e l’ immancabile shop), visitiamo Saint Patrick’s, incastonata (= soffocata) tra i grattacieli. Poi il Rockfeller Center, con la pista di pattinaggio, piu’ piccola di quanto appaia in tv, gli studi della NBC, ed il Moma, il Modern Museum of Art, uno dei musei da non perdere. Si, perche’ nelle varie sale si trovano Picasso, Monet, Van Gogh, Dali’, De Chirico, Matisse, Cezanne, Gauguin, per citarne alcuni. E ancora, prima di arrivare al parco, i classici tombini fumanti, Tiffany & Co., ed un mega store di giocattoli (F.A.O. Schwarz), 2 piani di goduria per bambini, grandi e piccoli. E finalmente Central Park, con una quiete surreale, circondato com’e’ da grattacieli. Scoiattoli, jogger e bikers sono gli abitanti di quest’ isola di verde immensa, 340 ettari, per la precisione. Passando per Times Square, al ritorno decidiamo che un musical non si possa perdere, Broadway, in fondo, e’ conosciuta per questo. Cosi’ ci mettiamo in fila per ottenere un biglietto a meta’ prezzo (c’e una specie di biglietteria allo scopo, nel mezzo della piazza) per gli spettacoli del giorno. Puntiamo sul sicuro: Riverdance, uno spettacolo di danze e canti celtici molto coinvolgenti. Noi lo abbiamo gia’ visto (sia dal vivo sia in cassetta) ma non ci stancheremmo mai di vederlo. Il Teatro e’ il Gershwin, e fino a luglio terra’ spettacoli, ogni giorno (saranno anche a Milano, a fine maggio, il consiglio e’ di andarli a vedere, sono uno spettacolo fantastico). Oggi abbiamo anche preso la metropolitana, e seppure a fatica (non e’ immediato, il meccanismo delle fermate e dei biglietti) siamo riusciti ad arrivare sia al teatro sia a ritornare all’ alloggio, dopo un’ altra mega bisteccona da Friday, meno buona, pero’, di quella di venerdi, ma sempre carissima. Purtroppo, non e’ che mangiare per gli americani sia costoso, lo e’ per noi, poiche’ 35 dollari per una bistecca (e contorni), non sono tante, ma con il dollaro a 2100 (e piu’) si. Ma ne vale assolutamente la pena! 12 marzo 2001, Bologna. Ieri come ultimo giorno, dopo colazione abbiamo percorso tutta la Sesta strada fino alle torri gemelle. L’ effetto (che molti conoscono) e’ che siano li’, vicinissime, ma non arrivano mai. Ci mettiamo cosi’ ca. Due ore, e un’ altra mezz’ oretta per arrivare all’ imbarco per la Liberty Island, dove c’e’ la Statua della Liberta’. Oggi, che siamo a corto di contante (speso praticamente tutto al botteghino per lo spettacolo) e dobbiamo spedire il povero Gabriele ad un bancomat, per pagare il traghetto. Curioso che nella patria delle carte di credito in certi posti non le accettino… Arrivati sull’ isoletta, ci accorgiamo che la Statua non e’ poi cosi’ grande, ma che per arrivare alla corona ci vogliono ca. Due ore (che non abbiamo, poiche’ ci siamo appena sorbiti una fila di un’ oretta) e ci limitiamo a qualche foto dal primo balcone. Cosi’ ripreso il battello e tornati indietro ci mettiamo alla ricerca di un ristorante. Ma e’ domenica e oltre ai negozi, anche i ristoranti chiudono. Soprattutto nel Financial District, che vive convulsamente dal lunedi al venerdi, ma che sabato e domenica e’ deserto. Cosi’ torniamo al World Trade Center e mangiamo da Sbarro (Gennaro e Carmela Sbarro, arrivati qui a NY nel 1959, ora hanno una catena di 930 ristoranti in 21 paesi), una catena che richiama i cibi italiani, con pizze improbabili all’ aglio, o pasta, non cattiva, ma -ovviamente- scotta. Comunque e’ un self service a peso, ovvero paghi quanti etti di cibo ti vuoi mangiare. Ed evitando il cibo italiano, la qualita’ in generale e’ buona. Cosi’, ritornati all’ alloggio e recuperato il bagaglio, dobbiamo arrivare all’aeroporto. Dalla reception ci danno prezzi folli, e decidiamo (molto newyorker) di fermare un taxi con il braccio. Dopo 20 minuti di inutili tentativi ci facciamo chiamare un’ auto blu (prepagata in contanti) che in un ora (giusto in tempo per l’ aereo di Eleonora) ci ha portato al JFK. Per noi l’attesa si e’ prolungata di qualche ora, e il viaggio e’ stato un po’ burrascoso per via di alcuni passeggeri insonni. Maggiori informazioni presso www.Ilmatitino.Com



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