USA 2008 il ritorno. New York Washington e il West

Questo viaggio e questo racconto, le emozioni che abbiamo vissuto, gli splendidi paesaggi che abbiamo ammirato, le risate, i nervosismi, i colpi di scena, insomma tutto quello che ha reso questo viaggio indimenticabile, tutto questo è dedicato alla memoria del grande Giancarlo Pontalti. Dopo 4 anni dal nostro ultimo indimenticabile viaggio on...
Scritto da: fechie
usa 2008 il ritorno. new york washington e il west
Partenza il: 25/07/2008
Ritorno il: 09/08/2008
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 3500 €
Questo viaggio e questo racconto, le emozioni che abbiamo vissuto, gli splendidi paesaggi che abbiamo ammirato, le risate, i nervosismi, i colpi di scena, insomma tutto quello che ha reso questo viaggio indimenticabile, tutto questo è dedicato alla memoria del grande Giancarlo Pontalti.

Dopo 4 anni dal nostro ultimo indimenticabile viaggio on the road nell’ovest degli USA io (Federico Chierichetti) e mia moglie (Daniela Pontalti) quest’anno abbiamo deciso di tornare per completare quello che non eravamo riusciti a vedere o fare nel 2004. Un viaggio, questa volta, non solo on the road, ma anche dedicato alla visita di alcune città (tra cui New York, Washington e Salt Lake City) e con tre voli interni.

Alcuni dati tecnici Abbiamo prenotato quasi tutto via internet dall’Italia. Per il Milano-Londra-New York e ritorno abbiamo volato (prenotando con Edreams), con la Virgin Atlantic, ottima compagnia aerea inglese. I due biglietti a/r ci sono costati in tutto ca. 1300 euro. I 3 voli interni, invece, li abbiamo prenotati direttamente sui siti delle compagnie aeree Continental, American Airlines e Frontier Airlines. Il costo medio di ciascun volo (due biglietti) è stato di ca. 230 euro. Totale 700 euro ca.

Le tre auto le abbiamo prenotate con Alamo e National, due efficienti compagnie americane che hanno l’importante vantaggio di non richiedere né pagamento anticipato né i dati della carta di credito a conferma della prenotazione, permettendo di annullarla anche il giorno prima del ritiro. Ci sono costate, per ca. 10 giorni complessivi di noleggio, 650 euro compreso, per ciascun noleggio, un pieno di benzina (auto categoria economica).

Per quanto riguarda gli hotel, a New York abbiamo pernottato al Belleclaire di Manhattan, nell’Upper West Side. La prenotazione (prepagata) l’abbiamo fatta con Expedia e ci è costata ca 630 euro per 4 notti. L’hotel è senz’altro consigliabile, sia per la posizione, a meno di 10 minuti di metro da Times Square, ma allo stesso tempo situato in un quartiere tranquillo dove abbiamo potuto respirare la vita quotidiana dei newyorkesi (tra l’altro l’albergo è a due passi da Central Park West), sia per le camere, essenziali e accoglienti e soprattutto con letti davvero comodi e lenzuola soffici. Segnalo però che la prenotazione con Expedia prevedeva una camera superior con letto King Size, mentre al nostro arrivo ci è stata data una camera standard con letto Queen Size (davvero molto piccola e buia). Abbiamo subito chiesto il cambio di camera che ci è stato concesso il giorno successivo. La nuova camera, luminosa (settimo piano) e spaziosa è stata più che confortevole.

I motel “on the road” sono stati quasi tutti Best Western (una garanzia) prenotati direttamente sul sito internazionale senza pagamento anticipato e con possibilità di disdire entro il giorno prima del check-in. Infine, a Las Vegas abbiamo dormito all’MGM Grand. La spesa per questi 10 pernottamenti è stata di ca. 850 euro.

Durante il viaggio, il cambio euro/dollaro è stato intorno a 1,55, quindi 100 dollari di spesa sono equivalsi a 64 euro ca. Niente male.

Nel complesso la spesa totale del viaggio, compresi anche pranzi, cene, benzina, ingressi ed extra vari (escluso lo shopping), è stata inferiore ai 6000 euro.

25 luglio 2008 Milano – Londra – New York Arriviamo al JFK di NY puntuali, intorno alle 7.00 pm. Per raggiungere Mahnattan prendiamo l’Air Train gratuito dell’aeroporto fino a Jamaica Station e poi, spendendo una stupidata, il Long Island Rail Road (LIRR) fino a Penn Station. Da lì con la metro (linea 1) arriviamo al nostro hotel, sulla 250 W con la 77esima.

Ci prendiamo un gelato in una gelateria italiana a due passi dall’hotel (Grom) e dopo una sgambettata per prendere coscienza del nostro quartiere, verso le 10.00 pm andiamo a letto.

26 luglio 2008 New York Mia moglie non è mai stata a NY quindi dedichiamo il primo giorno ad una visione d’insieme della Grande Mela. La giornata, che è iniziata di buonora (complice il fuso), è splendida così decidiamo di spostarci (fin che ce la facciamo) a piedi.

Attraversiamo lo splendido Central Park fino alla Fifth Avenue, godendo di scorci impareggiabili sullo skyline di Midtown. Lungo la quinta strada prendiamo famigliarità con i negozi che ci siamo ripromessi di “svaligiare” prima di partire.

Arriviamo a Times Square, il cuore di NY, dove acquistiamo per 99 dollari (60 euro) due biglietti per il giro turistico sul bus a due piani. Abbiamo preso il biglietto valido per 48 ore (che contrattando con il bigliettaio ci è stato fatto valere per 72 ore) sia per il giro a Sud di Central Park, sia per quello a Nord (fino ad Harem) e che dà diritto anche ad una gita in traghetto fino alla Statua della Libertà e al giro notturno sempre sul bus. A conti fatti è stato piuttosto conveniente anche perché, potendo scendere e salire sul bus ad ogni fermata per tutta la durata del biglietto, lo abbiamo usato al posto degli autobus di linea o del metro.

Ne approfittiamo subito e saliamo per il giro di Midtown/Lower Mahnattan. Scendiamo a Ground Zero dove ormai fervono i lavori per la costruzione della Freedom Tower, visitiamo il WTC Memorial, dedicato all’11/9 e ci spingiamo fino a Battery Park attraversando il Financial District (Wall Street, la sede della Federal Riserve e del NYSE che oggi, essendo sabato, sono chiusi). Strizziamo anche le “palle” della statua del toro simbolo di Wall Street, sperando sia di buon auspicio per l’andamento delle borse mondiali… Da Battery Park, l’estrema punta sud di Mahnattan, ci godiamo il paesaggio sull’Hudson River e sulla Statua della Libertà.

Riprendiamo da qui il nostro Bus Blu e, dopo essere passati vicino al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite, scendiamo in prossimità del Museum of Modern Art (il MOMA). Ne approfittiamo per visitarlo (oltre aale esposizioni permamenti c’è anche una retrospettiva su Salvador Dalì).

Dopo una puntatina a Times Square per vedere le luci che si accendono all’imbrunire e per visitare qualcuno degli allucinanti negozi (quello delle M&M’S è delirante!), ci dirigiamo al Grand Central Terminal, la stazione centrale dei treni dove, con 75 dollari ceniamo all’Oyster Bar.

Non paghi dell’intensa giornata decidiamo di salire sull’Empire State Building per una vista d’insieme delle mille luci della città. La coda pare interminabile, meno male che avevamo acquistato i biglietti via internet. Questo ci fa risparmiare almeno un’ora di coda! Con il metrò in 10 minuti arriviamo in hotel.

27 luglio 2008 New York Dedichiamo la mattinata al giro in bus dell’Upper Town. Scendiamo ad Harlem dove, per puro caso, entriamo in una chiesa (la Mount Olivet Baptist Church, su Malcom Street) dove è in corso proprio la messa gospel della domenica. Ci accolgono con grande affetto (la chiesa non è per niente turistica, fuori dal circuito di quelle che aderiscono ai tour guidati) e noi assistiamo a tutta la funzione godendoci i cori e le vecchine di colore vestite davvero come nei film. Il sacerdote che tiene il sermone è incredibilmente invasato e tutti i presenti partecipano gridando “Yes!” e alzando le mani ad ogni sua affermazione sulla grandezza di Dio, sulla sua immensa bontà, eccetera eccetera.

Riprendiamo il nostro bus (passando dal Metropolitan Museum e dal Guggenheim) fino a Times Square da dove raggiungiamo il Pier 83 da cui parte il ferry per la Statua della Libertà. Minaccia un gran temporale. Il giro in traghetto è piacevole, vediamo la “Signora” dal mare, ma non scendiamo, tanto la coda per entrare nel piedistallo è incredibilmente lunga e siamo certi di non perderci nulla di che. Meglio ammirarla da fuori non da sotto il vestito…! La parte finale della giornata è dedicata ad un assaggio di shopping: Nike Town con scarpe in vendita a 60 dollari, Apple Store, Fao Schwarz, ecc… Con il metrò arriviamo fino all’allegro quartire di Soho, dove ceniamo all’aperto al “Novecento”, in Broome Street all’angolo con West Bradway. Nei pressi ha sede anche il Felix Bar, che pare proprio preso d’assalto dai giovani newyorkesi. Ceniamo bene con 75 dollari (T-Bone Steak ottimo) Rientrati nell’Upper West Side, dopo una spesa di frutta al fornitissimo supermarket a due passi dall’hotel, ce ne andiamo a letto.

28 luglio 2008 New York Dopo la consueta colazione da Starbucks a base di caffè latte e Muffin al mirtillo, ci dirigiamo verso Central Park dove ci facciamo una lunga e piacevole passeggiata mattutina passando attraverso i punti di maggiore interesse, da Strawberry Fields (dove fu ucciso John Lennon) a Columbus Circle. A questo punto ci buttiamo nello shopping tanto atteso quanto sfrenato.

Abercrombie and Fitch (negozio di abbigliamento di tendenza di fronte a Tiffany, sulla quinta, da vedere anche se non si è interessati all’acquisto, le ragazze mi ringrazieranno del consiglio), Brooks Brothers, Macy’s, Bloomingdale, Levi’s. Acquistiamo un bel po’ di cose (io personalmente a Milano detesto fare acquisti, quindi avevo bisogno di rinnovare il guardaroba). Spendo un terzo di quello che avrei speso a Milano. Una cosa su tutte: i classici Levi’s 501 costano 50 dollari (30 euro), mentre a Milano non si trovano a meno di 75 euro. Sono piuttosto gasato.

Pranziamo al sacco a Central Park prendendoci un po’ di sole e cercando di capire quali siano le regole di una partita di Baseball che si sta svolgendo di fronte a noi.

Dopo aver scaricato i pacchi in Hotel (dovremo farci stare tutto nei nostri due mini trolley, per fortuna mezzi vuoti all’origine) ci dirigiamo al Rockfeller Center, per le foto di rito e, dopo aver acceso una candela per Giancarlo nella St. Patrick Chapel, andiamo alle Nazioni Unite, dove speriamo di trovare posto per la visita guidata. Purtroppo, come quasi sempre a NY, è tutto esaurito e ci dobbiamo accontentare di vedere solo l’esposizione gratuita e il palazzo da fuori. Interessante comunque.

Vagabondiamo ancora un po’ per le vie del centro e poi decidiamo di cenare nel “nostro” quartiere, l’Upper West Side. Scegliamo il Mana, all’altezza della 92esima con la Amsterdam. È un ristorante vegetariano creativo molto piacevole e allegro. Ceniamo con 60 dollari.

29 luglio 2008 New York – Washington. 250 miglia percorse Oggi ci aspetta la trasferta di una notte a Washington. Abbiamo deciso di andarci in auto, per questo abbiamo prenotato con National un’auto (150 dollari compreso un pieno). Il ritiro lo abbiamo fissato all’aeroporto di Newark, scelta collegata al fatto che domani sera abbiamo il volo per Salt Lake City proprio da questo aeroporto. Arriviamo comodamente Newark con la metrò e con il treno che parte da Penn Station.

In poco meno di 4 ore arriviamo a Washington percorrendo 250 miglia sulla Interstate 95. La strada offre pochi spunti se non l’attraversamento di Philadelphia e Baltimora ed è piuttosto trafficata. Prendiamo posto al BW Pentagon Hotel e, sfruttando la navetta gratuita dell’albergo che porta alla fermata del metrò arriviamo in downtown senza dover usare l’auto. La prima sosta è al Pentagono, dove peraltro si respira un’aria tesa. Niente foto, niente indicazioni, niente soste troppo lunghe di fronte alle porte e soprattutto niente visite all’interno…In fondo siamo a un passo dal centro di controllo della sicurezza nazionale e mondiale… Un’altra fermata di metrò e arriviamo all’Arlington National Cemetery, il cimitero più importante degli USA, un’immensa distesa di croci bianche a eterna memoria dei caduti nelle tante guerre che gli USA hanno combattuto in tutto il mondo. L’ingresso al cimitero, se si gira a piedi, è gratuito. Giriamo lentamente nei mille viali circondati dalle migliaia di croci, ciascuna con il nome del soldato caduto, ci fermiamo di fronte alla tomba di JFK e Jaqueline Kennedy. In lonantanza una tromba e una serie di spari a salve ci fanno capire che qui le sepolture continuano.

Assistiamo al cambio della guardia, sempre nel cimitero, presso la tomba dell’Unknown Soldier, il milite ignoto, che ha luogo ogni mezzora (e meno male, perché i soldati non potrebbero resistere di più sotto un sole a 40 gradi…). Tutto molto emozionante. Regna una calma irreale interrotta solo dai tacchi dei soldati che risuonano sul marmo. Sullo sfondo, in lontananza, l’obelisco bianco del Washington Monument e la cupola del Campidoglio. È forte la sensazione di essere nel bel mezzo del centro nevralgico del potere americano, la nazione più potente del mondo.

Usciti dal cimitero percorriamo a piedi l’Arlington Memorial Bridge che collega il cimitero all’immensa area che ospita i tanti monumenti che tutti conoscono: il Lincoln Memorial, la Reflecting Pool che lo collega al Washington Monument (l’obelisco alto 150 metri), a sua volta collegato al maestoso Campidoglio dal National Mall, un immenso e lunghissimo prato verde. Fa davvero molto caldo. Con calma passeggiamo in mezzo a tutti questi simboli e devo dire che la solennità dei luoghi, circondati dagli edifici dei ministeri, dell’FBI ecc., è resa ancora più intensa dal fatto che tutto è perfettamente ordinato, pulito e, naturalmente, ogni edificio è sovrastato dall’immancabile bandiera americana.

Come ultima tappa ci dirigiamo alla Casa Bianca all’indirizzo, forse, più famoso del mondo: 1600 di Pennsilvanya Avenue. La sensazione di esserci già stati è inevitabile. Personalmente la cosa che più mi colpisce è l’apparente accessibilità dell’edificio, circondato da un recinto neppure troppo alto e non particolarmente nascosto dalla vegetazione. La presenza, tutto intorno, di posti di blocco, telecamere e guardie armate mi fa pensare che se solo provassi a fingere di provare a scalare la recinzione sarei vaporizzato all’istante… Ceniamo piacevolmente all’aperto (il caldo si è placato) da M&S Grill sulla 600 13th St NW.

All’imbrunire passeggiamo fino al Campidoglio illuminato e poi con il metrò torniamo in hotel.

30 luglio 2008 Washington – New York – Salt Lake City Miglia percorse: 260 Dedichiamo la mattina alla visita del Campidoglio, gratuita (i biglietti si ritirano alla base della collina che lo ospita). La durata è di un’ora e la visita è solo guidata. Interessante.

Al termine passeggiamo per le vie del centro e nel caldo afoso; pranziamo velocemente in un locale frequentato dagli impiegati delle varie istituzioni governative e poi ci riavviamo verso l’hotel.

Dobbiamo, infatti, arrivare a Newark in tempo utile per prendere il volo delle 19.00 per Salt Lake City. Il viaggio dura 4 ore e arriviamo veramente in zona cesarini! Per fortuna avevamo già fatto il check-in via internet. Riusciamo a risparmiare una ventina di minuti.

Il volo, comunque, parte con 50 minuti di ritardo e dura poco meno di 5 ore. Atterriamo alle 10.00 pm ora locale (2 ore in meno rispetto a NY).

Ritiriamo l’auto all’aeroporto (Alamo), che riconsegneremo tra 4 giorni a Billings, e in pochi minuti arriviamo al nostro BW Cotton Tree Inn all’uscita 315 della Interstate 15 North.

31 luglio 2008 Salt Lake City – Jackson Hole (Wyoming) Miglia percorse 310.

Di buonora, dopo la colazione offerta dall’hotel, partiamo alla volta del centro città, che dista pochi minuti. Visto che SLC è la patria del culto Mormone e, a parte questo, non offre poi molti altri interessi, ci dirigiamo subito a Temple Square, dove ha sede questo mondo un po’ particolare ufficialmente denominato “Chiesa di Gesù Cristo dei Santi dell’Ultimo Giorno”. Praticamente è come una piccola Città del Vaticano in mezzo alla città, solo più accessibile, infatti i Mormoni fanno di tutto per accogliere i visitatori e raccontargli con entusiasmo le basi della loro religione. Non possiamo che accettare di essere guidati dalle giovani “sorelle” tirocinanti (gratuitamente) all’interno di questo complesso composto da un tempio (accessibile solo ai Mormoni di elevato spessore morale), dal tabernacolo (che custodisce un immenso organo), dalla sala delle assemblee, che custodisce una statua di Gesù circondata da una cupola dipinta con un cielo stellato, e i centri visitatori. Molto interessante anche se la buona volontà delle sorelle che ci guidano, non mi convince a cambiare religione. Questo anche se i principi alla base del culto sono, in linea di massima, condivisibili: precedenza della famiglia su tutto, compreso il lavoro, (e infatti i mormoni hanno mediamente tre/quattro figli), adoperarsi per essere felici e senza pensieri (akuna matata, insomma).

Dopo una passeggiata per il centro, fino al Campidoglio dello Stato dell’Utah (praticamente una copia in miniatura del Campidoglio di Washington), ci dirigiamo verso il Grande Lago Salato e più precisamente verso Antelope Island (ingresso 9 dollari), che è una riserva naturale ed è collegata alla terraferma con una strada. La si raggiunge percorrendo la Intestate 15 North, uscita 332 (e non 335 come riportato sulle guide aggiornate al 2007!).

Il paesaggio è lunare, l’aria pervasa da un forte odore tipico delle Saline…In effetti la concentrazione di sale nel lago (che non ha emissari) è di ca. Il 30%, contro il 3% dl mare. Ci fermiamo in una spiaggia non lontana dalla strada che ci permette di fare un divertente bagno galleggiando come se fossimo su un materassino. L’esperienza è simile a quella del Mar Morto. Giusto il tempo di prendere un po’ di sole e ripartiamo alla volta di Jakson Hole, anticamera del Grand Teton National Park e Yellowstone.

Come ci consiglia la commessa di un benzinaio, decidiamo di percorrere la strada “prettiest” (la più bella) e non la “fastest” (la più veloce). Questo si traduce nell’imboccare la 89 North all’altezza di Ogden invece che continuare sulla Intestate 15 North fino a Idaho Falls. La distanza più o meno è la stessa, solo che la I-15 è un’autostrada e, quindi, sarebbe più veloce, ma molto meno interessante.

In effetti la 89 passa attraverso paesaggi davvero bellissimi. Passiamo per Logan, arriviamo al Bear Lake e poi verso nord attraversando Montpelier e Geneva, arriviamo fino a Jackson Hole.

È proprio a poca distanza dalla meta che la Dany, che quando guida è un po’ troppo nervosetta, decide di mettersi in mezzo a tre coppie di brutti ceffi (tutti vestiti di nero, con i caschi sormontati da punte di drago) in sella alle loro Harley Davidson. Non l’avesse mai fatto, fatto sta che questi si incazzano mica male e cominciano a suonarle tampinandola da vicino. Naturalmente ci spaventiamo, soprattutto quando in lontananza avvistiamo un…Semaforo rosso. Dobbiamo per forza fermarci e qui la Dany viene inviatata ad abbassare il finestrino, a togliersi gli occhiali e a subire una sorta di valanga di insulti tutti inframezzati da “Fucking…”. Per fortuna i “sorry” della Dany sembrano addolcirli un minimo e al verde, con la coda tra le gambe, giriamo a destra mentre gli energumeni proseguono dritti. A parte lo spavento oggettivo (non si sa mai cosa aspettarsi al giorno d’oggi) la cosa divertente è che nei due giorni successivi incontreremo lungo la strada i nostri amici più e più volte (stanno evidentemente facendo il nostro stesso giro) e ogni volta noi siamo stati costretti a camuffarci per paura di essere riconosciuti! Alla fine comunque siamo riusciti a conservare intatti tutti i nostri denti e tutte le nostre ossa…! Giusto il tempo di riprenderci dallo spavento e di prendere posto al nostro Motel 6 (neanche poi tanto economico rispetto al BW, ma di certo meno accogliente, anche se pulito e assolutamente dignitoso) e ci facciamo una passeggiata per il centro di questa cittadina davvero allegra e caratteristica, crocevia per tutti coloro che, da sud, si dirigono a Yellowsone, ma anche rinomata stazione sciistica invernale oltre che sede di un ranch dove annualmente, a fine agosto, si riuniscono i grandi della terra. Ceniamo con una cinquantina di dollari alla Snake River Brewery, un birrificio con cucina davvero apprezzato dalla gente locale e, naturalmente, anche da noi turisti.

1° agosto 2008 Jackson Hole – Grand Teton – West Yellowstone Miglia percorse: 142 Dopo una colazione alla Pearls Bakery, in centro, partiamo alla volta del Grand Teton National Park il cui ingresso è poco distante (ingresso 25 dollari valido anche per Yellowstone). Il parco racchiude un massiccio montuoso molto scenografico, circondato da foreste e laghi. Ricorda un po’ le nostre splendide Dolomiti. Dopo la sosta di rito al Visitor’s Center per capire cosa offre il parco, decidiamo di fare un trail nei pressi del Jenny Lake. Dopo 10 minuti di battellino che ci porta sul lato opposto del lago iniziamo il percorso immersi nei pini e circondati da ruscelli e cascate. Raggiungiamo Inspiration Point che offre una vista spettacolare sul lago e sulla valle che lo circonda. Rientriamo al parcheggio a piedi, quindi percorriamo tutto il sentiero intorno alla sponda ovest del lago. In totale percorriamo ca 6 km.

Dopo un rapido pranzo a base di sandwich di tacchino, ripartiamo verso Yellowstone attraversando altri bellissimi paesaggi montani. La South Entrance di Yellowstone, che si trova proprio all’estremità nord del Grand Teton, è davvero la più spettacolare, come confermano tutte le guide, dalla Lonely Planet alla Routard.

Il parco di Yellowstone, il più antico e famoso del mondo patria, tra l’altro, dell’orso Yogi e dell’inseparabile amico Bubu, è un concentrato di natura e fauna selvaggia, senza dimenticare che non è altro che la caldera di un antichissimo vulcano situato proprio in prossimità del “Continental Divide” la linea spartiacque che divide il Nord America fra il bacino dei fiumi che finiscono nell’Oceano Atlantico e quelli che finisco nell’Oceano Pacifico.

Il vulcanesimo secondario, che poi è l’attrattiva principale del parco, è particolarmente spettacolare.

La strada che attraversa il parco ha la forma di un otto. Oggi, avendo prenotato il pernottamento a West Yellowstone, decidiamo di visitare la parte sud-ovest.

Incontriamo per prima cosa il famoso “Old Faithful” il geyser che sprigiona a intervalli più o meno regolari di 90 minuti un getto d’acqua alto fino a 60 metri. Siamo fortunati e, nonostante l’incontro ravvicinato con i nostri amici Harleysti, l’eruzione è prevista entro pochi minuti dal nostro arrivo.

Oltre all’Old Faithful, la zona circostante è piena di altri geyser, di pozze di acqua ribollente, di gas e zolfo. Tutto facilmente raggiungibile attraverso delle passerelle di legno. Quasi tutti si fermano solo a vedere “Lui”, mentre noi percorriamo un po’ tutta la zona e il paesaggio, i rumori e gli odori sono adatti all’ingresso degli Inferi.

La sosta successiva è alla Prismatic Spring una sorgente di acqua bollente. I micro organismi che la popolano hanno fatto assumere al bacino i colori dell’arcobaleno. I nostri amici, naturalmente, ci hanno preceduto, e noi li seguiamo a distanza lungo il percorso a piedi.

Nel tardo pomeriggio arriviamo alla piacevole cittadina di West Yellowstone, prendiamo posto al nostro BW Desert Inn e dopo un giro per i vari negozietti sulla via principale, ceniamo con 40 dollari da Bullwinkle, una Steak-House, molto verace. Naturalmente, dove mai avranno deciso di cenare i nostri “amici”? Per fortuna arrivano quando noi abbiamo quasi terminato e non ci notano, visto che vengono fatti accomodare in una sala diversa dalla nostra. La Dany è comunque agitata…

2 Agosto 2008 West Yellowstone – Livingston Miglia percorse: 154 Dedichiamo la giornata interamente a Yellowstone. La prima sosta è al Norris Basin, un’area molto vasta dove sorgenti d’acqua acida, fumi e geyser hanno reso il paesaggio una landa desolata. Molto suggestivo.

La sosta successiva è al Grand Canyon di Yellowstone, la gola scavata dall’omonimo fiume. La parte più spettacolare è senz’altro quella intorno alle Upper e Lower Falls, due cascate molto impetuose. Con l’auto percorriamo il South Rim che ci permette di arrivare ad un lookout mozzafiato sulle lower falls (le più spettacolari). Qui consiglio di fare l’Uncle Tom Trail che con una scalinata molto ripida permette di scendere quasi alla base della cascata. Su You Tube ci sono vari filmati che rendono bene l’idea della faticosità della discesa (che poi al ritorno è tutta salita!) Purtroppo il North Rim è segnalato chiuso alle auto per tutto il 2008, quindi, lasciamo la macchina e percorriamo a piedi solo un breve trail a piedi, nonostante un cartello segnali l’avvistamento di un orso nella zona. Il trail conduce in ca. 20 minuti alla sommità delle Lower Falls. C’è una terrazza praticamente sopra la cascata e questo punto a nostro parere offre una straordinaria vista sul canyon.

Proseguiamo verso nord fermandoci a Mammoth Hot Springs. La visita del sito, che è sicuramente uno dei più interessanti del parco, richiede un paio d’ore o tre. C’è anche un loop che si può fare in auto, per chi non avesse voglia di arrivare a piedi alle terrazze più alte. Il sito è in continua evoluzione e cambia a seconda dei livelli delle sorgenti. Indubbiamente è un luogo molto fotogenico.

È ormai tardo pomeriggio quando usciamo dalla North Entrance del parco, diretti a Livingston, sulla 89 North.

Dopo aver preso posto al BW Yellowstone Inn e dopo un breve bagno in piscina giusto per rilassare un po’ i muscoli, andiamo a cena al Buffalo Jump, una steak house che avevamo visto sulla strada. La cittadina è poco turistica, quindi il locale è frequentato da gente del posto. Ci mangiamo due ottimi Buffalo Burger spendendo una stupidata.

3 agosto 2008 Livingston – Billings – Denver – Durango (Colorado) Miglia Percorse: 138 L’aereo che da Billings ci porterà a Durango via Denver parte alle 11.00 am, quindi puntiamo la sveglia molto presto per affrontare in tempo utile le 110 miglia di I-90 East che ci separano dall’aeroporto di Billings.

A quest’ora, sono le 7.00 am, la strada è deserta, impostiamo il cruise a 80 miglia all’ora e arriviamo in 1 ora e mezza a destinazione, attraversando gli splendidi paesaggi agricoli del Montana.

I 2 voli operati dalla Frontier Airlines con dei Bombardier sono puntuali e alle 3.30 pm siamo a Durango.

Ritiriamo l’auto, prenotata con National. Tra l’altro abbiamo la sorpresa di vederci consegnare una RAV4 modello “extended”, nel senso che è molto più mastodontica di quelle che circolano in Europa e soprattutto di una categoria superiore a quella prenotata (senza, ovviamente, sovrapprezzo). Capita di ricevere auto migliori di quelle prenotate, per esempio quando la consegna è prevista in un altro luogo (nel nostro caso sarà Las Vegas): alle compagnie serve per riportare le vetture all’ufficio originale.

Dopo aver raggiunto il nostro BW Durango Inn appena fuori dal centro di Durango, decidiamo di prendercela con calma prima di vistare la cittadina, notoriamente molto carina e decidiamo di concederci un piacevolissimo idromassaggio nella bella piscina all’aperto immersa nel verde e circondata da sdraio di legno, collocazione inconsueta per una piscina che, in fondo, è quella di un motel.

Verso le 6.00 pm siamo a zonzo nel centro storico di Durango. Imperdibile la stazione della ferrovia Durango – Silverston ancora in funzione con vecchi treni a vapore di fine 1800, molto suggestivi quanto rumorosi.

Durango è una cittadina tipicamente “west” e, anche se ormai il turismo la fa da padrone, è davvero carina.

Ceniamo splendidamente alla Steamwork Brewing dove consiglio a chiunque passi da quelle parti di ordinare il Cajiun, una piccante selezione di crostacei bolliti uniti a salsiccia e patate. Il tutto servito brutalmente rovesciando il contenuto di una pentola direttamente sul tavolo di legno. Squisito, oltre che divertente.

Rientriamo in albergo e decidiamo di bissare l’idromassaggio. Molto rilassante immergersi nell’acqua bollente sotto il cielo stellato…

4 agosto 2008 Durango – Chinle Miglia percorse: 360 Oggi la giornata è impegnativa, almeno nei propositi.

La prima tappa è Mesa Verde National Park, sito patrimonio mondiale dell’umanità. Dista una trentina di miglia da Durango. Si può girare in auto (ingresso 15$) fermandosi ai lookout, ma, a parte un trail aperto a tutti che permette di arrivare alla base di una mesa sotto la quale sono ben visibili le costruzioni troglodite risalenti a ca. 2000 anni fa (Spruce Tree House, proprio dietro al museo), gli altri siti di interesse sono visitabili solo con tour guidati prenotabili al visitor’s center. Noi decidiamo di prenotare il tour di un’ora che ci farà conoscere il sito Cliffs Palace, il più famoso e meglio conservato del parco (3 dollari a testa). La partenza è fissata per le 12.00 pm quindi abbiamo tempo per visitare in auto tutti gli altri posti. Percorriamo la Chapin Mesa dove ci sono due loop roads che consentono di godere di viste eccezionali sui vari siti. Visitiamo poi la Spruce Tree House percorrendo un semplice sentiero. Il giro nel Cliffs Palace guidato dal Ranger ci fa capire la storia dei luoghi e dei suoi abitanti. Molto interessante e poi va dato atto agli americani, come sempre, di valorizzare al massimo le testimonianze del loro passato (recente o lontano che sia).

È circa l’1.00 pm e a questo punto decidiamo di tentare di fare quello che ci eravamo riproposti già prima di partire. Raggiungere la Monument Valley, per rivivere le emozioni di quello che, nel 2004, era stato il momento più bello del viaggio. La Monument Valley come punto d’unione dei nostri due viaggi, insomma.

La deviazione non è breve, oltre 150 miglia in più rispetto all’itinerario originale verso Chinle, dove pernotteremo, ma decidiamo di provarci, a costo di arrivare a destinazione a notte inoltrata.

E quindi, invece di puntare direttamente sulla I-60, deviamo verso nord-ovest, sulla 262 in direzione Bluff. Sulla strada ci fermiamo anche al Four State Corners, l’unico punto degli Stati Uniti dove si incrociano, ad angolo retto 4 stati: Arizona, Colorado, Utah, e New Mexico. Un monumento con il punto esatto dell’incrocio testimonia quello che, in effetti, appare evidente guardando una qualsiasi cartina geografica. L’ingresso, gestito da Indiani Navaho, costa 3 dollari a testa.

Da Bluff puntiamo verso sud-ovest, sulla 163 e, da Mexican Hut fino a Kayenta ripercorriamo a ritroso una sessantina di miglia di strada percorsa nel nostro viaggio di 4 anni fa. Costeggiamo la Valley of Gods (che bei ricordi!) e le emozioni vissute 4 anni prima sono così vive che ci sembra di essere stati qui solo qualche giorno prima. 30 miglia prima di Kayenta inizia lo spettacolo della Monument Valley, preannunciata da quel tratto di strada che, immortalato in migliaia di foto e film, dopo un lunghissimo rettilineo devia improvvisamente verso destra per aggirare le monumentali Mesas che fanno da cornice alla Monument Valley.

Raggiungiamo l’ingresso del parco, paghiamo 10 dollari e ci fermiamo al belvedere del visitor’s center, da cui si gode la magnifica e classica vista sul parco. Bellissimo. Non percorriamo stavolta le 17 miglia di strada sterrata che si addentra nella valle. Ci è sufficiente godere di questa vista. Quanti italiani! In effetti questa è una delle mete più quotate del Grand Circle, il classico giro dei più famosi parchi nazionali dell’ovest, quello che avevamo fatto anche noi nel 2004.

Nel tardo pomeriggio partiamo alla volta di Chinle, alle porte del Canyon de Chelly, sulla 160 fino a Mexican Water e poi verso sud sulla 191, lasciandoci alle spalle le strade più battute dai turisti.

Tra l’altro, inaspettatamente, il tratto di 191 tra Mexican Water e Chinle attraversa dei paesaggi di una bellezza selvaggia. Incredibili Mesas dei colori della terra rossa, verde e marrone chiaro, danno luogo a immagini affascinanti.

Siamo in piena riserva indiana, la più grande degli USA, e anche Chinle è una cittadina (bruttina) dentro alla riserva e, quindi, abitata solo da indiani Navaho.

Arriviamo al BW Canyon de Chelly Inn di Chinle appena in tempo per cenare al Junction Restaurant, uno dei pochi presenti in città, se si escludono i fast food. Qui l’alcool è proibito, ci dobbiamo accontentare di un paio di birre analcoliche…

5 agosto 2008 Chinle – Winslow Miglia percorse: 210 Oggi è l’ultimo giorno interamente on the road. Di prima mattina visitiamo il Canyon De Chelly. Davvero inatteso, molto spettacolare. Percorriamo (ingresso gratuito) in auto il South Rim godendo di spettacolari viste su questa profonda gola dalle pareti infuocate e dal fondo verdissimo. Dal south rim, tra l’altro, è possibile effettuare l’unico trail senza dover per forza affidarsi ai Navaho con i loro giri guidati. The White House Trail (ca. 3 miglia per 1 ora e mezza complessiva), molto suggestivo, permette di scendere fino alla base del canyon percorrendo un ripido sentiero scavato nella parete profonda ca. 200 metri. Si arriva fino alle rovine di un piccolo insieme di casette simili a quelle del Mesa Verde National Park, the White House, appunto.

Ripartiamo alla volta del Petrified Forest National Park, che peraltro comprende anche il Painted Desert.

Inutile sottolineare che entrambi i parchi, percorribili in auto (ingresso 10 dollari), offrono scorci suggestivi, oltre all’interessante storia di questi tronchi pietrificati risalenti a 200 milioni di anni fa.

Tra i vari trail che percorriamo a piedi segnaliamo il Blue Mesa Trail, che permette di attraversare un sito particolarmente ricco di tronchi pietrificati in un ambiente che vagamente, ricorda quello onirico della Valle della Morte.

Nel pomeriggio facciamo tappa a Winslow. Non abbiamo prenotato nessun albergo, ma avevamo letto che questa cittadina, costruita tra la Route 66 e la Santa Fe Railway (entrambe a congiungere la costa est alla costa ovest) ospita l’hotel “La Posada” annoverato tra i siti di interesse storico nazionale degli USA. In effetti, quello che originariamente era stato costruito negli anni 30 come hotel atto a ospitare i viaggiatori della ferrovia, caduto subito in rovina a causa della grande depressione, è oggi un bellissimo albergo ricco di cimeli storici che viene visitato addirittura da chi non si ferma per pernottare.

La sorpresa più grande è che dormire in una delle stanze uniche di questo hotel (di certo ben di fascino ben diverso dalle camere tutte uguali dei motel) costa poco più di 100 dollari (70 euro!), insomma un prezzo oserei dire più che onesto. In Italia un posto del genere costerebbe assai di più.

È un piacere passeggiare tra le sale di questo edifico pensato dall’architetto Mary Elizabeth Jane Colter a metà tra una “Hacienda” messicana e una fattoria del Montana.

Ceniamo placidamente al ristorante dell’hotel che pur avendo la pretesa di essere lussuoso, non ci costa più di 30 euro a testa.

6 agosto 2008 Winslow – Las Vegas Miglia percorse: 310 Sulla lunga strada verso Las Vegas ci fermiamo a visitare il Meteor Crater, un cratere formato dall’impatto di un asteroide 50.000 anni fa. Se non fosse per il biglietto d’ingresso estremamente e stranamente caro (15 dollari a testa!), il sito è senz’altro interessante sia per il luogo in se’ sia per il museo interattivo che s può visitare.

Riprendiamo la strada verso Las Vegas e sul percorso ci fermiamo a Flagstaff, Williams, Kingman.

Arriviamo al confine con il Nevada, ossia alla Diga di Hoover, verso le 4.00 pm. Si sono 40 gradi. Dopo la rituale sosta per constatare che rispetto a 4 anni prima il livello del lago Mead si è ulteriormente abbassato, attraversiamo la diga e in poco più di mezzora arriviamo nella folle Las Vegas. Tra l’altro è stata di certo l’ultima volta che abbiamo attraversato la diga con l’auto perché il governo degli Stati Uniti ha stanziato i fondi per la costruzione di un enorme ponte sospeso proprio di fronte alla diga, già in avanzato stato di costruzione. Questo per evitare gli inevitabili ritardi dovuti alla lentezza del traffico. E, di certo, per questioni di sicurezza. La Hoover Dam è un obiettivo sensibile.

Las Vegas, come prevedibile, in 4 anni è molto cambiata. Ci sono nuovi mega Hotel, altri, disumanamente grandi, sono in costruzione proprio sullo Strip. Ci sono 104 gradi (Farenehit, naturalmente), ma non ci interessa e decidiamo di percorrere a piedi tutto Las Vegas Boulevard (lo Strip, appunto) per rinfrescarci la memoria. Bighelloniamo tra il Luxor, l’Excalibur, il Mandalay Bay, il New York New York, il Caesar’s Palace, il Montecarlo, il Bellagio, il Venetian, il Treasure Island, il nuovissimo “The Wynn”. E poi entriamo nei mille inutili, ma affascinanti negozi dello Strip. Non sappiamo perché, ma Las Vegas, patria del consumismo più sfrenato, città kitsch, caotica, calda e molto simile ad un luna park, suscita in noi un fascino irrazionale.

Noi alloggiamo all’MGM Grand, il primo è più grande (credo ancora per poco) dei mega resort della città, con le sue 7000 stanze. L’immensità dell’hotel è disorientante: ci sono tre teatri da 3000 posti i cui spettacoli fanno il tutto esaurito due volte al giorno, migliaia di metri quadarati di casinò, decine di ristoranti, centinaia di negozi, 5 piscine inserite in un parco di non so quanti ettari. L’aria condizionata è impressionantemente fredda e siamo, come già ci aspettavamo, costretti a girare con una felpa. Nella zona casinò si può fumare, proprio nella patria che ha fatto della lotta al fumo una missione…Ma si sa, pur di far girare a pieno ritmo le slot machines…Tra l’altro troviamo per terra 20 dollari, che perdiamo subito… Una notte a Las Vegas può essere molto costosa, se si sceglie di dormire in una delle tante super-suite dei migliori hotel e se si decide di cenare in uno dei ristoranti gourmet famosi in tutto mondo. Da questo punto di vista può non esistere un budget massimo, si possono arrivare a spendere decine di migliaia di euro.

Ma Las Vegas, può essere anche molto economica, pur alloggiando un grande albergo e in una camera mediamente più grande e più bella di una qualsiasi altra camera di pari livello in un qualsiasi altro posto del mondo. Per esempio noi, al MGM Grand, per una camera superior spendiamo meno di 130 dollari a notte (meno di 90 euro) e per cenare all’”all you can eat” del Luxor, non arriviamo a 20 euro a testa. E si può spendere anche meno alloggiando, per esempio, al Luxor o all’Excalibur, che pure sono hotel in pieno stile Las Vegas e decisamente lussuosi.

Un consiglio? Volete fare una bella foto che sintetizzi in uno scatto lo spirito di questa città? Salite sulla passerella pedonale sopraelevata che attraversa lo Strip e congiunge l’MGM Grand (di fianco alla statua del Leone) al New York New York. Mettendovi sul lato dell’MGM Grand immortalerete in un colpo solo l’Excalibur, il Mandalay Bay, il Luxor e il New York New York con la Statua della Libertà. Effetto bellissimo al crepuscolo.

Dopo la cena e dopo aver prenotato per la sera successiva due biglietti per il Cirque du Soleil (in città ci sono contemporaneamente 5 spettacoli diversi, noi abbiamo scelto quello che si tiene al Ka Theatre dell’MGM Grand), ci rintaniamo nella nostra camera. Per raggiungerla dalla main lobby ci vuole ca. Un quarto d’ora.

7 agosto 2008 Las Vegas La giornata, che è anche l’ultima del nostro viaggio, è dedicata al relax pre-volo. Stiamo tutta la mattina in piscina a prendere il sole e a fare il bagno in una sorta di fiume artificiale la cui corrente costringe tutti a farsi trasportare in un loop lungo 300 metri.

Nel pomeriggio perdiamo un’altra ventina di dollari alle diaboliche macchinette, facciamo un po’ di acquisti nei vari hotel e ceniamo presto al Rainforest Restaurant dell’MGM Grand.

Alle 9.15 pm ci presentiamo all’ingresso del Ka Theatre dove assistiamo all’incredibile spettacolo del Cirque du Soleil. Gli effetti speciali, la macchina scenica, la spettacolarità del contesto giustificano i 160 dollari spesi per due biglietti (i più economici e per di più scontati perché ospiti dell’MGM Grand…).

8 agosto 2008 Las Vegas – New York – Londra Oggi a Pechino iniziano le Olimpiadi, noi trascorreremo la giornata tra aerei e aeroporti.

Il volo per JFK è alle 7.30 am. Arriviamo a NY alle 3.30 pm. Alle 6.00 pm abbiamo il volo per Londra dove arriviamo in orario alle 7.00 am del 9 agosto. Poco dopo il volo Alitalia per Milano Linate ci riporta a casa



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