COME DENTRO UN FILM di parte 2

Sunday, 24th of June Partenza: Yellowstone NP (Fishing Bridge), WY Arrivo: Orem,UT Alloggio: La Quinta Inn Motel, Orem , UT Prezzo: 99.34 $ (73.68 €) Km tappa: 751.40 (467 Miles) Km totali: 4134.81 (2573 Miles) Luoghi visti: Yellowstone NP (West Thumb Geyser Basin) Grand Teton NP (Signal Mountain Overlook) Jackson Anche stamani...
Scritto da: elenick2004
come dentro un film di parte 2
Partenza il: 10/06/2007
Ritorno il: 02/07/2007
Viaggiatori: fino a 6
Sunday, 24th of June Partenza: Yellowstone NP (Fishing Bridge), WY Arrivo: Orem,UT Alloggio: La Quinta Inn Motel, Orem , UT Prezzo: 99.34 $ (73.68 €) Km tappa: 751.40 (467 Miles) Km totali: 4134.81 (2573 Miles) Luoghi visti: Yellowstone NP (West Thumb Geyser Basin) Grand Teton NP (Signal Mountain Overlook) Jackson Anche stamani approfitto dell’elettricità per scaldare al microonde i waffles al mirtillo (surgelati) da mangiare con lo sciroppo d’acero. Purtroppo non sono riuscita a trovare i pancake surgelati (forse si rovinano?) così mi sono accontentata dei waffles. Sergio va a fare la lavatrice ed a scaricare i liquami nella dump station mentre noi andiamo a comprare un po’ di magliette da regalare agli amichetti dei bimbi. Quindi partiamo un po’ in ritardo nonostante la sveglia alle 6.30. Ci dirigiamo verso Lake Yellowstone (situato a 7733ft sul livello del mare e profondo 310 ft) e ci fermiamo al West Thumb Geyser Basin. Qui vediamo subito 5 o 6 elk intenti a brucare nel boschetto che ben presto, all’aumentare dei curiosi, attraversano la strada al galoppo. Il West Thumb è luogo in cui il lago assume una forma che assomiglia ad un grosso pollice puntato verso Ovest ed il Geyser Basin dà letteralmente sul lago offrendo contrasti di colori spettacolari con le montagne Absaroka innevate (da cui nasce lo Yellowstone River) sullo sfondo. Il bacino contiene molte hot springs colorate, che possono essere raggiunte percorrendo un sentiero di 0,75 miglia, e riversa circa 3,100 galloni (11,733 litri) di acqua calda nel lago ogni giorno. Nonostante questo la temperature del lago non supera i 45°F (7°C) in estate. Vediamo Thumb Paintpots che vennero dapprima chiamate “Mud Puffs”. Si tratta di piccoli vulcani di fango. La consistenza del fango di un mud pot varia con le precipitazioni. Seismograph and Bluebell Pools vennero inizialmente nominate “Blue Pools”. Sono due bellissime piscine unite ma dai colori diversi. La Seismograph è verde smeraldo circondata di giallo/arancio ed ha una temperatura di 167°F (75°C) mentre la Bluebell è azzurro trasparente. Lakeside Spring è una piscine verde-azzurra che drena le sue acque calde nel lago. Lakeshore Geyser, costituito da 2 crateri, in passato eruttava fino a 50 ft (15m). Sebbene continui a bollire vigorosamente e continuamente non erutta dal 1970. Il cratere più piccolo non fuoriesce dalla superficie del lago prima della metà di agosto. Fishing Cone è stato così denominato perchè alcuni esploratori riportarono che sulla riva di un lago alpino si poteva pescare una trota e cucinarla in una pozza di acqua bollente senza muoversi dalla riva. Qui vediamo proprio una bella trota che si avvicina incurante alla base del cono. La temperatura dell’acqua del cono è vicino a quella di ebollizione (199°F – 93°C). Big Cone ha un grande cono che spesso è sommerso dalle acque del lago. Noi lo vediamo immerso con l’interno del cratere pieno di bollicine. Black Pool, molti anni fa, era veramente una piscina nera perchè la bassa temperature aveva permesso ai termofili verde scuro e marroni di crescervi. Nell’estate del 1991 la temperatura è salita improvvisamente uccidendo i microorganismi ed ha indotto diverse eruzioni della hot spring. Ora è una splendida piscina limpida di cui si può vedere l’interno. Abyss Pool è una delle hot spring più profonde del parco (53 ft – 16m) e varia dal turchese al verde smeraldo con tonalità di marrone al bordo. Twin Geysers è in realtà un geyser con 2 fori caratterizzato da brevi periodi di eruzione e lunghi periodi di riposo. L’ultima eruzione risale al 1999 dove il foro ad ovest eruttò fino a 70 ft (21 m) mentre quello ad est a più di 100 ft (30 m). Vediamo una hot spring che ormai ha una temperatura così bassa da essere invasa da batteri di colore marrone … Forse la Black Pool era così in passato. Dall’altro lato della passerella vediamo alcune fumarole. Blue Funnel Spring è una piscina azzurra trasparentissima come la vicina Ephedra Spring, che però è di dimensioni ridotte. La Perforated Pool ha un aspetto particolare: ha una forma di otto ed il suo fondo roccioso è tutto bucherellato. Blue Funnel Spring, Ephedra Spring e Perforated Pool sembrano collegate ad Abyss Pool, per cui il loro livello dell’acqua diminuisce quando quest’ultima è in una fase attiva. Percolating Spring deve il suo nome al fatto che ribolle vigorosamente come una caffettiera. Thumb Geyser ora è totalmente inattivo. Ledge Spring fluttua tra periodi in cui è calda, blu e piena d’acqua a periodi in cui è fredda, colorata e semivuota. Ora è in questa fase. Collapsing Pool ha un andamento altalenante simile a Ledge Spring, ed in questo momento è calda, blu e piena d’acqua bollente. Surging Spring ha una temperature media di 167°F (75°C) e, bollendo, fuoriesce dalla pozza creando onde di acqua che si immettono nel lago. Dal colore sembra che la sua temperatura si stia abbassando.

Saliamo sul camper e seguiamo il corso del Lewis River che dà origine alle Lewis Falls di 30ft. Lasciamo Yellowstone veramente a malincuore e ci dirigiamo nuovamente verso il Grand Teton dove la strada per Signal Mountain è aperta visto che è domenica. Ci avventuriamo in questa strada tortuosa e stretta (anche se non proibita per gli RV) che ci porta fino in cima alla collina tra le maledizioni di Sergio verso le mie brillanti idee. Arrivati in cima guardiamo il bel panorama della pianura di Jackson Hole, 800 ft sotto, con i Tetons sullo sfondo e mangiamo i soliti panini. Fortunatamente, scendendo per questa strada vediamo nel boschetto un orso che ben presto scappa forse spaventato da tutte le automobili ferme. Passiamo da Jackson, la cittadina con edifici in legno ed in stile western. L’ingresso della città è siglato da pile di corna di alce. Nella piazza centrale c’è la scultura simbolo del Wyoming del cowboy in sella al cavallo impennato.

Ci rendiamo sempre più conto di essere in ritardo sulla nostra tabella di marcia: non pensavo che il West Thumb fosse così bello da farci perdere la cognizione del tempo e che la deviazione della Signal Mountain ci avrebbe rallentato così tanto. In più troviamo diverse interruzioni stradali per lavori in corso nonostante sia domenica (forse erano emergenze?). Dopo Salt Lake City cominciamo a cercare un posto in campeggio o un RV, su internet ne avevo trovati una ventina tra Salt Lake e Price. Qui è un po’ più difficile trovare gli indirizzi alla prima perché sono tutti addentrati nelle campagne. Inoltre chiedendo vediamo che i primi sono completi. Ad una stazione di benzina telefoniamo ad uno fuori Provo e ci dice che è pieno. A questo punto si accende la luce del motore del RV e non accenna a spegnersi neanche dopo aver spento il motore per un pochino. Siamo un po’ preoccupati ad addentrarci nella campagna di Provo o di Orem con questo segnale del motore per cui ci fermiamo al primo motel che troviamo sperando che l’indomani la spia si sia spenta. Monday, 25th of June Partenza: Orem,UT Arrivo: Arches NP, UT Alloggio: Devil’s Garden Campground (Arches NP), UT (Campsite 25) Prezzo: 15,00 $ (11,29 €) (prenotato tramite www.Nps.Gov) Km tappa: 460.17 (286 Miles) Km totali: 4600.13 (2859 Miles) Luoghi visti: Cruise America (Salt Lake City) Green River Arches NP (Courthouse Towers) Arches NP (Balanced Rock) Arches NP (Windows section) Arches NP (Delicate Arch) Appena svegli Sergio scende per mettere in moto il camper ma la spia del motore è sempre in agguato per cui decidiamo di tornare a Salt Lake City dove c’è un deposito della Cruise America per far controllare il tutto visto che da oggi torniamo verso le zone desertiche. Un’altra mia preoccupazione sono i campeggi che non ho prenotato. Ad esempio a Los Angeles arriveremo sicuramente tardi. Non avevo prenotato perché, avendone trovati solo 4 o 5 in punti diametralmente opposti, speravo che alla Cruise America ci avrebbero dato elenchi più dettagliati per scegliere meglio ma ora non mi vorrei trovare nei guai. Quindi decido di prenotare la prima notte a Los Angeles. Non riuscendo a telefonare con il cellulare chiedo aiuto alla signorina della reception per usare il loro telefono pagando ma lei mi dice che non sono abilitati a fare telefonate così distanti (?). Fortunatamente avvicinandoci a Salt Lake City riesco a prenotare il campeggio con il cellulare e mi sento più tranquilla. Arriviamo alla Cruise America e spieghiamo il problema. Loro sono abbastanza indaffarati ma vedranno di fare qualcosa. Nel frattempo mi rendo conto che qui sono più organizzati che a Las Vegas dove gli opuscoli comprendevano solo elenchi di divertimenti. Qui gli opuscoli sono più pratici danno un elenco di RV dello Utah dove uno può fare rifornirmento d’acqua o scaricare (pagando una quota) anche quando ha campeggiato dentro i parchi. Alla fine armeggiano un po’ nel motore del camper e ci dicono che ora è tutto OK. Sono ormai le 11.30 per cui è saltata la tappa della Goblin Valley che avremmo visitato se fossimo partiti direttamente da Provo o da Orem ad un’ora decente. Ci dirigiamo comunque verso Price attraversando le zone dove i treni venivano assaliti da banditi come Butch Cassidy. La strada è molto suggestiva sia per i colori delle rocce che tendono al verde ed al giallo sia per la presenza della ferrovia dove viaggiano dei treni merci lunghissimi. Ci addentriamo in un paesaggio sempre più desertico e sempre più giallo. Decidiamo di non mangiare i soliti panini a pranzo ma di portare i bimbi in un Burghy di Price dove gli prendiamo le polpettine di pollo. Continuiamo vedendo il deserto di San Rafael con tracce di fiumi prosciugati e ci fermiamo a Green River per fare rifornimento di benzina, soldi, acqua e pan carrè/salumi per i prossimi panini. Ci dirigiamo verso Arches NP e cominciamo a vedere anche le prime rocce rossastre di Canyonlands.

Arches NP vanta la maggiore concentrazione di archi naturali nel mondo: oltre 2.000 archi catalogati presentano dimensioni a partire da un’apertura di tre piedi all’arco più lungo, che misura ben 306 piedi da una base all’altra. Il parco giace su un letto salino sotterraneo che è la causa principale della formazione di archi, guglie, rocce in bilico, pinne di roccia e monoliti tipici di questa area. Questo spesso letto salino fu deposto su un’antica faglia circa 300 milioni di anni fa, per evaporazione progressiva dell’acqua di un mare che ricopriva questa regione, e fu ricoperto dalle sedimentazioni successive, così i sedimenti compressi divennero roccia. Il sale sotto pressione è instabile, per cui con il passare del tempo il letto salino sotto il parco si mosse sotto il peso degli strati sovrastanti e si riposizionò grazie anche ai continui movimenti della faglia sottostante. Questo movimento spinse gli strati di roccia verso l’alto come cupole, facendo cadere intere sezioni nelle cavità e determinando rotture verticali che successivamente hanno contribuito alla formazione degli archi. Le profonde fratture nella terra resero la superficie ancora più instabile. Si può vedere il risultato di uno spostamento di 2.500 piedi, la Faglia Moab, dal centro visitatori. La successiva erosione tolse gli strati sedimentari più giovani. L’acqua filtrò nelle crepe superficiali, nelle giunzioni e nelle cavità sciogliendo il carbonato di calcio che forma il cemento dell’arenaria. Il ghiaccio formatosi nelle fenditure, espandendosi e premendo sulla roccia, allargò le spaccature determinando la formazione di sottili pinne di roccia e la continua erosione creò delle piccole cavità. Molte pinne danneggiate sono collassate ma le più resistenti hanno dato origine agli archi del parco. Infatti, quando l’erosione intaccò entrambi i lati di una pinna le rispettive cavità formatesi si ampliarono fino a toccarsi e ad aprire un arco. La maggior parte delle formazioni rocciose di Arches sono le Entrada Sandstones di color salmone, dove si sono formati la maggior parte degli archi e le Navajo Sandstones dal colore più pallido. Entriamo nel parco e ci fermiamo al visitor centre. In camper ci cambiamo i vestiti per metterne di più leggeri. Appena rimessi in moto vediamo sulla sinistra Park Avenue che lasciamo al giorno dopo. Ci fermiamo a “Courthouse Towers park area” per ammirare Three Gossips (le tre comari), Sheep Rock, The Organ e la Torre di Babele. Ci sono molte rocce di un rosso intenso e di forme stranissime e, sullo sfondo, una catena montuosa, “La Sal” Mountains. Riprendiamo il nostro giro verso The Windows Section e ci fermiamo per fotografare Balanced Rock, una roccia in bilico veramente immensa, che sfida la legge di gravità. Vediamo il Garden of Eden, la Parade of Elephant e finalmente arriviamo nel parcheggio dove partono 2 sentieri. Prima seguiamo il sentiero che passa per North & South Windows e per Turret Arch, caratterizzato da una torretta al lato dell’arco, (1.0 mi / 1.6 km, loop). Le finestre sono veramente enormi. Poi tornando indietro andiamo a vedere l’arco che i bimbi aspettavano in gloria: l’arco di Indiana Jones e l’ultima crociata, ovvero il Double Arch (0.8 mi / 1.2 km, round trip). A differenza degli altri archi questo è un Pothole Natural Arch. Questo tipo di arco si forma per esfoliazione chimica quando l’acqua si raccoglie in una depressione naturale e pian piano erode gli strati sottostanti creando l’apertura. Il Double Arch è il più grande “pothole arch” conosciuto ed stato è formato dallo sprofondamento causato dall’acqua piovana di un pothole alla sommità. Sergio mi dice che sono la solita esagerata che vuole vedere tutto e che, essendo ormai le 18.45, sarà difficile vedere il tramonto al Delicate Arch alle 20.44, visto che ci vuole almeno un’ora e mezzo di cammino ed un po’ di tempo per arrivare con il camper all’inizio del sentiero. Non se ne parla di non vedere il tramonto! Tra l’altro dopo la tremarella del Bryce ho un po’ di timore per questa escursione dove dicono che la parte finale sulla roccia è molto esposta. Ci dirigiamo verso il parcheggio del Delicate Arch (3.0 mi/4.8 km, round trip, elevation gain: 480 ft/146m). Facciamo vedere ad Andrea che dobbiamo arrivare almeno dove sono quegli omini piccini piccini e lui mi dice “Dai Mamma, è uno scherzo!”. Dalla paura di non arrivare in tempo prendiamo un ritmo molto sostenuto e, nonostante siano le 19.00 passate, il caldo si fa ancora sentire. All’inizio il sentiero si snoda tra bassi cespugli cresciuti nella sabbia rossa e poi sale sulla roccia levigata. Durante la salita sulla roccia scorgiamo una lepre (jack rabbit) ma non siamo altrettanto lesti a fotografarla. L’ultimo tratto, sebbene sia esposto, non mi ha dato la sensazione provata al Bryce per cui in 45 minuti siamo arrivati a vedere l’arco tanto sognato, un isolato scampolo di pinna del passato situata sull’orlo di un canyon (4829ft – 1474m) con La Sal Mountains come sfondo. Peccato che l’anfiteatro sia già pieno di gente e sia difficile ritagliarsi un posticino, ma il posto è superbo!!! Possiamo concederci un meritato riposo mentre ammiriamo l’arrossarsi delle rocce dell’arco. Dopo aver fatto innumerevoli foto con cavalletto e senza alle 20.45 cominciamo la discesa per non doverci proprio trovare con il buio (anche se nello zaino abbiamo le torce). A questo punto possiamo anche fermarci qua e là ad immortalare la parte rocciosa del percorso dove si trovano piccole colonne di sassi (“cairns”) che indicano la direzione giusta del sentiero e vedere il bellissimo panorama delle strane formazioni del parco. A quest’ora ci sono ancora persone che salgono, una coppia giovane sale correndo! Dopo le 21.00 vediamo una famiglia che è ancora nella prima fase della salita. Andiamo verso il campeggio sentendoci appagati. Sulla prenotazione via internet avevamo già il numero della piazzola per cui non ci resta che trovarla, parcheggiare e cenare sotto queste rocce multiformi che a quest’ora appaiono nere. Anche qui nel cielo è possibile scorgere la via lattea. La notte non è calda per cui il lenzuolino ci sta tutto! Tuesday, 26th of June Partenza: Arches NP, UT Arrivo: Dead Horse Point SP, UT Alloggio: Dead Horse Point State Park Campground, Dead Horse Point SP, UT (Campsite 1) Prezzo: 15 $ (12.74 €) (comprensivi dell’entrata al parco) Km tappa: 212.34 (132 Miles) Km totali: 4812.52 (2991 Miles) Luoghi visti: Arches NP (Devil’s Garden) Arches NP (Skyline Arch, Broken Arch, Sand Dune Arch) Arches NP (Park Avenue) Moab Dead Horse Point SP Canyonlands NP – Island in the Sky (Upheaval Dome) Canyonlands NP – Island in the Sky (Green River and Grand View Point Overlooks) Canyonlands NP – Island in the Sky (Mesa Arch) Ci svegliamo in mezzo ad un anfiteatro di rocce rosse sotto un cielo azzurrissimo. Andando verso i bagni del campeggio mi accorgo che siamo parcheggiati poco lontano dallo Skyline Arch. Inoltre incontro una lepre che riesco subito ad immortalare. Ormai vado sempre in bagno con la macchina fotografica o telecamera perché in campeggio la mattina o la sera si fanno sempre buoni incontri. Ci dirigiamo al Devil’s Garden costituito da una serie di rocce levigate o pinne, poste una accanto all’altra in posizione verticale, e da numerosi archi creatisi nelle rocce stesse. Vari cartelli ci avvertono non uscire dai sentieri per non distruggere la “crosta biologica del suolo”, composta da cianobatteri, licheni, alghe e funghi. Questa crosta scura copre gran parte del deserto, combatte l’erosione, assorbe l’umidità e fornisce azoto e altre sostanze nutritive per la crescita delle piante, e di conseguenza per la sopravvivenza degli animali. Lungo il sentiero gli alberi di pino (Pinyon pines) e di ginepro (Utah junipers) aggiungono un tocco di verde contrasto al rosso terreno arenario. Intraprendiamo il trail (1.6 mi / 2.6 km) per il Landscape Arch ed ammiriamo l’arco più lungo al mondo (alto 32 metri e lungo 93m). Nel 1991 una lastra di roccia lunga 60 ft, larga 11 ft e spessa 4 ft precipitò dalla parte inferiore del Landscape Arch, lasciando una striscia di roccia ancora più sottile. Nelle vicinanza notiamo una lucertola (collared lizard) dai colori magnifici che cerca di mimetizzarsi nella sabbia arancione. Poco dopo incontriamo il Wall Arch. Continuiamo per Double O Arch, trail indicato come “strenous” (4.2 mi / 6.8 km). In realtà non è molto faticoso, l’unico problema che abbiamo incontrato è che ad un certo punto il sentiero corre sulla sommità di una roccia e diviene stretto stretto con uno strapiompo sotto. In questo punto bisogna camminare in fila indiana e Sergio da solo (io riesco solo a badare a me stessa in questi frangenti vertiginosi) non se la sente di farci passare i bambini visto che c’è un forte vento. Quindi rimaniamo un po’ seduti su queste rocce a contemplare il rosso paesaggio desertico intorno a noi che si staglia contro un cielo azzurrissimo. Il vento incessante ci permette di non sentire caldo nonostante siamo in pieno sole, per cui si sta da Dio. Appena scesi dalla roccia il caldo diventa di nuovo opprimente. Per consolarci andiamo a vedere il Navajo Arch, un semicerchio scavato nella roccia rossa che presenta come dei merletti lungo le pareti. Tornando indietro nel parcheggio vediamo moltissime automobili parcheggiate e persone che cominciano a passeggiare ma il caldo ora è sempre più intenso. Ci fermiamo allo Skyline Arch (0.4 mi / 0.6 km) che è praticamente al bordo della strada. Proseguiamo, parcheggiamo, prepariamo i panini e ci avventuriamo verso il Broken Arch (1.3 mi / 2.1 km, round trip). Il sentiero è pianeggiante ed in mezzo ad una distesa di vegetazione secca inframezzata da piantine grasse; purtroppo dobbiamo camminare senza riparo sotto il sole che a quest’ora (12.00) è veramente cocente. L’arco è maestoso ed alcune rocce che lo circondano (fanno parte sempre dell’anfiteatro in cui è ospitato il campeggio) ci ricordano un teschio, un uomo addormentato, etc. Tornando indietro, passando in mezzo a pinne alte e strette, andiamo al Sand Dune Arch (0.3 mi / 0.5 km, round trip), un arco immerso in un’oasi di dune di sabbia rossa. Ci fermiamo qui a bere litri d’acqua e consumare i nostri panini. Per una buona mezz’oretta siamo soli, poi arrivano 3 ragazzi che guadano l’arco e se ne vanno. I bimbi giocano un po’ con la sabbia all’ombra facendo vari disegni con le dita. Ritorniamo al camper e ci dirigiamo verso l’uscita fermandoci ai viewpoints delle Dune Pietrificate. Ci fermiamo alla “Courthouse Towers park area” per fare foto alle rocce con un’illuminazione diversa ed a Park Avenue. Andrea è un po’ stanco e a quest’ora fa veramente molto caldo per cui scendo solo io facendo il sentiero in una sola direzione (2.0 mi / 3.2 km): qui si trovano delle enormi lastre di roccia rossa che dovrebbero ricordare i grattacieli di Park Avenue, ed infatti sono chiamate anche “skyscrapers”. Salutiamo Arches che ci ha veramente dato tante emozioni.

Facciamo rifornimento d’acqua a Moab e ci dirigiamo verso Island in the Sky, il distretto più a nord di Canyonlands e molti cartelli avvisano che qui non troveremo né acqua, né viveri, né benzina. Per prima cosa facciamo una deviazione verso Dead Horse Point State Park. Qui chiediamo al ranger se possiamo dormire nel campeggio e lui somma il prezzo del campeggio a quello dell’entrata (15$). Andiamo a mettere il foglietto sull’asta della nostra piazzola e questa volta scriviamo 27, il giorno della partenza! Il campeggio è piccolo (21 piazzole) ma molto carino. Intorno al tavolo con le panche c’è sabbia rossa ed il posto dove mettere la tenda. Gli RV possono collegarsi all’elettricità, cosa rara nei parchi, per cui lo abbiamo preferito a quello di Canyonlands. Per prima cosa ci fermiamo al Meander Overlook dove ci facciamo già un’idea del panorama di Canyonlands. Ci dirigiamo poi al “famosissimo” viewpoint (6000 ft sul livello del mare e 2000 ft sul sottostante Colorado) da dove si vede la “famosa” ansa del Colorado River. Dead Horse Point deve il suo nome al fatto che, in passato, i cowboys radunavano i cavalli selvaggi della zona nel promontorio che fungeva da recinto naturale. La leggenda narra che una volta, scelti gli esemplari migliori, abbandonarono gli altri cavalli all’interno del recinto senza che avessero possibilità di fuga, per cui morirono di sete vedendo le irraggiungibili acque del Colorado sottostante. A noi quest’ansa del Colorado ricorda molto una delle sequenze finali di Spirit, cavallo selvaggio. Con i bimbi ci immaginiamo che il cavallo sia salito proprio lì sullo sperone di roccia a destra per fare il balzo verso la mesa che sovrasta l’ansa. Dal view point si può vedere anche il risultato del modellamento dell’altopiano del Colorado da parte del fiume che in ere passate è sprofondato nella crosta terrestre e dei fenomeni erosivi che hanno scolpito forme fantastiche. Si ha una vista a 270° sul Colorado e sui canyons collaterali: dagli stagni di una miniera di potassa a nord-est alla vasta area costellata di buttes, pinnacoli, colline e bordi erosi a sud con lo scenario di la Sal Mountains sullo sfondo. A ovest si scorge la mesa di Island in the Sky e parte dello Shafer Canyon. Qui passaggiamo sulla formazione Kayenta, che nello Zion e nel Bryce risultava tra le formazioni più antiche, e quindi le rocce erose sottostanti sono ben ben più remote come quelle del Grand Canyon. Più in basso, sulla Potash Road hanno girato le sequenze finali del film Thelma e Louise.

Andiamo verso Island in the Sky, che consiste in un altopiano che funge da torretta di osservazione sulle Canyonlands. Per prima cosa raggiungiamo l’Upheaval Dome (la Cupola sollevata), un cratere profondo 1500ft (460m). Lungo il percorso ( 1 mi/1.5 km to first overlook, elevation gain: 50 feet) troviamo un kangaroo rat ed una lepre. Una teoria propone che l’Upheaval Dome si sia creato quando lo strato di sale sotterraneo mosse gli strati di pietra arenaria sovrastanti e, dopo la corrosione degli strati superficiali, si sarebbe ottenuto il cratere odierno. Un’altra teoria ritiene che la sua comparsa sia stata causata dall’impatto di un meteorite. Proseguiamo il nostro giro verso Green River Overlook, dove si ha una vista spettacolare sul Green River. Proseguiamo per Grand View Point Overlook che offre una vista mozzafiato sui canyons, sulla catena montuosa La Sal Mountains ad est ed in lontananza sul distretto the Needles a sud. Nel corso di milioni di anni il Colorado River e il suo principale affluente il Green River, hanno scavato un’ampia valle mediamente larga 70 km e larga 600 mt. Dall’altopiano risultante (a 6000ft/1800 mt sul livello del mare) si vede 370 mt in basso il White Rim in cui il Colorado River e il Green River hanno aperto questa voragine. Peccato che la visione dai viewpoint dia solo un assaggio del parco perché le parti più belle da vedere sono molto distanti. Mi piacerebbe molto tornare con una 4X4 (o un’auto che affittano a Moab) e percorrere la Potash Road e la White Rim Road di Island in the Sky. Credo che soltanto arrivando al rim si possa godere della vera bellezza di questo posto. Anche qui la crosta biologica è fondametale per l’ecosistema che si è creato nel deserto. In questo parco abbiamo incontrato pochissime persone ed infatti regna una pace sublime. Torniamo indietro fino alla biforcazione della strada e ci incamminiamo lungo un sentiero (0.5 miles /0.8 km round trip), fiancheggiato da Pinyon pines e Utah junipers (sopravvivono con meno di 25cm di pioggia per anno), per vedere il tramonto al Mesa Arch, un arco naturale di roccia bianca sulla sommità di una gigante arena naturale di arenaria rossa. L’arco crea una finestra sulla vallata sottostante, con un precipizio di varie centinaia di metri. Vedere qui il tramonto è eccezionale e non credo che nessuna foto possa rendere giustizia a quanto abbiamo assistito: attraverso questa finestra bordata di bianco le sottostanti rocce diventano rosso-arancio e la luce rossastra si riflette sull’arco stesso. Avvicinandosi al precipizio si distinguono meglio le forme delle rocce (pinnacoli, mesas, buttes) ed i canyons. Non vogliamo più andare via (siamo noi ed un ragazzo intento a fare foto con il cavalletto), ma una lepre, anche grossotta, ci ridesta improvvisamente. Torniamo al campeggio appagati! Arrivati alla piazzola vediamo un’auto parcheggiata al nostro posto. Arriva una signora (scopriamo che è danese) a cui diciamo che il posto è prenotato e lei risponde “il 27, ma oggi è il 26!”. Le faccio vedere la ricevuta che ci ha rilasciato il ranger (loro sono arrivati sicuramente dopo le 18.00 quando entra in vigore il sistema della busta), le spiego che viene sempre indicata la data di partenza e che noi al Bryce abbiamo commesso un errore simile. Lei non è molto convinta ad andarsene perché loro sono in tenda, l’hanno già montata e stanno già cucinando nel “nostro” barbecue. Ci guardiamo tra di noi e le chiediamo se loro hanno bisogno dell’elettricità (noi dobbiamo caricare le pile!!!). Visto che loro non ne hanno bisogno, le diciamo di spostare un po’ la macchina in modo da far entrare anche il nostro camper e che stanotte divideremo la piazzola per non fargli smontare la tenda. Approfittiamo del microonde per mangiare il restante cibo messicano e poi tutti a nanna. Abbiamo dormito benissimo né caldo, né freddo e con la sensazione di essere veramente fuori dal mondo. Continuo a ripetere che questo e Arches sono i campeggi che mi sono piaciuti di più.

Wednesday, 27th of June Partenza: Dead Horse Point SP, UT Arrivo: Monument Valley, UT Alloggio: Monument Valley, UT Prezzo: 5$ Km tappa: 313.75 (195 Miles) Km totali: 5126.27 (3186 Miles) Luoghi visti: Dead Horse SP Moab Gooseneck SP Mexican Hat Monument Valley (Navajo Tour) Appena svegli facciamo colazione e ci ridirigiamo a vedere il viewpoint con una luce diversa. Lungo il tragitto incontriamo prima i danesi che ci salutano e poi un gruppo di cervi che scappano a nascondersi, forse per il rumore del camper. E’ sempre un’emozione vedere questo panorama! Torniamo verso Moab e scendendo ci fermiamo a tutti i viewpoints lungo la strada principale. Mi sono proprio piaciuti: farli in discesa dà la sensazione di scendere dentro un canyon. Si vedono pian piano gli strati di sedimentazione sempre più profondi delle rocce che ci circondano. Ci fermiamo a Moab per fare rifornimento di benzina e di acqua. Imbocchiamo la UT-191 ma dopo poco ci troviamo a corsie alternate per lavori in corso dovuti all’allargamento della strada. Incontriamo belle rocce scolpite (Wilson Arch, Church Rock) e la famosa scritta Hole‘n the Rock. Il paesaggio si fa sempre più brullo ed i paesini sono costituiti da 5-10 case. Proseguiamo lungo la famosa UT-163 e, costeggiando la Valley of Gods, il paesaggio assume fattezze particolari con rocce simili a quelle della Monument Valley. Facciamo una deviazione per Gooseneck State Park, dove non si paga alcun biglietto. Pranziamo con i soliti panini e ci godiamo la vista di vari colli d’oca del San Juan River che sono il risultato di milioni di anni di sedimentazione ed erosione da parte del fiume stesso. C’è un vento micidiale e nessun parapetto. Guardo incredula un signore che con un simile vento si posiziona con il cavalletto al bordo del precipizio! Ritorniamo sulla UT-163 e poco prima di Mexican Hat ci fermiamo a fotografare la famosa roccia che per noi è quella di Cars. I bimbi si divertono ad individuare il punto dove Saetta Mc Queen è uscito fuori pista. Continuiamo lungo la UT-163 che, arrivando verso la Monument Valley, è qualcosa di unico! Vediamo il punto in cui Forrest Gump dice “Sono un po’ stanchino” e ci fermiamo a ripetizione per fare foto. Le formazioni che vediamo in lontananza sono mesas, buttes e pinnacoli che derivano dall’erosione dell’altopiano del Colorado. La “mesa” è una collina isolata con fianchi scoscesi ed una cima pianeggiante con un’area (3-10Km2) molto più piccola di un “plateau”. Il “butte” (dal francese “piccolo collina”) è anch’esso una collina isolata con fianchi scoscesi ed una cima pianeggiante con un’area inferiore ai 1000m2, quindi molto più piccola di una “mesa”. In pratica la mesa ha un’ampiezza superiore alla sua altezza mentre il butte è più alto che ampio. La forma caratteristica di mesas e buttes è determinata dai tipi di rocce che le hanno formate. Infatti le mesas si sono formate nelle zone dell’altopiano dove un cappuccio di roccia dura, resistente all’erosione, per lo più di origine vulcanica, copriva rocce più morbide e facilmete modellabili dall’azione dell’acqua e del vento. A differenza dei lati che sono verticali, la base di queste formazioni degrada dolcemente a causa dell’accumularsi del materiale roccioso eroso in alto. Nei punti dell’altopiano dove non c’erano rocce resistenti, l’intera formazione è stata spazzata via in milioni di anni per dare origine ad una valle. Tuttavia, essendo fenomeni dinamici, il cappuccio delle mesas con il tempo è andato incontro a rotture, deformazioni, restringimenti permettendo una riduzione della superficie delle mesas stesse che hanno creato i buttes e che, a loro volta, hanno dato origine ai pinnacoli. Questi sono alte torri o guglie di roccia che con il passare del tempo possono sbriciolarsi nella valle. Mesas e buttes sono stratificati in tre strati principali (la formazione Organ Rock, DeChelly sandstones e la formazione Moenkopi), che corrispondono alle formazioni più recenti del Grand Canyon, ed incappucciati dalla “dura” formazione Shinarump.

Avvicinandoci cominciamo a riconoscere le formazioni più famose della valle: in primo piano, da sinistra a destra, tre formazioni ravvicinate chiamate Castle Butte, Bear and Rabbit, e Stagecoach, il caratteristico The King on his Throne e l’imponente Brigham’s Tomb. In secondo piano Right Mitten, Merrick Butte, Left Mitten e Sentinel Mesa seguiti da Mitchell Mesa. Sullo sfondo fanno capolino le Three Sisters a sinistra e Gray Whiskers a destra.

Entriamo nella Monument Valley (nome Navajo:Tse’Bii’Ndzisgaii) pagando 5$ a testa (i bimbi non pagano) e ci troviamo catapultati in un caos incredibile. Questa è una riserva indiana che si estende per 91696 acri a cavallo tra Utah ed Arizona (a 5564 ft sul livello del mare), gestita direttamente dagli indiani Navajo. Per prima cosa chiediamo se è possibile dormire nel campeggio e ci dicono di si. In realtà il Mitten View Campground non esiste più ma si può campeggiare in una specie di parcheggio per 5$ se si è autonomi. Infatti dopo le 20.30 chiudono anche i bagni del visitor center. Per visitare il parco bisognebbe percorrere in camper una strada sterrata che è, in molti punti, piena zeppa di buche. Soprattutto il primo tratto, che al ritorno va fatto in salita, è veramente disastrato. Con il camper non si deve guidare su strade sterrate: visto l’andamento della vacanza non vogliamo dover pagare qualche danno aggiuntivo per cui decidiamo di fare il giro con gli indiani Navajo alle 17.00 (i bambini fortunatamente non pagano!!!). Per la gioia di Andrea che cerca italiani facciamo il tour con una famiglia di Torino. Purtroppo fare il tour organizzato non ti permette di soffermarti dove e quanto vorresti però ti permette di visitare luoghi che con la propria auto non si possono raggiungere. Per prima cosa la guida ci fa vedere due hogan e ci racconta del loro uso e dell’importanza che loro danno alla madre terra. Hogan o hoghan è l’abitazione tradizionale del popolo Navajo, composta da legname e terra, ed è considerata sacra. Infatti il “male Hogan” (casa maschile) è fatto come i classici igloo con una lunga entrata e contiene un vestibolo utilizzato per cerimonie sacre. Il “circular o female Hogan” è la casa familiare ed è più grande con una forma ottagonale che si restringe in un tetto tondo ricoperto di argilla rossa. Al centro della casa c’è un piccolo camino. I vari settori della casa servono per compiere particolari attività, come cucinare, dormire, giocare, raccontare storie.

Percorriamo la strada sterrata sul camioncino dei Navajo. Il terreno della Monument Valley è costituito principalmente da rocce e sabbia rossa erosa dall’altopiano o depositata dai fiumi che percorrevano la valle. Il colore rosso è dovuto all’ossido di ferro derivato dalle rocce modellate. Le rocce più scure invece devono il loro colore all’ossido di manganese. Ci fermiamo ad ammirare The Mittens (i guanti per le mani di Dio) e Merrick Butte. Sembra che Mitchell Butte and Merric Butte debbano il nome a due soldati al servizio di Kit Carson morti nel tentativo di minare l’area sacra alla ricerca dell’argento. Dietro Left Mitten si scorgono, da sinistra verso destra, Sentinel Mesa, Big Indian, Castle Butte, Bear and Rabbit, Stagecoach e The King on his Throne (sullo sfondo Brigham’s Tomb). Ci fermiamo in un punto per vedere le due mesas Elephant Butte e Camel Butte che ricordano rispettivamente un elefante ed un cammello e dall’altra parte le Three Sisters (nel senzo di 3 suore cattoliche, anche se John Wayne riteneva fosse una W a memoria del suo cognome!). Arriviamo al John Ford’s Point, il cui nome ricorda il regista che girò molti film nella valle, il primo dei quali fu Ombre rosse (Stagecoach) con lo stesso John Wayne. Nella valle sono stati girati molti film tra cui My Darling Clementine, Sentieri selvaggi, I cavalieri del Nord Ovest (She Wore a Yellow Ribbon), Alla conquista del West, L’oro dei Mackenna, Ritorno al futuro III ed una piccola sequenza di 2001 Odissea nello spazio. Da qui si vedono The Mittens e Merrick Butte da un’altra angolazione che permette di vedere distintamente Big Indian, Castle Butte e Stagecoach.

Arrivati a The Hub (dalla forma di mozzo di una ruota, che corrisponde al centro geografico della valle) si vede la Raingod Mesa dove si trova una piattaforma in cui il “medicine man” invocava la pioggia e dove è possibile distinguere una mano. Si procede per la strada alternativa verso Thunderbird Mesa dove vediamo la testa di indiano ed un’ala scolpite dal vento nella roccia e Sleeping Dragon, una imponente formazione rocciosa che ricorda un drago addormentato di cui si può distinguere perfino la coda. Dalla jeep vediamo 2 mustang che corrono verso un piccolo villaggio ed i bimbi li battezzano ovviamente Spirit e Pioggia. Nonostante la Monument Valley sia famosa per i buttes e le mesas, nella valle ci sono numerosi archi visitabili solo con le guide. Noi siamo riusciti a vederne 4 nell’area a sud della Thunderbird Mesa. Arriviamo a Eye of the Sun che è un “cave-type natural arch”, eroso nelle DeChelly sandstones, da cui passa la luce del sole formando un cerchio sul terreno più o meno allungato a seconda dell’orario. Un Cave Natural Arch è il risultato del collassamento del tetto di una cavità dovuto per lo più a fenomeni tensionali. Qui si trovano anche dei disegni rupestri fatti probabilmente dagli indiani Anansazi. Infatti i Navajo si stabilirono nella Monument Valley centinaia di anni dopo che gli antichi Anasazi erano scomparsi. Di fronte possiamo vedere una formazione che i turisti hanno ribattezzato Submarine rock. Un’altra bellissima tappa è rappresentata da Ear of the Wind, un “pothole natural arch” eroso nelle DeChelly sandstones. Per arrivare all’arco si sale su una collinetta di sabbia rossa dove i bimbi si divertono sia a scalarla che a ridiscenderla di corsa. Qui si ha veramente una sensazione di pace! Arriviamo al Big Hogan, un “cave-type natural arch” formatosi nelle DeChelly sandstones. In questa cavità naturale c’è un’acustica spettacolare. La guida ci dice che qui hanno girato una sequenza di Indiana Jones ma noi non riusciamo a ricollegare l’immagine del Big Hogan a nessun film della saga. Vediamo una roccia a forma di ocarina ed il Mocassin Arch che è un “pothole natural arch”. Forse ci siamo attardati troppo cercando di godere questi luoghi (il tour deve durare 2 ore e mezzo) infatti durante tutto il percorso le altre jeep arrivavano e ci sorpassavano. Quindi ora la nostra guida ci fa vedere in lontananza Totem Pole and Yei Bi Chei e dice che ora farà soltanto una sosta all’Artist Point a meno che noi non chiediamo di fermarci per fare una foto. Totem Pole è un pinnacolo rosso di 400ft che ricorda un totem mentre Yei Bi Chei ricorda le figure sacre del popolo Navajo. Infatti, queste formazioni rocciose somigliano a uomini Navajo vestiti come Yei Bi Cheis che fanno danze a scopo di guarigione nella cerimonia sacra dei 9 giorni chiamata “Night Way Ceremony”, che si svolge in inverno. Mi sento un po’ inibita e non chiedo di fermarci per fotografare più da vicino Totem Pole, cosa di cui mi pento subito dopo. Ci fermiamo all’Artist’s Point per vedere ancora una volta tutta la valle da un’altra angolazione e facciamo una piccola sosta-foto a The Thumb. Arriviamo in tempo ma con la sensazione di aver fatto le cose troppo in fretta per i nostri gusti. Ci organizziamo per fotografare il tramonto dal visitor center e lo spettacolo è superbo. Ci attardiamo così tanto che, quando decidiamo di andare al parcheggio designato a RV park sotto la Sentinel Mesa, troviamo la sbarra chiusa. Che fare? Ritorniamo al parcheggio del visitor center e passiamo la notte lì proprio davanti ai Mittens ed a Merrick Butte. . Thursday, 28th of June Partenza: Monument Valley, UT Arrivo: Page, AZ Alloggio: Lake Powell Campground, 849 South Coppermine Road, Page, AZ (Campsite 43) Prezzo: € Km tappa: 429.6 (267 Miles) Km totali: 5555.88 (3453 Miles) Luoghi visti: Monument Valley Page Upper Antelope Canyon Antelope Point Marble Canyon (Navajo Bridge) Lee’s Ferry (Cathedral Rock) Vermillion Cliffs Lake Powell Io e Sergio ci svegliamo alle 5.30 per vedere l’alba nella Monument Valley. E’ uno spettacolo incredibile che si può vedere perfino dall’interno del camper. All’inizio siamo soli poi pian piano arriva qualche persona per fare foto. Con la luce del mattino riprendiamo anche Mitchell Butte e Gray Whiskers che risultano arrossati, e gli hogans. Ormai siamo talmente elettrizzati che non riusciamo più a dormire per cui alle 7.30 partiamo, lasciando i bimbi a letto, e ci dirigiamo verso Page. A Kayenta ci fermiamo a prendere un caffè (uno alla menta ed uno al caramello) e poi lungo la strada deserta che porta a Page ci fermiamo per scaldare il latte per la colazione dei bimbi. Arrivati a Page prenotiamo la visita all’Upper Antelope Canyon per le 11.30 (6$ x3 per entrare + 50$ totali per il tour) ed andiamo alla ricerca di un campeggio. Troviamo subito il Lake Powell Campground e posizioniamo il nostro cartellino sull’asta della piazzola. Torniamo all’Antelope Canyon e cominciamo il tour con la jeep insieme a 4 ragazzi francesi e 2 americani. Il canyon fù scoperto da una pastorella Navajo e deve il suo nome alle numerose antilopi che popolavano i dintorni. Il nome Navajo è Tse bighanilini, cioè “il luogo dove l’acqua corre attraverso le rocce”, che mi sembra più appropriato. E’ una magnifica gola larga 2 metri e lunga 200 scavata nell’arenaria rossa e modellata da acqua e vento. Tra le 11.00 e le 13.00 il canyon riceve il massimo della luce e la roccia acquista un bel colore arancione che contrasta con il nero delle zone in ombra. Il canyon è molto affollato, per cui diventa veramente difficile fare foto senza incappare in qualche testa o piede, ma è veramente suggestivo. I giochi di luce sulla roccia tornita ed il contrasto tra i colori predominanti, nero ed arancione, creano delle immagini continuamente mutevoli. In più c’è sempre qualcuno che alza la sabbia del canyon verso la luce che filtra dalle fessure creando uno scenario surreale. E’ veramente imperdibile! Avevamo promesso ai bambini di fare il bagno nel lago. A dire la verità volevamo farlo anche nel Salt Lake ma abbiamo perso talmente tanto tempo quel giorno che abbiamo rinunciato. Così ci dirigiamo all’Antelope Point. Qui però troviamo principalmente scogli. A causa del gesso, solo Sergio può tuffarsi e, differentemente da me, lui non è molto tranquillo quando deve seguire Andrea nell’acqua alta per cui rinuncia in partenza. Però per non deludere del tutto i bimbi torniamo al campeggio e gli facciamo fare il bagno nella piscina “salata” del campeggio e poi mangiamo. Nel frattempo mi dedico alla lavatrice ed asciugatrice. Nel pomeriggio decidiamo di andare a vedere il Navajo Bridge sul Marble Canyon, un ponte in ferro inaugurato nel 1929 che permetteva l’attraversamento del Colorado e che è diventato un monumento nazionale. Oggi per attraversare il Marble Canyon si passa su un ponte parallelo al Navajo Bridge. Ci dirigiamo verso Lee’s Ferry passando attraverso un paesaggio che ricorda la Monument Valley tra cui spicca la grande Cathedral Rock e numerose rocce in precario equilibrio. Lee’s Ferry era il punto dove alla fine del 1800 venne inaugurato il primo traghetto per attraversare il Colorado, unica via fino alla costruzione del Navajo Bridge. Arriviamo al fiume ed i bimbi si divertono a camminarci con i sandalini ed a fare disegni sulla sabbia della riva. Lee’s Ferry segna l’inizio del Grand Canyon perché poco più a valle si ergono alti pendii da entrambi i lati del fiume che formano il Marble Canyon. Stando sulla spiaggetta possiamo ammirare di fronte formazioni marrone scuro simili a quelle che costituiscono il Marble Canyon. Qui è impressionante il rumore assordante delle cicale. Tornando indietro facciamo una deviazione per vedere le Vermillion Cliffs (che a quest’ora sono un po’ in ombra) e tornando verso Page rivediamo le Echo Cliffs con un’altra luce. Andiamo verso il Lake Powell, che in realtà è un lago artificiale creato grazie alla costruzione di un’enorme diga sul fiume Colorado in prossimità del Glen Canyon. Attraversiamo la diga sul Glen Canyon e ci dirigiamo verso Whawheap Marina, dove basta avere il National Park Pass per entrare, e seguiamo la Scenic View ormai al tramonto. Infatti passando da Utah ad Arizona abbiamo guadagnato un’ora ma ora il tramonto arriva intorno alle 19.45 per cui le nostre giornate sono più “corte”. Ci fermiamo ai vari view points. In lontananza vediamo mesas e buttes tipici del canyon che ora è diventato un lago. Si distingue la Navajo Mountain, una montagna isolata a forma di cupola, il cui picco raggiunge i 3,148m (10,416 feet). E’ una montagna sacra per i Navajo che la identificano con la testa della madre terra il cui corpo è rappresentato dalla Black Mountain e le estremità dalla Balukai Mesa. E’ bello vedere queste rocce rosse o bianche emergere dal blu del lago contro un cielo altrettanto blu, venato dall’arancio-rosso del tramonto. Con la luna quasi piena torniamo al campeggio. Ceniamo velocemente e poi andiamo a letto.

Friday, 29th of June Partenza: Page, AZ Arrivo: Grand Canyon NP, AZ Alloggio: Mather Campground, Grand Canyon NP, AZ (Campsite 11) Prezzo: 18$ (13.55 €) (prenotato tramite www.Nps.Gov) Km tappa: 242.96 (151 Miles) Km totali: 5798.84 (3604 Miles) Luoghi visti: Page Horse Shoe Bend Grand Canyon NP Per prima cosa, dopo colazione, cerchiamo un internet point a Page e poi ci dirigiamo verso l’Horse Shoe Bend che si trova lungo la US-89. Lasciata la macchina al parcheggio si deve seguire un sentiero che per circa 1.25 miglia alterna tratti in salita e discesa fino ad arrivare sul bordo di un baratro che si affaccia sul Colorado River. Si vede un’ansa del Colorado a forma di ferro di cavallo con l’acqua verde-azzurra, a differenza di Dead Horse Point. Lo spettacolo è impressionante! Anche le rocce circostanti sono particolari: a noi sembrano sfogliatelle napoletane. Pare siano rocce del periodo giurassico erose nei millenni da acqua e vento. Proprio qui Giorgio Faletti ha ambientato un momento fondamentale del suo ultimo libro. Continuiamo a percorrere la US-89 per arrivare al Grand Canyon NP entrando dalla East Entrance. Prima di entrare facciamo benzina e ci riforniamo di viveri.

Il Grand Canyon è un’immensa gola creata dal fiume Colorado che si estende tra il lago Powell ed il lago Mead per una lunghezza di oltre 450km. Per la maggior parte è incluso nel parco nazionale del Grand Canyon, uno dei primi parchi nazionali degli Stati Uniti. Il primo tratto di circa 100km, dal Marble Canyon fino alla confluenza del Piccolo Colorado, ha una profondità di 1200m. Più a valle, dove il fiume si snoda in ampie serpentine, è visibile una forra più profonda a pareti verticali assai vicine tra loro e alte 300-400m, sopra le quali il solco si apre in ampi gradini intagliati nelle formazioni rocciose disposte orizzontalmente; tali gradini sempre più distanziati, raggiungono il bordo dell’altopiano dove la distanza tra north e south rim diviene di 8-16 miglia (13-26 km). La parete del canyon, dal rim al fiume, è di circa 5000 ft (1500m). Gli strati rocciosi messi a nudo dall’erosione rappresentano una serie ordinata di sedimenti deposti nei millenni. Infatti la geologia della zona del Grand Canyon espone una delle sequenze di roccia più complete di qualsiasi altro luogo: i principali strati di roccia sedimentaria esposti nel canyon oscillano per età da duecento milioni a quasi due miliardi di anni. La maggior parte furono depositati in mari caldi e poco profondi e vicino a coste marine antiche e da tempo scomparse. Sono rappresentati sia sedimenti marini che terresti, incluse dune sabbiose fossilizzate (Coconino Sandstone) derivanti da un deserto estinto. La grande profondità del Grand Canyon ed in particolare l’altezza dei suoi strati può essere attribuita all’innalzamento di 5000-10000 piedi (1500-3000 metri) della placca del Colorado, cominciato circa 75 milioni di anni fa quando si formarono le Montagne Rocciose. Il sollevamento accelerato iniziò diciassette milioni di anni fa quando si stavano formando gli Altipiani del Colorado, sui quali è situata la zona. Gli altipiani del Kaibab, del Kanab e dello Shivwits delimitano la parte settentrionale del canyon e il Coconino quella meridionale. Questo innalzamento ha accentuato il dislivello del corso del fiume Colorado e dei suoi affluenti, risultando in un aumento delle velocità delle acque e quindi della loro capacità di erosione delle rocce. Il canyon si formò circa 5,3 milioni di anni fa quando il Golfo di California si aprì ed abbassò così il livello di base del fiume da quello dei grandi laghi interni al livello del mare. Climi più umidi portati dalle ere glaciali e le accresciute precipitazioni aumentarono la capacità erosiva dei fiumi. Con un volume di flusso notevolmente accresciuto, un gradiente aumentato e un livello di base inferiore, il Colorado scavò più velocemente di quanto avesse mai fatto prima. Iniziò rapidamente a creare il Grand Canyon due milioni di anni prima di adesso, raggiungendo quasi la profondità moderna entro 1,2 milioni di anni fa. Inoltre circa due milioni di anni fa l’attività vulcanica iniziò a depositare cenere e lava sulla zona. Almeno tredici grandi colate di lava fecero da diga al Colorado, formando enormi laghi profondi fino a 600 m e lunghi 160 km. Occorsero circa 20.000 anni dall’inizio della formazione di ciascuna diga sino alla sua distruzione da parte del fiume stesso. La fine delle ere glaciali cominciò a cambiare il clima della zona da quello pluviale a condizioni semi-aride più asciutte simili a quelle odierne. Con meno acqua per scavare, la capacità erosiva del Colorado fu grandemente ridotta (inoltre le rocce della Gola Interna sono relativamente resistenti all’erosione). I processi di movimenti franosi cominciarono così a divenire relativamente meno importanti di quanto non fossero prima.

Ci fermiamo a Desert View (7438 ft/2267 m), compriamo un po’ di ricordi per parenti ed amici e mangiamo i panini su una panchina circondati da corvi. Saliamo sulla Watch Tower, la torre che ci dà una bella vista del South Rim del Grand Canyon da cui si vede il torbidissimo Colorado River. Percorriamo tutta la Desert View Drive, o East Rim Road, fino a Yavapai Point e ci fermiamo ai vari viewpoints (forse un po’ troppo!). Al Navajo Point (7461ft/2275m), il canyon si allarga e lascia ampio spazio al Colorado con le sue rapide. Davanti a noi c’è il Tanner Canyon. A sinistra si vede Escalante e Cardenas Buttes dietro cui si intravede Unkar Creek. Sul north rim, verso sinistra, si distinguono l’imponente Wotans Throne e Vishnu Temple. A Lipan Point (7360ft/2243m), il mio preferito da questo lato, c’è un panorama fantastico sul Seventyfive Miles Creek. Dietro Escalante Butte si vedono le badlands ondulate intorno a Unkar Delta. Qui, alla fine di Unkar Creek, il Colorado mostra delle rapide. Il fiume poi si allontana verso l’infinito e ci dà il senso dell’immensità della natura. In questa direzione si scorge in lontananza Yaki Point. A sinistra si ergono i ripidi pendii sotto Pinal Point. A Moran Point (7160ft/2182m) non si vede quasi più il fiume ma le sfumature di colore delle rocce sono veramente impressionanti. Soprattutto in basso nella zona del Red Canyon. A sinistra si erge il Coronado Butte. Un blocco isolato di Kaibab Limestone caratterizza il lato est del view point. Incontriamo un coyote lungo la strada per Grandview Point (7399ft/2256m). Qui il Colorado non si vede perché dista ben 4 miglia. Lo spettacolo che si osserva è bellissimo: i pendii sono meno ripidi e sono scolpiti in numerosi buttes digradanti come Sheba Temple e Soloman Temple nel north rim. A destra è visibile la caratteristica Horseshoe Mesa delimitata ad ovest dal Cottonwood Creek e ad est dal Hance Creek. Un’altra bella mesa si trova tra Grapevine e Cottonwood Creeks. A Mather Point siamo circondati da rocce colorate e multiformi. Davanti a noi si vede il Bright Angel Canyon e, più a destra, lo Zoroaster Temple. Sulla destra spicca il caratteristico O’Neill Butte/Cedar Ridge su cui si snoda il South Kaibab Trailhead. Prendiamo lo shuttle della linea verde e ci fermiamo a South Kaibab Trailhead, punto di partenza dell’omonimo sentiero che scende nel canyon fino al Colorado River. Qui vediamo molti cavalli in un recinto che servono per le gite in fondo al canyon. Ripartiamo per Yaki Point (7262ft/2213m) che è un posto veramente magnifico dove cominciamo a vedere le rocce che diventano rosse piano piano. A sinistra è delimitato da O’Neill Butte/Cedar Ridge mentre a destra da Newton e Pattle Buttes. E’ possibile scorgere anche da qui lo Zoroaster Temple. Al di là di Pattle Butte è possibile scorgere Clear Creek e Eightythree Mile Creek. Ci rendiamo conto che, essendo in Arizona, ormai ci stiamo avvicinando al tramonto e quindi non faremo mai in tempo a vedere con lo shuttle della linea rossa i viewpoints prefissati. Parcheggiamo, facciamo una fila chilometrica per prendere il bus ed arriviamo ad Hopi Point, dove scendono tutti. Appena arrivati alla terrazza vediamo un mare di gente che si sta calpestando a vicenda per avere un posto in prima fila. Così cerchiamo di salire sul bus successivo per andare a Pima Point ma l’autista ci dice che ora non vanno più in quella direzione ma riportano soltanto le persone indietro! Così ci piazziamo sul sentiero, anche quello strapieno, per cercare di riprendere il tramonto tra lo svolazzare di capelli di una ragazzina ed il gesticolare della mamma che deve assolutamente riprendere il tramonto con la figlia in prima piano. A destra, The Battleship è già tutta arrossata per il tramonto. Sotto l’overlook c’è un’ampia mesa di 2000 ft, Dana Butte, fiancheggiata da Salt Creek e Hopi Creek che incontrano il Colorado formando una serie di rapide. Davanti a noi, nel north rim, c’è un gruppo di mesas battezzate con nomi dell’antico egitto: Isis Temple, Horus Temple e Osiris Temple. Ad ovest, oltre la formazione chiamata l’Alligatore, per la sua forma, è possibile scorgere il Colorado. Questa parte del canyon è veramente troppo frequentata e purtroppo tutto questo non ci ha permesso di apprezzare bene il tramonto. Forse era meglio fermarsi a Yaki Point dove non c’erano molte persone … col senno di poi! Torniamo al parcheggio e ci dirigiamo verso il campeggio dove un ranger ci indica il percorso per arrivare alla nostra piazzola prenotata dall’Italia (di cui avevamo già il numero). Questa è la nostra ultima notte in un parco e la luna è piena. Magnifico! Anche se mi dispiace un po’ che questa sia l’ultima sera a contatto con la natura.

Saturday, 30th of June Partenza: Grand Canyon NP, AZ Arrivo: Los Angeles (Pomona), CA Alloggio: Fairplex KOA campground, 2200 North White Ave., Pomona, Los Angeles, CA (Campsite 173) Prezzo: 35.75 $ (prenotato per telefono da Salt Lake City) Km tappa: 746.58 (464 Miles) Km totali: 6545.41 (4068 Miles) Luoghi visti: Grand Canyon NP (Helicopter Tour) Bedrock Williams Ci svegliamo e vediamo 5 o 6 corvi intenti a banchettare con i resti della cena del vicino. Dopo colazione ci dirigiamo verso sud a Tusayan dove alle 8.30 abbiamo l’appuntamento per il tour con l’elicottero Papillon. Per questo volo dobbiamo ringraziare la generosità delle persone che hanno sovvenzionato il nostro viaggio di nozze, che è andata oltre le aspettative, permettendo di includere anche questa indescrivibile esperienza! Nel nostro elicottero c’è anche una coppia californiana. Sergio è il prescelto per viaggiare accanto al pilota per cui prende la telecamera. Io resto un po’ spiazzata perché avevo preparato tutto per la telecamera e mi ritrovo a dover cambiare in volo sia la pila che la compact flash della macchina fotografica che aveva solo 2 foto a disposizione! I bimbi sono eccitati e si mettono cuffie e cinture. Partiamo sorvolando la foresta del parco con la musica di sottofondo. Poi d’un tratto si apre sotto di noi il Grand Canyon in contemporanea con l’inizio della colonna sonora di 2001 Odissea nello Spazio. E’ uno spettacolo magnifico: si vedono perfino le rapide del Colorado! Dall’alto al basso si vedono forme e colori delle rocce sempre diversi. Nelle cuffie sentiamo la descrizione del Grand Canyon in italiano. Si arriva fino a Point Imperial e poi si torna nella foresta costeggiando il canyon. Alla fine ci si rituffa nel canyon per un ultimo saluto. A questo punto, forse per il caldo o per il movimento cullante, Andrea riesce perfino ad addormentarsi! Ritorniamo sulla foresta vedendo l’entrata sud del parco dall’alto e quindi atterriamo. Irene ci chiede di prendere la foto con tanto di attestato di volo come ricordo ed in questo caso l’accontentiamo.

Ancora frastornati ed eccitati ci dirigiamo verso sud ed incontriamo la città di Bedrock: Yaba daba dooh! E’ un parco giochi, credo ci siano soltanto scivoli o cose simili, sullo stile della città dei Flintstones. Visto che oggi ci attende un altro tappone decidiamo di non entrare ma di far fare soltanto un po’ di foto ai bimbi all’esterno sull’automobile dei Flintstones con tanto di roulotte, vicino ai bagni fatti a forma di casetta tipica di Bedrock e vicino al dinosauro. I bimbi sono contenti lo stesso. Ripartiamo e percorriamo la strada verso Williams. Qui ci sono i resti della ROUTE 66 che, come avrete già capito, ci interessano non soltanto per rievocare l’atmosfera tipica americana alla Easy Rider o per ricordare i racconti di John Steinbeck ma soprattutto per ritrovare i luoghi disegnati in Cars. Infatti troviamo un’officina meccanica identica a quella di Luigi, una pompa di benzina anni ’50 con accanto parcheggiato Doc Hudson, poco più in là Flo e Fillmore. I bimbi non credono ai loro occhi!!! Un cartone che diventa realtà. Nel centro della città la Route 66 si divide in due strade parallele a senso unico dove si trovano edifici e negozi anni ’50 e ’60. Prendiamo ai bimbi una maglietta a ricordo della Route 66 e la signora, di origine italiana, ci indica due posti lungo la strada dove la benzina costa un po’ meno. Decidiamo di prendere una pizza da asporto. Per non eccedere, guardando il menù esposto fuori, Sergio mi dice di prendere una mini al formaggio per loro ed una mini Route 66 per noi. Però quando io ed Irene nel negozio vediamo le dimensioni dei vassoio corriamo ai ripari ordinando una seconda mini Route 66 tra i sorrisi dei ragazzi dietro il bancone. Dopo aver pranzato in camper partiamo verso Seligman dove c’è la deviazione per Peach Springs sulla Route 66 (che nel cartone è stata ribattezzata Radiator Springs). Però oggi non possiamo permetterci altre deviazioni e tiriamo dritto per la I–15, che, come dice Sally nel cartone, “è stata costruita per far risparmiare alle persone 10 minuti di viaggio tagliando fuori la città!” Al confine con la California attraversiamo il Colorado immenso di colore verde azzurro che io, mezza assonnata, non sono abbastanza veloce a fotografare. Poi troviamo una frontiera vera, con veri doganieri che ci chiedono da dove veniamo e ci lasciano andare. Viaggiamo abbastanza spediti anche se attraversando il deserto del Mojave ci imbattiamo in un paesaggio arido e completamente disabitato per centinaia di miglia. Dopo una sosta benzina si accende nuovamente la luce del motore del camper ma a questo punto decidiamo di non perdere la domenica mattina alla Cruise America visto che lunedì mattina lo dovremo riconsegnare. Così segnaliamo soltanto il guasto al numero verde, per non avere rogne lunedì, dicendo che comunque era già successo a Salt Lake City dove ci avevano detto che non era un problema. Ci avviciniamo a Los Angeles mentre il sole sta tramontando e come regalo vediamo lungo la strada dei Joshua Tree che si stagliano contro il cielo arrossato. Credevo che passando da questa parte non sarei riuscita a vedere i famosi cactus immortalati dagli U2 ed invece … Cominciamo a percorrere le Freeways di Los Angeles, che con un camper non è proprio il massimo, ed io spero sempre di incontrare Frank Poncharello e John Beker. Invece nella nostra permanenza a Los Angeles non riusciremo a vedere nemmeno un agente dei CHiPs. Arriviamo al campeggio facilmente perché, nonstante siano immense, le freeways hanno una buona segnalazione delle uscite. Qui è tutto buio ma troviamo una busta con un cognome simile al nostro (facendo la prenotazione per telefono lo hanno un po’ storpiato) dove c’era scritto il numero della piazzola e c’era un foglietto da compilare con i dati della carta di credito per il pagamento e da inserire in una cassetta. Siamo proprio a Los Angeles: il campeggio è adornato di palme! Sunday, 1st of July Partenza: Los Angeles (Pomona), CA Arrivo: Los Angeles (Van Nuys), CA Alloggio: Birmingham RV Park, 7740 Balboa Blvd., Van Nuys, Los Angeles, CA Prezzo: 54,72$ Km tappa: 165.73 (103 Miles) Km totali: 6624.25 (4117 Miles) Luoghi visti: Walk of Fame Mann’s Chinese Theatre Universal Studios Appena svegli non sappiamo se cercare di prenotare un campeggio a nord degli Studios o riconfermare una seconda notte qui che è un po’ distante dagli Studios e dall’aeroporto. Qui dò sfoggio della mia fusione mentale. Avendo a disposizione 4 nomi di campeggi scritti in sequenza in base alla distanza dagli Studios telefono al primo (secondo me) che mi dice di avere posto ma che vuole che ci registriamo entro le 19.00. Ne parlo con Sergio. Decidiamo di andarci a registrare prima di entrare negli Studios per cui richiamo: il numero del primo campeggio dà occupato; faccio anche quello del secondo pensando essermi confusa ed aver fatto quello prima, ma entra la segreteria telefonica. Mah! Decidiamo comunque di partire e di provare di nuovo strada facendo: stessa situazione. Passiamo vicino al Rose Bowl di Pasadena che risveglia vecchi fantasmi di tutti i tifosi italiani di calcio (ma ora che ci importa siamo noi i campioni del mondo!) e ci dirigiamo verso il Mann’s Chinese Theatre (nel tragitto vediamo anche gli studi della Warner Bros ed un murales con tutti i personaggi dipinti). Cerchiamo parcheggio (in quelli sotterranei è impensabile con il camper) tra i “brontoli” di Sergio che dice che solo io posso pensare di parcheggiare un camper a Los Angeles. In un piazzale ci chiedono 50$ indipendentemente da quanto restiamo. Sinceramente, anche se vedere le impronte degli attori è un mio sogno di bambina, mi dà fastidio questo eccessivo approfitto nei confronti del turista e dico a Sergio di lasciar perdere. Lui però, anche se è un brontolone mi vuole bene e sa che ci tengo. Parcheggia il camper nel parcheggio di un locale all’incrocio tra Orange Dr. E Sunset Blv. (dove un cartello dice che anche i clienti non posson sostare più di mezz’ora) e ci dice “mentre faccio colazione voi andate pure a vedere le impronte”. Per cui ci catapultiamo verso la Walk of Fame e guardiamo le varie stelle incastonate nel marciapiede (Clark Gable, Tom Cruise, Biancaneve, Topolino). Poi ci dedichiamo alle impronte nel Mann’s Chinese Theatre dove troviamo i personaggi di Star Wars, Harrison Ford, Tom Hanks, Robin Williams (che si è firmato con “Carpe diem!”), Donald Duck. Fotografo i bimbi che ricalcano le impronte di Sofia Loren e Marcello Mastroianni, Joanne Woodward e Paul Newman, Shirley MacLain e Jack Lemmon. Ritrovo gli eroi e le eroine dei film che davano in TV negli anni ‘70 (altro che reality show!): Gregory Peck, Rock Hudson, Walter Mattau, Humphrey Bogart, John Wayne, Steve McQueen, Shirley Temple, Deanna Durbin, Esther Williams, Doris Day, Nathalie Wood, Ali Mac Graw, Ava Gardner. Ed alla fine lei: Marilyn Monroe. Mi sarebbe piaciuto fotografare proprio tutte le impronte ma, essendo passata quasi un’ora, la paura di trovare Sergio in qualche discussione mi fa tornare alla svelta al camper: meglio questo di niente! Andando verso la Freeway ci fermiamo a fotografare la famosa scritta Hollywood sulla collina, anche se è molto distante. Ci dirigiamo verso North Hollywood dove è il primo campeggio ma appena arrivati leggiamo un cartello con la scritta: “Spiacenti nel fine settimana siamo chiusi!” Riproviamo al numero del secondo campeggio ma c’è ancora la segreteria telefonica. Presa dalla disperazione chiamo il terzo campeggio e capisco che la prima volta avevo chiamato proprio questo e non i primi due. Quindi ci dirigiamo verso Van Nuys e ci registriamo nel campeggio dicendo che saremo tornati sicuramente dopo le 21.00. Torniamo verso Universal City, parcheggiamo nel parcheggio di ET ed attraversiamo tutta la Universal City Walk. Mangiamo al volo una crepe alla nutella come pranzo e prendiamo il biglietto per gli Universal Studios. Fortunatamente al Grand Canyon avevo preso uno sconto da 8$ perché al campeggio l’ho trovato soltanto da 2$ per il General Admission o da 4$ per il Front of Line Pass (che dovrebbe eliminare tutte le code). Anche se è domenica decidiamo per il biglietto normale perché l’altro costa il doppio: a conti fatti abbiamo fatto bene perché soltanto per Back to the Future abbiamo atteso circa mezz’ora. A priori abbiamo escluso The Mummy e Jurassic Park perché non avrebbero fatto salire Andrea. Ci siamo fiondati verso il tour degli Studios (vero motivo della visita, sinceramente se avessero accettato bambini sotto gli 8 anni avrei preferito vedere gli Warner Studios dove c’è il set di Friends e ER, ma non si può avere tutto nella vita!) E’ un po’ un’americanata ma è carino farlo una volta nella vita. Oltre ai vari sets che riproducono New York (pare abbiano girato qui Spiderman), una cittadina messicana, una cittadina western, una cittadina europea dove si vede una piazza utilizzata in vari film dell’orrore, il set di Desperate Housewives, la Signora in Giallo, the Grinch ed il mitico Phyco, in diversi hangars si apprezzano diversi effetti speciali. Cade un elicottero che si incendia, sparano su King Kong, un terremoto fa cadere un vagone della metro sopra di noi. All’esterno subiamo un’inondazione, vediamo un balletto di alcune macchine, veniamo attaccati dai mostri di Jurassic Park e dallo squalo, passiamo accanto a Skull Island in mezzo alle acque che si dividono. Alla fine un po’ di effetti speciali nel tunnel della mummia! Irene riesce a fare una foto con Fiona e Spongebob … Andrea non ama molto i personaggi mascherati. Vediamo Shrek 4D dove Shrek e Ciuchino sono alle prese con il fantasma di Lord Farquad con effetti speciali veramente divertenti. Proviamo Back to the future, nonostante Sergio sia contrario viste tutte le frasi minatorie scritte sui cartelli (sconsigliato a chi soffre di claustrofobia, problemi alla schiena, problemi agli occhi, problemi di cuore). In fondo è soltanto un simulatore di volo! Con la DeLorean DMC12 andiamo indietro nel tempo e veniamo inghiottiti da un dinosauro che ben presto ci sputa! Assistiamo allo show degli animali: carino ma non imperdibile. Perdiamo l’occasione di far fotografare i bimbi con gli eroi della Marvel ma Andrea si fa fotografare accanto alla Blues’ mobile! Vediamo Marilyn Monroe e Dracula fare foto con miliardi di persone e ci sediamo attendendo Jack ed Elwood. Loro arrivano a bordo della Blues’ mobile e danno il via ad uno spettacolo veramente trascinante, soprattutto per gli appassionati del genere. I bimbi hanno già visto diverse volte il film e si rendono anche conto che loro sul palco fanno 2 canzoni non presenti nel film. Assistiamo allo spettacolo di Waterworld dove alcuni attori prima della spettacolo bagnano gli spettatori che non urlano abbastanza forte! Lo spettacolo è carino e pieno di effetti speciali. Anche Sergio, che era molto contrario a questa giornata a Los Angeles, mi sembra contento di quello che abbiamo fatto. Decidiamo di cenare lì visto che avevamo adocchiato un ristorante messicano niente male. Prima prendiamo la pizza per i bimbi e poi andiamo verso il locale ma … nel frattempo ha chiuso! Torniamo al camper ed andiamo verso il campeggio. Ci sistemiamo nella piazzola e ci rendiamo conto che nonstante questo sia il campeggio più caro della vacanza (ci sono tutti gli allacci, c’è il cavo per la TV, il collegamento ad internet, due lavanderie ed una telecamera che sorveglia il campeggio 24 ore su 24) è anche il più brutto! Facciamo le valigie cercando di dividere le cose che possono andare nel bagaglio a mano dalle altre.

Monday, 2nd of July Partenza: Los Angeles (Van Nuys), CA Arrivo: Los Angeles (Carson), CA Km tappa: 57.92 (36 Miles) Km totali: 6769.06 (4207 Miles) Luoghi visti: Cruise America Long Beach Los Angeles Airport Ci svegliamo cercando di dare l’ultima pulita al camper e partiamo. Proviamo a depositare i bagagli all’aeroporto perché vorrei passare qualche ora a Santa Monica dopo aver lasciato il camper. L’aereo infatti parte alle 19.40 mentre il camper dobbiamo lasciarlo alle 11.00. Però non riusciamo nell’intento, forse per gli attentati sventati a Londra sono sempre più guardinghi. Quindi ci dirigiamo verso Carson dove c’è il deposito della Cruise America. Nel giro di 30’ sbrighiamo tutte le pratiche. Chiediamo al signore del deposito dove possiamo trovare una tipica spiaggia californiana abbastanza vicina e se possiamo lasciare lì i bagagli. Lui ci consiglia Redondo Beach, ci chiama un taxi e chiede consiglio al taxista che suggerisce un posto “più carino”. In realtà ci porta a Long Beach che è un porto e ci dà appuntamento per le 16.00 per tornare a prendere i bagagli ed andare all’aereoporto. Tento di arrivare ad una spiaggia nei dintorni con i mezzi, come mi hanno suggerito, ma gli autobus passano poco frequentemente. Mio malgrado desisto. Siamo indecisi se andare a vedere l’acquario ma dopo la delusione di San Francisco non vorremmo incappare in un’altra bufala. Così passeggiamo costeggiando il porto, vediamo la ruota panoramica e ci fermiamo a pranzare con molta calma al Bubba Gump per la gioia dei bimbi. Poi stiamo un po’ seduti su una panchina a guardare il panorama mentre i bimbi si provano le scarpe di Forrest Gump. Saliti sul taxi ci dirigiamo alla Cruise America per ritirare le valigie e raggiungiamo l’aereoporto di Los Angeles. Qui, dopo il check in, dobbiamo consegnare noi le valigie a chi le pone sul rullo. Al controllo per la sicurezza pensavamo che ci facessero storie per le borracce vuote nel bagaglio a mano invece trovano un coltellino multiuso che era rimasto nella retina dello zaino senza che ce lo ricordassimo. Inoltre mi fermano per ispezionare il mio gesso. Aspettiamo il momento dell’imbarco e via verso casa! La vacanza è finita! CONSIDERAZIONI E’ impossibile dire cosa ci è piaciuto di più in questo viaggio. New York e San Francisco sono città uniche e ricche di fascino. I parchi sono qualcosa di inimmaginabile. E’ difficile anche stilare una TOP3 dei parchi visitati perché in ognuno abbiamo trovato un luogo o un’immagine che ci hanno fatto dire “questo vale il viaggio!”. Inoltre non tutti i parchi sono stati visitati con la stessa accuratezza per scelta forzata durante la programmazione o per imprevisti durante il viaggio. Possiamo dire che come impressione globale metteremmo Yellowstone al primo posto per la varietà dei paesaggi e fenomeni geologici osservati, Arches al secondo per il numero e la bellezza degli archi che si possono raggiungere con caratteristici sentieri e la Death Valley al terzo per i colori delle rocce. Però è impossibile non restare a bocca aperta davanti all’immensità ed i colori del Grand Canyon, all’alba ed al tramonto nella Monument Valley, ai giochi di luce di Antelope Canyon, alla magia di Horseshoe Bend, ai panorami selvaggi di Island in the Sky e Dead Horse Point, ai paesaggi da cartolina del Grand Teton, ai pinnacoli del Bryce Canyon, alle dune sconfinate di Coral Pink Sand Dune, alle tortuosità di Gooseneck. Peccato aver avuto alcuni inconvenienti che non ci hanno permesso di godere fino in fondo di Yosemite e Zion della cui bellezza abbiamo avuto veramente solo un assaggio. Come ho detto all’inizio è un viaggio che avrebbe dovuto essere diviso in 3 per goderlo a fondo … speriamo quindi di avere la possibilità di rivedere questi luoghi in futuro!



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