Sri Lanka in libertà

Due settimane a zonzo per l'isola
Scritto da: Riccardone72
sri lanka in libertà
Partenza il: 23/03/2011
Ritorno il: 06/04/2011
Viaggiatori: 4
Spesa: 1000 €
In viaggio dal triangolo culturale all’oceano Indiano della costa est appena riaperta al turismo dopo la guerra, passando per Kandy, tappa spirituale all’Adam’s Peak, per chiudere di nuovo al mare della costa meridionale fino alla tripudio della finale di coppa del mondo di cricket, (persa) per caso

Ciao a tutti, voglio condividere le mie esperienze di viaggio nel bellissima isola dello Sri Lanka, dove sono stato le due settimane a cavallo fra marzo e aprile 2011 in compagnia di due amici e un’amica. Nel mio racconto, piuttosto che parlare dei bellissimi monumenti e siti visitati (dei quali accennerò appena, dato che si possono reperire informazioni dettagliate a tonnellate su qualsiasi guida o su decine di altri racconti scritti da altri viaggiatori su questo e tanti altri forum di viaggo), ho preferito raccontare le esperienze quotidiane fatte da noi per la strada, gli spostamenti, i contatti con i gentilissimi e discreti singalesi e tamil (tanto è impossibile distinguerli) che ci hanno permesso di scoprire dal vivo questa piccolo pezzo di mondo lussureggiante. Io e i miei compagni di viaggio siamo un gruppo di viaggiatori tutti con una discreta esperienza di viaggi più o meno duri, (non da villaggio turistico che si cimentano per la prima volta in un viaggio fai da te). Diciamo, un’evoluzione dei turisti “zaino in spalla”… forse un po più comodini dato l’età (tutti 40enni)… e meno spartani di un tempo… diciamo viaggiatori “trolley in spalla”. Comunque sia le uniche piccole difficoltà di questo viaggio, premesso che non è stato duro per niente, sono state quelle che per me “fanno” il viaggio: ovvero qualche alzataccia, viaggi su pullman strapieni di gente a volte in piedi, e pernotti in alberghetti non proprio a 5 stelle (neanche a 4 o a 3…). In compenso abbiamo fatto una esperienza meravigliosa di conoscenza, nel cuore di quest’isola che ci ha arricchito e rilassato tutti. Come tanti altri stati da me visitati nel mio passato, lo Sri Lanka e la sua gente mi sono entrati nel cuore e conto di tornarci presto per quando la mia bambina che sta per nascere sarà abbastanza grande per apprezzare e ricordare.

Questo è stato il mio giro

Siamo atterrati all’aeroporto di Colombo all’incirca a mezzanotte, con l’ottima e economica Sri Lankan Airways con volo diretto da Roma, (costo 558 Euro). Non so perché, da come avevo letto su molti forum, sembra che molti turisti sceglano di pernottare la prima notte a Negombo, che è la cittadina balneare più vicina all’aeroporto. Noi non abbiamo minimamente preso in considerazione questa ipotesi, e decisi a non sprecare una notte, avevamo deciso da Roma di farci una tirata notturna dall’aeroporto fino alla prima meta del nostro viaggio, la ex capitale reale di Anuradhapura (fortunatamente in aereo avevamo dormito abbastanza bene) e una volta presi i bagagli e cambiati i soldi (il cambio dentro l’aeroporto l’ho trovato conveniente) abbiamo preso un taxi e ci siamo fatti portare direttamente alla stazione centrale della capitale Colombo. Dall’italia, avevo dato un’occhiata al sito delle ottime ferrovie dello Sri Lanka, e avevo visto che esistono più treni giornaliero per Anuradhapura e il primo parte alle 5.45 della mattina. Considerando che fra formalità doganali, ritiro bagagli, cambio soldi, raccapezzamento generale e prima sigaretta, eravamo fuori dall’aeroporto intorno all’1.00AM passata, quindi avevamo ancora un sacco di tempo per arrivare in stazione centrale e prendere il treno, pur non sapendo quanto lontana o vicina fosse (l’aeroporto dista dalla capitale una 40ina di km).

La corsa in taxi ha impiegato una mezz’ora e con poche rupie, alle 2.00 am circa, noi 4 venivamo siamo scaricati esattamente difronte alla stazione centrale coi nostri bagagli. Il primo imprevisto da classici turisti per caso è sorto subito: la stazione a quell’ora era chiusa, non passando treni di notte. Avrebbe aperto almeno 2 ore dopo. Beh trovarsi fuori da una stazione ferroviaria (luoghi notoriamente malfrequentati un po’ in tutto il mondo) di una grande città asiatica, nel cuore della notte, dove, pur con l’illuminazione pubblica scarsa abbiamo non si poteva non notare povera gente indigente buttata a sonnecchiare di negli anfratti ancora più bui… e con strani esserini saettanti al nostro passaggio (leggi scarafaggi) agli occhi di un viaggiatore inesperto potrebbe apparire come l’anticamera dell’inferno. Ma come detto avendo abbastanza esperienze di viaggio (io sono stato 3 volte in India), mantenendo gli occhi aperti, non ci siamo persi d’animo, anzi, c’è presa a ridere, e ci siamo recati al primo baracchino aperto a comprare qualcosa da mangiare e a chiedere informazioni.

Gli altoparlanti sfondati di questo chioschetto risuonavano la tipica musica stridula e chiassosa già ascoltata in altri luoghi dell’India (lo Sri Lanka a occhio inesperto all’inizio può sembrare una piccola porzione d’India, nei veicoli, nei negozi, nel modo di vestire, ma poi man mano si scoprono le differenze, che sono molte). Eravamo veramente lì, in Sri lanka, il viaggio era appena cominciato e questo bastava a rendermi contento. Acquistati un po’ d’acqua, una coca, e biscotti strani (e mosci), ritornando lentamente verso la stazione il problema si è risolto da se: i gentili soldati a guardia della stazione, che inizialmente non avevamo notato (è pieno di soldati almeno a guardia degli obiettivi strategici, la guerra è finita da ancora troppo poco tempo ancora) incuriositi e forse un po’ allarmati dal trambusto dei nostri trolley trascinati su e giù e dal nostro gironzolare, ci sono venuti a chiedere cosa facessimo la e cosa volessimo a quell’ora.

Una volta spiegatogli che dovevamo prendere il treno di lì a 3 ore e mezza, forse anche un po’ sorpresi di avere turisti a quell’ora ci hanno aperto la stazione, solo per noi e ci hanno fatto accomodare nella sala d’attesa, almeno avevamo panchine dove sederci, e rilassarci un po’. E meno male… Di lì a poco si è rovesciato un diluvio tropicale (uno dei pochissimi che abbiamo preso, e comunque sempre e solo di notte). Se fossimo stati ancora all’aperto per ripararci saremmo dovuti andare chiedere spazio ai senza tetto. Comunque il treno è stato puntualissimo. Un’ora prima della partenza, ha aperto la biglietteria e ho acquistato gli economicissimi biglietti di 1° classe dell’intercity per Anuradhapura – tempo stimato 3 ore e mezza, (gli scomparti non si può dire che siano lussuosi, ma i sedili sono comodi, con qualche scossone di troppo).

Verso Anuradhapura

La partenza è stata puntuale e alle 9 e mezza di mattina eravamo già arrivati in questa grande città del triangolo storico, una delle antiche storiche capitali dello Sri Lanka. Ci siamo sistemati al nostro albergo, l’unico di tutto il viaggio che avevo prenotato dall’Italia, oltre al Palm beach di Uppuveli, – L’Hotel Milano (il perché di questo nome mi è ignoto dato che non è assolutamente gestito da italiani), carino e pulito e con un ottima cucina srilankese (anche se avevo aspettative maggiori di questa cucina, che è meno ricca di quella Indiana). Un po’ di relax, ma non era ora di dormire, anche se erano chissà quante ore che non toccavamo un letto; abbiamo noleggiato direttamente in hotel 4 bici, e messo in pratica il consiglio della Lonely Planet, che dice che il modo migliore per visitare il sito dei templi di Anuradhapura, che sono sparpagliati in un’area abbastanza vasta per toccarli tutti a piedi, e sono molto belli, è appunto affittare una bici, facilmente reperibile in tutti gli hotel. Questo è stato il nostro primo giorno in Sri Lanka. Avevamo deciso di rimanere ad Anuradhapura solo un giorno, e quindi tralasciando altri siti sicuramente meritevoli dei dintorni (su tutti il sito di Mihintale) il nostro interesse era molto di più orientato verso un bel bagno nell’oceano indiano, nelle acque della costa est e dintorni di Trincomalee, appena riaperta al turismo, dopo più di un quarto di secolo di sanguinosissima guerra civile fra Tigri tamil e esercito dello Sri Lanka. Fra l’altro la resistenza finale prima della disfatta delle Tigri Tamil e di tutti i loro leader sono state combattute proprio nelle paludi e nelle lagune sperdute pochi km a nord di Trincomalee, e anche se la zona ora pacificata, mi sapeva veramente di frontiera.

Essendo sicuramente un buon modo per aiutare quelle zone a lungo provate e quelle popolazioni che si riaffacciano alla vita normale dopo la notte fonda della guerra è proprio visitandoli, non avevamo dubbi nel fare questa deviazione e prima di visitare il resto de triangolo culturale. Quindi Trincomalee e dintorni erano assolutamente da vedere.

Su una recensione di TripAdvisor avevo sentito parlare di questo Palm Beach resort di Uppuveli, a “gestione Italiana” e visto che la Lonely Planet, mia fonte fondamentale per organizzare un buon viaggio, si limitava a dire “hotel a gestione italiana ma quando siamo venuti non abbiamo trovato nessuno”, questo è bastato a incuriosirmi non poco. Premesso che il modo di fare un po’ snob di quelli che dicono “io all’estero non vado di certo a cercare le gestioni italiane” non lo capisco proprio… Anzi io li vado proprio a cercare… con non poche difficoltà alla fine sono riuscito a mettermi in contatto con Luca, il gestore italiano del Palm Beach resort situato di questa località di mare chiamata Uppuveli, a 4km a nord di Trincomalee. Ho trovato il numero di telefono del Palm Beach resort in rete, sul sito dell’equivalente della pro-loco di Trincomalee, e un paio di mesi prima della partenza dall’Italia, piuttosto che scrivere email e attendere una risposta che poteva non arrivare, ho deciso di telefonare in Sri Lanka. Dopo un silenzio interminabile, il telefono ha attaccato a suonare quel suono di lontano e quasi soffocato di “libero” di un altro paese… dopo altri squilli interminabili, un lontano “Hallo” in un inglese dall’accento italiano mi ha risposto. Era proprio lui e dopo 2 secondi stavo conversando nella nostra lingua, (e nello stesso dialetto, visto che è romano come me) con Luca, che in seguito ho scoperto di persona essere veramente un monumento vivente alla voglia di vivere lontani dalla nostra problematica Italia. Lui e la sua compagna Donatella, non se la sono passata bene, ma non hanno mollato mai. Nei primi anni con grandi sacrifici si sono aperti un resort a Unawatuna… sulla costa sud dello Sri Lanka, finché lo tsunami di S. Stefano del 2006 gli ha spazzato via tutto, lasciandoli da un giorno a un altro rovinati.. Neanche un soldo, nemmeno il passaporto. Non si sono persi d’animo, e da veri pionieri si sono trasferiti nella costa est.. li dove il turismo era stato cancellato da anni… in piena guerra. Hanno aperto questo resort, donandogli uno stile e una gestioni a noi familiare.. che francamente fa piacere trovare all’estero… e una fra le cucine italiane migliori (ma non perché è l’unica) di tutto il subcontinente indiano (ne avevo provata un altra nel 2004, quasi commovente, di una coppia di Bresciani trasferiti nel Goa). Dapprima ospitando solo Onlus, medici senza frontiere.. funzionari dell’Onu… di turisti praticamente zero. Poi finalmente la guerra è finita nel 2009 e ora finalmente il turismo sta arrivando (se c’è mai stato?) anche in quelle zone, cosi fuori mano rispetto al resto dello Sri Lanka turistico. Sono veramente dei grandi e li ho ammirati molto.. hanno aiutato dando lavoro, a donne rimaste vedove dalla guerra, e portato un po’ di economia in quella zona depressa.

Siamo rimasti 2 giorni al mare, in totale relax, da vedere lì in zona costa est non c’è quasi nulla. Solo mare, e mangiate di pesce. Trincomalee è abbastanza insignificante, e l’unica gita l’abbiamo fatta alla piccolissima isola di Pidgeon Island, con barche locali. Gran bel mare e ancora più bello snorkeling da fare. Anche se l’isola è piccolissima, per chi la visiterà, cercate un sentierino nel fogliame, che porta a una micro spiaggia di 3 metri al massimo, circondata da grandi massi rotondeggianti e levigati che un po’ ricordano le Seychelles. Dopo quei due giorni di gran relax, per risparmiare tempo e anche per comodità, visto che il polverosissimo e torrido bus da Anuradhapura a Trincomalee era stata un esperienza non entusiasmante… e che centinaia di km ci aspettavano ancora, abbiamo deciso di fare come altri turisti e ci siamo serviti di un autista. Un ragazzo di Anuradhapura, che ci aveva attaccato bottone alla stazione dei bus di quest’ultima città, proprio mentre aspettavamo di partire con il bus per Trincomalee e che ci dava fiducia. Abbiamo concordato che ci venisse a prendere ad Uppuveli 2 giorni dopo.

Abbiamo contrattato a prezzi onesti, (ovviamente molto di più della spesa per continuarsi a sportare in treno e bus) che ci portasse alla rocca di Sigiriya, all’altra ex capitale reale Polonnaruwa e ai Buddha nella roccia di Dambulla, e poi giù fino a Kandy (tutti posti stupendi, che come detto non mi soffermerò qui a descrivere) – La rocca di Sigiriya su tutti, emozionante!

In effetti è stato fondamentale spostarsi con un driver… per esempio a Polonnaruwa, dove l’area archeologica è ancora più vasta di Anuradhapura, ci ha portato da un tempio all’altro con il pulmino. Bellissima anche la strada per arrivare da Polonnaruwa a Dambulla, dove abbiamo visto elefanti liberi per strada, che ci hanno lasciato a bocca aperta, e un altro che si bagnava in un lago lungo la strada. Inutile dire che un incontro improvviso con un elefante fermo a lato della strada, può essere pericolosissimo. Anche se loro rimangono fermi e imperturbabili, è la reazione degli altri veicoli che può essere imprevedibile… Noi stavamo per fare un scontro frontale con un camion che ne ha superato uno, invadendo la nostra carreggiata a tutta velocità, e solo e semplicemente per un miracolo sono qua a scriverlo.

Il nostro driver, Khalil, un cingalese/musulmano si è comportato benissimo. Parlava Inglese e anche parlicchiava e capiva un po’ di italiano. visto che era stato 2 anni per non so quanto tempo a Verona, dove aveva fatto credo il domestico. Purtroppo ho perso i suoi contatti e per questo non posso raccomandarlo.

Una mia errata convinzione era che ai driver bisogna pagargli vitto e alloggio, ma non è cosi; Nel prezzo pattuito è compreso tutto. e loro dormono nel loro pulmino. Poi se si gradisce il servizio si può lasciare una bella mancia. Successivamente per proseguire ancora verso sud, dato che non avevamo concordato inizialmente, voleva più soldi, e un po’ a malincuore abbiamo deciso di mollarlo, visto che passeggiando per Kandy altri driver si erano proposti chiedendoci molto meno di lui.

Il nuovo driver, è stato un po’ meno competente del suo predecessore (il suo pulmino si è fuso il primo giorno per andare da Kandy al Pinnewala Elephant Orphanage (veramente bello… centinaia di elefanti liberi, che si possono accarezzare e fotografare) e abbiamo perso un sacco di tempo per cambiarlo, poi per andare verso sud si è perso una sacco di volte.. ci ha fatto perdere almeno una mezza giornata, allungando in modo pazzesco, arrivando fino alla periferia di Colombo, e per finire, voleva per forza di cose mollarci a Unawatuna, pretendendo più soldi (che non ha avuto) di quanto pattuito inizialmente per portarci fino a Mirissa, la nostra meta finale. come avevamo chiaramente stabilito prima di partire con lui da Kandy. Ma a parte questi piccoli problemi, non c’è stato stato altro di storto. Abbiamo passato gli ultimi 4 giorni a Mirissa, una località posta all’estremo sud dello Sri Lanka, a rilassarci al mare, veramente bello, un giorno abbiamo affittato i motorini e siamo andati alla vicina vecchia città di Galle, (questo sonnacchioso borgo circondato da mura, per tre lati sul mare oltre che patrimonio dell’Unesco, e se lo merita, è anche il primo posto incontrato con negozi veri dove fare un po’ di shopping serio…) e poi abbiamo visitato finalmente Unawatuna, dove la spiaggia è veramente piccola, credo a causa dello Tsunami, e gli hotel sono stati ricostruiti nuovamente quasi a riva, che hanno finito per rovinarla del tutto. Insomma abbastanza deludente.

La spiaggia A Mirissa invece è enorme, lunga e larga , con dietro una distesa di palme, con pochi ristorantini nascosti, informali e non invasivi, e molto più spettacolare.

Sul dove trascorrere gli ultimi 4 giorni della vacanza una sola cosa era sicura – mare – ma mi ero chiesto moltissimo e avevo cercato di informarmi sui forum su quale fosse la spiaggia migliore fra Hikkaduwa (che mi sento ora di sconsigliare alla grande, avendola vista dal pulmino, l’ho trovata caotica, polverosa e per nulla attraente o particolare) e Unawatuna optando inizialmente per quest’ultima. Non avevo considerato per nulla Mirissa, che invece è il vero gioiello della costa sud dello Sri Lanka. Finché proprio Luca Palermi del Palm Beach resort ci ha consigliato di andarci, sconsigliandoci vivamente Hikkaduwa, e anche Unawatuna, che in seguito ho visto coi miei occhi. Aveva ragione e in effetti non c’è paragone.

L’ultimo giorno per ritornare a Colombo e ripartire alla volta dell’Italia, abbiamo preso il comodo e spettacolare treno che corre lungo la costa sud. Il capolinea della ferrovia sud, l’assolata e quieta cittadina di Matara, si trova 15 km più a est di Mirissa (a saperlo, c’era anche la stazioncina proprio a Mirissa, che potevamo raggiungere a piedi che ci avrebbe evitato di arrivare in taxi fino a Matara, ma non l’avevamo vista). La ferrovia meridionale è molto bella e scenica, poiché per un lungo tratto corre parallela alla costa, quasi a ridosso della spiaggia, o delle scogliere. La durata del viaggio fino a Colombo è di circa 3 ore e la spesa è irrisoria. Siamo arrivati in una tripudiante e impazzita Colombo proprio nel tardo pomeriggio del giorno della finale dei mondiali di Cricket… India-Sri Lanka. Al solito ignari di questo mega evento… Un po’ questo ci ha guastato i piani poiché volevamo farci un giro per qualche ora nella capitale (il volo partiva in tarda serata) e fare un po’ di shopping (che a parte nella città vecchia di Galle, c’è poco e niente da comprare in giro). Invece era tutto chiuso e lo Sri Lanka intero, ma ancora di più la capitale era in preda al delirio per quello che per loro è veramente un avvenimento della vita… Festeggiavano tutti come invasati, caroselli in strada, musiche e balli, tamburi, petardi e mortaretti e tutto il corredo di un grande festeggiamento, tanto che pensavamo che avessero vinto la finale e si fossero appena laureati campioni del mondo… Invece la partita (le partite di criket sono lunghissime, durano ore) era ancora in corso… Probabilmente conducevano di parecchio.. Fatto sta che alla fine lo Sri Lanka ha perso… Ma allora perché festeggiavano prima? Misteri del cricket. Comunque in quel momento anche noi ci siamo fatti trascinare… Abbiamo comprato le belle bandiere dello Sri Lanka e ci siamo fatti dipingere la faccia, da pittori improvvisati che impiastricciavano chi voleva coi colori azzurri e bianchi della squadra nazionale, e abbiamo fatto un casino con loro in giro…. bevuto, cantato e ballato… veramente troppo divertente. Ad un certo punto il tempo stringeva e siamo stati costretti ad abbandonare la sarabanda. Siamo tornati alla stazione di Colombo Fort, dove al deposito bagagli avevamo lasciato le nostre valigie e zaini. Abbiamo preso un taxi per l’aeroporto… e dai monitor-tv nei vari angoli dell’aeroporto, tutti sintonizzati sul grande evento, abbiamo visto in diretta le ultime battute della finale che come detto, lo Sri Lanka alla fine ha perso. Gli altri Srilankesi in partenza a solo a quel punto si sono spenti… mentre altri apparentemente uguali hanno cominciato ad esultare… erano Indiani.

Ho dimenticato di parlare dell’esperienza più “forte” del viaggio, fatta dopo Kandy e prima del mare e le spiagge di Mirissa. Trovandoci nel centro montuoso dello Sri Lanka, avevamo nei piani di visitare una delle due località fra il parco e famoso panorama del World’s End o la montagna dell’Adam’s Peak. Per motivi logistici alla fine abbiamo optato per quest’ultima: la montagna sacra del buddismo Srilankese. Questa è stata la parte più incredibile del nostro viaggio. La scalata di questa montagna di 2300 metri, con partenza dal paesino di Dalhousie alle 2.00 di notte. Per arrivare in cima all’alba e vedere da lassù il sorgere del sole al suono dei canti dei monaci che vivono in cima al monastero, costruito proprio sul cucuzzolo della montagna. Magnifico! Una delle esperienze più belle e dure della mia vita. Veramente tosto se non si è allenati (io non gioco neanche a calcetto), ma una volta fatta mi sono veramente sentito gratificato di aver vinto questa sfida. In realtà essendo arrivati di sera al campo base di Dalhousie, col buio non avevo assolutamente capito quanto fosse ardua la salita. Se fossi arrivato di giorno non so se ce l’avrei fatta ad affrontarla. E’ veramente una piramide altissima e impressionante vista da sotto. Per giungere in cima a quota 2300 e oltre si deve percorrere un lungo sentiero quasi sempre illuminato e quasi tutto fatto di alti gradini che si inerpica a perdità d’occhio, fa il giro della montagna e ricompare e scompare, fino alla cima. Una delle cose più belle man mano che si sale, anche se è notte fonda, è l’incontro con altri pellegrini salmodianti, che sembrano incoraggiarti con lo sguardo. .. non c’è pericolo di perdersi.. Indispensabile solo una bottiglia d’acqua, per la prima parte del percorso. Si può partire anche senza zaini, visto che si incontrano lungo la salita, innumerevoli baracchini del te, venditori di frutta, biscotti, altri cibi e anche ricoveri per pellegrini, se proprio non ce la si fa. Indispensabili scarpe chiuse, una felpa (è una montagna vera, anche se tropicale, di notte fa freddo e può anche piovere) e tanta energia e voglia! Credo di aver finito. Spero che questo mio racconto, fra l’altro un po’ incompleto, vi abbia fatto venire un po’ di voglia di andare in Sri Lanka. E’ un viaggio unico. Saluti, Riccardo.



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