Parigi, Madrid, Siviglia estate 2005

PARIS – MADRID – SEVILLA, dal 7 al 23 agosto 2005 Viaggio (generale, prezzi per persona) Considerato l’anticipo con il quale abbiamo prenotato i voli (a marzo!) siamo riusciti a fare Pisa-Parigi e Parigi-Madrid con EasyJet con 75 euro mentre il Siviglia-Bergamo da solo è costato 62 euro. A questi vanno aggiunti i 52,50 euro del treno...
Scritto da: Matteo Grazzini 2
parigi, madrid, siviglia estate 2005
Partenza il: 07/08/2005
Ritorno il: 23/08/2005
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
PARIS – MADRID – SEVILLA, dal 7 al 23 agosto 2005 Viaggio (generale, prezzi per persona) Considerato l’anticipo con il quale abbiamo prenotato i voli (a marzo!) siamo riusciti a fare Pisa-Parigi e Parigi-Madrid con EasyJet con 75 euro mentre il Siviglia-Bergamo da solo è costato 62 euro. A questi vanno aggiunti i 52,50 euro del treno veloce “Altaria” da Madrid a Siviglia, i 9 euro del TrenOk che ci ha portati da Bergamo a Firenze e i 6 euro di bus navetta da Orio al Serio a Milano Lambrate.

Totale quindi 204, 50 euro.

(Pisa-Parigi) Siamo partiti dal Galileo Galilei di Pisa alle 21,05 con dieci minuti di ritardo ma siamo arrivati a Orly in perfetto orario (22,35). Buona l’organizzazione EasyJet: due sportelli per il check-in, divisione in tre gruppi per l’accesso all’aereo e precedenza all’imbarco per le famiglie con i bambini piccoli.

Ottimo il volo su un 747 nuovo (o almeno in perfette condizioni). Qualche problema in più a Orly, al momento di prendere la navetta per Pont de Rungis, dove c’è la stazione della Rer C: i pochi minuti a disposizione per l’ultima corsa (quella delle 23,15) e il mancato funzionamento delle biglietterie automatiche alle banchine dei bus ci hanno impedito di acquistare il biglietto ma abbiamo trovato un autista gentilissimo che ci ha portato a Pont De Rungis gratuitamente.

Stessa scena anche alla stazione Rer C: biglietterie incomprensibili e ultimo treno della giornata già fermo sul binario pronto a partire. Così siamo saliti di corsa sperando che non passasse il controllore e così è stato. Però alla fermata Biblioteque Mitterand si passa dalla Rer alla Metro solo tramite biglietto e così, dopo un lungo chiarimento in tre lingue (francese, inglese e “gestuale”) con l’addetta della Metro siamo riusciti a metterci in regola acquistando il biglietto per raggiungere l’hotel. Alla fine, non per nostra volontà, abbiamo speso 1, 40 euro a testa invece dei 5,70 previsti. Meglio così.

Hotel Avevamo prenotato tramite www.Bookings.It un due stelle in avenue Philippe Auguste, il Camélia Prestige. A marzo, al momento di prenotare i voli, speravamo di poter avere a disposizione un appartamento di un parente. Per scrupolo avevamo comunque guardato le offerte scegliendo ipoteticamente l’hotel Daguerre a Montparnasse, offerto a 343 euro a camera per sette notti.

A luglio abbiamo saputo che l’appartamento non era disponibile e così ci siamo ributtati su bookings, dove però l’offerta del Daguerre era sparita. Così abbiamo scelto il Camélia a 363 euro. Siamo arrivati poco prima dell’una scendendo a Nation e facendo il giro di tutta la piazza prima di trovare la via giusta tra le circa dieci che partono da Place de Nation. Nation ha le fermate delle linee 1, 2 e 6, oltre alla Rer A: con la 6 scendevamo vicino all’albergo (uscita Voltaire) con le altre dovevamo fare il giro della piazza (all’aperto o nei tunnel della metro poco importava).

L’albergo è, come tanti altri, in un palazzo a più piani lungo la strada che porta al cimitero di Père Lachaise. Accanto, sul lato della piazza, due pub di solito molto affollati. Cinque piani con scale strette in legno e pianerottoli altrettanto stretti: stanze, corridoi e hall arredati in stile etnico indio-africano. Per fortuna la nostra camera (14) era al primo piano, con finestra proprio sopra l’ingresso dell’hotel dalla quale vedevamo la dirimpettaia pizzeria turca “Galatasaray”. La camera era minuscola: più o meno larga due metri e mezzo e lunga tre e mezzo. Il letto matrimoniale in un angolo, attaccato al muro, l’armadio in legno poco più grande di un armadietto da palestra (così non abbiamo disfatto le valigie), una piccola scrivania con sedia e televisione con una decina di canali satellitari (nessuno italiano). Discorso a parte per il bagno: doccia, mini-lavandino e water in uno spazio di un metro per due con porta a soffietto a separarlo dalla camera. Se stavamo seduti sul water potevamo lavarci i denti nel lavandino, se ci piegavamo sul lavandino arrivavamo con il fondoschiena in camera. Tutto sommato però una situazione divertente che non ci ha mai creato problemi insormontabili: le stanze erano sempre pulite, gli asciugamani venivano cambiati regolarmente e la finestra a doppi vetri insonorizzava bene (la via è piuttosto rumorosa, tra netturbini in piena notte e moto che sfrecciano).

Alla fine abbiamo speso anche meno del previsto: i gestori ci hanno regalato una notte (chissà perché) e così con 310 euro senza colazione (22 euro a testa a notte) abbiamo avuto una sistemazione ottima nel rapporto qualità-prezzo. Pro: spesa, accoglienza e gentilezza dei gestori, vicinanza con la metro e con Place de la Nation dove si trova tutto quello che occorre per risparmiare su colazioni e pranzi: forni, pasticcerie e un supermercato della catena Casinò, il posto più freddo del mondo (dentro l’aria condizionata e i tanti banchi-frigo portano la temperatura di tutto il locale intorno ai 5-6 gradi. Il 9 agosto la cassiera aveva il piumino imbottito!!).

Contro: spazi ristretti, quartiere animato ma non troppo romantico.

Spostamenti Siamo arrivati di domenica sera e quindi il lunedì mattina abbiamo fatto subito la Carta Orange alla stazione della metropolitana: 15,70 euro con i quali abbiamo viaggiato tutta la settimana salendo e scendendo da metro e bus a piacimento. Dopo due giorni avevamo già ripreso i soldi della carta, per la quale è necessaria una fototessera. Assolutamente raccomandata con l’avvertenza che va dal lunedì alla domenica a prescindere dal giorno in cui viene acquistata: quindi nel fine settimana non viene venduta.

Mangiare Pranzo L’obiettivo era quello di contenere le spese, conoscendo i prezzi parigini grazie ai pareri letti su Internet. Così nei primi giorni il cliché è stato: colazione in boulangerie e pranzo acquistato al supermercato (esempio primo giorno: baguette, prosciutto cotto e due bottiglie d’acqua da 50 cl 5.64 euro in due). Bastava per arrivare all’ora di cena anche se ogni tanto a merenda ci siamo concessi una crêpe, un po’ di frutta, una baguette vuota (sono comunque buonissime) o un dolce.

Quando non avevamo voglia di metterci a farcire i panini sulle panchine dei giardini o volevamo mangiare qualcosa di diverso ci siamo rifugiati da: Pomme du pain: fast food specializzato in panini e menù abbastanza leggeri da digerire. In media 7 euro per panino, bibita e patatine.

Lafayette: il reparto “gourmet” del grande magazzino offre di tutto e di più. Cinese spendendo molto per Anna (12 euro per due porzioni abbondanti di vermicelli ai legumi e di pollo con salse), italiano per Matteo (pasta fredda al parmigiano e una caprese per 6 euro).

Cena Il “rifugio” per le nostre cene economiche, veloci ma non per questo misere sono stati i fast-food “Quick”. Meno pesanti, unti e “fritti” di Mc Donald’s: panini con vari gusti, insalate e molti locali sparsi per la città. Spesa media 6 euro a testa.

Ma abbiamo cenato anche a: Flam’s: è una catena di ristoranti che propone un menù a base di una specialità alsaziana che è un misto tra una pizza e una piadina. Ci sono quattro-cinque locali (vedere www.Flams.Fr) e noi siamo stati in quello in rue des Lombards, nel 1’ arrondissement, a due passi dal Centre Pompidou. Con 16 euro (ma con un errore della cameriera nel conto, privo di una portata) abbiamo mangiato questa buonissima focaccia a volontà, un dolce a testa e abbiamo bevuto una Coca alla spina (più acqua in caraffa).

Buffalo Grill: nei tanti consigli cercati su Internet avevamo trovato buoni commenti su questa catena di ristoranti specializzati in carne. Abbiamo provato quello di Pigalle, proprio di fronte al Moulin Rouge. Atmosfera country, locale pieno di francesi, insalata di benvenuto e porzioni abbondanti e gustose. 26, 30 euro per una Coca, un pollo Kentucky, un menù Buffalo (carne di manzo e contorno più un dolce) e un caffè.

Rim Cafè (38 rue St Severin): pizzeria sicuramente turistica ma con un sorprendente rapporto qualità-prezzo. In pieno quartiere latino, locale ampio e con tavoli all’aperto che permettono di vedere la gente che passeggia in strada, gestori di origine italiana e menù vario. Ci siamo limitati ad una margherita, ad una pizza ai funghi, ad un caffè e a un tiramisù: tutto per 24,30 euro in due, che per essere in centro a Parigi in agosto sono pochi.

Consigli “gastronomici” – Il caffè migliore è stato di gran lunga quello preso al Cafè des Deux Moulins, quello in cui è stato girato il film di Amélie: 1,10 euro al bancone e sapore davvero ottimo.

– L’acqua costa molto nei bar, pochissimo nei supermercati. Al ristorante chiedere “une caraffe d’eau”, i camerieri capiranno… – Molto caro anche il gelato. Non ne abbiamo trovati a meno di 3 euro a pallina. Incredibilmente chiuso, per essere ad agosto, Berthillon (31 rue Saint-Louis-en-l’Ile) unanimemente definita la miglior gelateria di Parigi.

Cosa vedere Non sta certo a noi dire cosa c’è da vedere a Parigi. Anche perché è impossibile vedere tutto in una settimana e probabilmente in tutta una vita. Noi in sette giorni, con tappe abbastanza forzate nonostante dolori alle ginocchia, abbiamo visto: 1’ giorno Défense: un quartiere da vedere anche se ultramoderno. Abbiamo iniziato da lì perché è il capolinea della linea 1 della Metro e ne abbiamo approfittato per prendere confidenza con il sistema di trasporto pubblico, infatti siamo tornati in centro col bus.

Ile de la cité: ci siamo incamminati senza meta gustandoci questa parte di Parigi.

Notre Dame (senza salire sulle torri, 7 euro, gratis la prima domenica del mese) con pranzo sulle panchine del caratteristico e rilassante giardino dietro la chiesa.

Ile St. Louis: citiamo solo un ristorante che ha in vetrina centinaia di mucche, la mania di Anna.

Pigalle, con tutta la via a luci rosse: più curiosa e divertente che squallida e perversa. Evitabile per chi non tollera certe situazioni anche se una foto davanti al Moulin Rouge è un’abitudine per chi visita Parigi.

Montmartre: Sacro Cuore e viuzze del quartiere. Anna si è addormentata su una panchina trovando un angolo di pace in una zona zeppa di turisti. Ci siamo tornati anche l’ultimo giorno perché vale sempre la pena dare uno sguardo a questa zona.

Nella piazzetta degli artisti c’è l’ufficio turistico con un sacco di materiale gratuito (anche se soprattutto in inglese).

2’ giorno Place de la Concorde: immensa. Ci si sente al centro della città: in qualsiasi direzione si guardi c’è un monumento o un pezzo di storia da vedere.

Giardini de Tuileries: attraverso questi grandi e ben tenuti spazi verdi siamo arrivati ai margini del Louvre ma abbiamo cambiato sponda della Senna per andare al Museo d’Orsay.

Museo d’Orsay: siamo entrati saltando centinaia di metri di coda grazie alla tessera dell’ordine dei giornalisti (abbiamo tanti doveri ma anche qualche diritto…). Non essendo particolarmente amanti o intenditori di arte ci siamo limitati ad una visita abbastanza rapida ma, compresa la sosta sulla terrazza con vista interessante sulla città, non siamo usciti prima di due ore. Ingresso 7,50 euro, gratis la prima domenica del mese. Boulevard Saint Germain: negozi e vita animata grazie anche alla vicina università.

Jardins du Luxembourg: meravigliosi, rilassanti, da passarci un intero pomeriggio. In più sulla cancellata erano appesi le gigantografie di una mostra fotografica sugli orrori della guerra: foto crude ma bellissime. Dopo un’oretta tra anatre, fiori e sedie sulle quali prendere la tintarella ce ne siamo andati, purtroppo… Panthéon: ci avevano sconsigliato l’ingresso e così l’abbiamo visto solo da fuori. Grande e maestoso, ingresso 7 euro.

Eglise de Saint Michel: proprio dietro al Panthéon c’è la chiesa dove sono custodite le spoglie della santa patrona di Parigi, Geneviève. Merita la visita. Rue de Mouffettard: ce l’avevano descritta come estremamente caratteristica e un po’ ci ha deluso, anche perché a quell’ora molti negozietti, che sono proprio quelli che la rendono particolare, erano chiusi. E poi era praticamente dominata da cinesi e nordafricani, non da parigini… Centre Pompidou: bagliore di modernità tra tanta storia. Tanta vita intorno, con animatori e artisti di strada.

Marais: purtroppo abbiamo potuto dedicare poco tempo a questo quartiere, che sembra diventato uno di quelli più “alla moda” di Parigi. Però non è mancata una sosta di una mezzoretta in Place des Vosges, da molti ritenuta la piazza più bella di Parigi. In effetti l’atmosfera è da piazza di paese, con i giovani distesi sull’erba dei giardini e i bambini a giocare con i piccioni lontani dal pericolo delle auto. Non sembra certo di essere al centro di una metropoli.

Arc de triomphe: ci siamo stati di giorno e di sera, senza salire sopra. Bello in entrambi i casi ma la sera c’era un vento… (8 euro).

3’ giorno Cimitero di Père Lachaise: vista anche la relativa vicinanza con il nostro hotel abbiamo iniziato la giornata al cimitero che “accoglie” tanti morti illustri. Appena scesi dalla metropolitana abbiamo fatto l’errore di non prendere la cartina dall’uomo che le vendeva. Abbiamo pensato che non fosse quella ufficiale, che avremmo preso all’interno del cimitero, cosa invece impossibile perché nessuno le vende.

Così ci siamo dovuti arrangiare con i cartelloni agli incroci di quello che è un vero e proprio paese, con vie e vialetti. Ci siamo scelti un po’ di tombe da vedere e, non senza alcune difficoltà, abbiamo trovato quelle di Molière (un po’ trasandata), Chopin, Edith Piaf, Jim Morrison (transennata per evitare che ci vengano deposte bottiglie di birra, sigarette ecc.), Oscar Wilde (piena di baci dati con il rossetto sulle labbra) e Maria Callas (un anonimo forno numero C 16258 confuso tra altre centinaia nella cosiddetta “colombaia”). Per caso ci siamo imbattutti anche in quella di Marie Trintignan, uccisa a botte dal compagno un paio di anni fa e in quella del giornalista Noir, ucciso perché sorpreso con una donna dal marito geloso. La tomba è sovrastata da una sua statua in bronzo distesa nel momento della morte. Dicono che porta fortuna e prosperità toccare i suoi “attributi” (che in effetti sono lucidi e molto… “ingombranti”). L’atmosfera è tetra ma particolare e sicuramente merita la visita.

Lafayette: il grande magazzino merita una visita per vedere la quantità di merce esposta ma anche e soprattutto per la cupola decorata e la vista dalla terrazza. Bois de Boulogne: attraversando la città da Gambetta con un bus ci siamo ritrovati ai margini di questo parco. Attraversarlo è stata un’impresa a causa del mal di ginocchia di Anna e così non ce lo siamo goduti a sufficienza. Il rammarico è grande anche perché abbiamo intuito quanto sarebbe stato bello fermarsi un paio d’ore a riposare sui prati o ad attraversare il laghetto con la barca a remi.

Stadio Parc des Princes: sosta obbligata per noi calciofili ma l’orario per la visita (mercoledì fino alle 15) era appena finito. Ci siamo accontentati del negozio del Psg, ben fornito.

Per finire la giornata ci siamo concessi una vista della torre Eiffel dal Trocadero.

4’ giorno Louvre: vale il discorso fatto con Orsay. Grazie alla tessera siamo entrati gratis ma fare tutto in meno di tre ore è stato impossibile. Pur limitandoci all’essenziale il museo è talmente grande e pieno di capolavori che non siamo riusciti a non “perderci” tutta la mattina. All’ingresso controllo con il metal detector di zaini e borse. Difficoltosa l’uscita, con l’obbligo di attraversare tutta la parte della Parigi medievale. 8,50 euro, prima domenica del mese gratis.

Madeleine: chiesa monumentale che colpisce più per la maestosità che per gli interni.

Opéra: vista da fuori. E’ nella piazza forse più caotica di tutta la città.

Géode (fermata metro porte de la Villette): altro attraversamento della città per andare al quartiere de La Villette, a vedere questa città delle scienze e dell’industria. Si tratta di una zona prima adibita a macello e ora recuperata con spazi per l’arte e la cultura. Piacevole sorpresa: possibilità di visitare mostre e esposizioni, di vedere la “palla” enorme con dentro un cinema, di riposarsi sui prati, di far giocare i figli, di entrare in un sottomarino, di vedere scorrere l’acqua nel canale… Bateaux Mouches: dopo aver rinunciato all’idea (peraltro sconsigliata da tutti) di cenare sui battelli sulla Senna visti i costi esagerati, soprattutto in rapporto alla qualità del cibo, abbiamo scelto la crociera sul fiume con i battelli della linea Bateaux Mouches. L’imbarco è al ponte dell’Alma ogni 15-30 minuti (dipende dalla stagione) e il giro dura più di un’ora partendo in direzione dell’Ile de la cité, girando all’Ile St. Louis per arrivare al ponte di Bir Hakem oltre la torre Eiffel. Siamo partiti alle ultime luci del giorno e ci siamo goduti il tramonto lungo il viaggio, arrivando poi alla torre Eiffel illuminata. Bello, decisamente…

5’ giorno Hotel des Invalides: per visitare la tomba di Napoleone e il museo delle armi. Grazie alla solita tessera da giornalisti ci siamo risparmiati i 7 euro dell’ingresso che, a conti fatti, valgono solo se uno fa la visita completa della struttura. Limitarsi alla tomba di Napoleone, che è da vedere più che altro per l’importanza delle spoglie che conserva, è riduttivo. Il museo merita una visita per i tanti reperti e le armi conservate ma è molto grande e stancante.

Ponte Alexandre III: è uno dei più belli di Parigi ed è d’obbligo una foto accanti alle sue statue.

Tour Eiffel: alla fine ci siamo arrivati. Ci abbiamo girato intorno per giorni prima di finirci sotto, sorpresi di come possa essere suggestiva un’opera tutta di ferro. Il fascino di questo monumento è in effetti eterno e vedere il brulicare di persone che sale e scende è divertente. Ci siamo distesi nel prato a 100 metri dalla torre e ci siamo goduti la scena per un paio d’ore, compreso un sonnellino ritemprante. Causa vertigini non siamo saliti sopra: peccato perché non c’era la fila così lunga come credevamo. Prima di andare via ci siamo scattati una foto, poggiando la macchina in terra, esattamente al centro della Torre.

6’ giorno Mercato delle pulci di Saint-Ouen (metro Porte de Clignancourt): quasi alla fine della vacanza è arrivata l’unica delusione di Parigi. Il mercato delle pulci, nel quale credevamo di trovare chissà quali rarità o particolarità, è per l’80 per cento un normale mercato rionale, sia pure enorme per dimensione. Dislocato su un quadrato di quattro vie (più vari vicoletti di collegamento) ha bancarelle di africani (cd contraffatti, statuine etniche in legno, pupazzi giamaicani, bigiotteria, piercing…), banchi di cinesi (lingerie a un euro, diavolerie tecnologiche con le pile che si ossidano dopo un’ora…), stand di maghrebini (abbigliamento da rapper, scarpe simil Nike…) e ambulanti francesi (abbigliamento, souvenir, accessori…). Niente che non si possa trovare in qualsiasi altra parte di Parigi o del mondo. Di “pulci” abbiamo trovato solo una decina di negozietti ma il caos intorno ci ha impedito di gustarci queste rarità. Sconsigliato! Abesses: di nuovo Montmartre. Prima di lasciare Parigi ci siamo concessi un’altra visita alla collina del Sacro Cuore, stavolta utilizzando la funicolare (anche questa compresa nella carta orange) invece del Montmatrbus. Dopo essere scesi al capolinea inferiore siamo andati alla fermata della metro di Abesses, caratteristica sia per la sua pensilina in art decò che per le sua scale a chiocciola con i muri dipinti. Prima di prendere la metro però ci siamo fermati nel vicinissimo giardino della piazzetta Jean Rictus (guardando l’ingresso della metro è sulla sinistra, sullo sfondo) dove nel 2001 è stato inaugurato un muro fatto di piastrelle blu in lava smaltata sulle quali, in bianco, è stata scritta la frase “Ti amo” in 311 lingue. Ovviamente i soliti imbecilli non hanno perso l’occasione per scriverci con i loro pennarelli ma per fortuna le scritte “abusive” sono pochissime.

Cosa comprare Parigi è cara, c’è poco da fare. Per spendere poco bisogna conoscere negozi e luoghi che sono noti solo ai parigini o a chi vive in questa città per un po’ di tempo l’anno. Per questo ci siamo concessi poche divagazioni allo shopping; giusto un po’ di spazio alle nostre collezioni, le sciarpe delle squadre sportive e le mucche. Per sapere quello che succede in città, quali concerti, mostre, locali e manifestazioni vedere abbiamo acquistato Pariscope, guida settimanale molto particolareggiata. Costa 40 centesimi! Per chi è appassionato di oggettistica calcistica da segnalare, su avenue de Parc des Princes, dalla parte della fermata “P.Te St Cloud” della metro, il negozio “la boutique del supporter” con sciarpe e gagliardetti. Per le mucche invece c’è l’imbarazzo della scelta, tra negozi di accessori e souvenir. Due molto carini, della stessa linea di accessori (Pylones), sono in rue Saint-Louis-en-l’Ile e a Montmarte, quasi di fronte al capolinea inferiore della funicolare. Ci sono mucche (ma non solo) di tutte le forme, comprese quelle costose delle miniature della Cow Parade. La curiosità Girellando per Montmartre il primo giorno abbiamo visto decine di cartelli con la richiesta disperata di una donna che aveva smarrito la sua gattina Lulu. Un cartello con foto e descrizione dell’animale e ogni altra notizia utile, compreso ovviamente il numero di telefono da chiamare in caso di avvistamenti o ritrovamenti. Quando siamo tornati l’ultimo giorno nelle stesse strade abbiamo trovato negli stessi posti dov’erano i cartelli di richiesta di aiuto altri cartelli a colori, stavolta di ringraziamenti verso tutti coloro che avevano aiutato l’uomo a ritrovare Lulu. C’era scritto: “Lulu a été retrové. Merci à toutes les personnes qui m’ont contacté pour me donner des informations ou des consuls. Grâce à votre vigilance Lulu va pouvoir … (non si legge…) sa maîtresse. Merci”. E sopra la foto a colori della gattona bianca e rossa. Una cosa del genere pensiamo che possa succedere solo a Parigi e a Montmartre in particolare… Siamo stati così colpiti e contenti per Lulu e la padrona che ci siamo portati via un cartello in ricordo di questo grande atto d’amore per gli animali e di rispetto e affetto per le persone.

Madrid (14-18 agosto) Dalla Francia alla Spagna ancora con Easy Jet da Orly a Madrid Barajas. Volo in orario (14.10 – 16.40) ma con i minuti precedenti l’atterraggio un po’ movimentati a causa di piccoli vuoti d’aria. La bella giornata ci ha fatto scoprire i contorni della Spagna già al passaggio sui Paesi Baschi e vedere nitidamente quello che di solito si vede solo sulle cartine e sugli atlanti è sempre suggestivo. Dal finestrino abbiamo visto “arrivare” Madrid in lontananza e, anche se si percepiva il caldo che ci attendeva dopo il fresco parigino, non vedevamo l’ora di mettere piede a terra per iniziare la nostra vacanza madrilena.

Madrid è stata una città dalle continue scoperte, tutte o quasi positive. L’aeroporto è enorme e la camminata dal terminal alla metropolitana è stata molto lunga. Abbiamo fatto il Metrobus, carnet da dieci viaggi integrati bus e metro (5,80 a testa) siamo saliti sulla metro, nuovissima, moderna, con schermi piatti che proiettano pubblicità e informazioni, e ci siamo diretti verso l’hotel prenotato, alla fermata Colombia (tre fermate da Barajas aeropuerto).

Hotel Tramite il solito www.Bookings.It abbiamo prenotato all’NH La Habana, una delle strutture della catena NH, presente in città con almeno altri sei hotel ma diffusa in tutta la Spagna. L’hotel è al numero 73 del paseo de la Habana, nella zona nord-est della città, quella con i quartieri residenziali, il Bernabeu e la parte iniziale del paseo de la Castellana. La fermata Colombia (linee 8 e 9) è a 300 metri, davanti passa il bus che porta fino in Plaza de Cibeles.

E’ un 4 stelle che in alta stagione costerebbe 170 euro a notte in matrimoniale standard: con l’offerta bookings e la bassa stagione ce la siamo cavata con 46,73 euro a notte. In totale, tasse locali comprese 200 euro per quattro notti (100 euro a testa) in una camera grande, con aria condizionata, telefono anche nel bagno tutto in marmo, playstation, tv satellitare, frigo, insonorizzazione, cassetta di sicurezza… Un affarone. Ovviamente è andato tutto bene e ci torneremmo a occhi chiusi.

Pro: comodità, modernità, silenzio, camera e bagno enormi, letto comodo ecc. Ecc.

Contro: a voler essere pignoli… è asettico, ovvero non è tipico del luogo e quando sei in camera potresti essere a Madrid come a Parigi o Forlimpopoli. Ma non vediamo il problema… Spostamenti Il servizio bus e metro è capillare e ben organizzato. La metro funziona dalle 6 all’1.30 e raggiunge in tempi brevi ogni parte della città: visto che le cose da visitare sono in un’area ristretta abbiamo utilizzato metro e bus soprattutto per il tragitto hotel-centro-hotel.

All’inizio abbiamo comprato il Metrobus da dieci viaggi che però non è bastato fino alla fine del soggiorno. Così abbiamo aggiunto un abbonamento turistico da un giorno (3,50 euro a testa) per tutto il 17 agosto. In più, causa dolore alle ginocchia di Anna, abbiamo utilizzato anche il Bus Turistico panoramico non solo per vedere la città ma anche per gli spostamenti occasionali, tanto si può pagare la tariffa per due giorni (17 euro a testa) e montare e scendere a piacimento, giorno e sera (a noi comodava soprattutto perché avevamo la fermata vicino all’hotel, e cioè davanti al Bernabeu).

Mangiare Madrid è meno cara di Parigi ma non per questo economica. Chi sa dove andare e quando andarci però può mangiare tanto e bene spendendo il giusto e per questo noi ci eravamo documentati su Internet, anche se poi ci siamo affidati all’istinto in alcune occasioni, un po’ per scelta e un po’ perché i consigli trovati in rete non sembravano così azzeccati.

Pranzo Siamo arrivati a Madrid di pomeriggio con “abitudini” parigine. Così, dovendo aspettare almeno le 22 per cenare, ci siamo rifugiati nel Mc Donald’s all’angolo tra calle Montera e la Gran Via per una merenda.

Nei giorni seguenti tutti i nostri pranzi sono stati “targati” o Mc Donald’s o Pans and Company, sia per comodità che per non perdere troppo tempo in ristoranti affollati e magari senza aria condizionata.

Cena Il 14 abbiamo seguito, fortunatamente, i consigli trovati su Internet e siamo andati da Platero, in calle Espoz y Mina, a due passi da plaza Mayor. Il locale è piccolo (una trentina di coperti) ed è mandato avanti dal proprietario Ramón che prende le ordinazioni, porta in tavola, intrattiene i clienti con modi incredibilmente gentili ed educati e in più aiuta la moglie e i figli in cucina a farcire le portate. E’ una specie di fantasma che appare e scompare a velocità incredibile e nonostante questo, dopo ogni portata, si ferma a chiedere se va tutto bene, da dove veniamo, come ci troviamo a Madrid… Ci sono vari menù a prezzo fisso con molti piatti tipici ma si può anche combinare piatti di menù diversi. Le cose belle sono il prezzo (9 euro a testa per un primo o un secondo, l’acqua e un dolce) e la qualità, ottima.

Il 15 abbiamo cenato alla festa della Virgen de la Paloma in uno dei tanti stand all’aperto in mezzo alla folla. 16 euro in due per due fette enormi di pane unto con sopra pomodoro e prosciutto crudo tagliato spesso (iberico), mezzo pollo arrosto con patatine fritte e due bottiglie d’acqua da mezzo litro. Tutto più che abbondante e sufficiente. Anche perchè per finire abbiamo aggiunto un euro per un churro al cioccolato! Il 16, nel quartiere Chueca, abbiamo scelto, dopo un lungo peregrinare per le vie semideserte, il KolaBora (calle Libertad 23), ristorante-pizzeria nuovo, con arredamento moderno e essenziale e che ha per slogan “pizzas+pastas+ensaladas”. Buona la pasta (una specie di lasagna molto calda e farcita) e buona anche la pizza. Servizio cordiale e veloce (i proprietari sono giovani) e prezzo più che accettabile (21,60 euro in due, comprese le bevute).

Ultima cena madrilena al El Zagal (calle Trujillos 7), un locale che i consigli Internet descrivevano come molto tipico. In realtà è un ristorante dall’esterno anonimo e dagli interni da pizzeria di paese anni ’80, comunque puliti e ampi. Dentro tutti maschi (Anna l’unica donna) e un clima da circolo Arci. Ormai eravamo entrati e ci siamo seduti: meno male!! El Zagal si è rivelato uno tra i migliori di tutta l’estate con portate abbondantissime, ben cucinate e dal sapore molto intenso. Il consiglio è per i calamari fritti e le crocchette di carne: una delizia. Abbiamo mangiato benissimo con 10,50 euro a testa compresi il caffè e la mancia ed abbiamo capito che tutti quegli uomini erano madrileni che, conoscendo le qualità del locale, ci vanno a cena regolarmente.

Cosa vedere 1’ giorno Essendo arrivati di pomeriggio, la nostra prima giornata madrilena l’abbiamo passata a girovagare per prendere confidenza con la città. Così abbiamo deciso di prendere l’autobus e di farci tutto il paseo de la Castellana, arrivando fino in plaza de Cibeles. La piazza ci affascina subito per diversi motivi… l’acqua della fontana che sgorga alta nel caldo torrido di metà agosto, il palazzo delle poste tirato a lucido che domina la visuale, la salita verso il centro della città… Gran vía: il primo obiettivo è proprio questo pazzo viale, che tanto è cambiato nel corso degli anni. Prima era tutto un fiorire di sexy shop e sale giochi, adesso invece ha riacquistato quell’impronta signorile e elegante che sembrava avesse perso. I palazzi sono di bellezza notevole e valgono la lunga passeggiata. Inoltre ci sono bei negozi, anche di catene importanti (ma non di lusso), hotel famosi, catene di ristoranti, gelaterie, caffetterie… insomma, qualche sala giochi c’è ancora, ma è comunque divertente camminare e incontrare dei lustrascarpe all’uscita dei cinema oppure qualche vecchio madrileno che porta a spasso il cane! Dopo uno spuntino al Mc Donald’s per fermare la fame parigina ci dirigiamo alla scoperta di plaza Puerta del Sol.

Calle Montera: una volta avevo (Anna) fatto notare che questa via, a qualsiasi ora del giorno, era affollatissima di prostitute e brutti ceffi. In molti mi si erano scagliati contro ma, visto che non dico mai niente tanto per fare, ecco che il 14 agosto, in pieno pomeriggio, ci ritroviamo a passeggiare tra 26 prostitute (riconosciute, chissà se ce ne erano altre) che se ne stavano tranquille ad aspettare clienti in una stradina di poche decine di metri. Non che ci abbiano dato noia, ma alla faccia di chi diceva che non il fenomeno non esisteva!!! Puerta del Sol: purtroppo la piazza è investita da tutta una serie di lavori che non risparmiano niente, dai palazzi alle statue. Il caos è notevole, e forse per questo di questa piazza, famosa per l’orso con il corbezzolo, il chilometro zero e il cartellone dello Tío Pepe, non ci piace quasi niente, tranne appunto l’insegna e la statua animale. Notiamo però un’edicola e ci affrettiamo ad acquistare la Guía del ocio, il vademecum che contiene tutte le informazioni sulla. Da Puerta del Sol ci dirigiamo verso il centro, diretti in plaza Mayor.

Plaza Mayor: per arrivare nella piazza partendo da Puerta del Sol si attraversano delle stradine in leggera salita strapiene, almeno quel giorno, di gente, soprattutto giovani. Le persone, madrileni come turisti, si accalcano nei negozietti, davanti alle vetrine, a prendere l’aperitivo gustando qualche tapas… Poi alla fine sbuchiamo in piazza e subito ci illumina la luce che emana. I palazzi sono ricoperti di pitture, i portici nascondono negozi di souvenir, bar e anche l’ufficio del turismo. Di gente ce n’è davvero tanta e l’atmosfera che si respira ci piace subito tantissimo. I ristoranti sono numerosi, ma non ci lasciamo indurre in tentazione e risaliamo verso Puerta del Sol per cenare da Platero (vedi “dove mangiare”). Questa piazza sarà il fulcro dei nostri giorni a Madrid. La Latina: dopo cena decidiamo di tornare verso plaza Mayor e da qui di scendere verso La Latina, il quartiere in cui si stanno svolgendo le celebrazioni per la Virgen de la Paloma. Le strade, minuscole quanto luminose, sono affollatissime: in alcune zone i piccoli locali hanno allestito dei banconi all’aperto dove si servono alcolici a go-go e i ragazzi ballano grazie alla musica altissima (ovviamente ogni locale ha la sua!); in altre zone – in particolare in calle de Toledo – sono stati allestiti gli stand gastronomici (soprattutto carne e churros). Lasciamo la festa promettendo di tornare la sera successiva. Durante il rientro verso l’hotel ci accompagnano in metro dei simpatici suonatori, ben diversi dagli elementi che popolano i nostri mezzi pubblici.

2’ giorno Dopo una sana colazione a metà mattina (non pensate di alzarvi alle 8 e di trovare qualche madrileno sveglio!) in un forno-pasticceria che abbiamo incontrato sulla strada per la metro, decidiamo di buttarci subito alla scoperta della “vera” Madrid.

Rastro (metro La Latina o Puerta de Toledo): la nostra prima tappa si rivela una delusione clamorosa. Avevamo letto un solo commento negativo contro molti positivi, ma quando siamo arrivati ci siamo dovuti rassegnare all’evidenza. Nessuna fatica a trovare abbigliamento, non sempre decente, ma praticamente identico a quello che si trova in un qualsiasi mercato europeo. Un po’ come il mercato delle pulci a Parigi, anche questo ci è apparso invaso dalla modernità, ma da una modernità che non appaga la vista. Forse l’unica parte un po’ più originale è quella iniziale, dove tre o quattro madrileni vendono cianfrusaglie e dischi vecchi nelle loro piccole e calde botteghe. Per quanto riguarda gli scippi… anche qui non abbiamo avuto nessun problema, ma stare attenti non guasta mai. Atocha: delusi e già accaldati decidiamo di andare ad Atocha, sia per far rendere omaggio alle quasi duecento vittime degli attentati dell’11 marzo 2004, sia per sistemare la nostra prenotazione ferroviaria per Siviglia. Dopo aver preso i biglietti facciamo un giro e scattiamo qualche foto a questa straordinaria stazione. Da una parte le piante verdissime e le tartarughe che dormono tranquille, dall’altra la modernità più puntuale. Addirittura, per prendere i treni locali si utilizza un metodo stile metropolitana, cioè si inserisce il biglietto nella macchinetta che fa aprire la sbarra. E per i viaggi a lunga percorrenza, metal detector per tutti, più imbarco in modo ordinato… Paseo del Prado: usciti dall’umida Atocha, già sfiancati dal caldo e dalla fame, decidiamo di fermarci per il pranzo e notiamo, tra l’altro, un ristorante che veniva citato in uno dei tanti racconti scovati su internet. Il commento era: da evitare assolutamente. Da qui passeggiamo lungo tutto il viale del Prado, caldo e con tante bancarelle per la Fiera del Libro.

MadridVision: arrivati davanti all’ingresso del Prado (dalla parte dell’hotel Ritz) il male al ginocchio di Anna ci ha convinti a fare i biglietti per l’autobus MadridVision. Un “due giorni” da 17 euro a testa che, in fin dei conti, vale la pena fare per chi ha poco tempo, voglia e forza per girare a piedi. Ci sono tre percorsi (verde, blu e rosso) che toccano la Madrid storica, quella moderna e quella artistica. Seduti all’aperto, con le cuffie con la spiegazione in italiano e la brezza in faccia, ci siamo visti e rivisti tutte le zone più importanti della città con calma e relax arrivando fino all’ora di rientrare in hotel.

3’ giorno Santiago Bernabeu: freschi e riposati dopo una buona dormita ci siamo “dedicati” ad uno dei templi del calcio mondiale. Già alle 10 la fila per entrare al Bernabeu è lunga ma scorrevole e così dopo aver pagato un biglietto da 9 euro a testa entriamo per il tour guidato, scoprendo che guidato significa “da percorrere tramite cartelli-guida che ti portano da una parte all’altra dello stadio”. Sette le tappe (ma la seconda, la visita al palco d’onore, è impossibile a causa di lavori): si inizia con la salita in ascensore al terzo livello per la panoramica e poi si prosegue con la discesa a livello del campo (guai a toccare l’erba!), la visita alle panchine e agli spogliatoi (con una stanza con una vasca idromassaggio da otto posti e cabine doccia-massaggio ad ogni angolo), quella alla sala trofei (che scintillio e quanta storia…) e infine chiusura con il passaggio obbligato dal negozio ufficiale, dove tutto è targato Real Madrid. Consigliato anche a chi del calcio ha solo una passione superficiale.

Prado: dopo la storia calcistica quella artistica. Al Prado entrano gratis, tra gli altri, gli studenti europei con meno di 25 anni quindi Anna se lo gode a prezzo zero. E’ invece gratis per tutti la domenica, il 2 e il 18 maggio, il 12 ottobre e il 6 dicembre. Come con Orsay e Louvre anche in questo caso abbiamo scelto un tour veloce con sguardi più approfonditi solo per le opere più famose ma questo non ci ha impedito una sosta inferiore alle due ore tra Goya, Velasquez, Caravaggio, Rubens e El Greco. Chueca: di questo quartiere avevamo letto talmente tante cose che alla fine ne siamo rimasti delusi. Quello che doveva essere il centro della movida madrilena, del divertimento e della trasgressione ci è sembrato in realtà un sonnacchioso e spento quartiere con una dichiarata e ben visibile presenza gay, con negozi a tema e coppie omosessuali in giro per strade e locali. Ma nel 2005 l’omosessualità non è certo trasgressione e quindi la Chueca, che forse abbiamo visitato troppo in fretta o troppo presto (ci siamo andati a cena verso le 22), non rimarrà certo nei nostri ricordi più vivi.

4’ giorno Palacio Real: gratis per tutti i cittadini europei il mercoledì. Così arriviamo e troviamo una fila molto lunga (200 metri) sotto un sole torrido. L’ingresso viene aperto circa ogni mezzora per un centinaio di persone a volta. Per non perdere il posto decidiamo di alternarci: uno sta in fila mentre l’altro va a vedere la cattedrale dell’Almudena, che è di fronte al Palacio. Oppure uno sta in fila e l’altro all’ombra… Dopo un’ora e mezzo riusciamo a entrare e capiamo che l’attesa non è stata vana: il Palacio è imponente, ben tenuto e con un tour lungo e dettagliato. Ogni stanza vale una foto o una sosta, compresa l’Armeria Reale, nell’ala destra del Palacio. Un tuffo nella storia e nello sfarzo sempre sotto l’occhio vigile dei guardiani che, come ogni buon spagnolo, trasforma nella lingua madre anche le parole straniere. Così il “No flash” per le foto diventa “No Flasss”… Cattedrale dell’Almudena: il luogo dove si sono sposati il principe Felipe e Letizia Ortiz è una chiesa enorme dai colori sgargianti. Niente di paragonabile alle grandi cattedrali europee o ai capolavori italiani ma la chiesa ha comunque un suo fascino.

Tempio di Debod: è stato donato dal governo egiziano a quello spagnolo e sorge su una collinetta a poche centinaia di metri dal Palacio Real e accanto a Plaza de Espana (per arrivare da questa piazza al tempio si deve attraversare un sottopasso nel quale trovano rifugio i barboni: con il caldo l’aria non è propriamente profumata…). E’ un piccolo tempio egizio con colonne circondate da vasche d’acqua e tanto verde, che si estende verso nord. Dalla vicina terrazza si gode un bel panorama sulla periferia della città e sullo stesso Palacio Real. Ideale per un po’ di riposo al fresco.

Vicente Calderón: lo stadio della seconda squadra di Madrid, l’Atletico, rispecchia i valori calcistici cittadini. Meno imponente del Bernabeu, in una zona meno nobile (lungo il Manzanares e vicino ad uno snodo della tangenziale) e senza tour organizzato. Però c’è il vantaggio di poter entrare gratis per scattare le foto di rito (si entra dal lato del fiume). Non male il negozio ufficiale, rinnovato di recente (è nel lato opposto al fiume).

Parco del Buen Retiro: per un pomeriggio di relax. Dopo tanto camminare ci siamo concessi la visita al parco principale della città per un gelato e per il noleggio della barca a remi nel laghetto (4,20 euro per 45 minuti). Il parco non è verde e coivolgente come quelli parigini ma regala comunque momenti di relax e romanticismo a poche decine di metri dal traffico e dai rumori.

Cosa comprare A Madrid c’è di tutto e di più, soprattutto per chi come noi ha la passione per il materiale calcistico o le mucche. A parte il solito e ricchissimo Corte Inglés ci sono molti negozi di souvenir piccoli e nascosti o enormi e abbaglianti. Ovviamente più ci si allontana dal centro e meno si spende anche se i prezzi sono più bassi di quelli di Parigi. Per il calcio: del Real si trova di tutto ovunque, anche nelle macellerie! Per cose più particolari ci sono i negozi di sport o “Football Shop”, quasi all’inizio della Gran Vía, sulla destra salendo: piccolo negozio con sciarpe, gagliardetti e poster di varie squadre spagnole e non. Per le mucche non c’è che l’imbarazzo della scelta: a Prato con noi è venuta una mucca di peluche vestita da ballerina di flamenco.

La curiosità Nella moltitudine di popoli e persone che affolla Plaza Mayor ci siamo imbattuti in un cingalese di mezza età che, dopo aver finito di sgranocchiare un pezzo di cioccolata, ci ha attaccato un bottone parlando di mille cose in inglese. Simpatico ma si vedeva che aveva voglia di parlare con qualcuno: per fortuna ci siamo trovati d’accordo sulla questione anti-Cina. Forse dalla faccia aveva capito che siamo di Prato… Siviglia (18-23 agosto) Per spostarci da Madrid a Siviglia abbiamo scelto il treno, prenotando via web dall’Italia i biglietti sul sito delle ferrovie spagnole (www.Renfe.Es). Così con la prenotazione siamo andati alla stazione di Atocha dove ci hanno consegnato i biglietti veri e propri. 52,50 euro a testa per 510 km percorsi in tre ore e un quarto su un treno Altaria fin troppo veloce (dava quasi un leggero fastidio stile giostra del luna park). Al binario si accede solo dopo check-in stile aeroporto con controllo ai raggi x delle valigie e del bagaglio a mano. Una volta al proprio posto passa il controllore per la verifica dei biglietti e per consegnare le cuffie monouso per ascoltare la radio o l’uscita audio della televisione che si trova all’inizio e a metà del vagone. Così il viaggio è passato veloce tra la visione di un film con Robert Redford e le soste a Ciudad Real e Córdoba.

L’approccio con la città non è stato dei migliori: un caldo boia e l’impossibilità di capire quale autobus dovevamo prendere per raggiungere il centro. Ci avevamo provato da casa via internet senza successo pensando che lì sarebbe stato più facile. Alla fine, chiedendoci come fosse possibile che non ci fossero capolinea davanti alla stazione ferroviaria (si fermano solo due linee), siamo riusciti a scovare la fermata sul viale parallelo. Una volta scesi percorrere l’ultimo chilometro per arrivare all’hotel non è stato facile sia per il caldo che per la mancanza di indicazioni, oltre alla rottura delle rotelle di una valigia.

In più tanta polvere per i mille cantieri aperti in città per la costruzione della metropolitana. Chi andrà a Siviglia tra un paio di anni troverà una città decisamente più vivibile di quella, pur bellissima, vista da noi.

Hotel Avevamo prenotato all’hotel Murillo, un due stelle in pieno barrio de Santa Cruz. Molto tipico, accogliente e raggiungibile tramite i giardini omonimi, che arrivano fino ai viali che circondano il centro storico. Unico inconveniente, scoperto via internet prima di partire, i lavori di ammodernamento della struttura.

Ormai avevamo fatto l’idea di trascorrere lì la nostra vacanza sivigliana e non abbiamo disdetto, pentendocene un po’ la prima mattina, dopo il risveglio a suon di martellate e trapanate. Nel complesso però l’hotel è molto caratteristico, ospitale e da consigliare assolutamente una volta finiti i lavori. La camera (50 euro a notte) era una di quelle ancora da rimodernare: piccola ma non minuscola, così come il bagno, dall’aspetto decisamente più disastrato (ma non abbiamo mai avuto problemi). Niente tv, mentre c’era ovviamente l’aria condizionata. La hall è una stanza con soffitti a cassettone decorati e anche l’arredamento è tutto antico in stile bizantino. Pro: è in una piazzetta in cui si arriva da viuzze in cui passano a malapena i pedoni e qualche motorino e quindi silenzioso. Il rapporto qualità-prezzo è buono. E’ ad un passo dalla cattedrale.

Contro: a Siviglia agosto è bassa stagione e ad un prezzo inferiore saremmo potuti andare in un quattro stelle moderno fuori dal centro con mille comodità (piscina, tv ecc. Ecc.) semplicemente prenotando tramite bookings.It.

Potevano gestire meglio i lavori, iniziando dopo le 10 anziché all’8 e proseguendo nel pomeriggio. Evidentemente il fresco del mattino e la siesta hanno avuto la meglio! Spostamenti Siviglia è piuttosto piccola e quindi si gira a piedi. I mezzi servono solo per andare all’aeroporto o in zone periferiche della città; al limite si possono utilizzare per percorrere più velocemente i viali di scorrimento appena fuori dal centro.

C’è una rete di autobus piuttosto capillare anche se gli orari sono elastici (quando passa… passa…): l’ultima mattina, per andare a prendere l’aereo ci siamo presentati alla fermata del bus alle 7,05 per prendere quello delle 7,15 che è passato alle 7,45. E se ritardano di mezzora a quell’ora del mattino… I biglietti costano un euro per il tragitto cittadino e 2,30 per andare all’aeroporto.

Mangiare Colazione Solo una volta ci siamo concessi una colazione classica: siamo andati al forno-pasticceria San Buenaventura, in avenida de la Costitución, a fianco della Cattedrale. Tanta scelta di dolce (paste fin troppo piene di panna e crema) e salato (dai panini alle schiacciate).

Pranzo Gli orari sono molto spagnoli, per di più del sud, e quindi ci siamo abituati a pranzare dopo le 14. L’inconveniente è che il servizio è concentrato in due-tre ore al massimo: dopo quelle resti digiuno perché anche nei bar, tra le 17 e le 21, è difficile trovare qualcosa di più di merendine o patatine. Casa Carmelo (calle Gloria 6, barrio Santa Cruz): locale gestito da ragazze con tavoli all’aperto nella stretta via. Pranzo fugace dopo le 16 con tapas. 12 euro in due (ma ci siamo alzati con la fame) in un locale carino.

Bar Citroen (Avenida Portugal): bar di passaggio verso Plaza de Espana. Due panini e due acque a 9,70 euro.

Una volta abbiamo pranzato al Pan’s & company e una volta abbiamo comprato pane e prosciutto al supermercato Champion.

Cena El Campanario (calle Mateus Gago 8, barrio Santa Cruz): dal tavolo all’aperto si vede il campanile della cattedrale. Su Internet avevamo letto pareri discordanti ma noi abbiamo cenato veramente bene. 21 euro in due per due panpizza (bruschette stile pizza), due tapas di patate, una tapa di carne, due contorni e tre acque da 50 cl.

O mamma mia (calle Betis, zona Triana): anche a Siviglia siamo caduti nella tentazione della pizza e così abbiamo scelto questo locale, visto nel pomeriggio e dall’esterno accattivante. Gli affari vanno a gonfie vele, a giudicare dall’attesa di oltre mezzora per avere un tavolo: una volta seduti però il servizio è stato rapido e la pizza buona. Tanta bella gente giovane e sivigliana, decorazioni all’italiana e aria condizionata fin troppo fredda. Con 24,24 euro in due ci siamo tolti la voglia di pizza (margherita e ai funghi) ma ci siamo anche mangiati gnocchi alla bava e bevuti acqua e coca cola. I grissini sono come il pane, si pagano 80 centesimi. Poco frequentato dai turisti.

Hostaria Doña Lina (calle Gloria 7). In pieno Santa Cruz, in una piazzetta con panchine con mosaici di ceramica e fontane. Di sera è molto romantico e siamo stati fortunati a trovare un tavolo libero pochi minuti dopo le 21. Avevamo deciso di mangiare paella che, pur non essendo una specialità andalusa, si è rivelata buona e abbondante: viene servita minimo per due persone (17,95 euro) e basta come piatto unico. Abbiamo optato per quella di carne ma, conoscendo i tempi di attesa, abbiamo iniziato con una tortilla. Alla fine abbiamo speso 32,42 euro in due comprese due acque da mezzo litro e il pane, messo in conto anche se non mangiato. Ci siamo alzati soddisfatti e con la pancia davvero piena.

Sacristia (calle Mateus Gago): ci siamo rifugiati in questo locale al ritorno da Granada e quindi molto tardi. Alle 23 passate siamo riusciti a mangiare pane, salumi e qualche crocchetta. 15 euro in due ma il locale sembra meritare una sosta più lunga e maggior calma.

Las Teresas (calle Santa Teresa 2): tapas rinomate su Internet e sulle guide. Fama del tutto meritata. Il difficile è trovarla nel dedalo di stradine di Santa Cruz (abbiamo scoperto che, passando da un vicolo non più largo di un metro, saremmo arrivati al nostro albergo in meno di un minuto…) ma una volta seduti diventa difficile non chiamare il cameriere per ordinare tapas su tapas. Le crocchette sono una delizia per il palato, la scelta dei salumi è molto ampia come quella di verdure e sottoli. Merita la citazione dello scontrino: champiñones a la plancha (1,95 euro), lomo con tomato (1,90), espinacas con garbanzos, (1,90), due tapas del día (3.80), jamon (2), due croquetas (3,80), tre aguas (3). 18,25 euro per una grande ultima cena sivigliana. Ovviamente appena abbiamo accennato ad alzarci la gente in attesa ha fatto a spintoni per sedersi al nostro posto… Cosa vedere 1’ giorno L’impatto con la città è stato un po’ traumatico per caldo, caos e orari così ci siamo limitati ad una breve passeggiata intorno alla Cattedrale e in Santa Cruz dopo un riposino pomeridiano per recuperare le ore di sonno. Con il fresco della sera e le gambe riposate abbiamo potuto intravedere le potenzialità della città, puntualmente confermate nei giorni seguenti.

Siamo arrivati fino al Guadalquivir costeggiandolo fino al ponte de Triana: lì abbiamo cambiato sponda percorrendo calle del Betis e arrivando a plaza de Cuba per poi tornare verso il centro. Lungo il fiume tanti giovani fuori dai bar di Triana e sul muro di un ristorante un piccolo geco che ci ha permesso di scattare una foto molto simpatica. Atmosfera molto bella.

2’ giorno Santa Cruz: è il quartiere simbolo di Siviglia. Strade, vicoli, piazze, negozi, ceramiche e chiese in un “labirinto ordinato”. Labirinto perché, anche con la cartina alla mano, basta sbagliare di un metro ad un incrocio per perdersi e ritrovarsi dopo cinque minuti a dire “guarda dove siamo…”. I punti di riferimento sono le chiese e il Girardillo, il campanile della Cattedrale. E’ un quartiere da vivere giorno e notte vagando a destra e a sinistra.

Macarena: le distanze a Siviglia sono relativamente brevi ma se si inzia a zigzagare tra le viuzze diventano ampie. Così anche la camminata nel quartiere della Macarena diventa un’impresa non da poco. Abbiamo trovato molto sporco, soprattutto polvere e trascuratezza. Chi ha i soldi si è messo a ristrutturare case e facciate per restare al passo con la Siviglia che sta nascendo; chi non li ha si è lasciato andare e il contrasto è evidente. Anche alcune chiese sono sprangate e tutto intorno girano ruspe e muratori intenti a ricostruire appartamenti. In questo contesto spicca per ordine e prestigio la Basilica della Macarena, dove si trova la Madonna più venerata durante la Semana Santa. Il vestito bianco che la copre luccica e da solo illumina la chiesa, non grande ma evidentemente molto amata dai sivigliani.

Stadio Ruiz de Lópera: è lo stadio del Betis. 55.500 spettatori all’insegna del biancoverde e della rivalità con il Sevilla. Per arrivare allo stadio bisogna prendere l’autobus e allontanarsi dal centro, finendo in una zona non certo turistica. Anche la visita all’interno è un’incognita: tutto è chiuso, il negozio ufficiale del Real Betis è in centro, in calle Castelar, e allo stadio c’è solo una stanza in condizioni misere. Alla fine, con un’altra coppia di spagnoli, siamo riusciti a convincere il segretario del Betis a farci entrare da una porta secondaria. Lo stadio è bello ma sporco e l’odore è quasi nauseante: il tempo di fare un paio di foto e poi via all’esterno, per riprendere l’autobus. Fuori però abbiamo fatto conoscenza con un po’ di personale del Betis e anche col custode dello stadio, che ci ha detto che il negozio allo stadio è in disuso perché lo gestiva lui con sua figlia, prima che lei partisse per Maiorca con un giocatore del Betis acquistato dalla società delle Baleari.

Sánchez Pizjuán: lo stadio del Sevilla è ai margini del centro, nel quartiere Nervión. Molta più vita, una grande centro commerciale a ridosso delle tribune e un mosaico enorme che riproduce il nome dello stadio e i gagliardetti delle avversarie più famose del Sevilla. Purtroppo non siamo potuti entrare perché c’era molta gente in fila per acquistare i biglietti per la partita di presentazione del Sevilla 2005/2006. Così ci siamo accontentati di una foto fuori dalla tribuna centrale. Ottimo e moderno il negozio con il materiale della squadra.

Torre del oro: l’abbiamo vista da fuori, di sera, con le luci di Triana e del lungofiume. Molto caratteristica e romantica; da cartolina.

3’ giorno Cattedrale: la Giralda è immensa e maestosa. Dentro è piena all’inverosimile di decori, statue, mosaici e vetrate. Grazie alla tessera universitaria spendiamo 3 euro in due per l’ingresso (compresa la salita sul campanile) più altri tre euro per le audioguide. Chi ha con sé una guida può fare a meno delle audioguide. Sono prolisse e con una ventina di punti di ascolto il rischio è di passare due ore con la guida all’orecchio senza capire molto della spiegazione. Tanto ovunque ci si giri c’è qualcosa da vedere (ad esempio la tomba di Cristoforo Colombo) mentre la salita sul Girardillo è lunga ma non faticosa grazie a scalini molto bassi. Dall’alto la vista ripaga della fatica e si scopre una Siviglia diversa con i patii in bella vista e le strade del centro trasformate in mosaico.

Plaza de España: attraverso il Paseo de las delicias siamo arrivati al Parco di Maria Luisa e dopo un pranzo veloce all’imbocco del giardino siamo arrivati in pieno primo pomeriggio nella piazza. I lavori per la metropolitana hanno comportato lo svuotamento delle vasche a semicerchio che la caratterizzano e quindi manca una delle peculiarità principali di questo monumento ma l’impatto è comunque intenso. Le maioliche che raffigurano tutte le regioni spagnole, le arcate assolate e semi deserte e lo zampillo della fontana al centro di una grande vasca rendono meno pesante la temperatura molto vicina ai 40 gradi. Da vedere.

Parco di María Luísa: grande e ordinato spazio verde con edifici costruiti per l’esposizione Ibero-americana del 1929/30 che ora fungono da musei archeologico, delle belle arti e dei costumi popolari. C’è spazio per riposarsi all’ombra, per girare con la carrozzella trainata dal cavallo e per prendere qualcosa di fresco ai chioschi. In una delle piazzette vicine al museo archeologico abbiamo trovato un numero impressionante di colombe bianche ferme all’ombra: saranno state duecento!! 4’ giorno Granada: una vacanza in Andalusia non può prescindere dalla visita all’Alhambra. Per spostarci da Siviglia a Granada abbiamo affittato via internet un’auto con l’Avis: 56,84 euro per una Seat Ibiza turbo diesel in ottime condizioni con la quale abbiamo affrontato i circa 260 comodissimi e suggestivi chilometri che separano le due città. L’abbiamo ritirata e consegnata alla stazione di Santa Justa a Siviglia.

Il viaggio è scorso veloce tra campagne verdi, strade in ottime condizioni con segnalatori di velocità e automobilisti molto attenti e corretti. Merita un discorso a parte la sosta per la colazione in un’area di servizio con pasticceria tra Estepa e Antequera. La zona è famosa per i dolci così, oltre a due normali brioche, abbiamo voluto assaggiare una pasta fatta in stile “Flauto” del Mulino Bianco ma con al centro un concentrato di zucchero, burro e tuorlo d’uovo da far venire il diabete a guardarlo. Con quella colazione siamo andati avanti dalle 10 fino alle 18 senza la minima voglia di pranzare!!! Arrivati a Granada basta seguire i cartelli per l’Alhambra per arrivare al parcheggio. Noi avevamo prenotato i biglietti prima di partire e così abbiamo evitato una lunga coda al botteghino. I 10 euro di costo sono una bazzecola per quello che l’Alhambra offre. Quello che c’è dentro a questa cittadella fortificata che si è fermata nel tempo si trova su tutte le guide e descriverne l’atmosfera è molto difficile anche perché ogni angolo offre emozioni personali.

Ogni zampillo d’acqua, ogni fiore, ogni arco, ogni marmo è un particolare da gustare.

I palazzi Nasridi hanno un accesso regolamentato con l’orario scritto sul biglietto d’ingresso: la visita a questa struttura deve essere fatta con cura, calma e tanta capacità di immagazzinare colori, immagini e sensazioni, cosa peraltro rara durante una vacanza piena come la nostra. Qualcosa ha fatto la macchina fotografica ma molto è durato un minuto o poco più.

I giardini del Generalife sono di un rilassante unico: siepi, fiori e vasche d’acqua danno all’Islam meriti che sembrano essersi dissolti con il passare dei secoli. Comunque ogni passo è un tuffo nella storia e nella bellezza.

L’unico consiglio che possiamo dare è quello di prendere le audioguide e di dedicare all’Alhambra il tempo che merita. Noi ci siamo rimasti quattro ore e mezzo senza accorgersi di caldo (molto meno intenso che a Siviglia), stanchezza, mal di ginocchia e fatica.

Se non avessimo dovuto riconsegnare l’auto entro mezzanotte ci saremmo fermati anche di più.

Estepa: sulla via del ritorno ci siamo fermati in questa cittadina famosa nel mondo per il suo “mantecado”, un dolce tipico per le festività natalizie come i nostri panettoni e pandori. Ci abita una famiglia che conoscevamo solo per vie traverse ma che siamo andati a trovare volentieri scoprendo una città molto carina. La chiamano “el balcón de Andalucía” perché dal colle che domina il paese di vede tutta la spianata da Granada a Siviglia: chi passa da quelle parti si può fermare. Scoprirà l’essenza andalusa in un luogo molto accogliente.

5’ giorno Triana: ancora calura e ancora una lunga passeggiata nelle strade di uno dei quartieri più famosi di Siviglia. Triana è il quartiere delle ceramiche e così abbiamo girato per negozi alla ricerca di souvenir davvero tipici come acquasantiere e piatti e la scelta è stata ardua vista la quantità di mastri ceramisti che hanno i laboratori a Triana. Nel girovagare abbiamo trovato la parrocchia di Santa Ana: la porta era aperta e siamo entrati. Chiesa piccola ma carina, con un custode alla porta che, all’uscita, in cambio di una piccola offerta (meno di un euro…) ha voluto darci non solo la cartolina con le immagini della parrocchia ma anche un dépliant con la storia e la descrizione dell’edificio.

Plaza de Toros: anche questa vista dall’esterno. Siamo contrari alla corrida e quindi le abbiamo dato solo un valore architettonico e folkloristico. All’esterno c’è la statua di un famoso torero che serve da “set” per la caratteristica foto in posa da “toro”.

Cosa comprare Siviglia è piena di negozi, soprattutto di scarpe e borse. I prezzi sono buoni e nelle vie del centro la scelta è molto ampia. Nel triangolo Alameda de Hercules (evitabile, ci sono solo quattro colonne che delimitano un giardino dove di sera si ritrovano i più giovani a far casino…) – Guadalquivir – Santa Cruz si trova di tutto: i negozi più alla moda sono in calle de las Sierpes.

A noi sono particolarmente piaciuti i souvenir, tipici ma non troppo. Non c’è la grossolaneria tipica di altri posti e se si cercano le cose con calma si trovano oggetti carini.

Le curiosità Cavalli: in estate il connubio caldo-sterco di cavallo è una bomba ad orologeria pronta ad esplodere in ogni momento. Le carrozzelle con i cavalli sono decine e girano per tutto il centro: così i bisogni fisiologici dei cavalli rischiano di pregiudicare una bella cenetta all’aperto. Quando si avvertono (sei-sette volte al giorno) i miasmi sono davvero insopportabili. Peccato, anche perché obbligano ogni notte i netturbini a sprecare molta acqua per ripulire le strade.

Flamenco: non siamo riusciti a vedere uno spettacolo di flamenco ma abbiamo capito da commenti e file alle porte che nel rapporto prezzo-qualità vince di gran lunga quello del Centro Cultural Flamenco di calle Ximenez de Enciso, nel barrio de Santa Cruz. Tutte le sere alle 21, ingresso 12 euro (10 gli studenti).



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