Singapore, Bali e isole Gili

Due settimane in Asia per la prima volta: la modernità e la tradizione di Singapore, il fascino e la natura di Bali, il mare di Gili Trawangan
Scritto da: morfeo81
singapore, bali e isole gili
Partenza il: 30/08/2013
Ritorno il: 15/09/2013
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
Cari turistipercaso, si parte! Quest’anno io e mia moglie Monica andiamo in Asia. Per la prima volta. Due settimane tra Singapore, Bali e le isole Gili.

Indice dei contenuti

Voliamo da Bologna a Singapore con Lufthansa. Partenza venerdì sera 30 agosto con volo notturno subito dopo essere uscito dal lavoro. Per chi fosse interessato al miglior prezzo abbiamo visto anche delle offerte da Roma e da Milano molto valide, ma noi siamo di Bologna e questa era la soluzione migliore.

Singapore

Atterriamo il pomeriggio del 31 agosto a Singapore, dove rimaniamo tre notti. All’aeroporto prendiamo uno comodissimo shuttle bus che ci lascia al nostro albergo: il Soluxe Inn. Albergo spartano ed economico, che si trova nel quartiere di Little India, comodo perché vicino alla fermata del metrò.

La differenza tra Little India e la Chinatown di una qualsiasi metropoli risiede nella sua attualità. Qui tuttora la gente vive e si ritrova: è uno spettacolo camminare tra botteghe colorate con banconi pieni di frutta, verdura e fiori, insegne al neon, negozi che vendono oro e gli odori delle cucine dei ristoranti. Che spettacolo poi i capannelli di persone radunate in mezzo alla strada intorno a banditori d’asta di cellulari.

Generalmente la nostra scelta dei ristoranti si fonda sull’istinto più che sulle guide o sui siti di recensione, ma questa volta un po’ smarriti in un contesto ancora poco familiare ci lasciamo guidare dalla Lonely Planet. Entriamo da Zam Zam un ristorante che serve un Murtabaki delizioso ad un prezzo irrisorio. Cosa è un Murtabaki lascio che sia Google a spiegarvelo perché non credo di essere in grado. Comunque, come ci dirà un taxista, è la pizza indiana… un cibo buono e veloce, adatto a tutte le stagioni.

Singapore ci ha colpito per i forti contrasti: da un lato il luccichio del Downtown con le costruzioni a firma di architetti prestigiosi e la metro più pulita di casa nostra, dall’altro la vivacità di Little India con le case di due piani a color pastello e la distesa infinita di palazzoni nei quartieri residenziali.

Ci ha colpito molto il giardino botanico con la vegetazione tropicale e la ricca collezione di Orchidee. Di fianco all’uscita dell’Orchid Garden ci siamo concessi lo sfizio di mangiare da Halia in una veranda circondata dalla vegetazione equatoriale. Cocktail di gamberi per me e insalata con verdure tropicali per Monica: caruccio ma delizioso sia per la qualità, che per l’atmosfera e il servizio.

Da segnalare anche il tramonto visto dal Marina Bay Sands, l’edificio simbolo di Singapore. Tre grattaceli posti uno di fianco all’altro e sormontati da una costruzione a forma di barca che li unisce. Si tratta di un grande resort con centro commerciale dalle dimensioni disumane alla base. Noi siamo saliti all’ora del tramonto e, con una bella birra in mano, abbiamo ammirato lo spettacolo dei grattaceli che si accendono e delle migliaia di navi ormeggiate nella baia che si illuminano.

Non ci è piaciuto tanto lo Zoo, sicuramente ben fatto, ma vedere dei felini come la tigre bianca o il leopardo, ma anche l’orso polare chiusi in un ambiente non loro ci ha lasciato l’amaro in bocca.

Prima di lasciare Singapore due piccole annotazioni pratiche per chi si sta mettendo in viaggio: la città è caldissima con una umidità pazzesca, ma attenzione portatevi sempre una felpetta o un coprispalle per affrontare l’aria condizionata di negozi, ristoranti e alberghi. Per quanto riguarda i costi è sicuramente una città cara, ma è accessibile con pochi accorgimenti: la metro è comoda, si possono trovare soluzioni alberghiere non fatiscenti a prezzi contenuti… mentre per chi ha voglia di spendere c’è solo l’imbarazzo della scelta. In valigia mettete anche un ombrellino perché potete essere colti da acquazzoni improvvisi.

Bali

Voliamo Tiger Airways fino a Bali. L’impatto con l’aeroporto di Denpasar è incredibile, non so dire quanti taxisti fossero in attesa e quanti in cerca di passeggeri con cui riempire la macchina. Però ho capito cosa vedono Kate Middelton e il Principe William quando, scendendo da un aereo, trovano di fronte a loro una distesa di paparazzi.

Andiamo verso Ubud dove facciamo tappa fissa per sei notti. Abbiamo scelto Ubud perché è la capitale della cultura e dell’artigianato. Inoltre, è vivace ed è in posizione abbastanza centrale per visitare l’isola. E’ diventata famosa grazie ad un libro diventato poi film: Mangia, Prega, Ama. Per raggiungerla dall’aeroporto ci impiegheremo circa un’ora e mezza. Se guardate le distanze con Google map vi sembrerà un tempo incredibile. Tenete sempre conto che la regione Sud, che comprende la capitale Denpasar, la capitale del turismo Kuta e le città limitrofe ha un traffico paragonabile a quello del grande raccordo anulare. Nelle regioni interne invece si va piano, perché le strade sono strette e affollate da macchine, motorini, biciclette, pedoni che non hanno marciapiedi da utilizzare. I motorini sono il mezzo di trasporto per eccellenza, possono portare qualsiasi cosa, carichi all’inverosimile e contenere fino a quattro persone. Il nostro autista è un amante della disco music più tremenda. Non è il solo, anche gli altri autisti che ci hanno guidato avevano gli stessi gusti. Credo che i costumi del mondo occidentale si siano infilati sottopelle anche in quest’isola.

A Ubud alloggiamo all’albergo d’Omah. Camera grande e luminosa immersa nella meravigliosa vegetazione tropicale. Un piccolo laghetto animato da pesci rossi, rane, piante acquatiche circonda l’edificio principale. Durante la notte le rane, i geki e altri animali che non abbiamo riconosciuto ci tenevano compagnia con i loro versi. Qui l’albero simbolo è il frangipane che si può trovare dappertutto. Il suo fiore semplice e profumato, spesso utilizzato per le offerte quotidiane e le decorazioni, è il simbolo di Bali. Credo rappresenti bene il carattere delle persone che abbiamo incontrato: semplice e colorato.

L’albergo ha due belle piscine: una grande dove mi sono dedicato al nuoto quotidiano e una più piccola e intima decorata con due putti a forma di elefante che rifornivano d’acqua la piscina e un piccolo “palchetto” con la tipica struttura balinese dove poter stendersi all’ombra a leggere: paradisiaco. Durante i giorni al d’Omah Monica si è dedicata con una certa costanza ad una delle attività centrali della vita a Bali: i massaggi. Alla fine mi sono fatto convincere e mi sono fatto massaggiare anche io. Dopo una certa diffidenza ammetto che ne è valsa la pena…anzi l’ultimo giorno ho fatto il bis!

Con partenza da Ubud abbiamo visitato l’isola. Nella parte Est ci sono le famose e spettacolari terrazze di Jatiluwih dove viene coltivato il riso. Per il loro ingegnoso sistema di irrigazione che consente il trasporto dell’acqua a Km di distanza e per la loro bellezza sono state dichiarate dall’Unesco patrimonio dell’umanità. Durante lo stesso giro abbiamo visto Pura Taman Ayun e sul lago Bedugul lo spettacolare Pura Ulun Danu Bratan e il tempio di mare Pura Tanh Lot.

All’interno dell’isola girovagando tra i mille templi si intuisce l’anima più profonda di questa terra. I templi sono un capitolo centrale della vita di Bali. Ci sono quelli familiari che sono dappertutto e sono più numerosi e curati delle case. Poi ci sono quelli della comunità che sono i più grandi più decorati e spesso collocati in luoghi significativi dell’isola: laghi, montagne o mare. E’ facile sprecare gli aggettivi per descrivere la bellezza e la cura dei templi di Bali, ma quello che li rende vivi ed attuali sono le cerimonie. A Bali è facile imbattersi nella celebrazione di un rito. Noi ne siamo rimasti estasiati. Si tratta di feste collettive colorate, ma allo stesso tempo con un forte senso di religiosità. Partecipano tutti i componenti della famiglia dagli anziani ai bambini, con i loro costumi tradizionali. Le donne portano spesso le offerte, cesti finemente decorati con alimenti e decorazioni floreali portati sulla testa con perizia ammirevole.

A Sud abbiamo fatto tappa al tempio di Pura Luhur Ulu Watu in cima al promontorio di Bukit. La posizione è spettacolare. Tante scimmie, o meglio macachi dalla coda lunga, fanno divertire le comitive di turiste. Il promontorio ha mille spiaggette dove pullulano i surfisti. Nel mezzo dell’escursione ci siamo fermati a mangiare a Jimbaran. Spiaggia bianca racchiusa tra l’aeroporto a Nord e il promontorio a Sud. Qui è bello fermarsi al tramonto e mangiare il pesce sempre fresco, visto che il mercato a pochi passi rifornisce i ristoranti tutti i giorni. Noi abbiamo mangiato un granchione di un Kg dopo averlo accuratamente scelto. Monica era estasiata e per la prima volta in questi anni ha mangiato più velocemente di me.

Stanchi di girare sempre in macchina siamo scesi in bicicletta dal monte Batur con le mountain bike, dopo aver fatto colazione con banane fritte e the e aver scattato qualche foto ricordo. Un bel modo per uscire dal caos dei percorsi turistici più affollati e vedere paesaggi e paesi. La guida, Poni, era un ragazzo veramente simpatico amante del calcio europeo, pertanto non è stato difficile stringere amicizia. Partendo infatti dal calcio la discussione si è allargata e abbiamo parlato a lungo della vita a Bali e della loro religione. Sono quegli incontri che accadono quando sei in viaggio e che ti porti nel cuore quando torni a casa. Durante la discesa ci siamo fermati a vedere un combattimento clandestino di galli. Mi è sembrato di entrare in un film: un anfiteatro gremito fra officianti e persone che scommettono. Lo spettacolo è alquanto cruento.

La vita all’aria apertaci è piaciuta e così abbiamo anche fatto una mezza giornata alla scoperta dei dintorni di Ubud facendo trekking lungo il fiume Sagung Ayung dove le comitive di ragazzi fanno Rafting. Abbiamo seguito un sentiero impervio consigliato dalla Lonely. In caso vogliate cimentarvi partite presto perché il sole dopo mezzogiorno diventa insopportabile.

Sempre nei dinorni di Ubud, ma in macchina, abbiamo fatto tappa ai templi di Goa Gajah, Gunung Kawi e Tirta Empul. In quest’ultimo si svolge il rito di purificazione: nelle vasche di acqua sacra i fedeli si immergono e pregano. Anche molti turisti compiono lo stesso rito e ai Balinesi sembra non importare molto se le loro intenzioni non sono delle più autentiche. Comunque ogni tempio ha la sua area riservata alle persone che pregano dove non abbiamo accesso. Gunung Kawi invece è ricavato in fondo alla valle e bisogna scendere una marea di gradini per raggiungerlo, ma ne vale decisamente la pena.

Lungo il percorso ci siamo fermati alle risaie di Tagallalang con le anatre che decorano le vasche delle risaie e poi la sera finiscono nella padella del fritto nei mille warung (=ristorantini) di Bali. Il nostro amico Royal, la guida presa tramite l’albergo, ci ha guidato nei vari spostamenti ci ha portato anche nella classica coltivazione dei caffè. Sicuramente pensato a misura di turista, ma molto carino. Abbiamo preso il caffè e assaggiato gli infusi in posizione panoramica, riposandoci tra un tempio e l’altro, in più ci hanno mostrato la loro coltivazione di numerose piante tropicali.

Prima di lasciare Ubud altre piccole annotazioni sparse: la sera al palazzo reale vengono fatti spettacoli di danza balinese che sono bellissimi, sia per la cornice che per le storie in sé. Le danzatrici, le maschere, i costumi, le musiche, tutto contribuisce ad entrare nel mondo incantato delle loro tradizioni. Attenzione però perché bisogna entrare presto altrimenti i posti nelle prime file finiscono e si vede ben poco.

Non dimenticatevi di fare un salto alla Monkey Forest dove ci si diverte un sacco con i numerosi macachi. Attenzione, però, a non farsi fregare niente, perché sono molto dispettosi. La cornice è un tempio buio chiuso dalla vegetazione che ricorda gli ambienti dei film di Indiana Jones.

A Ubud, come in tutta l’isola si mangia benissimo e lanciarsi alla ricerca di posticini dove mangiare è uno dei piaceri della vacanza. Io vorrei condividere con voi l’esperienza culinaria al Murni’s Warung: un’anatra così buona che ancora la sogno. Ambiente curatissimo, pieno di oggetti artistici, affacciato sulla valle con il rumore del fiume e la musica di sottofondo. Una coppia di giovani avventori dai lineamenti anglossassoni siede con cocktail in mano al bancone del bar, affascinati da un artista trapiantato a Bali ormai da molti anni (almeno a giudicare dalla lunghezza della folta barba bianca!). Il cameriere è gentile e sorridente. La storia del locale è descritta nella prima pagina del menu. Vorrei tornare ad Ubud anche solo per quel ristorante!

I prezzi a Bali sono bassissimi per qualunque cosa: dal mangiare alle escursioni, dal dormire ai divertimenti. Se però desiderate una vacanza all’insegna del lusso ci sono delle strutture ricavate nella giungla con dei panorami mozzafiato.

Purtroppo una nota negativa è stato il turismo a volte eccessivo e rumoroso: mal si concilia con l’ambiente circostante. Comitive da tutto il mondo affollano questo paradiso. Soprattutto nei templi dopo metà mattina abbiamo trovato grande confusione, che poi si traduce in un traffico infernale per le strade.

Gili

Le ultime quattro notti le abbiamo trascorse a Gili Trawangan. La più grande di tre isolette al largo di Lombok. Sono raggiungibili in un’oretta di attraversata con delle fast boat da Bali. Noi abbiamo viaggiato con Bluewater Express e ci siamo trovati bene. Il mare è sempre molto agitato tra Bali e Lombok, per fortuna mi ero portato la xamamina da casa altrimenti sarei stato sicuramente male.

Alle Gili ci siamo trattati bene: Villa Grasia. E’ affacciato sulla spiaggia corallina, con camere grandi con delle vetrate enormi a illuminare la stanza. Si trova sulla punta settentrionale, fuori dalla confusione del centro e lontano dalla moschea da dove partono le preghiere a tutte le ore del giorno. Comunque comodo, perché ti forniscono la bicicletta per arrivare in centro in pochi minuti.

Sull’isola niente polizia e niente macchine. Ci si sposta in bicicletta o con il cidomo, un carretto trainato da un cavallo. Anima Hippy in salsa indonesiana. Gli ingredienti sono locali sulla spiaggia, barriera corallina con pesci colorati e tante tartarughe. Sulla parte occidentale ci ritrova la sera con i fuochi accessi e la Bintang in mano a scattare foto al tramonto al Sunset point. Poi ci si sposta sui locali della via principale. Oppure tutti al vivace mercato del pesce serale dove si compra e si cucina nello stesso posto.

Nonostante in queste settimane sia sbocciato l’amore per la cucina asiatica, dopo dieci giorni tra pollo, riso e soprattutto tanti Mie Goreng abbiamo ceduto alla tentazione di tornare ai sapori di casa. Abbiamo fatto un paio di cene in ristoranti di emigranti italiani: Blu d’Amare e Gili Beach Resort: consigliati. Nel primo tartare e filetto di pesce alla siciliana, nel secondo ravioli con ripieno di pesce. Da leccarsi i baffi. Comunque qui cucinano tutti il pesce fresco alla griglia, quindi è difficile sbagliare. Queste zone sono un paradiso per chi fa diving. Noi più semplicemente abbiamo fatto snorkeling e un’escursione ci ha portato nelle zone più belle delle tre isole tra tartarughe, pesci e coralli. Nuotare con le tartarughe vale da solo il viaggio!

Ma l’animale dell’isola è sicuramente il gatto. Sono magri e con la coda mozzata. Sono dappertutto, te li trovi sempre tra le gambe alla ricerca degli avanzi che abbiamo elargito generosamente.

Bali (II)

Prima di rientrare in Italia dormiamo una notte a Seminyak: qui si respira un’aria decisamente più internazionale rispetto a Ubud, tra negozi, locali e tanti surfisti. La mattina la lunga battigia è invasa dai corridori (me compreso), proprio come in California.

Concludiamo con un altro fantastico tramonto in spiaggia tra cuscini e ombrelloni colorati, un duetto voce e chitarra di sottofondo e una Bintang: un bel modo per salutare questo angolo di paradiso chiamato Bali.

Nota: In tutti i viaggi metà della valigia è riempita da libri. Quest’anno vorrei ringraziare in particolare Gianni Mura e la sua raccolta di articoli sul Tour de France: “La fiamma rossa” a cura di Simone Barillari. Per chi ama il giornalismo sportivo e in particolare il ciclismo è stato un tuffo al cuore rivivere le magie dei grandi ciclisti del passato ed in particolare gli anni d’oro di Pantani.

Un caro saluto a tutti gli amici turistipercaso!

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