Viaggio alle Seychelles

Dopo aver recentemente trascinato mia moglie, amante di sole, mare e spiagge, in uno spettacolare ma impegnativo e a tratti innevato viaggio in Canada (vedi “Western Canada: dal Pacifico alle Rockies”), quest’anno ho dovuto pagare pegno e scegliere una località dove sole, mare e spiagge regnassero sovrane. Dopo aver speso qualche oretta su...
Scritto da: Lorenzo M.
viaggio alle seychelles
Partenza il: 28/04/2006
Ritorno il: 14/05/2006
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 2000 €
Dopo aver recentemente trascinato mia moglie, amante di sole, mare e spiagge, in uno spettacolare ma impegnativo e a tratti innevato viaggio in Canada (vedi “Western Canada: dal Pacifico alle Rockies”), quest’anno ho dovuto pagare pegno e scegliere una località dove sole, mare e spiagge regnassero sovrane. Dopo aver speso qualche oretta su turistipercaso, la scelta è caduta sulle Seychelles, che fino a quel momento avevo considerato una meta esclusiva per nababbi o per coppie in luna di miele. Come numerosi altri viaggiatori in precedenza, in 2 settimane abbiamo esplorato per bene le 3 isole principali (d’altronde nell’ottica del viaggio si parte per esplorare e non primariamente per riposarsi). Abbiamo prenotato in agenzia (CTS di Como) il solo volo, mentre le guest-house le abbiamo prenotate da casa tramite internet. Le numerose pagine che seguono contengono una serie di considerazioni generali sulle Seychelles, seguite da un lungo resoconto giorno per giorno.

– Guida: indispensabile una visita al sito www.Seychelles.Com da cui ricavare notizie di ogni genere, ma soprattutto sugli alloggi con foto delle camere, prezzi di massima, indirizzi e-mail e siti di tutti gli alberghi e/o guest-house presenti nell’arcipelago. Utile, come sempre, risulta la “bibbia” del viaggiatore, la mitica Lonely Planet. Ancor più utile è tuttavia risultato il collage di una ventina di pagine ottenuto con ore di taglia/incolla dopo aver letto tutti i resoconti (compreso quelli non recenti) sulle Seychelles presenti sul sito turistipercaso. Sempre utile un’occhiata al sito www.Viaggiaresicuri.Mae.Aci.It per quanto riguarda salute, sicurezza ed eventuali visti (non necessari per le Seychelles).

– Volo: per entrare alle Seychelles è sufficiente il passaporto con 6 mesi di validità (non serve il visto). Noi abbiamo volato Emirates per il miglior rapporto qualità prezzo (730 € a testa) e abbiamo volato benissimo, con l’unico handicap della notte da trascorrere a Dubai. Per chi vuole spendere di più (quando ci siamo informati noi sopra i 1000 €) ci sono Air Seychelles (Roma-Mahè diretto) ed Air France (Parigi-Mahè). Per chi vuole spendere meno la più economica è la Qatar Airways (che tuttavia prevede uno scalo di una notte a Dohà). Abbiamo sentito parlare di forti sconti acquistando il biglietto di Air Seychelles online ma quando siamo abbiamo guardato noi non c’era alcuna differenza tra il prezzo dell’agenzia e quello su internet. Ho letto che anche Lufthansa effettua voli Francoforte-Mahè.

– Clima: Quando vedrete le mille tonalità del verde che caratterizzano la foresta (per non dire la jungla) delle Seychelles, intuirete subito che piove spesso. L’importante è evitare i periodi in cui piove di più. La Lonely Planet distingue un periodo estivo caldo e piovoso da ottobre a aprile (con possibile passaggio di cicloni al largo tra dicembre e marzo) da un periodo invernale più fresco e secco da maggio a settembre (con venti che però rendono il mare più agitato e diverse spiagge non praticabili). I locali (Bibian e diversi ristoratori italiani) consigliano i mesi di marzo-aprile e settembre-ottobre (mesi in cui i venti sono meno intensi e il mare più tranquillo). Per quanto riguarda le temperature medie, durante tutto l’anno oscillano tra i 24 e i 32°C. Per quanto riguarda il mare, non ho trovato tabelle delle temperature, ma si tratta comunque di un mare caldo (tipo Maldive per intenderci). I periodi migliori per le immersioni sono quelli tra marzo/maggio e settembre/novembre.

– Costi Pur essendo una destinazione sicuramente costosa, ho letto su turistipercaso di viaggiatori fai da te che sono riusciti a spendere 1500 € a testa (volo compreso). Noi abbiamo fatto un viaggio fai da te ma senza farci mancare assolutamente nulla (auto, voli interni, belle guest-house, ristoranti, escursioni) e di euro in 2 settimane ne abbiamo spesi 2500 a testa (comunque ben al di sotto dei prezzi iperbolici proposti dalle agenzie). Tra i costi maggiori vanno annoverati l’alloggio (minimo 50 € per la doppia nelle guest-house più economiche e basiche), le escursioni e gli spostamenti (tutti obbligatoriamente da pagarsi in euro), il noleggio dell’auto (non meno di 40-50 € al giorno). Comunque per la bellezza dei luoghi e del mare il paragone (secondo me comunque vincente a favore delle Seychelles) può essere fatto solo con località ancora più costose quali le Maldive.

– Cambio nero Una via per risparmiare può essere quella di acquistare rupie al mercato nero e pagare tutto quello che è possibile (ristoranti e acquisti) in rupie. Il mercato nero nasce dal fatto che un’assurda legge impone ai cittadini delle Seychelles che si recano all’estero di poter esportare un massimo di 400 € (non possono cambiare in banca più di tale cifra). Chiaramente chi ha un’attività e deve commerciare con l’estero oppure ha i figli che studiano all’estero ha bisogno di cifre maggiori in valuta forte e le può trovare solo al mercato nero. In pratica funziona così: i rasta (molti dei quali vivono di questo) o i vari furbetti di turno comprano dai turisti euro pagandoli mediamente 10 rupie per 1 €, per poi rivenderli ai Seychellesi che ne hanno bisogno a 12 rupie per 1 €. La faccenda è chiaramente illegale ma il tutto si svolge comunque alla luce del sole (i Seychellesi che ho intervistato a questo proposito mi hanno riferito che la polizia è molto severa con le droghe, mentre chiude uno o entrambi gli occhi su questo traffico). Per chi volesse cambiare soldi al mercato nero ecco una mappa sicuramente alquanto incompleta: Mahè: il cambio nero è diffuso ma avviene con un minimo di circospezione in più (c’è più polizia in giro). Ci è stato offerto di cambiare nella zona dei noleggiatori di auto all’aeroporto, dal benzinaio e lungo la passeggiata di Beau Vallon.

Praslin: praticamente alla luce del sole ad Anse Volbert si cambia nel tratto alberato di fronte alla gelateria da Luca, in spiaggia da alcuni degli organizzatori di escursioni e al jetty dove partono le barche per La Digue.

La Digue: qui è molto più raro venir avvicinati da qualcuno che ti propone di cambiare. Ad ogni buon conto nel tardo pomeriggio una donna indiana faceva il giro di tutti gli alberghi proponendo ai turisti il classico “change?”. Forse è possibile cambiare anche al jetty dove stazionano dei rasta.

– Salute Anche se geograficamente appartengono all’Africa fortunatamente le Seychelles sono risparmiate dai problemi sanitari che flagellano molte zone di questo splendido continente. Sconosciute sono la malaria e le maggiori patologie tropicali. Unica eccezione è la febbre Chikungunya, una malattia endemica in molte isole dell’Oceano Indiano, che quest’inverno si è trasformata in vera epidemia con migliaia di casi segnalati anche alle Seychelles (senza risparmiare i turisti). Trattasi di una forte influenza, in una minoranza dei casi seguita da forti e invalidanti dolori alle articolazioni che possono durare dei mesi. E’ trasmessa dalle zanzare notturne e diurne e infatti il suo picco è stato durante la stagione delle piogge (il nostro inverno). Quando siamo andati noi i casi si erano già drasticamente ridotti e ora pare non ne vengano più segnalati da diverse settimane. Noi ci siamo protetti con repellenti forti (tipo Autan active o Off scudo) dal tramonto all’alba, ma non durante il giorno (non abbiamo mai visto una zanzara di giorno ad eccezione della Vallèe de Mai). Siamo comunque stati punti diverse volte (in particolare quando ho fotografato l’alba dal terrazzo scordandomi l’Autan) e non è successo nulla. Sempre utili le precauzioni per eventuali infezioni gastrointestinali (non bere acqua se non imbottigliata, no ghiaccio, preferire cibi cotti) ed una vaccinazione per l’epatite A (raccomandata ad ogni viaggiatore internazionale), anche se gli standard igienici ci sono sembrati decisamente adeguati. Dal momento che siamo a poca distanza dall’equatore, sono possibili invece problemi legati al sole e al calore, per cui sono indispensabili creme ad alta protezione (noi abbiamo usato la 30 per la prima settimana) ed una adeguata idratazione (minimo un paio di litri al giorno, che diventano 3-4 quando si fanno escursioni a piedi). Può essere utile stipulare prime della partenza un’assicurazione sanitaria che copra le spese mediche e l’eventuale ritorno in patria in caso di problemi gravi (noi l’abbiamo stipulata ad un costo di circa 35 € a testa) – Sicurezza Le Seychelles sono a ragione considerate una meta sicura. Tuttavia, come in tutto il mondo, meglio non lasciare oggetti di valore incustoditi in spiaggia o nell’auto. Molte alberghi hanno una piccola cassaforte e/o un deposito alla reception dove lasciare documenti e denari (se ce l’hanno un motivo ci sarà). A Mahè è capitato che turisti siano stati rapinati in zone isolate (vedi quanto riportato il 1° maggio), ma sono comunque fatti sporadici (molto più probabile che un turista venga rapinato in Italia). Stando ai racconti dei locali, pare che marijuana e cocaina siano molto diffuse, ma dal momento che la legge non fa distinzione tra possesso e spaccio e prevede anni di detenzione, meglio tirare diritto in caso di eventuali offerte (peraltro a noi non è mai stata offerta droga). Il mare, come tutti i mari tropicali, nasconde delle insidie, ma bastano delle scarpette di plastica o le pinne e un po’ di buon senso per fare bagni assolutamente tranquilli.

– Popolazione Disabitate fino al 1700, le Seychelles vennero colonizzate prima dai francesi, poi dagli inglesi che importarono un gran numero di schiavi dal vicino continente africano per sfruttarli nelle piantagioni. Dopo l’abolizione della schiavitù venne importata ulteriore manodopera indiana e cinese. L’attuale popolazione nasce dalla fusione di tutte queste etnie a formare la razza creola, caratterizzata comunque da una netta prevalenza di sangue africano. Il tenore di vita è alto se comparato a molti stati africani (reddito annuo pro capite di circa 5000 €), ma la situazione economica non è delle più rosee si sta verificando un progressivo impoverimento della popolazione, nonché un aumento della disoccupazione. Principali voci dell’economia sono la pesca e il turismo, mentre il tallone d’Achille è l’indebitamento del paese e la necessità di pagare in valuta forte le importazioni (tenendo conto che importano praticamente tutto). La lingua principale è il creolo, ma quasi tutti parlano inglese e/o francese. Per quanto riguarda la religione il 99% della popolazione è cristiana (il 90% cattolica). Nella nostra limitata esperienza la popolazione locale si è sempre dimostrata gentile, allegra e cordiale. – Natura La vegetazione è strepitosa e contribuisce non poco alla bellezza delle Seychelles. Le nostre comuni piante da appartamento sono lì degli enormi alberi. Numerose sono le specie rare (alcune delle quali presenti solo alle Seychelles). Notevole importanza è stata finora dedicata alla preservazione dell’ambiente (stupenda la legge che stabilisce che l’altezza massima degli edifici non possa superare quella delle palme). Oltre che un paradiso per lo snorkelling e i subaquei, anche gli amanti del bird-watching non torneranno a casa delusi. Vi capiterà sicuramente di vedere qualche esemplare di tartaruga gigante (presente solo alle Seychelles e alle Galapagos). Per quanto riguarda gli insetti resterete impressionati dalle dimensioni dei ragni delle palme e dei millepiedi. Ultima nota positiva: non ci sono serpenti velenosi.

– Fotografia Per fotografare le persone è buona norma sempre chiedere prima il permesso (che vi verrà quasi sempre accordato); in alternativa se non volete perdere la spontaneità almeno usate un teleobiettivo da una certa distanza. Viste le intensissime luci, è sempre meglio fotografare verso l’alba e il tramonto, quando i raggi obliqui del sole regalano luci e ombre molto calde. L’unico filtro che consiglio vivamente per i risultati spettacolari è il polarizzatore. Un consiglio generale: se vi piace fotografare, non usate una macchinetta digitale che al massimo vi farà portare casa qualche economica foto ricordo, ma fate un piccolo investimento per una reflex e un paio di obiettivi zoom. Io ho comprato il corpo macchina e quasi tutti gli obiettivi di seconda mano e non me ne sono mai pentito. Mi è stata regalata anche una digitale che talvolta ho usato per brevi week-end, ma i risultati non sono neanche lontanamente paragonabili. Utilissima risulta poi una macchinetta subacquea (anche usa e getta) dal momento che non capita tutti i giorni di fotografare una tartaruga che nuota nell’acqua a 2 metri da voi.

– Trasporti Volendo risparmiare denaro e conoscere i locali (al prezzo di perdere parecchio tempo) sia Mahè che Praslin sono serviti da autobus che raggiungono quasi tutte le località a prezzi irrisori. In questo caso, per avere un’idea, bisogna mettere in conto un paio d’ore ad andare e altrettante a tornare per spostarsi da Beau Vallon alle belle spiagge del sud di Mahè. L’alternativa, dal momento che in entrambe le isole le distanze sono notevoli e le salite impegnative, è il noleggio di un’auto che purtroppo è parecchio caro (improponibile scendere al di sotto dei 40 € al giorno). E’ sicuramente la scelta che ti permette di girare in assoluta libertà, di fermarti dove vuoi e quanto vuoi e di raggiungere punti che gli autobus comunque non raggiungono. Alcuni coraggiosi girano Praslin in bicicletta, ma non è cosa per tutti (è richiesto come minimo un buon allenamento). Non ho mai visto nessuno fare l’autostop, che credo non sia molto in voga alle Seychelles. Discorso a parte merita l’oasi felice di La Digue, dove tutti girano in mountain bike e il traffico automobilistico è limitato ai taxi e ai veicoli commerciali. Per quanto riguarda gli spostamenti tra le isole, si veda quanto segue: Mahè-Praslin sono collegate da Air Seychelles (59 € a tratta) con una ventina di voli giornalieri, nonché dal catamarano Cat Cocos che dal porto di Victoria in 1 ora ti trasporta al jetty di Praslin (40-45 € a tratta).

Mahè-La Digue sono collegate da un mercantile che partendo la mattina prestissimo in 3 ore ti trasporta al jetty di Praslin (12 € a tratta).

Praslin-La Digue sono collegate con 7-8 corse al giorno della durata di 30 minuti, al costo di 10 € a tratta.

Da ricordare che tutti i trasporti vanno pagati in valuta forte (€ o $) in contanti o con carta di credito e che il mare può essere mosso, rendendo la più piccola traversata un incubo per chi soffre di mal di mare (l’aereo può essere una valida alternativa in questi casi).

– Spiagge Sono uno dei punti forti delle Seychelles. Ce n’è per ogni gusto: dalle calette lunghe poche metri a spiaggione lunghe diverse centinaia di metri. Sono tutte di origine corallina, quindi con sabbia bianca e finissima, e salvo rare eccezioni, sono poco affollate (può addirittura capitare di trovarsi da soli in una bellissima spiaggia a condizione di fare una piccola scarpinata per arrivarci). La domenica e nei giorni festivi i locali si riuniscono intorno a enormi barbecue direttamente in spiaggia. In tali occasioni le spiagge possono diventare affollate ma in compenso è una splendida occasione per entrare in contatto con la popolazione che si mostra gentilissima e ben disposta a conoscervi. Unico problema sono le sandflies, fastidiosi insettini che verso l’ora del tramonto vi regalano pruriginose e durature punture (soprattutto ad A. Volbert a Praslin) Tra le spiagge che non dimenticheremo: Mahè: prime tra tutte A. Major a nord e Petit Anse a sud (entrambe raggiungibili solo con scarpinate o in barca). Notevoli anche A. Soleil, A. Takamaka e la spiaggia di Port Launay. Bellissimo lo spettacolo delle onde che si schiantano sulla spiaggia ad A. Intendance (peraltro non balneabile). Bella ma solo al tramonto Beau Vallon (troppo affollata durante la giornata per i miei gusti). Praslin: stupenda A. Lazio (cercate di arrivarci la mattina presto e per un’ora o due ve la godrete da soli). Notevole A. Georgette (per raggiungerla bisogna farsi annunciare all’Hotel Lemuria dalla propria guest-house). Bella l’enorme A. Volbert (anche se con la scocciatura delle sandflies). Molto deludente invece Grand Anse. Imperdibile l’escursione a St.Pierre e a Couriouse island (dove ci sono bellissime spiagge). La Digue: imperdibile Source d’Argent con le sue calette e i cambiamenti di colori durante la giornata. Bellissimo lo spettacolo delle onde (che però rendono impossibile un vero bagno) a Grande Anse, Petite Anse e Anse Cocò (l’unica dove c’è una piccola laguna balneabile). Bellina la piccolissima spiaggetta di Anse Patates.

– Snorkelling Come premessa stiamo parlando di un mare sicuramente paragonabile a Maldive e Mar Rosso. Purtroppo (come alle Maldive) i coralli hanno ricevuto un duro colpo dai mutamenti climatici in corso (ad esempio el niño) e sono in buona parte bianchi e morti per quanto qua e là si nota qualche timido segno di ripresa. Abbondano invece i pesci, da quelli colorati di tutte le tonalità e dimensioni a quelli più grossi quali barracuda e squaletti. Molto frequenti sono i contatti ravvicinati con le eleganti aquile di mare e le stupende tartarughe di mare (soprattutto a La Digue). Per i più fortunati è possibile incontrare in certi periodi dell’anno mante e squali balena. In molti posti bisogna tener conto del gioco delle maree, che ostacolano lo snorkelling nelle ore di bassa marea(ad esempio ad Anse Source d’Argent). Tra le varie località ricordiamo: Mahè: Anse Major, Port Launay ed Anse Soleil (non abbiamo visto e quindi non possiamo consigliare il parco marino di Sainte-Anne) Praslin: impedibili Anse Lazio (dove ho avvistato la mia prima tartaruga) e l’isolotto di Saint-Pierre. Carina anche Couriouse Island.

La Digue: superlativi Cocò Island con il suo acquario in mezzo metro d’acqua e l’isola di Felicitè, dove è praticamente impossibile non vedere le tartarughe. Da non perdere Anse Patates, dove abbiamo avvistato squaletti, tartarughe e pesci vari. Merita anche Source d’Argent, anche se per lo snorkelling non è di certo il posto migliore.

– Alberghi Se ne trovano per (quasi) tutte le tasche: si va dai lussuosissimi 4-5 stelle (alcuni dei quali, ad esempio il Lemuria, di fama mondiale) a spartane guest-house. I prezzi variano dai minimo 50 € per una doppia in una guest-house (che di regola costano tuttavia almeno 80 €) ai 500 e passa € degli alberghi più rinomati. Un’altra possibilità se si è almeno in quattro è quella di affittare una casa (in questo caso ci si può rivolgere a Luca, proprietario dell’omonima gelateria a Praslin o ad un’agenzia specializzata su internet).

Per quanto riguarda la nostra esperienza abbiamo prenotato via e-mail i seguenti alloggi: Mahè: “Daniella’s Bungalow” a Beau Vallon (doppia a 90€ senza aria condizionata). Un po’ distante dal mare, ma per questo tranquilla e immersa in un bellissimo giardino. Gestione simpatica, colazioni ottime, camere ampie con ventilatori. Non c’è il ristorante. Serve l’auto.

Praslin: “Chalets Cote Mer” a Pointe Cabris (vicino al jetty dove partono le barche per La Digue). Doppia a 75€ + 12€ di aria condizionata (non indispensabile ma sicuramente gradita, visto che l’alternativa è dormire tutta la notte con un ventilatore puntato sul letto). Posto tranquillo, con belle ed ampie camere con delizioso balconcino vista mare immerse in un lussureggiante giardino. Gestione francese, colazioni ottime, possibilità di usufruire del ristorante sul mare. Necessaria l’auto.

La Digue: “Patatran Village” ad Anse Patates (doppia a 120€ compreso il noleggio della mountain bike dopo trattativa). Romantico complesso in bella posizione direttamente sul mare, con camera piccola ma ben arredata e aria condizionata. Gestione più che simpatica, colazioni super, ottimo ristorante. Dista 10 minuti in bici da La Passe, l’unico “paese” dell’isola. A prezzi maggiori sono disponibili camere di categoria superiore.

Se dovessimo tornare ci piacerebbe trascorrere qualche giorno all’Anse Soleil Beachcomber, (120 € a doppia) sulla bella spiaggia di Anse Soleil, noleggiare una casa per una settimana a Praslin (tramite Luca), ritornare per 2-3 giorni al Patatran a La Digue.

Ed ora per quelli di voi che non ne hanno abbastanza eccovi il lungo diario giorno per giorno del nostro viaggio: 28 Aprile: partenza da Milano Malpensa alle 16.25 con volo Emirates. Volo eccellente con ottimo servizio di bordo, parecchio spazio tra un sedile e l’altro, minicomputer personale con 7-8 film in contemporanea, musica e videogames, il tutto naturalmente in economy. Unica fregatura le 10 ore di scalo a Dubai (dalle 24.25 alle 10.25) dove per risparmiare abbiamo deciso di non prenotare un albergo, ma di dormire in aeroporto. Malgrado l’aeroporto sia dotato di uno dei duty-free più forniti e convenienti al mondo, 10 ore sono lunghissime e verso le 4 del mattino proviamo a cercare una stanza in un albergo ad ore situato dentro l’aeroporto (100 € per 5 ore se non ricordo male), ma è tutto pieno. Ci adattiamo quindi a dormire per terra dal momento che le poltroncine sono scomodissime. Riusciamo a dormire un paio d’ore abbracciati ai nostri zainetti (il campionario di umanità presente nel cuore della notte era vario e talvolta poco rassicurante). Finalmente ripartiamo un po’ pentiti di non aver prenotato un albergo e di non aver visto la città di notte. Nota per i fumatori: fate scorta di sigarette che costano pochissimo (fino a 1.5 $ a pacchetto comprando il kit da 5 stecche). 29 Aprile: Atterriamo verso le 15 all’aeroporto internazionale di Mahè, piccolo e bruttino ma in via di ristrutturazione. Il caldo umido si fa subito sentire ma è piacevolissimo e ti fa subito piombare in un clima di vacanza in piena estate. Una volta usciti dagli arrivi, ci dirigiamo sulla sinistra verso i banchi dei car rentals per noleggiare un’auto. L’unico aperto è l’”Ideal car rental” dove troviamo il simpatico Jacques che per 50 € al giorno ci noleggia una bellissima jeep Daihatsu Terios. L’auto è in ottime condizioni e ci darà grandi soddisfazioni (soprattutto sulla strada di accesso ad Anse Soleil). Nei pressi del car rental eseguiamo il primo dei molteplici cambi in nero (100 € = 1000 Rupie contro un cambio in banca di 100 € = 650 Rupie). Fatta benzina di fronte all’aeroporto (il serbatoio era praticamente vuoto) al prezzo di 7.5 Rupie per litro (al ritorno a Mahè dopo soli 15 giorni era già aumentata a 8 Rupie/litro), ci dirigiamo verso Beau Vallon, non prima di aver attraversato la capitale Victoria (un modesto paesino). Giunti al bivio per Beau Vallon proseguiamo diritto verso Bel Ombre e dopo un paio di chilometri vediamo una piccola insegna sulla sinistra con il nome Daniella’s (la guest house che abbiamo prenotato via e-mail – daniella@seychelles.Net – dall’Italia). Veniamo accolti dalla cordialissima Elcia che ci guida tra le numerose “casette bifamiliari” circondate dal lussureggiante e curatissimo giardino. La camera è graziosa e ci è costata 90 € a notte senza aria condizionata (con ventilatore puntato per tutta la notte sul letto) ma con una eccellente colazione (uova, ottimo formaggio, pane, burro, marmellata, papaia, banane piccole e squisite, succo di papaia, the o caffè). Dopo aver disfatto le valigie ci ricordiamo di essere molto stanchi e affamati e ci dirigiamo a vedere il primo tramonto dal porticciolo di Bel Ombre. Da queste parti il tramonto dura pochi minuti e non è coloratissimo come in altre parti del mondo (perlomeno a maggio). Notiamo un ristorante italiano citato in altri racconti, “Il corsaro” e alle 19.00 in punto siamo già a tavola. Notevoli, qui come altrove, il pesce crudo marinato, l’insalata di cuore di palma, il pesce arrostito e la mousse di cioccolato. L’ambiente è piuttosto elegante con vetrate che si affacciano sul placido porticciolo. Prezzo finale: 450 rupie in 2 senza vino (caruccio). Alle 21 distrutti dal lungo viaggio cadiamo nelle braccia di Morfeo. Ci svegliamo nel cuore della notte per il caldo che riusciamo a lenire solo posizionando il ventilatore a ½ metro dal letto (nelle notti a venire diventerà una regola).

30 Aprile: Sveglia spontanea di prima mattina (verso le 6.30), con paziente attesa dell’ora di inizio della colazione alle 7.30. Bellissima colazione con vista sul giardino (date un’ occhiata al retro del giardino che si fonde armonicamente con la giungla dietro la casetta dove si fa colazione) tra voracissimi uccellini che non appena ti alzi si avventano sul pane. Ci dirigiamo verso Port Launay, una spiaggia dall’altra parte dell’isola rinomata per lo snorkelling. Riattraversata Victoria, ad un rondò seguiamo l’indicazione per Port Glaud e iniziamo ad inerpicarci sui tornanti di una strada di montagna (che brividi quando si incrociano camion o corriere) chiamata Sans Souci Road. La vegetazione è sempre più lussureggiante e ci rendiamo conto che Mahè è una signora isola con tanto di montagne (alte fino a 900 metri) e vallate disabitate dove a perdita d’occhio regna incontrastata la giungla (a tratti ricorda l’interno della Malesia). Siamo infatti nel bel mezzo del “Morne Seychellois National Park”, che occupa il 20% della superficie di Mahè e che offre agli appassionati percorsi su sentieri più o meno impegnativi (tenete conto del caldo umido che rende impegnativa qualsiasi salita). Per chi fosse interessato alle mappe dei sentieri e delle escursioni, esistono degli opuscoli reperibili all’ufficio del turismo o al giardino botanico di Victoria. Ad un certo punto ci troviamo a costeggiare una estesa piantagione di the (riconosciamo la piantina dopo averla vista e rivista nello Sri Lanka) e finalmente la strada comincia a scendere con brevi visioni di un mare stupendo con infinite gradazioni di blu. Giunti sulla costa giriamo a destra e raggiungiamo la bella spiaggia di Port Launay. E’ domenica e scopriamo che nei giorni di festa la popolazione locale si riversa sulle spiaggie organizzando pic-nic con barbecue di pesce che riuniscono estesi gruppi familiari con numerosissimi bambini. Cercando un tratto di spiaggia poco affollato, ci spostiamo all’estremità sinistra (guardando il mare) della spiaggia, scavalcando le rocce. Alla fine giungiamo in una bella spiaggetta deserta dove ci rendiamo conto che con la bassa marea diventa molto difficile fare snorkelling. Bisogna infatti attraversare con le pinne il primo tratto di mare che è molto roccioso e con l’acqua bassa, per poi arrivare al punto dove l’onda si frange sulla barriera e buttarsi dall’altra parte. Se riuscite ad arrivarci scoprirete che l’acqua al di là della barriera è molto torbida per la sabbia in sospensione. Insomma la prima esperienza di snorkelling è un disastro, ma probabilmente abbiamo sbagliato il punto di entrata in mare. Tornando infatti ci accorgiamo che dalla affollata spiaggia principale è molto facile entrare in acqua (che è anche più profonda). Nel frattempo abbiamo assaporato il sole delle Seychelles che in tarda mattinata è veramente ustionante. Consigliamo abbondanti spalmate di creme ad alta protezione (noi per i primi 6 giorni abbiamo usato la 30). Per pranzo mangiamo dei biscotti al cocco e frutta comprati presso uno degli onnipresenti chioschi indo/pachistano che vendono un po’ di tutto (sigarette, cibo, bibite, etc.). Tornando sulla Sans Souci Road, ci fermiamo a Mission, un bel punto panoramico da dove si vede quasi tutta Mahè (ideale per fotografie anche al tramonto). Il luogo prende il nome da una vecchia missione di cui rimane qualche insignificante rudere. Unico lato inquietante: il posto è presidiato da 2 poliziotti che mangiano il loro rancio (il che mi fa pensare che forse al tramonto non è il posto più sicuro di Mahè). Nel primo pomeriggio ci rechiamo al giardino botanico di Victoria, che è molto curato ma, dopo aver visto la vegetazione che incornicia la Sans Souci Road e, perché no, anche il giardino di Daniella’s, non ci fa molta impressione. L’ingresso costa 5€ (non accettano rupie) e all’entrata si possono acquistare le dettagliate brochure sui sentieri a piedi nel “Morne Seychellois National Park”. C’è anche uno stretto recinto con qualche triste tartaruga gigante, nonché una zona alberata dove dovrebbero trovarsi i pipistrelli (non riusciamo a vederne neanche uno). Dopo un’oretta nel giardino botanico, non ancora sazi di novità, decidiamo di dirigerci verso il sud di Mahè. Percorriamo la strada che passa davanti all’aeroporto e proseguiamo fino ad anse Royale, dove deviamo a destra verso l’interno in direzione Anse a la Mouche. Breve strada di montagna con tanto di tornanti e sbuchiamo sulla costa sud-occidentale dove si trovano le più rinomate spiaggie di Mahè. Dopo Anse a la Mouche (relativamente insignificante) la strada si distacca per un breve tratto dal mare (qui al termine di una salita vediamo l’indicazione per Anse Soleil), per poi costeggiare Baie Lazare, la bella Anse Takamaka ed infine Anse Intendance (circa 40 minuti da Victoria). Qui ci fermiamo per ammirare la forza del mare sotto forma di imponenti onde che si infrangono con fragore sulla spiaggia. Qui il bagno è vietato a causa delle correnti, ma è uno spettacolo ammirare il panorama rilassati sulla sabbia bianchissima assaporando il sole del tardo pomeriggio, finalmente a misura d’uomo. Decidiamo di terminare la lunga giornata concedendoci una cenetta di pesce in quello che si rivelerà il ristorante con il miglior rapporto qualità/prezzo di tutte le Seychelles (indimenticabile oltre che per la qualità del cibo anche per la superba location sulla spiaggia e l’atmosfera che ci si respira). Unico neo: la strada d’accesso. Una volta individuata la deviazione con l’indicazione per Anse Soleil (e già questo non è facile), si percorre una strada dapprima asfaltata, poi, dopo un cantiere stradale, sterrata ed estremamente sconnessa. Probabilmente ci si può arrivare anche con un’auto non 4×4, ma devo dire che in quel momento ero felice di guidare una jeep. Al termine del rally (sempre seguire per Anse Soleil), la strada finisce in un parcheggino, dal quale con 4 gradini si arriva al ristorantino (A. Soleil Cafè) che è molto semplice (pavimento di sabbia con 10 tavolini sotto un pergolato di foglie di palma) ma sovrasta la deliziosa spiaggia di A. Soleil ed il golfo che la circonda. Mangiamo insalata di polipo, pesce crudo marinato, pescione alla griglia (sufficiente per 2 persone), tranci di tonno alla griglia. Il pesce è freschissimo, non è corredato da salse o salsine (come piace a chi ama il pesce), le porzioni sono più che abbondanti e i prezzi sono più che onesti (341 Rupie o 34 € per una vera abbuffata di pesce). Torniamo con il buio e la stradaccia fa quasi paura. In 50 minuti di guida prudente (l’illuminazione pubblica è inesistente al di fuori dei paesini) siamo da Daniella’s dove crolliamo verso le 22 (per farla breve per tutta la vacanza andremo sempre a dormire prima delle 23, date le giornate intense e l’assenza di ogni parvenza di vita notturna) 1 Maggio: Dopo aver letto gli opuscoli sui trekking nel Morne Seychellois, decidiamo di effettuare uno dei più facili: quello che conduce ad Anse Mayor. Da Bel Ombre ci dirigiamo a Danzil (usciti da Daniella’s a sinistra) dove la strada asfaltata lascia il posto ad uno stretto sentiero. Lasciata la jeep, ci incamminiamo accorgendoci ben presto di aver dimenticato la cosa più importante, l’acqua. Dopo un’ora di saliscendi tra foresta ed enormi rocce granitiche a picco sul mare, abbagliati da un turbinio di intensi colori (dal verde intensissimo della vegetazione, alle mille sfumature di grigio delle rocce, al verde/azzurro/blu del mare) vediamo dall’alto la stupenda Anse Mayor. Trattasi di una spiaggia bianchissima, lambita da un mare di un colore incredibile e delimitata da una vegetazione rigogliosa. Dato che il 1° maggio è festa anche alle Seychelles, ci sono diversi gruppi familiari di locali intenti a preparare il pic-nic, nonché qualche turista arrivato via mare con taxi boat (barchette che ti portano in un posto e tornano a prenderti all’ora prefissata). Qui lo snorkelling è superbo e nell’acqua limpidissima vedo le prime aquile di mare (romboidali, con il dorso punteggiato, il musetto da pipistrello e la lunga coda in grado di infliggere scosse elettriche), nonché un enorme pesce napoleone (riconoscibile oltre che per la stazza, per la protuberanza sulla fronte). Verso le 13, assetati e arrostiti dal sole, ci incamminiamo sulla via del ritorno che, date le premesse, si rivela un vero calvario alleviato solo dalla bellezza della natura incontaminata. Unico momento di refrigerio è l’incontro con un ruscelletto in cui bagniamo tutto quello che possiamo, anche se non ci arrischiamo a berne l’acqua. Lungo il percorso ci colpisce una scritta su una roccia che recita “beware robbers”. Ci sembra impossibile che in un simile paradiso ci siano dei criminali (a parte i ladruncoli da spiaggia diffusi ad ogni latitudine). Purtroppo a La Digue verremo a sapere da Bibian che una settimana dopo due turisti sono stati rapinati sotto la minaccia del machete proprio su quel sentiero. Notizia non altrimenti verificata ma che quadra bene con l’avvertimento beware robbers. Quindi se volete andare ad Anse Mayor (e ve lo consiglio) verificate queste notizie all’ufficio del turismo o da qualche locale ben informato (tipo il proprietario della vostra guest house). Nel primo pomeriggio ci dirigiamo a Beau Vallon, la spiaggia più affollata di Mahè (ma certamente non la più bella). Oggi è giorno di festa e il lungomare è pieno di bancarelle che vendono cibarie, noci di cocco, parei, bigiotteria etc. E’ pieno di gente e l’ambiente è molto rilassato e gradevole. C’è anche un sottofondo di musica reggae, che alle Seychelles va per la maggiore, e girano molti giovani rasta (ne vedremo molti anche a Praslin e la Digue). Più tardi andiamo a Glacis, un paesino non lontano da Beau Vallon consigliatomi per lo snorkelling da un gruppo di italiani conosciuti ad Anse Mayor (mi hanno raccontato di branchi di pesci napoleone). Purtroppo l’acqua è torbida per la sabbia e non vedo niente degno di nota. Al tramonto torniamo a Beau Vallon dove scatto un rullino di fotografia alla gente che, a parte rare occasioni, si dimostra contenta di essere fotografata. Per cena andiamo in una pizzeria alla fine di Beau Vallon (vicino al Boat House). La pizzeria è gestita da italiani e la pizza è buona ed economica anche se il servizio è lentissimo.

2 Maggio: Levataccia per essere alle 7 al mercato di Victoria che, secondo la Lonely Planet, a quell’ora è pieno di pesce appena pescato. Invece il mercato è semideserto e la maggior parte dei banchi sono ancora vuoti. In seguito passeremo dal mercato in tarda mattinata e lo troveremo pieno di pesce e di compratori. Comunque è un mercatino che può anche non essere visto senza rimorsi. Dedichiamo la giornata al sud di Mahè. Lungo la strada ci fermiamo all’aeroporto per prenotare il volo per Praslin (59€ a testa solo andata). Va pagato all’atto della prenotazione e non accettano le rupie (euro o carta di credito). Decidiamo di fermarci a Le Jardin du Roi, un giardino delle spezie gestito da una famiglia francese. Per raggiungerlo bisogna deviare verso l’interno all’altezza di Anse Royale (è abbastanza ben segnalato) e seguire la stradina che corre tra coltivazioni di banane e alberi da frutta. L’ingresso costa 25 rupie, c’è un bar dove si possono gustare buoni gelati e succhi di frutta e dove si può anche mangiare (la domenica a mezzogiorno è rinomato il “pranzo della piantagione”), c’è anche un piccolo museo in una casa coloniale dove tutto sembra essersi fermato diverse decine di anni fa. All’ingresso ti viene consegnata una mappa della piantagione con enumerate le diverse piante, alberi da frutta e spezie che incontrerete. Il giro di un’oretta è piacevolissimo con belle vedute dall’alto del mare e della costa e permette di fare la conoscenza con la pianta della vaniglia, del cacao, del curry e molte altre. C’è anche un recinto con le tartarughe giganti, ma personalmente vederle chiuse in un recinto mi mette tristezza. A metà del giro veniamo sorpresi dalla pioggia, che dapprima è leggera e quasi piacevole, poi si trasforma nel classico acquazzone tropicale. Il tutto dura meno di mezz’ora ed è ben presto seguito dal ritorno del sole cocente (durante la vacanza capiteranno altre 5-6 mezz’orette di pioggia, sempre seguite dal ritorno del bel tempo). Per pranzo torniamo all’Anse Soleil Cafè (è stato un amore a prima vista) dove, dopo un insalata di polipo e una di gamberi, assaporiamo una deliziosa cernia (grouper) di 7-8 etti per la modica cifra di 239 rupie (abbiamo infatti capito che una porzione di pesce alla griglia è sufficiente per sfamare 2 persone). Mentre mangiamo vediamo in lontananza un branco di delfini che ci deliziano con i loro ripetuti salti fuori dall’acqua. Lo spettacolo della natura che va in scena alle Seychelles ci affascina come raramente ci è successo prima (forse solo a Tofino in Canada e nei parchi nazionali africani). Nel pomeriggio esploriamo con calma le spiagge del Sud: tentiamo persino di raggiungere Police Bay, ma finiamo in una base dell’esercito dove ci fanno chiaramente capire che di lì non si passa. Ci consoliamo con le belle Petite Police, Intendance, Takamaka (solo in quest’ultima è possibile fare il bagno). Alle 17 decidiamo di vedere anche Petite Anse, che si rivela superlativa (di una bellezza paragonabile solo ad Anse Major), anche se più difficile da raggiungere. Bisogna seguire la strada per A. Soleil, arrivare fino al cantiere stradale, lasciare la macchina e imboccare il sentiero che parte in salita con una scalinata. Il sentiero sale e soprattutto scende per circa 20 minuti, per raggiungere alla fine la classica spiaggia dei sogni perdipiù a quell’ora completamente deserta. Ve la raccomandiamo vivamente ma bisogna fare in fretta dal momento che stanno costruendo una strada di accesso e un albergo pare destinato alla ricca clientela araba. Temo che tra pochi mesi, ammesso che sia ancora possibile accedervi (ci sono in giro cartelli che parlano di proprietà privata), vi scorderete di godervi una spiaggia deserta solo per voi. La sera, tornati al nord dell’isola, ceniamo al “Boat House”, un ristorante creolo al termine di Beau Vallon. Cena a buffet con pietanze di ogni genere (verdure, carne, pesce) cucinate alla creola, cioè con salse speziate (non particolarmente piccanti). Conto di 345 Rupie (naturalmente senza vino che alle Seychelles è molto caro) per una cena che definirei senza infamia e senza lode (inutile nascondere che la cucina creola non ci ha entusiasmato). Nel frattempo durante il tragitto sud-nord dell’isola abbiamo cambiato ancora 100 euro al mercato nero (stavolta da un benzinaio mentre ci rifornivamo di carburante) col solito cambio 1 a 10.

3 Maggio: a malincuore (Mahè è molto più bella di quanto ci aspettassimo) facciamo le valigie. Saldiamo la simpatica Elcia con la carta di credito (anche se lei avrebbe preferito i contanti). Prenotiamo da lei l’ultima parte della vacanza accordandoci per una notte e un late check out (ci lascerà la stanza fino alle 22 dal momento che l’aereo partirà all’1 di notte) per 100 €. All’aeroporto riconsegnamo l’auto a Jacques e ci avviamo verso i voli nazionali. Con nostra gioia, malgrado il peso complessivo dei nostri bagagli ecceda i 30 Kg non ci fanno pagare alcun sovrapprezzo (in teoria sarebbero consentiti solo 10 Kg a testa). L’aereo dell’Air Seychelles è un turboelica da 20 posti che a prima vista può fare un certo effetto. Il volo della durata di 15-20 minuti è peraltro tranquillo e permette di ammirare (e fotografare) dall’alto le isole del St. Anne Marine National Park, che avevamo deciso di non visitare dati i non entusiasmanti racconti letti su turisti per caso. Atterrati all’ aeroporto di Praslin (nettamente più bello di quello di Mahè) ci dirigiamo alle scrivanie dei noleggiatori di auto. Stavolta la scelta cade sull’Austral, un car rental specializzato in jeep, che ci propone una Toyota Vitara decappottabile al prezzo di 60 € al giorno (molto più “vissuta” o meglio scassata della precedente a Mahè). Per risparmiare i richiestissimi contanti paghiamo anche questa volta con carta di credito. Lasciato l’aeroporto ci dirigiamo al più vicino distributore (ce ne sono solo 2 sull’isola), costeggiamo la spiaggia (bruttina) di Grand’Anse, per poi tagliare all’interno attraversando la famosa Vallèe de Mai, un tratto di foresta primordiale dichiarata dall’UNESCO patrimonio dell’umanità. Giunti a Baie Sainte Anne giriamo a destra verso il molo (Jetty) da dove partono i battelli per La Digue e dopo 50 metri raggiungiamo la guesthouse prenotata via internet (e-mail ccmer@seychelles.Net ) dall’Italia, lo Chalets Cote Mer. Trattasi di un grazioso complesso gestito da una famiglia francese composto da una quindicina tra camere e appartamenti costruiti in mezzo alla natura più rigogliosa a pochi passi dal mare (che proprio davanti all’albergo offre buone opportunità per gli appassionati dello snorkelling). La camera è molto spaziosa, arredata con gusto e disposta in modo particolare con un delizioso balconcino vista mare da cui si può ammirare l’alba. Il costo è di 75 € per il bed and breakfast più 12 € al giorno per l’aria condizionata dalle 20 alle 8 (non indispensabile per la presenza del ventilatore, ma molto gradita). La colazione è abbondante con caffè, frutta, pane tostato e pane dolce, burro, marmellate fatte in casa, succo di frutta e le immancabili uova e viene servita nel bel ristorante in riva al mare (dove ci è stato riferito che si mangia bene anche la sera). Per pranzo andiamo alla gelateria da Luca, che diventerà il nostro punto di riferimento culinario a Praslin, dal momento che oltre ai buonissimi gelati, vengono servite anche gustose pizze e un assortimento di altrettanto buoni primi piatti a base di pasta, il tutto a prezzi onestissimi. Si trova ad Anse Volbert, è aperto da mezzogiorno fino alle 8-9 di sera ed è gestito da Luca, un intraprendente giovane italiano, con l’aiuto delle sue valide (e incredibilmente veloci) collaboratrici locali. Ci rilassiamo poi per il resto del pomeriggio sulla bella spiaggia di Anse Volbert, una lunghissima striscia di spiaggia di borotalco ombreggiata da palme e alberi. L’acqua non è spettacolare (non limpidissima), ma in compenso è caldissima. Ci informiamo da Sagittarius e da Octopus diving, entrambi direttamente sulla spiaggia, per le escursioni alle isole vicine (i prezzi sono simili sia per il servizio di taxi service, che per le più costose escursioni di una giornata a La Digue o alle 3 isole intorno a Praslin). Per il taxi service a St. Pierre e Couriouse non serve prenotare, basta presentarsi verso le 9.30, stabilire quante ore si vuole rimanere su ognuna delle 2 isole e pagare. Verso il tramonto facciamo un giro dell’isola in auto e ci fermiamo per le foto al molo di Grand’Anse. Scopriamo che non esiste un collegamento stradale tra la zona del Lemuria, il più famoso hotel delle Seychelles frequentato da divi di Hollywood e jet set internazionale, e la spiaggia di Anse Lazio, e che quindi l’unico collegamento tra l’est e l’ovest dell’isola è rappresentato dalla strada che attraversa la Vallèe de Mai. Per cena torniamo da Luca dove mi gusto un’ottima pasta al tonno, seguita da un gelato che non ha niente da invidiare ai migliori gelati italiani. Prima di dormire restiamo incantati ad ammirare dal terrazzino il mare illuminato dalla luna.

4 Maggio: Alle 6 mi alzo ad ammirare l’alba ma è nuvoloso e piove addirittura per 10 minuti. Alle 7 devo rientrare in camera perché sento la pelle bruciare da quanto scotta il sole che domina incontrastato in un cielo azzurro senza una nuvola. Alle 7.30 appena apre il ristorante andiamo a far colazione pensando di essere i primi, invece facciamo fatica a trovare un tavolo. Alle 9, come ottimamente consigliato dalla Lonely Planet, siamo arrivati ad Anse Lazio, che si raggiunge facilmente proseguendo oltre Anse Volbert per 3-4 Km. Alle 9 la spiaggia è completamente deserta a parte 4 simpatici cani che ci accompagnano nell’esplorazione della lunga striscia di borotalco. La spiaggia è delimitata dalle caratteristiche rocce granitiche dalle calde tonalità, mentre il colore del mare è semplicemente indescrivibile. Ad Anse Lazio ci sono 2 ristoranti, il Bonbon Plumè più raffinato, caro e con i tavolini direttamente in spiaggia all’ombra dei takamaka, ed il Le Chevalier, più economico ad una trentina di metri verso l’interno, con tanto di souvenir shop (quest’ultimo particolarmente caro). Lo snorkelling è notevole da entrambi i lati di A. Lazio, ma sicuramente migliore all’estremità destra della spiaggia (dal lato Bonbon Plumè per intenderci), dove oltre ai soliti pesci colorati (pesci angelo, pappagallo, chirurgo, balestra, farfalla, pipistrello), avvisto aquile di mare, barracuda ed una stupenda tartaruga marina. Come ho sempre constatato alle Seychelles l’acqua è molto più limpida di mattina che non di pomeriggio. Mangiamo da Bonbon Plumè, dove spendiamo 420 rupie per un buon pranzo anche se non luculliano (pesce alla griglia, dolce, caffè senza vino); nel complesso abbastanza caro per quello che abbiamo mangiato ma nel prezzo è compresa la superba location. Nel tardo pomeriggio controvoglia lasciamo la splendida spiaggia a cui avremmo volentieri dedicato diverse giornate e sulla strada del ritorno prendiamo una deviazione verso Zimbabwe, una collina da cui si gode un bel tramonto (abbastanza terribile il tratto finale della strada per arrivarci). A parte il panorama a Zimbabwe non c’è proprio nulla e la strada finisce a fondo cieco con un cancello dietro il quale si scorge una grande antenna. Per cena andiamo da Le Goulue, un ristorante creolo ad A. Volbert dove mangiamo del buon pesce spendendo in totale 242 Rupie. 5 Maggio: Dopo colazione chiediamo alla reception di annunciarci telefonicamente all’hotel Lemuria per poter accedere nel primo pomeriggio alla famosa anse Georgette. Alle 8:30 siamo all’ingresso della Vallèe de Mai, un piccolo tratto dell’antica foresta che una volta ricopriva tutte le Seychelles, dove cresce spontaneamente la palma coco de mer. L’ingresso costa 15 € e non vanno dimenticati acqua, scarpe adatte per camminare e repellente per gli insetti. Ci sono tre sentieri principali, percorribili senza grandi difficoltà anche da persone non abituate a camminare (l’unico problema è il caldo umido che vi farà sudare tantissimo). Noi percorriamo all’incirca la metà dei sentieri del parco in 1,5 ore fermandoci in continuazione per ammirare la maestosità della natura e per leggere i numerosi cartelli che spiegano tutto sulla flora e fauna del luogo. Scopriamo con sorpresa che esistono 2 tipologie di palma coco de mer, quella femminile con il suo famosissimo frutto e quella maschile con il suo inconfondibile attributo. Nel complesso un’escursione sicuramente da non perdere se vi piace camminare in mezzo alla natura. Al chiosco dell’entrata sono tra l’altro in vendita alcuni coco de mer al prezzo vertiginoso di 2000 rupie (ne troveremo in quantità maggiore a Victoria ma sempre al prezzo minimo di 1200 rupie, con conseguente decisione di rinunciare a questo classico ma ingombrante souvenir). In tarda mattinata ci rechiamo all’aeroporto per prenotare il volo di ritorno per Mahè (soliti 59 € a testa) che paghiamo con carta di credito. Al ritorno ci fermiamo a prenotare uno dei più rinomati (e purtroppo cari) ristoranti delle Seychelles, Les Rochers, situato sulla costa sud-occidentale a La Pointe. Per la sera non c’è posto, quindi prenotiamo per la sera del giorno dopo. Intanto vediamo con la luce del sole la stupenda location del ristorante (dove affittano anche delle camere) affacciato sul mare con alcune formazioni granitiche che emergono dall’acqua proprio davanti al raffinatissimo ristorante.

Solito pranzo da Luca dove con poca spesa soddisfiamo la nostra insaziabile voglia di cibo italiano (so che in teoria bisognerebbe sempre assaporare la cucina locale, ma qualche difettuccio bisogna pure averlo). Alle 14 siamo all’ingresso dell’hotel delle star, il Lemuria, dove veniamo meticolosamente registrati dalle guardie all’ingresso. Dentro è tutto molto curato e lussuoso ma non è decisamente il mio genere di albergo (anche se potessi permetterlo). Parcheggiamo davanti ai tennis e poi prendiamo a piedi il sentiero per Anse georgette che costeggia l’enorme campo da golf. Dopo 15 minuti arriviamo nella bella spiaggia racchiusa dalle solite spettacolari rocce granitiche. E’ sicuramente molto bella (anche se meno di A. Lazio) e poco frequentata (al massimo 10 persone). Il mare è mosso con onde di 1,5-2 metri con cui ci divertiamo un mondo a giocare. Si riesce anche a nuotare al di là delle onde ma per lo snorkelling con tutta la sabbia in sospensione è un vero disastro (non vedrei una balena a 2 metri). Veniamo a sapere da una coppia di italiani che soggiornano al Lemuria che solitamente il mare non è così agitato. Rimaniamo fino al tramonto alternando coraggiose mezz’orette al sole a rilassanti orette all’ombra degli alberi ad innumerevoli bagni giocando con le onde. Ad un certo punto commetto l’errore di voltare le spalle alle onde e mi becco la classica onda anomala (molto più alta e potente della altre) proprio sulla nuca. Sento un croc nel collo e mi ritrovo travolto, frullato ed infine sbattuto sul bagnasciuga. Resto stordito per qualche minuto ma per fortuna le vertebre sembrano tutte al loro posto. Mi riprometto di non voltare mai più le spalle alle onde che arrivano. Dopo aver visto il sole scomparire nel mare proprio davanti alla spiaggia, ritorniamo al sentiero dove verremo punti da numerose zanzare prima di arrivare alla macchina. A sera cena da Luca mentre fuori imperversa un furioso ma breve temporale tropicale. Faccio due chiacchiere con Luca chiedendogli conferma di quanto avevo letto su un report di turistipercaso a proposito della possibilità di affittare una casa tramite lui. Vengo così a sapere che non solo Luca affitta per conto terzi case per 2/4/6 persone (ad un prezzo medio di circa 100 € al giorno), ma sta addirittura costruendo in proprio diverse case da affittare che saranno pronte per la fine dell’estate. Mi lascia quindi il suo e-mail (lucage@seychelles.Net) per un eventuale prossima vacanza alle Seychelles (pubblico il suo e-mail dopo aver ricevuto l’autorizzazione dell’interessato). 6 Maggio: Dopo aver acquistato biscotti, banane e acqua, verso le 9 ci rechiamo ad Anse Volbert da Octopus Diving dove ci accordiamo per un taxi boat che, ad orari prestabiliti (ma comunque scelti da noi) ci condurrà alle isole di St.Pierre e Couriouse. Il costo è di 25 € a testa ed è richiesto il pagamento in € o $ (pena un cambio da strozzino se si paga in rupie). Dopo aver pagato si parte subito con un piccolo fuoribordo e in 5 minuti raggiungiamo St. Pierre, dove veniamo sbarcati sull’unica microspiaggetta dell’isola. St Pierre è praticamente un piccolo (bastano 10 persone per sovraaffollarlo) scoglio sormontato da una decina di palme, ma circondato da un mare… E’ uno dei paradisi dello snorkelling, con pesci colorati che ti accolgono appena entri in acqua. I punti più ricchi di pesci di una certa dimensione sono comunque i “canali” tra St. Pierre e gli scogli adiacenti, dove peraltro bisogna barcamenarsi tra le onde che tendono a sballottarti (non bisogna avvicinarsi troppo alle rocce). Lì vediamo numerosi barracuda e anche uno squaletto lungo circa 1 metro che fugge rapidamente al mio tentativo di avvicinarmi per fotografarlo. Come combinato, dopo 1,5 ore precise arriva la barchetta dell’Octopus che ci carica a bordo e ci accompagna a Couriouse Island (una decina di minuti di navigazione). Couriouse è un’isola piuttosto grande famosa come centro di riproduzione per le enormi tartarughe terrestri che qui vivono libere (finora avevo provato un misto di pena e rabbia a vederle rinchiuse dentro angusti recinti). Facendo parte di un parco nazionale, come preannunciato dall’Octopus, appena sbarcati si paga una tassa di 10 € a testa (non accettano rupie). Ci accordiamo con il nostro “driver” per essere ripresi alle 15 dall’altro lato dell’isola, dove c’è la spiaggia più famosa. Dedichiamo una mezz’oretta ad osservare e fotografare le enormi e placide tartarughe dedite a brucare l’erbetta del prato e scopriamo che molte di loro superano abbondantemente i 100 anni di età. Veniamo accompagnati ad un recinto dove vengono tenuti i “cuccioli” che per le ridotte dimensioni rischierebbero di essere preda di uccelli e topi. Consigliamo appena sbarcati di dedicare un po’ di tempo alle tartarughe perché poi nelle altre parti dell’isola non se ne vedono più. Poi ci incamminiamo lungo un sentiero che ben presto si trasforma in una passerella tra le mangrovie e i granchi giganti. Il sentiero, tra saliscendi e belle vedute dell’isola, dura una quarantina di minuti che sotto il sole di mezzogiorno comportano un bel dispendio di acqua e energia (l’acqua e il cibo ve li dovete portare voi da Praslin perché a Couriouse non c’è traccia di bar o ristoranti). Alla fine si arriva ad Anse Saint Josè, una lunga e bellissima spiaggia dove si possono vedere i resti di un tetro lebbrosario e la bella casa del medico, che ora ospita un piccolo museo. Veniamo a sapere che su quest’isola venivano una volta ospitati i lebbrosi delle Mauritius che in cambio accoglievano i malati di mente delle Seychelles (un esempio di sanità creativa). A parte questo la spiaggia è di un bianco abbagliante e così lunga da permettere ad ognuno di trovarsi il suo angolino appartato. Noi ci sistemiamo all’estrema sinistra (guardando il mare) della spiaggia dove il mare sembra ancora più azzurro e cristallino. Consumiamo il nostro picnic contemplando un enorme tre alberi che veleggia tra Couriouse e la costa di Praslin (che dista poche centinaia di metri). Subito dopo mangiato (tanto l’acqua è calda) mi avventuro da solo con pinne e maschera dirigendomi verso 2 scogli posti ad un centinaio di metri sulla sinistra della spiaggia. Lo snorkelling non è granchè, dal momento che il fondo è sabbioso e manca la barriera corallina (come peraltro in tutta la spiaggia di Saint Josè). Arrivato stanco alle rocce, dove c’è anche corrente, decido di tornare indietro costeggiando la terra ferma (per rimediare ad eventuali crampi che sento non essere lontani). Ad un certo punto noto qualcosa di grosso che nuota tra me e la costa, è uno squalo lungo quanto me che accortosi della mia presenza, punta nella mia direzione. Alla faccia di tutto quanto ho sentito nei giorni scorsi sulla non pericolosità delle specie di squali presenti alle Seychelles, qualcosa di atavico fa pompare fiumi di adrenalina nel mio corpo. Lo squalo passa ad un paio di metri uscendo verso il mare aperto e mi tranquillizzo un po’, pensando che in fondo voleva solo evitare di trovarsi chiuso contro la costa. Mi giro addirittura per tentare di scattargli una foto mentre si allontana, ma con vero terrore lo vedo girarsi e tornare verso di me. A quel punto, sentendomi veramente una preda, scatta l’ancestrale reazione di fuga e in pochi lunghissimi secondi mi ritrovo senza neanche accorgermene arrampicato su una roccia. Appena riprendo il controllo esploro con la maschera e non lo vedo più. Mi faccio coraggio e nuotando a 10 cm dalla costa ritorno alla spiaggia, non senza essermi voltato un centinaio di volte. Una volta tranquillo in spiaggia rifletto sull’episodio e mi rendo conto dell’imprudenza di fare snorkelling da soli (cosa che tuttavia ripeterò ancora), e che probabilmente lo squalo, passandomi di fianco una prima volta ha percepito la mia paura e i miei movimenti scoordinati, decidendo quindi di dare un’occhiata più da vicino (gli squali percepiscono anche la più piccola vibrazione ma hanno una pessima vista), rinunciando alla fine ad un attacco viste la grandezza della preda. Più tardi ci trasferiamo nei pressi del lebbrosario, dove però sia la spiaggia che il mare sono meno belli, e alle 15 precise arriva la barchetta dell’Octopus. Ci rifacciamo del pranzo frugale con una enorme e squisita coppa gelato dal solito Luca. Cambiamo ancora dei soldi al mercato nero, cosa molto facile ad Anse Volbert (sia sotto gli alberi che costeggiano la spiaggia, sia direttamente all’Octopus diving) ad un cambio di 10 rupie per 1 € (fino a 11 cambiando però almeno 300 €). Poi ci rechiamo al jetty per prenotare il trasferimento in barca a La Digue dell’indomani mattina (20 € a testa per l’andata e il ritorno da pagare in €/$) e scopriamo che anche al jetty è molto facile cambiare soldi. Tutti ci dicono che a La Digue è molto più difficile cambiare e il tasso è molto meno conveniente e quindi ci decidiamo a cambiare ancora. A sera gran finale a Praslin con la cena a Le Rochers, di notte ancora più raffinato e suggestivo. Le rocce nel mare sono tutte illuminate e l’aperitivo sui tavolini che si affacciano sulla spiaggia è memorabile. Ogni particolare è curato fin nei minimi dettagli (non riesco quasi a spegnere la sigaretta tanto è bello il posacenere). Mangiamo dell’ottimo pesce e per la prima volta ci concediamo anche una bottiglia di vino bianco. Alla fine, come previsto, il conto è salato (700 rupie a testa) ma almeno si può pagare con le rupie. E’ stata un po’ una follia, ma d’altronde dubito che con 70 € potrò mai mangiare in un posto tanto bello e raffinato in Italia. 7 Maggio: E’ venuto il momento di lasciare anche Praslin e, come in precedenza per Mahè, il distacco non è indolore. In effetti a Praslin ci si sente molto più in vacanza che non a Mahè e non dimenticheremo facilmente A. Lazio, A. Georgette, la vallèe de Mai e le stupende St. Pierre e Couriouse. Facciamo le valigie e lasciamo la stanza che va liberata entro le 10. Come da accordi con il noleggiatore, lasciamo l’auto nel parcheggio del jetty con le chiavi sotto il tappetino del guidatore (il che la dice lunga sul basso livello di criminalità presente a Praslin). La barca che fa la spola con La Digue è molto bella e le corse sono frequenti (almeno 7 al giorno eccetto la domenica con qualche corsa in meno). La traversata dura circa mezz’ora e si balla parecchio (mia moglie è costretta a masticare un travel-gum). Sbarcati nel porticciolo di La Digue si entra in un’altra dimensione con carri trainati da buoi che portano i turisti alle guest house, locali e turisti che si spostano con mountain bikes e un clima decisamente da vacanza. Ad onor del vero circola anche qualche mezzo a motore tra cui cinque taxi e numerosi furgoncini commerciali, ma nel complesso non si notano quasi nella moltitudine di biciclette (ideali per le piccole dimensioni dell’isola). Prendiamo un taxi che per 40 rupie ci porta all’hotel prenotato via e-mail dall’Italia, il Patatran Village (e-mail patatran@seychelles.Net ). Abbiamo prenotato una camera standard, contrattando un prezzo bed & breakfast di 120 € al giorno (contro i 150 di listino) con mountain bikes gratis durante il soggiorno in cambio delle 5 notti di permanenza e del pagamento in contanti (naturalmente in euro). L’albergo si affaccia sulla piccola ma bella spiaggia di Anse Patates a meno di un Km (10 minuti di mountain bike) da La Passe, il porto e centro principale dell’isola. La nostra camera (denominata bois de rose) è piccolina ma molto graziosa, con aria condizionata a volontà e un delizioso terrazzino da cui ammirare il mare e le isole vicine. L’hotel è gestito da Bibian, brillante esempio di donna manager Seychellese, che parla un ottimo italiano dopo aver lavorato per anni nei Club Vacanze di mezzo mondo, coadiuvata dalla simpaticissima Lindy. Alle 13 decidiamo di testare il panoramico ristorante vista mare del Patatran, dove ci accordiamo senza problemi per i pagamenti di pranzi e cene in rupie (malgrado i prezzi del menù siano riportati solo in euro). Il filetto di pesce cucinato con una salsa gialla allo zafferano è raffinato e squisito ed il prezzo di 200 rupie a testa onesto. Nel pomeriggio ci rilassiamo in spiaggia ad Anse Patates (appena sotto il Patatran) e cominciamo a scoprire quello che si rivelerà un vero paradiso per lo snorkelling, avvistando una coppia di enormi pesce Napoleone, due polipi e diverse aquile di mare. Più tardi, inforcate le biciclette, ci spostiamo a La Passe dove però, essendo domenica, tutti i negozi e il grande supermercato Gregory’s sono chiusi. Terminiamo il pomeriggio ammirando il tramonto ad Anse Severe, che la domenica si riempie di famiglie locali ricche di bambini e ragazzi che corrono e si tuffano nelle calde acque. E ancora una volta ci ritroviamo a osservare con simpatia il popolo seychellese, un popolo dignitoso che lavora quando c’è da lavorare e sa divertirsi quando ha del tempo libero. Dopo le 18.30 cala il buio e, dal momento che le mountain bikes non hanno fari e che la pubblica illuminazione praticamente non esiste, decidiamo di cenare al Patatran (ottima e abbondante cena a base di pesce per 300 rupie a testa). Dopocena combiniamo con Bibian un’escursione in barca alle isole vicine per l’indomani (mezza giornata a Cocò Island e Felicitè per 40 € + 10 € di tasse) 8 Maggio: abbondante colazione come in tutte la guest house precedenti, ma con in più ottimi dolci e un simpatico cuoco che al momento ti cucina le uova o il pancake (diventerò un patito del banana pancake). Alle 9.30 con una coppia di giovani scandinavi lasciamo il Patatran diretti al porto, dove ci aspetta un bel motoscafo con tanto di capitano (che si rivelerà anche una preziosa guida nello snorkelling). Su mia richiesta ci dirigiamo prima verso una zona di mare dove il giorno prima un’analoga escursione aveva avvistato numerosi squali (la paura di pochi giorni fa è ormai scomparsa). Rassicurati dal fatto che il capitano sta indossando pinne e maschera, ci tuffiamo nell’acqua profonda tra i 4 e i 10 metri. Lo snorkelling è eccellente anche se di squali ne vediamo solo uno in lontananza; in compenso, oltre ai soliti pesci colorati, circolano pesci da mare aperto quali connetti, carangidi e barracuda. Ci fermiamo alcuni minuti ad osservare una enorme razza (almeno un paio di metri di diametro) immobile sul fondale. Dopo mezz’oretta risaliamo in barca e ci dirigiamo a Cocò Island, piccola isoletta con deliziosa spiaggia purtroppo a quell’ora affollata di gente. Veniamo avvicinati da una barchetta con un “ranger” che oltre alla funzione di vigilare sulla sicurezza dei bagnanti, ha anche quella di riscuotere la tassa di 10 € cadauno (dal momento che stiamo in un parco marino). Fare snorkelling nelle acque antistanti Cocò è comunque un’emozione che ti ripaga immediatamente dei 10 €: in 50-60 cm di acqua si trova un vero acquario. Migliaia di pesci colorati (mai visto branchi così numerosi né alle Maldive né nel Mar Rosso) nuotano placidamente in mezzo a suggestive formazioni coralline, per la maggiorparte morte. Abbondano pesci chirurgo, pappagallo, angelo, farfalla, pagliacci e qualche cernie dei coralli. Unico neo sono quegli strani animali con pinne e maschera, che non capisco se idioti o incapaci di nuotare o entrambe le cose, se ne stanno beati in piedi con le loro pinne che sgretolano interi metri quadri di barriera corallina (sicuramente già straziata dal niṅo, ma in piccola parte ancora viva). Il ranger è troppo intento a raccogliere tasse di ingresso per preoccuparsi di loro e alla fine disgustato mi dirigo con mia moglie nelle acque alte dove sono sicuro di non incontrare altri “pesce idiota”. Ad una profondità di una decina di metri vediamo una tartaruga che nuota lentamente sul fondale e non ha nessuna intenzione di venire a galla. Risaliti sulla barca ci dirigiamo a Felicitè, grande isola montagnosa privata di proprietà del La Digue Island Lodge e riservata a facoltosi gruppi di massimo 16 persone. Naturalmente non si può sbarcare, ma le acque prospicienti l’isola sono famose per l’alta concentrazione di tartarughe marine. Ne avvistiamo un paio dalla barca e guidati dal capitano ci tuffiamo con maschera e pinne alla loro ricerca. Ne troviamo subito una di media grandezza che il capitano subito cattura tenendola per le pinne per 5-10 minuti mostrandocela. La tartaruga palesemente non gradisce e oscillo tra l’imbarazzato e l’innervosito. Alla fine faccio una foto al capitano con la sua preda e mi allontano fingendo disinteresse. Finalmente la povera tartaruga viene lasciata e riesco a nuotare ad un paio di metri da lei scattando delle belle foto. Nel frattempo l’incontenibile capitano (che se non fosse per il vizio di catturare le tartarughe mi sarebbe anche simpatico) ne ha catturata un’altra molto più grande. Solito show con tartaruga esibita perfino a barca stracarica di turisti che passava di lì, e con 2-3 dei nuovi arrivati che si tuffano per toccare a loro volta la preda (che evidentemente abituata al trattamento se ne sta buona nelle braccia del capitano). Io friggo ma intervengo solamente quando uno dei nuovi arrivati mette la sua mano a pochi cm dal becco della tartaruga, spiegandogli che il becco serve alle tartarughe per spezzare i coralli e che nella dieta del rettile uno dei piatti preferiti sono i polipetti che con i relativi tentacoli assomigliano parecchio alla nostra mano (così mi era stato raccontato in una precedente vacanza da un istruttore di sub che aveva visto turisti perdere un dito in questo modo). Il capitano conferma e i turisti risalgono velocemente sulla loro barca che finalmente se ne và. Guardo il capitano che, ormai senza pubblico, si decide a lasciare l’animale che si allontana nuotando placidamente in 2 metri d’acqua. Riesco a scattarle delle belle foto nuotando affiancato a lei per lunghi tratti (pensando alla meravigliosa sensazione che si prova nuotando a rispettosa distanza dall’animale libero). Tornando verso La Digue (dove sbarchiamo alle 13.30) il capitano ci spiega che le tartarughe nidificano sulle spiagge praticamente deserte di Felicitè e per questo quelle acque abbondano di tartarughe. Verso le 15 inforchiamo le bici e ci rechiamo alla tenuta dell’Union Estate, diretti alla mitica spiaggia Anse Source d’Argeant. Al cancello d’ingresso paghiamo 3 € a testa (deve essere davvero mitica visto che è l’unica spiaggia pagamento delle Seychelles) e passiamo velocemente davanti alle varie “attrazioni” dell’Union Estate, tra cui l’antico cimitero, il souvenir shop, le piantagioni di vaniglia, la ruota trascinata da un bue per macinare la copra, il recinto delle tartarughe. Alla fine parcheggiate le bici davanti al ristorantino imbocchiamo il sentiero che in pochi minuti ci porta alla spiaggia più famosa delle Seychelles. Il primo impatto è deludente (come spesso succede quando l’aspettativa è molto alta): le spiaggette sono rachitiche, in parte ricoperte di alghe e relativamente affollate (per gli standard seychellesi), mentre il mare non ha gli stupendi colori descritti dagli altri viaggiatori che hanno scritto prima di me. Per trovare una relativa privacy ci spingiamo fino all’ultima spiaggetta, sormontata da una imponente montagna granitica. Essendo pomeriggio c’è alta marea e mi avventuro con maschera e pinne alla ricerca di forme di vita marina. Nell’acqua calda e un po’ torbida vedo molti branchi di piccoli pesci colorati (le acque protette dalla barriera sono come una nursery), in mezzo a vere e proprie praterie di alghe. Nel complesso anche lo snorkelling è deludente, tanto più che davanti all’ultima spiaggetta la profondità dell’acqua non supera i 50-60 cm e, proprio per l’acqua bassa, non si riesce a raggiungere la barriera. Nel tardo pomeriggio col sole che incomincia ad abbassarsi regalando una luce calda e radente, mi dedico alla fotografia immortalando le scenografiche rocce granitiche che hanno reso famosa la spiaggia (più volte usata come set per pubblicità e servizi fotografici). Stiamo in spiaggia fino al tramonto, ora in cui i colori delle rocce diventano veramente spettacolari con tinte calde e dorate. Quando lasciamo l’Union Estate è ormai buio e sfruttiamo gli utilissimi faretti che si affrancano alla testa tramite apposite cinghie elastiche portati appositamente dall’Italia. I locali ci guardano un po’ come marziani osservando i fasci di luce che originano dalle nostre fronti, ma io senza il faretto non sarei probabilmente riuscito a tornare (le mountain bike non hanno fari ed è buio pesto). Cena al Patatran e a nanna presto distrutti dalla intensissima giornata. 9 Maggio: Abbondante colazione alle 8, poi inforchiamo le bici alla volta di Grande anse dove arriviamo dopo una mezz’oretta di pedalata (e talvolta di spinta della bici sulle salite). Passiamo in mezzo alle colorate casette dei seychellesi “di campagna” immersi nelle loro attività quotidiane con gli immancabili bambini. Vediamo 2 bambini che giocano con una enorme tartaruga, gente in bicicletta con enormi pesci appena pescati che penzolano dal manubrio, gente indaffarata tra gli alberi da frutta (banani ma non solo) del giardino o intenta a riparare il tetto con enormi foglie di banano. Lasciamo le bici davanti al bel ristorantino sulla spiaggia di Grande Anse, e ammiriamo la maestosità dell’oceano indiano che si frange con una serie impressionante di onde contro la sabbia bianchissima. Il mare incarna tutte le possibili tonalità del blu, mentre l’ampiezza della spiaggia di borotalco rende onore al suo nome. Unico neo: un minaccioso cartello vieta la balneazione causa forti correnti che trascinano al largo. Ci bagniamo comunque fino alla vita come fanno tutti i presenti, badando bene di non farsi travolgere dalle onde. Dopo un’oretta a Grand Anse, ci informiamo degli orari del ristorante (12.30-14.30), facciamo scorta di acqua e partiamo seguendo il sentiero che corre dietro la spiaggia in direzione di Anse Cocò. In 10 minuti di scarpinata nella vegetazione raggiungiamo Anse Petite, cui diamo solo un’occhiata senza fermarci (sembra la copia in piccolo di Grande Anse con le stesse onde impetuose). Continuiamo a seguire il sentiero alle spalle di A. Petite e in corrispondenza della fine della spiaggia ci troviamo di fronte ad un bivio. Prendiamo il sentiero a sinistra attraversando quasi subito un ponticello su un rigagnolo e proseguendo poi in salita su una collina (che fatica). A quel punto cominciamo a vedere e a seguire delle frecce bianche dipinte sulle rocce e sugli alberi e dopo aver disceso dall’altro lato la collina, arriviamo ad Anse Cocò (in totale mezz’oretta di camminata possibilmente da non affrontare con scarpe da spiaggia tipo infradito). La spiaggia è sicuramente la più bella delle tre e vale la pena di scarpinare un po’ per raggiungerla. Seguendo i consigli di altri resoconti sulle Seychelles, ci dirigiamo all’estrema sinistra (guardando il mare) della spiaggia, dove troviamo facilmente la mitica laguna riparata dalle onde (che altrimenti renderebbero impossibile il bagno anche ad Anse Cocò). La laguna è molto bella anche se piccola ed, essendo completamente circondata dagli scogli, non risente quasi delle enormi onde che si infrangono tutto intorno. Sono però indispensabili delle scarpette (o almeno degli infradito) per poter entrare senza ferirsi sugli scogli e/o sui numerosi ricci presenti. Stiamo in spiaggia 2 ore alternando bagni di sole, pause all’ombra dei pochi alberi e innumerevoli bagni nella laguna. Alla caccia di belle fotografie proseguo per un piccolo tratto sul sentiero che prosegue da Anse Cocò (in teoria con una lunga passeggiata sarebbe addirittura possibile tornare al Patatran) riuscendo così a fotografare la spiaggia da un’altura. Verso le 14 torniamo appena in tempo per mangiare al ristorantino di Grand Anse, dove il costo del variegato buffet è di 125 rupie + le bibite. Mangiamo bene con abbondanti razioni di pesce alla griglia e piatti creoli speziati. Ci informiamo se è aperto anche di sera ma ci dicono che aprono solo raramente in caso di prenotazioni da parte di comitive. Ci rilassiamo poi in spiaggia osservando i bellissimi uccelli dalla lunga coda bianca che volteggiano sopra di noi e alcuni ragazzi locali che si cimentano con il body surf. Alle 17 siamo al Patatran dove ci aspetta un taxi per l’escursione prenotata la sera prima. Infatti a cena avevo chiesto a Bibian qual’era il posto più bello per fotografare il tramonto a La Digue. Dopo aver attraversato La Passe, il taxi si avventura su una stretta e tortuosa strada di montagna (impossibile da fare in bici) fino ad uno spiazzo sterrato dove veniamo lasciati. La meta è il “Bellevue snack bar”, semplice ed economico bar/ristorante quasi in cima alla collina più alta di La Digue (333 m), da cui la vista spazia dalla vicina Praslin alle più lontane Mahè e Silhouette e diverse altre isole di cui non conosco il nome. Il baretto è immerso nella lussureggiante foresta con un balcone che sembra fatto apposta per fotografare il tramonto. Nel cielo volteggiano pipistrelli delle dimensioni dei nostri falchi. Il tramonto è un vero spettacolo della natura con il sole che sparisce dietro Praslin colorando di rosso-arancio il già imponente scenario. Sicuramente un posto da non perdere durante un soggiorno a La Digue. Alle 18.45 torna a prenderci il taxi e durante il viaggio di ritorno discuto con l’autista della situazione delle Seychelles. Mi racconta di un presidente che è ininterrottamente in carica da circa 20 anni, delle vicine elezioni con relativa voglia di cambiamenti, del costo della vita in continuo aumento da quando sono crollati i prezzi di copra e vaniglia (unici prodotti che le Seychelles esportavano, oltre ai prodotti ittici), della folle idea governativa di vendere ai privati le più belle spiagge del paese e della conseguente vittoriosa rivolta dei locali quando si è tentato di vendere Anse Source d’Argent. Io gli racconto di analoghe folli idee governative in Italia dove però grazie a Dio i presidenti non stanno in carica 20 anni di seguito. Ottima cena al Patatran dove è la sera dell’ottimo buffet di pesce al prezzo di 300 rupie a persona.

10 Maggio: praticamente dopo 2 giorni abbiamo visto tutto quello che c’è da vedere a La Digue (e questo è il grosso limite della peraltro deliziosa isoletta). Decidiamo di ritornare a Source d’Argent la mattina per vedere se con la bassa marea cambia qualcosa. La mattina la spiaggia è molto diversa con molti più visitatori (può perfino capitare di trovarsi in una decina di persone su una spiaggetta) e un’acqua così bassa da rendere impossibile il bagno in molti punti come uniche note negative, abbondantemente ricompensate dalla maggiore ampiezza delle spiagge e soprattutto dall’incredibile colore del mare. Ecco la Source d’Argent descritta dai molti viaggiatori che mi hanno preceduto, con l’acqua di un colore verde smeraldo che grazie al polarizzatore (unico filtro fotografico vivamente raccomandato alle Seychelles) assume tonalità quasi surreali fondendosi con il blu intenso del cielo. Scopriamo poi che il mare è più profondo davanti alle prime calette (quelle che guardano Praslin per intenderci), tanto che si riesce a fare il bagno anche durante la bassa marea (mi pento di aver lasciato a casa pinne e maschera). La volta precedente ci eravamo infatti spinti fino alle ultime calette, dove l’acqua era già bassa con l’alta marea. Libri, sole, ombra, bagni… è finalmente vero relax. Per pranzo ci dirigiamo al ristorante posto all’inizio del sentiero che porta alla spiaggia (dove si lasciano le bici), dove si mangia bene, ma è essenziale pagare in rupie. Per 2 insalate di mare (di polipo e tonno) e 2 dessert spendiamo infatti 175 rupie (17 € al mercato nero), che sarebbero diventate al cambio ufficiale circa 30 €. Dopo pranzo visitiamo il souvenir shop che espone cose carine quali confezioni di spezie e di tè, parei, collane di conchiglie, candele dentro noci di cocco a prezzi accettabili (tant’è che facciamo i nostri primi acquisti sempre pagando in rupie). Poi torniamo in spiaggia ma nel frattempo è salita la marea con conseguente riduzione dell’ampiezza delle spiagge e scomparsa delle stupende tonalità del mare. Tornando ci fermiamo al porto per prenotare la barca per il ritorno a Praslin, ma ci viene detto che il biglietto si fa al momento senza prenotazione. Tornati verso le 17 al Patatran ci dedichiamo allo snorkelling ad Anse Patates (proprio sotto l’albergo). Pinneggiamo lentamente in direzione La Passe per un centinaio di metri raggiungendo un promontorio roccioso circondati da miriadi di pesci tra cui un’enorme aquila di mare con tanto di 2 remore attaccate, un grosso pesce napoleone, uno squaletto di circa un metro e incredibilmente anche una bellissima tartaruga che seguiamo per un lungo tratto. Direi che quanto a snorkelling alle Seychelles il mare intorno ad Anse Patates è superato forse solo da Cocò island. Cena a base di pesce al Patatran (a sapere che si mangiava così bene valeva la pena di informarci sul costo della mezza pensione).

11 Maggio: Torniamo a Source d’Argent (l’alternativa sarebbe Grande Anse ma le limitazioni alla balneazione e la faticosa scarpinata per Anse Cocò costituiscono un adeguato deterrente). All’ingresso, scocciato di pagare 3 € x 2 al giorno, chiedo se non c’è uno sconto dopo che uno ha già pagato 2 entrate nei giorni precedenti. Mi chiedono di mostrargli i precedenti biglietti di ingresso, ma io non li ho conservati. Decidono comunque di farci entrare gratis (evidentemente la terza volta è gratuita). Stavolta decidiamo di vedere cosa c’è oltre le calette di Source d’Argent e proseguiamo quindi salendo un scalinata semidistrutta situata dietro l’ultima caletta. Alla sommità della prima collina ci arrampichiamo sulle rocce godendo una vista spettacolare. C’è anche una “casa” in rovina scavata nella roccia a mò di bunker. Poi seguiamo un sentiero che in certi punti sembra perdersi nel nulla, tanto che alla prima occasione decidiamo di collinare verso il mare scendendo non senza qualche difficoltà sulle enormi rocce granitiche (anche qui sconsigliati infradito e simili). Alla fine arriviamo ad una bella e deserta spiaggia dove ci gustiamo un bel bagno rinfrescante. Proseguiamo approfittando della bassa marea camminando con l’acqua alle ginocchia tra una caletta e l’altra sentendoci dei novelli Robinson Crosuè (non c’è anima viva). Poi doppiato un promontorio, giungiamo ad un’ultima spiaggia non più protetta dalla barriera corallina con conseguenti onde da divieto di balneazione (non ci sono cartelli ma non ci vuole molto a capirlo). Il posto è molto suggestivo, di una bellezza selvaggia e scatto diverse fotografie. Da li in poi si può proseguire ma si vedono solo rocce e onde alte quindi, timorosi anche di essere sorpresi dalla alta marea con conseguenti difficoltà a tornare, decidiamo di fare il percorso a ritroso. Torniamo camminando direttamente nell’acqua bassa fino a Source d’Argent, evitando la salita sulle rocce e risparmiando comunque del tempo rispetto all’andata. Ci stendiamo solo alla penultima caletta verso l’uscita da Source d’Argent. Dopo un po’ di meritato riposo prese maschera e pinne mi dirigo verso la barriera corallina. L’acqua è alta quanto basta (70-80 cm), la visibilità è buona ma il pesce scarseggia. Insieme ad un ragazzo italiano “conosciuto” in acqua riusciamo ad andare oltre la barriera (che di corallino ha ben poco) nuotando in 20 cm di acqua. Non ne vale la pena dal momento che si rischia di strisciare la pancia su rocce e ricci, mentre non si vedono né coralli né pesci; inoltre dopo la barriera la profondità dell’acqua resta bassa (mi immaginavo che andasse giù a picco tipo Mar Rosso). Ritorno con il proposito di ritornare dopo pranzo con l’alta marea. Mangiamo ancora al ristorantino nella tenuta dell’Union (enorme pesce alla griglia, insalata di tonno, bibite e caffè) spendendo 170 rupie totali. Dopo pranzo ci stendiamo all’ombra di un takamaka in una delle prime calette, mentre la marea sale obbligando diversa gente a rapidi spostamenti di asciugamani e borse. Alle 15 snorkelling: l’acqua è più torbida, ma alta 1-2 metri e ricca di pesce. Verso la barriera vedo una prima tartaruga e tornando, a soli 15 metri dalla spiaggia, una seconda. Per un attimo ho la tentazione di chiamare la gente che sta facendo il bagno a pochi metri dalla spiaggia, ma poi pensando ai maltrattamenti a cui la tartaruga potrebbe essere sottoposta, me ne torno zitto zitto in spiaggia, felice del mio solitario avvistamento. Con dispiacere mi rendo conto che la mia Canon impermeabile (va sotto fino a 14 metri) si è bloccata e quindi addio foto sott’acqua. Concludendo per quanto riguarda Source d’Argent, la mattina è bellissima per i colori incredibili del mare e per godersi le calette (le spiagge sono più grandi per la bassa marea), mentre il pomeriggio è ideale per lo snorkelling (soprattutto le prime 2-3 calette) e il suggestivo tramonto che colora le rocce granitiche. Ideale quindi trascorrerci l’intera giornata. Tornati al Patatran ci dedichiamo ancora allo snorkelling ad A. Patates, vedendo ancora 2 tartarughe vicinissime a riva. Ultima cena al Patatran con ottimo buffet di pesce al prezzo di 360 rupie in due. La sera ci attende il triste rito delle valigie. 12 Maggio: Alle 7.30 facciamo un ultimo giretto in bici dirigendoci dal Patatran in direzione opposta a La Passe. Le spiagge che incontriamo non sono niente di speciale e per di più ricompare il cartello con il divieto di balneazione causa correnti. Poi dopo colazione i saluti allo staff del Patatran dove ci siamo trovati veramente bene. Raggiungiamo il jetty con il taxi (40 rupie) in tempo per prendere la barca delle 10. Una volta a bordo paghiamo il biglietto di 10 € a testa e in mezz’ora siamo al jetty di Praslin. Prendiamo un taxi per l’aeroporto (100 rupie non trattabili) dove aspettiamo per un paio d’ore il nostro volo (che è stato ritardato di 30 minuti). Ne approfittiamo per scrivere le cartoline (comprate da Gregory a La Digue) con i relativi francobolli acquistati all’ufficio postale di La Passe. Alle 13.30 partiamo con il solito 20 posti e in mezz’ora di volo tranquillo raggiungiamo Mahè dove ahimè piove (in 5 giorni a La Digue non abbiamo visto una nuvola). L’aeroporto è in ristrutturazione (ne aveva bisogno) e non ci sono più i box dei noleggiatori di auto. Mentre veniamo abbordati da un tipo che ci propone una jeep a 200 € al giorno, ecco spuntare dal nulla il solito Jacques dell’”Ideal car rental” che per 100 € ci noleggia la stessa jeep Daihatsu Termos fino all’indomani alle 23 (inutile ogni tentativo di ottenere uno sconto). Ne approfittiamo per cambiare ancora qualche euro per le ultime 36 ore in territorio seychellese. Lasciato l’aeroporto, dopo aver fatto benzina (le auto ti vengono solitamente lasciate con qualche centilitro di benzina) e scoperto che è aumentata da 7.5 a 8 rupie in 10 giorni, ci dirigiamo da Daniella’s dove abbiamo la nostra camera (già pagata all’andata) fino alle 22 di domani. Lasciate le valigie ci rechiamo a passeggio per Victoria alla ricerca di idee regalo. Ci sono diversi chioschetti lungo la prosecuzione di Albert Street che espongono tra l’altro anche molti coco de mar (alcuni bellissimi) a prezzi compresi tra 1200 e 2000 rupie. Poi visitiamo il mercato che di pomeriggio è pieno di gente, pesce, frutta e verdura (al contrario che la mattina alle 7). Infine Albert Street, la modestissima via dello shopping dove l’unica cosa degna di nota è Camion Hall, un complesso a 2 piani di negozi di artigianato e gioiellerie, peraltro piuttosto care (la gioielleria più bella e cara è di proprietà del console italiano). Senza aver comprato nulla decidiamo di terminare il pomeriggio a Beau Vallon dove ci attende un nuvoloso e deludente tramonto. Nella parte sinistra della spiaggia (guardando il mare), vicino ad un albergo troviamo una bancarella che vende bellissime ed enormi conchiglie (che dopo una salata multa all’aeroporto di Amsterdam alcuni anni fa mi guardo bene dal comprare) e originali collane di corallo grezzo o conchiglie. I prezzi sono piuttosto alti ed il tipo accetta di contrattare solo nel caso paghiamo in euro, quindi desistiamo. Per cena decidiamo di testare un altro ristorante italiano, La Perle Noir, situato sulla strada di accesso a Beau Vallon. Si mangia in un lussureggiante giardino, l’atmosfera è raffinata e si mangia decisamente bene (antipasto, piatto di pesce, dolce, birra per 468 rupie in due). Dormiamo male per il caldo asfissiante appena mitigato dai ventilatori (non credevo mi sarebbe mancata tanto l’aria condizionata) e una quasi tempesta tropicale con secchiate di pioggia, lampi, tuoni e raffiche di vento.

13 Maggio: Abbondante colazione da Daniella’s (ottimo il formaggio). Decidiamo di dedicare l’ultimo giorno ad uno dei nostri posti preferiti, Anse Soleil. Sulla strada ci fermiamo ad Anse aux Pins al villaggio dell’artigianato (Craft Village), una dozzina di botteghe in un giardino. Lì finalmente troviamo tutti i regali che avevamo in mente a prezzi più che abbordabili (pare che i negozianti di Victoria vengano qui a rifornirsi). In mezz’oretta compriamo diverse collane di corallo grezzo e madreperla (alla metà del prezzo della bancarella di Beau Vallon), essenze, saponi naturali (alla vaniglia, rosa, gelsomino), profuma biancheria, incenso. Lo stand che ci colpisce di più per l’originalità è quello di Joel, un simpatico e colto seychellese che viaggia molto e parla anche bene l’italiano. Poi di corsa ad A. Soleil dove prima di scendere in spiaggia prenotiamo l’ultimo tavolo libero al mitico ristorantino sulla spiaggia. Facciamo un giro con maschera e pinne scoprendo che anche da questo punto di vista A. Soleil non delude, con formazioni coralline vive e qualche bel pesce grosso, oltre alla solita miriade di pesci colorati. Il ristorante si conferma il migliore delle Seychelles per rapporto qualità/prezzo con la consueta abbuffata di pesce freschissimo al costo di 170 rupie in due. Poi relax sulla bella spiaggia fino al tramonto tra tintarella, bagni e snorkelling. All’estremità opposta della spiaggia rispetto al ristorante troviamo anche una simpatica venditrice di collane di corallo grezzo e ne compriamo altre due. Prima di ritornare, già nell’ottica di una futura vacanza, ci fermiamo a vedere l’hotel che confina con il ristorantino, l’Anse Soleil Beachcomber, che si rivela molto grazioso e con le camere letteralmente affacciate sul mare. Il prezzo è di 120 € a notte e sembra l’ideale per passare 3-4 giorni fuori dal mondo (con la complicità della strada di accesso che limiterebbe le gite al minimo indispensabile) tra una bellissima spiaggia, un mare azzurrissimo dove nuotano i delfini e il miglior ristorante delle Seychelles. Tornando con il buio troviamo l’indisciplinato (e probabilmente”tazzato”) traffico del sabato sera che ci obbliga a continue soste (per esempio quando 2 conoscenti si incontrano in auto si mettono a parlare bloccando completamente la strada). Veloce doccetta e poi a cena a Le Corsaire a Bel Ombre (dove abbiamo cenato la prima sera) che si conferma un ristorante di tutto rispetto anche se caruccio (abbondante cena di pesce senza vino per 370 rupie in due). Dopo cena a casa a fare le valigie e poi partenza per l’aeroporto dove giungiamo alle 23 (l’aereo della Emirates parte alla 1 del mattino). Come convenuto lasciamo le chiavi della jeep in un’apposita cassetta dell’ufficio della polizia all’aeroporto. 14 Maggio: Volo tranquillo con dormita fino a Dubai dove arriviamo alle 5.30. Lì abbiamo 2.5 ore di attesa che spendiamo al duty free, uno dei più forniti e vantaggiosi al mondo. Compro uno Swatch irony risparmiando una ventina di euro, nonché una scorta di sigarette al ridicolo prezzo di 1.5 dollari americani a pacchetto (si riveleranno tuttavia molto meno “buone” di quelle nostrane). Poi ripartiamo e soddisfatissimi del nostro volo Emirates (mai visto tanto spazio tra un sedile e l’altro in economy) arriviamo a Milano Malpensa alle 12.15.

In conclusione non vedo l’ora di tornare in Canada, per dover poi pagare nuovamente pegno a mia moglie con altre 2 settimane alle Seychelles. Se “dovessi” tornare alle Seychelles penso che sarei molto attratto dall’idea di affittare una casa sul mare per 1 settimana a Praslin, mentre l’altra settimana la dividerei tra il beato isolamento di Anse Soleil a Mahè e qualche giorno al Patatran a La Digue.

Nel corso dei miei precedenti viaggi ho spesso visto mari tropicali in Tailandia, Malesia, Indonesia, Maldive, Mar Rosso oltre che nei classici Caraibi (Cuba e Yucatan). Senza dubbio le Seychelles per il connubio tra la bellezza dell’entroterra e la meraviglia del mare, unite al calore della gente, al buon livello dei ristoranti, al clima ideale, conquistano a mio parere il primo posto nella classifica delle località di mare.



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