Lo Spirito dell’Africa, viaggio in Casamance

Premessa...quello che segue è il diario di un viaggio che mi è rimasto nel cuore, tanto da decidere di scrivere un racconto completo, simpatico ma anche riflessivo di tutta l'avventura. Ho intrapreso questo viaggio con un gruppo di amici-familiari per conto della nostra piccola associazione (Amicosenegal) che aiuta i bambini della Casamance, ma...
Scritto da: CristinaItaly
lo spirito dell'africa, viaggio in casamance
Partenza il: 29/01/2006
Ritorno il: 05/01/2007
Viaggiatori: in gruppo
Premessa…Quello che segue è il diario di un viaggio che mi è rimasto nel cuore, tanto da decidere di scrivere un racconto completo, simpatico ma anche riflessivo di tutta l’avventura. Ho intrapreso questo viaggio con un gruppo di amici-familiari per conto della nostra piccola associazione (Amicosenegal) che aiuta i bambini della Casamance, ma mi sento di consigliare una visita della zona a tutti i Turisti per Caso…Perchè in ogni viaggio chiunque può scoprire …Per caso o no… Un po’ di Spirito dell’Africa! 29 Dicembre 2006 Così inizia la nostra avventura… Partenza da Milano per Cap Skirring, via Dakar; arrivo alle ore 15,30…Grande emozione, ma anche grande preoccupazione.

Primo dubbio: saranno arrivate tutte le nostre 15 valigie (250 kg) di materiale umanitario? Avremo dei problemi alla dogana? La fortuna ci assiste e tutto il materiale passa al controllo senza problemi: lo SPIRITO ha colpito per la prima volta! Carichiamo tutto il materiale su una specie di pullman/camion/fuoristrada e partiamo per l’albergo.

All’arrivo abbiamo la prima sorpresa: Suor Clementine e Jean Pierre ci aspettano al nostro arrivo. Baci al piccolo Jean Pou e calorosi abbracci…Proprio non ci aspettavamo che percoresse i 40 disastrati Km di strada che separano Ossouye da Kabrousse, in tempo per accoglierci all’arrivo! Questa Suora ci sorprende sempre! 30 Dicembre 2006 Visita all’orfanotrofio di Suor Clementine Sveglia all’alba. Indossiamo tutti la maglietta dell’associazione (modello nero, quello delle occasioni ufficiali) e ci sgroppiamo le nostre 15 valigie fino alla strada.

Suor Clementine ha organizzato il trasporto delle valigie del materiale con un furgone di un prete di sua conoscenza. Per noi invece è stato chiamato un…“taxi”. Per avere un’idea di cosa si intende per “taxi”: prendete da uno sfascia-carrozze un’auto di 20 anni fa incidentata, togliete gli specchietti retrovisori, le manopole per i vetri, metà del cruscotto, date una bella martellata al parabrezza, scaricate gli ammortizzatori, sgonfiate le gomme … partite. Per i prossimi 5 giorni useremo questi mezzi e percorreremo per altre 10 volte la disastrosa strada che separa Cap Skirring da Oussouye, il villaggio di Clementine. 40 Km di buche, sobbalzi e polvere, pigiati in 8 su un “taxi” da 6 posti. Partiamo. Dopo 45 minuti di divertente sofferenza arriviamo ad Oussouye.

Entriamo nel cortile dell’orfanotrofio e… indescrivibile. Una moltitudine di bambini ci assale, ci tende le braccia, ci chiama, ci sorride, ci bacia. Riconosciamo volti di bimbi già noti: Jeanne e Paulette, le gemelle raffigurate nel nostro volantino, Charles, che sorride nel nostro calendario, Bertrand e Khadidiatou, che si affacciano nella home page del sito WEB. Li abbiamo nominati continuamente, abbiamo osservato e scelto le loro foto per la nostra documentazione, ma solo ora possiamo abbracciarli e sentire il suono delle loro risate: sono i nostri Tom Cruise, le nostre Nicole Kidman. Che strana emozione! Ma anche per Cristina e Francesca, che già li conoscevano dai tempi del viaggio di Pasqua, è festa grande! C’è chi le riconosce e salta subito loro al collo, chi va a prendere la foto scattata insieme mesi prima e gelosamente conservata… “mamma mia quanto sei cresciuto in otto mesi! Non ti ricordavo così pesante?”. Loro non capiscono l’Italiano, ma sorridono. Conosciamo le altre suore ed i ragazzi più grandi che danno un grandissimo aiuto per far funzionare l’orfanotrofio: “Ca va?” chiediamo, “Ca va bien!” rispondono educatamente. Stiamo parlando di ragazzi e ragazze di 12-13 anni che accudiscono 20 bimbi, da pochi mesi a 5 anni: li curano, li vestono, li cambiano, li lavano, li nutrono. Se penso ai nostri figli.

Clementine appare con un fagottino in braccio: è Serena l’ultima arrivata, appena due mesi, bellissima.Scarichiamo le valigie e mostriamo il contenuto a Suor Clementine: medicinali, vestiti, materiale scolastico, giochi. E’ una festa per tutti. Apriamo una valigia e mostriamo le 70 magliette della nostra associazione. Inizia l’assalto da parte dei bambini, ma Clementine interviene e sequestra tutto. Saprà lei quando farle indossare. Chiamiamo i ragazzi più grandi e mostriamo il contenuto di due borsoni: divisa completa per due squadre di calcio. E’ il delirio. Appuntamento per il 1° Gennaio per una sfida calcistica.

Consegnamo a Clementine i testi Francese/Italiano donati da Simonetta per aiutare Clementine ad imparare la nostra lingua. Infine apriamo un pacchetto e le mostriamo la targa consegnataci da Luisella e Giovanni Bugatti a ricordo di Laura, cui sono stati dedicati i lavori di ristrutturazione della scuola materna. Verrà posta sulla parete della scuola a lavori terminati.

Ma anche Suor Cle ha in serbo una bella sorpresa per noi. Ci mostra un pacco di foto. Sono bimbi fotografati con un dono in mano vicino ad un Babbo Natale. L’antefatto è il seguente: la ditta FLOU, famosa fabbrica di letti, si era generosamente offerta di inviare ad ogni bimbo dell’orfanotrofio un dono di Natale. Eravamo preoccupati che il materiale non arrivasse in tempo o andasse in parte perso, invece è arrivato a destinazione sano e salvo esattamente 3 giorni prima di Natale. Sono arrivati pacchi di doni, un albero di Natale già addobbato ed un vestito da Babbo Natale. Si è potuto cosi organizzare una bellissima festa con tanto di “Papa Noel” venuto dall’oceano (come ci ha raccontato in seguito la dolce Kadididiatou) che ha consegnato ad ogni bimbo il suo dono. Clementine, come sempre molto accorta, ha fatto fotografare ogni bimbo al momento della consegna del dono, offrendoci così uno straordinario riscontro per la FLOU e per le famiglie in Italia, che riceveranno una bellissima foto del proprio bambino.

Nel frattempo iniziano i laboriosi preparativi del pranzo: Clementine e le ragazze puliscono il pesce, mondano il riso e preparano la brace. I ragazzi raccolgono il cocco dalle palme arrampicandosi agilmente in cima alle piante e lo preparano tagliandolo con grossi maceti. Mentre i più piccoli si preparano a mangiare alla maniera senegalese: tutti intorno ad un bel ciotolone! Le suore ci hanno preparato un accurato e squisito pranzo con i prodotti locali: riso, pesce, verdure, vino di palma. Ci riuniamo nella loro semplice ed accogliente sala da pranzo; è un momento di serenità ed è l’occasione per scambiare con loro le prime opinioni. La prima cosa che risulta evidente è la necessità di trovare chi possa dare un aiuto materiale per accudire i bambini più piccoli. Le suore sono sei: due sono molto anziane, una suora cucina e lava, una lavora all’ospedale del villaggio, quindi Clementine cura 30 bambini solo con l’aiuto di un’altra suora. Di notte dorme con i 5 più piccoli, si alza alle 5,30 e segue tutto l’orfanotrofio. Non è finita, durante il giorno insegna anche alla scuola materna. Che dire? Riteniamo che la situazione sia insostenibile e proponiamo immediatamente alla suora di cercare un aiuto tra le donne del villaggio accollandoci noi la spesa. Ci viene riferito che per pagare una donna per queste mansioni servono 40 Euro al mese e non si possono permettere tale spesa… ci vergognamo del nostro benessere.

Nel pomeriggio Suor Clementine ci porta a vedere la scuola materna, un isolato più avanti, per visionare l’inizio dei lavori di ristrutturazione previsti dal “Progetto Laura”. Ci aspettiamo di vederne solamente un accenno, considerato che si è potuto iniziare solo il 23 Dicembre alla chiusura della scuola. SIAMO STUPEFATTI! I lavori sono già stati tutti ultimati, impeccabili e con materiale di ottima qualità. In una settimana Suor Clementine è riuscita a far piastrellare i 4 bagni, le 3 aule e il porticato, in più ha fatto realizzare 3 grossi scaffali in legno per contenere il materiale scolastico. Qualcuno incalza Clementine: dovresti venire in Italia a governare! “Clementine for President”. LO SPIRITO ha colpito per la seconda volta! 31 Dicembre 2006 Visita all’orfanotrofio di Kabrousse Oggi visiteremo l’orfanotrofio di Kabrousse dove opera Suor Martine. Di taxi non se ne trovano in quanto è la festa musulmana del “montone” (Festa del Tabaskin) e tutti si spostano tra i villaggi per riunirsi a pranzo con parenti e amici. Ci faremo una bella camminata di 3 Km, peccato che avevamo previsto di portarci 5 valigie di materiale umanitario per Suor Martine! Se la mia teoria sullo SPIRITO dell’Africa funziona, qualche santo provvederà.

La passeggiata lungo la strada che porta a Kabrousse è piacevolissima; tutti ci salutano con i loro kasumai (“come va?” usato “alla francese” come saluto) e ci stringono la mano, i bambini ci accompagnano per mano per un lungo pezzo di strada. Il loro intento è chiaro, vogliono il “bon bon”, ma non lo chiedono, aspettano che sia tu a decidere cosa fare; la dignità si impara fin da piccoli.

Le donne in occasione della festa si vestono con costumi coloratissimi. Sono molto belle alte, longilinee, dal portamento fiero e lineamenti gentili.

Ed ecco che lo SPIRITO ritorna. Passa un taxi … “Cristina !” Grida il taxista. E’ Jacob un ragazzo che si scarrozzava Cristina e Francesca nel loro precedente viaggio di Pasqua. Ci offre un passaggio a prezzo scontato e ritorniamo in albergo a prendere le valigie.

Arriviamo all’orfanotrofio. E’ Domenica. Suor Martine e tutti i bambini sono in Chiesa. Perfetto! Parteciperemo anche noi alla Messa Diola, che prende il nome da una importante componente etnica del luogo prevalentemente cattolica: canti, tamburi, una celebrazione molto coinvolgente. All’uscita da messa Giulia offre una caramella ad una bambina e le conseguenze sono immaginabili. I più piccoli avevano già addocchiato gli ambìti “bon bon” durante la messa, sbirciando dietro le gonne delle madri, ma senza mai disturbare la cerimonia religiosa. Ma una volta terminata la messa tutti corrono contenti verso Giulia tendendo le manine.

Vedo alcune suore, chiedo di Suor Martine e finalmente ho la possibilità di conoscerla. Una suora dolce, pacata. Vicino a lei un gruppo di bambini vestiti tutti uguali con abitini dalle vivaci fantasie azzurre e verdi, sicuramente i bambini dell’orfanotrofio.

Ci rechiamo all’orfanotrofio, una bella costruzione ristrutturata di recente da un gruppo di volontari italiani. Penso a Suor Clementine e al suo disastrato Orfanotrofio e mi prometto che farò di tutto per farne una struttura dignitosa.

Dal lato opposto dell’ampio cortile sorge la scuola elementare, al momento vuota per le vacanze di Natale.

Apriamo le valigie e mostriamo a Suor Martine il contenuto: vestiti, medicinali, materiale di igiene personale. Una valigia, pesantissima, è piena zeppa di libri: testi in francese di lettura, scolastici, favole per bambini. Suor Martine apprezza moltissimo i doni; i suoi bimbi vanno alle elementari e hanno bisogno di libri oltre che di giochi.

Mostriamo il calendario dell’associazione ed il volantino e sorprendentemente i bambini riconoscono subito i loro vecchi amici di Oussouye. Molti di loro provengono infatti dall’orfanotrofio di Suor Clementine. Qualcuno mostra una vena di tristezza e nostalgia per il suo vecchio orfanotrofio.

Luisella apre la valigia dei giochi… tantissimi, piccoli giochi. Scompare alla nostra vista, letteralmente sommersa dai bambini. Emergerà dopo mezz’ora.

Visitiamo la vicina maternità, un locale molto spartano, il minimo indispensabile per far nascere i bambini.

Conosciamo Suor Domitilla, esperta ostetrica autodidatta, ed abbiamo immediatamente l’impressione di una persona molto competente e responsabile. Ci spiega i problemi della maternità e le promettiamo che cercheremo di aiutarla.

Ci accordiamo con Suor Martine per ritornare il giorno 4 Gennaio alla riapertura della scuola, così da fotografare i bambini delle elementari per le nuove adozioni. 01 Gennaio 2007 Un giorno davvero speciale Suor Clementine ha organizzato una vera e propria festa in nostro onore. Si è preoccupata di trovarci un taxi e, sempre a causa della carenza di mezzi, lo ha trovato a Ziguinchor. Come dire: da Milano chiami un taxi per Monza che arriva a prenderti da Brescia. Ziguinchor, il capoluogo della regione della Casamance, è infatti a 80 Km di distanza che, con queste strade, significa due ore di tragitto.

Percorriamo la solita strada polverosa, ma questa volta guardiamo il paesaggio con occhi diversi. Acqua, paludi, palme, baobab e ancora acqua. E’ la “Terra di mezzo” tra l’Africa Sahariana e l’Africa Nera. Animali “da cortile” semi-selvatici invadono la strada che si addentra nella savana, ma oltre a mucche, galline, maiali, cinghialetti e capre, incontramo sulla strada, anche animali più tipicamente africani… perlomeno nel nostro immaginario da National Geografic: aironi, cormorani e un gruppo di simpatiche scimmiette, che rapidamente si rifugiano tra le mangrovie nei pressi del fiume. E il fiume … si insinua ovunque. E’ evidente ai nostri occhi che il Casamance è la linfa vitale di questa verde regione a cui da il nome.

Al nostro arrivo all’orfanotrofio la scena che ci si presenta è commovente. Ci corrono incontro tutti i bambini vestiti con le magliette della nostra associazione, rosa le bimbe più piccole, azzurri i bimbi e arancio i più grandi. Tutti belli, puliti, ordinati e orgogliosi di portare la nostra maglietta. Sono i nostri bimbi! Siamo emozionati, è come se avessimo vestito i nostri figli con il vestito più bello della festa per portarli in Chiesa.

Infatti li prendiamo per mano e andiamo ad assistere alla S. Messa del primo gennaio. All’uscita mentre stiamo scattando un’infinità di foto, si avvicina un gruppetto di ragazzini del villaggio. E’ giunto il momento della tanto agoniata partita di calcio! Landry, il più grande e carismatico tra i ragazzi dell’orfanotrofio ha organizzato tutto, chiamando alcuni amici del villaggio.

Ci rechiamo al campetto della scuola dove si creano due squadre con le rispettive divise che abbiamo portato dall’Italia. Tutto si svolge secondo il regolamento FIFA: foto ufficiale delle squadre, ingresso in campo, inni nazionali, lancio della monetina. Inizia la partita Italia-Brasile! Le ragazze sugli spalti intonano i canti popolari di supporto alle squadre del cuore, accompagnate da Cristina e Giulia che dalla loro coinvolgono tutti intonando in coro l’ormai celebre “po-po-roppoppo!”. Anche i Senegalesi intonano il canto dell’inesorabile sconfitta dei Cugini. Che soddisfazione! Una ragazza mi racconta che la sera della mitica finale Suor Clementine faceva tifo sfegatato per l’Italia. Dopo un appassionante primo tempo 3-0 a favore del Brasile, l’Italia capitanata da Landry rimonta clamorosamente, guadagnandosi una dignitosa sconfitta 4-3.

Ritorniamo all’orfanotrofio dove ci viene presentato un prete… è Padre Nicolas. Finalmente lo posso vedere, ho parlato con lui molte volte al telefono per la spedizione del materiale. Parla Italiano, in quanto ha studiato in un seminario in Italia, quindi finalmente potremo parlare la nostra lingua madre: abbiamo tante cose da chiedere. Prima del pranzo approfittiamo della presenza del Padre per informarci delle principali necessità dell’orfanotrofio. Visionando le camere, la cucina, i bagni e i lavatoi, ci rendiamo conto che c’è ancora tantissimo da fare.

Intanto Suor Clementine salta da un lavoro all’altro, cambia Serena, mette a dormire Abib, cucina, in una mano il cellulare nell’altra il mestolo. Capiamo che il cellulare nel terzo mondo non è uno status simbol, è una necessità. In territori cosi impervi è più facile e economico fare ripetitori per cellulari che linee telefoniche, inviare e-mail e fax piuttosto che spedire una lettera che mediamente impiega da 2 a 3 settimane per raggiungere l’Italia. Cosi in questi paesi sono stati saltati tutti i passaggi avvenuti da noi con il progresso delle comunicazioni, passando dal tam-tam direttamente alle e-mail.

Intanto, Franca e Luisella tra pannolini e mutandine danno un aiuto per cambiare alcuni bambini. Ci sono anche due gemellini: di 8 mesi, Jean Bassene, ribattezzato da noi “Budino” per via della sua …Consistenza e il fratello, Benedicte detto anche “Ippopotamo”, data la stazza e lo sbadiglio facile. E’ incredibile la mole di estenuante lavoro che attende ogni giorno Clementine e le ragazze. Ad un tratto una ragazzina, accortasi delle difficoltà di Franca nel gestire contemporaneamente i due gemelli, la chiama da parte all’interno della stanza. “Le pan, le pan!” La incalza, mentre le porge un pareo. Franca non capisce. Ad un tratto la ragazzina con aria risoluta sistema il piccolo sulla schiena di Franca e lo blocca legandole il pareo intorno al busto. Ora avrà le mani libere per lavorare. Altro che zainetti e passeggini. La soluzione migliore è sempre la più semplice! Intanto la scena scatena l’ilarità di tutto il gruppo… compreso il piccolo “Budino”.

Nel pomeriggio Clementine ha organizzato un singolare incontro: siamo stati convocati alla presenza del Re. Il Re? Siamo perplessi. Ma saremo presentabili? Ci dirigiamo a piedi verso la “dimora reale”. Lungo la strada ci viene spiegato che il Re è una figura di riferimento per un insieme di quattordici villaggi che fanno capo al villaggio principale di Ossouye dove il Re abita con le sue tre mogli ed i 14 figli. Padre Nicolas scherza con le ragazze: “Sapete che se il Re vede una bella ragazza può decidere di tenersela come moglie?”. Ci addentriamo in un folto boschetto, accompagnati da Francois, un distinto e simpatico abitante del villaggio, che ha il compito di presentarci al Re e fare da intermediario. Ci sediamo su alcuni tronchi e attendiamo. Dopo qualche minuto, dal lato opposto del boschetto, spunta Lui! Una figura alta e imponente, con una lunga tunica purpurea, uno strano copricapo ed uno … sgabello…Il trono? Dietro di lui, un bimbo di pochi anni corre sghignazzando e si butta in braccio a Clementine. Il Re, impeccabile, ci saluta uno ad uno e si siede. L’atmosfera è surreale e grottesca, siamo tutti un po’ spaesati, ma Francois chiarisce le nostre perplessità. Ci spiega che il Re è una figura religiosa con funzioni sociali, che ha il compito di garantire la pacifica convivenza tra gli abitanti dei villaggi, nel rispetto di poche e semplici regole della tradizione animista. Viene consultato in caso di dispute e la sua parola è sentenza per tutti. Ci rendiamo conto che questo strano personaggio che abbiamo davanti non è una figura folkloristica o turistica, ma una vera e propria istituzione sociale, politica e religiosa, al punto che in occasione dei recenti episodi di guerriglia in Casamance il governo centrale di Dakar è ricorso alla mediazione di tutti i Re della regione ottenendo la deposizione delle armi. Terminata la spiegazione il Re fa il suo discorso. Con grande stupore, ci sentiamo ringraziare per il nostro sostegno a Clementine! Scopriamo infatti che il bambino suo figlio frequenta proprio l’asilo della Suora. I nostri sguardi si incrociano, soffocando una risata: “ma allora, qualcuno a Monza ha adottato il figlio del Re?”. Ora il Re ha pronunciato il discorso finale, non possiamo più rispondere, ci spiegano. Con timore reverenziale scattiamo qualche foto e lo lasciamo andare. Mentre ci allontaniamo Padre Nicolas scherza di nuovo “Camminate indietreggiando, non dategli le spalle!”. Il prete e la suora sghignazzano, vedendo i nostri volti suggestionati ed intimoriti dalla preoccupazione di offendere il Re! Poi Nicolas torna serio e ci ringrazia, non era mai stato dal Re e grazie a noi ha avuto l’occasione per incontrarlo. Ritorniamo dai nostri bimbi all’orfanotrofio. La suora più anziana prega su una panchina all’ombra. Padre Nicolas le parla in una lingua incomprensibile. Ridono, poi il prete si rivolge a noi: “Gli ho chiesto come mai non è venuta anche lei dal Re”, “E cosa ha risposto?” chiediamo. “Che non ci va perché ha paura che la tenga come sposa!”.

E’ giunto il momento di tornare a Cap Skirring. La giornata è stata lunga e intensa, ma ricchissima di emozioni. Sulla strada del ritorno guardiamo le luci del giorno spegnersi sulla savana e ci chiediamo: dove mai nel mondo in questo momento si respira una tale aria di fratellanza e pacifica convivenza tra religioni e popoli? Dove accade che suore e preti ti accompagnino a conoscere il fondamento della religione animista, più antica di Abramo? Dove famiglie musulmane di un paese musulmano mandano i propri figli alla scuola cattolica e dove una suora accoglie bimbi di ogni credo senza alcun tentativo evangelizzante? Dove accade che un popolo si trovi a condividere i giorni del Natale e del Tabaskin con il solo obiettivo di fare festa in famiglia? Forse in qualche altra parte del mondo accade ancora… forse. Sicuramente accade in Senegal. 02 Gennaio 2007 Un giorno con Padre Nicolas I giorni passano, ma ci restano ancora molte di cose da fare. Ci rendiamo conto che una settimana è poca per riuscire a fare tutto, ma sappiamo di potercela fare. Oggi abbiamo tre obiettivi: consegnare un pacco regalo a Lazarre, un ragazzino che abita in uno sperduto villaggio non molto lontano, andare di nuovo da Martine per accordarci su vari punti e visitare il seminario di padre Nicolas. E’ venuto il momento di dividerci i compiti: Gianandrea, Cristina ed io andremo con Nicolas e Clementine a Ziguinchor, mentre il resto della truppa si recherà a Djambering da Lazarre e a Kabrousse da Martine. Sincronizziamo gli orologi… pronti.. Via! Appuntamento nel tardo pomeriggio, dove e quando lo deciderà lo SPIRITO.

Padre Nicolas ci ha invitati a visitare il suo seminario a Ziguinchor. La strada è la stessa per Ossouye e poi prosegue per altrettanti chilometri. Sappiamo che sarà il doppio del tempo, il doppio della polvere, il doppio delle buche, ma ormai siamo allenati a tutto. Ne approfittiamo per goderci ancora una volta il paesaggio. Immense risaie e mondine instancabili, e poi ancora savana, palme e acqua.

Ad Oussouye passiamo a prendere Clementine e il viaggio prosegue fino al seminario.

E’ una struttura bella e grande circondata da un grande terreno in parte coltivato. Siamo emozionati perché sappiamo cosa troveremo una volta arrivati…In una sala del seminario, semi-deserto a causa delle vacanze natalizie, si trovano i nostri pacchi, spediti mesi prima. Padre Nicolas ci aveva già avvisati del loro imminente arrivo, ma proprio non ci aspettavamo di vederli arrivare proprio nei giorni della nostra permanenza. Entrando nella stanza ci pervade una strana emozione! Sono proprio loro, gli scatoloni preparati da noi in una concitata sera di Novembre e portati in tutta fretta a Bergamo poche ore prima che si chiudesse il container in partenza per Dakar. Medicinali, vestiti, materiale scolastico e tutti i giochi di Jean Pierre. A Settembre, durante la visita di suor Clementine, nessuno aveva resistito ed in pochi giorni il piccolo Jean Pou si era ritrovato sommerso di giocattoli. Suo malgrado, su ordine categorico della Suora, aveva potuto scegliere solo due giochi da riportare a casa ed ora, sempre suo malgrado, saranno distribuiti a tutti gli altri bimbi. Anche per Clementine l’emozione è grande! Mentre ci intratteniamo con Padre Nicola e il preside del Liceo del seminario, Suor Cle si reca alla banca per controllare che il denaro raccolto grazie ai generosi contributi dei nostri benefattori e trasferito poco prima di Natale, sia arrivato senza problemi.

Nel frattempo Padre Nicolas ci propone di visitare le sue colture di ortaggi e alberi da frutto. Grazie a lui ci accorgiamo sempre più dell’immensa potenzialità rurale della zona. Acqua e sole non mancano mai ed in questa terra può crescere qualsiasi cosa in brevissimo tempo. Vediamo grandi spazi incolti. “Perché è sfruttata così poco?” chiediamo. “Manca mano d’opera” ci risponde. “Ma come? E’ pieno di ragazzotti grandi e grossi?” ribattiamo. Nicolas sospira “Mancano i soldi per pagarli”… Misteri del terzo mondo, pensiamo. Bisogna immaginare questa terra come se fossimo nella nostra Europa dell’800 e valutare se è possibile ricreare lo stesso percorso storico-economico che ha portato ad una crescita sociale dei nostri contadini. Parliamo con Nicolas di mezzadria, di patto agrario, di cooperative. Il padre ha già in mente qualcosa di simile. Confidiamo i lui e gli affidiamo le sementi portate dall’Italia. Durante la passeggiata ci mostra alberi e piante di ogni sorta, palme da cocco, papaie, banani, mandarini, arance giapponesi, pomodori. E proprio vicino all’albero delle clementine ci raggiunge … Clementine! “Arrivi giusto in tempo per l’assaggio” scherziamo. Lei è radiosa più che mai e nella risata generale ci presenta un’altra suora, molto giovane, come lei. “E’ la mia amica del cuore!” Ci spiega. Intuiamo che probabilmente sono state compagne di studi fin dal noviziato e le osserviamo curiosi mentre sghignazzano come due scolarette.

Alla fine dell’interessantissima visita agli orti ci riuniamo con alcuni preti del seminario e pranziamo tutti insieme, pesce e riso come vuole la tradizione, e poi banane, arance e papaia appena colti dagli alberi. Nel pomeriggio ci attende il viaggio di ritorno. L’ideale sarebbe portare con noi tutti i pacchi della spedizione da lasciare direttamente a Oussouye sulla strada del ritorno. Per un imprevisto però il furgoncino del seminario non è disponibile ci spiega padre Nicolas, mentre il furgoncino di Clementine è in riparazione da un meccanico di Ziguinchor da oltre due mesi. Suor Cle prova a telefonare sperando di sentirsi confermare che il furgone è pronto. Si sente rispondere che il meccanico non ha potuto ripararlo perché in questi giorni è la festa mussulmana del Tabaskin. Sento Clementine rispondergli in modo molto alterato: “Tu non sei un musulmano, neanche un cristiano e neppure un animista. “Tu n’es rien de rien!”. Bel tipetto questa Clementine! Peccato, vorrà dire che i pacchi arriveranno nei prossimi giorni in qualche modo. Intanto ci accontentiamo di tornare a Kabrousse con i 6 pacchi destinati a Martine. Partiamo allora con Nicolas e Clementine verso il centro di Ziguinchor alla ricerca di un taxi che ci riporti sulla costa.

Dopo qualche appassionanate trattativa sul prezzo Clementine riesce a recuperarci un taxi. Carichiamo i pacchi e ci apprestiamo a salutare tristemente Padre Nicolas con la promessa di re-incontrarci in Italia a Settembre. Sulla strada del ritorno telefoniamo al resto della ciurma. A quest’ora saranno ormai sulla via di Kabrousse, perfetto, se tutto va liscio arriveremo da Martine contemporaneamente… Se tutto va liscio, appunto. Il taxi vince il premio del mezzo più scassato di tutto il viaggio. Le luci rosse accese sul quadro sono tante da fare invida ad un albero di Natale. Riconosco la luce dell’acqua del radiatore e manifesto agli altri la mia preoccupazione. Manca un’ora al tramonto e abbiamo due ore di viaggio e polvere su una strada scassatissima.

Nessun problema, tanto c’è lo SPIRITO! Infatti dopo dieci minuti l’autista si ferma per rabboccare l’acqua del radiatore. Lungo il tragitto carichiamo: un sacco di riso per non sappiamo chi, una cassa di birra per un bar di Cap Skirring, un metro e ottanta di affascinante ragazza locale che, non essendoci posto sui sedili, si siede con non chalance sulle gambe di Gianadrea. “Ciumbia!” Esclamiamo tutti in coro, in perfetta lingua Wolof. In questa terra è cosa normale approfittare del passaggio di qualcuno per trasferirsi o per farsi fare una commissione, non serve il permesso dei passeggeri paganti, si fa perché si deve fare. Arriveremo mai? “Ma sì dai, figuriamoci se si ferma!”.

Ed ecco che nel mezzo della savana la simpatica vettura sembra tirare l’ultimo respiro. Il motore muggisce, barrisce, nitrisce e infine…Perisce. Siamo fermi in mezzo al nulla. L’autista scende, apre il cofano, guarda il motore con aria sconsolata, si guarda in giro e si addentra nella savana scomparendo dentro un boschetto nei pressi dell’unica costruzione fortunosamente presente in quel punto della strada, in cerca dell’acqua per il povero radiatore. “Dove va?” ci chiediamo. Tiriamo tutti un sospiro rassegnato ma siamo veramente preoccupati, fra poco farà buio e qui il buio è veramente buio. Non possiamo neppure avvisare Franca e Luisella perché non c’è campo. Dormiremo qui? Ci incammineremo lungo 20 Km di strada buia e solitaria? E se ci assale un leone? E se sentiamo ululare le iene? E se sbucano i guerriglieri indipendentisti? Guardiamo la nostra spirlungona compagna di viaggio “amica” di Gianadrea, E’ tranquillissima, neanche una piega. Lei la sa lunga! Infatti poco dopo arriva il nostro tassista con una tanica d’acqua, carica il radiatore, gira la chiave …E la macchina non parte. Fa un gesto inequivocabile. Tutti giù a spingere, scendono tutti tranne la spirlungona…Lei la sà lunga! Lo SPIRITO questa volta ha messo alla prova la nostra fede. Partiamo e percorriamo alla cieca la strada fino a Cap Skirring in quanto i fari dell’auto sono molto strabici e puntano dappertutto meno che sulla strada. In qualche modo lo SPIRITO ci mette finalmente lo zampino e riusciamo ad arrivare a Kabrousse con tutto il materiale. Ovviamente a 20 metri dal cancello dell’orfanotrofio di Suor Martine la macchina si spegne nuovamente. Consegnamo i pacchi alla suora e ci facciamo raccontare dal resto del gruppo il loro viaggio a Djambering. Anche per loro è stata un’avventura riuscire a compiere la loro missione: portare un regalo ad un ragazzino di nome Lazarre, senza avere l’indirizzo e conoscendo solo il nome del villaggio. Djambering è un grande villaggio a nord di Cap Skirring, che ha voluto consapevolmente conservare un certo isolamento dalla zona turistica, mantenendo la tipica struttura del tradizionale villaggio di capanne. Ciononostante la gente è accogliente e ospitale con turisti e visitatori che desiderino visitare il villaggio o assistere alla coinvolgente messa diola. “In effetti, e’ bastato mostrare la foto del bambino al capo villaggio e nel giro di pochi minuti eravamo davanti alla sua capanna” racconta Franca. “ Una fortuna, abbiamo trovato il bambino a casa!” aggiunge Luisella, scherzando “certamente non potevamo lasciare il regalo al portinaio della capanna!” Missione compiuta. Impresa difficile anche per loro! Ma per i giorni successivi ci attendeva una missione davvero “impossibile”. Ritrovare Irene! Nel pomeriggio infatti avevamo programmato un incontro con Martine per definire alcune questioni sulle future adozioni, ma soprattutto per chiedere alle suore della maternità la possibilità di incontrare una bambina molto speciale. Questo è l’antefatto: Irene è una bimba che Francesca e Cristina hanno avuto modo di veder nascere in occasione dell’ultimo viaggio a Pasqua del 2006.

A questa bambina, d’accordo con la madre, è stato dato il nome di Irene, in memoria della sorella di Gianandrea, prematuramente scomparsa, con la possibilità di adottarla a distanza, sostenendo la sua famiglia e seguendola nella sua crescita. Le suore si danno subito da fare per rintracciare notizie della neonata e Suor Domitilla suggerisce di cercare sul registro della maternità. Scorriamo l’elenco ed eccola… Irene. Ci viene riferito che forse è in un villaggio all’interno della regione, ma a causa della festa del montone sarà difficile trovarla a casa. Comunque ci promettono di contattare la sua famiglia per incontrarci giovedì 4 Gennaio, quando ritorneremo. 03 Gennaio 2007 Visita all’isola di Carabane Oggi Clementine vuole farci un regalo: visita all’isola di Carabane sul fiume Casamance. Tutti pronti per partire ma capita l’imprevisto, Gianandrea ha 39 di febbre. Deve rinunciare al viaggio e Luisella rimane con lui. “Peccato, ci racconterete al ritorno” ci salutano amaramente.

Solito taxi, solita strada, questa volta però lungo il tragitto troviamo molte interruzioni per lavori. L’autista ci spiega che stanno lavorando per asfaltare la strada e sembra che siano decisi a farlo in modo spedito, visto l’ingente impiego di mezzi. “Come mai si sono mossi cosi all’improvviso?” chiediamo all’autista. “In primavera ci saranno le elezioni presidenziali” risponde. Tutto il mondo è paese! Faccio una riflessione: oggi la strada, domani i turisti, i tour organizzati, l’inquinamento. Ma anche un po’ di benessere, lo sviluppo del commercio. Però con il benessere aumenterà il costo della vita e crescerà la disparità sociale, aumenterà la conflittualità, ci sarà meno solidarietà tra la gente del villaggio. Ed allora il Re non verrà più ascoltato, i pescatori non regaleranno più il pesce a Suor Clementine per i bimbi dell’orfanotrofio, la gente sarà meno sorridente. Forse esagero, ma sento che non vedrò più questa disastrata ma affascinante Africa.

Arrivati all’orfanotrofio i bambini ci corrono incontro per giocare e scattare foto “Alulùm Alulùm! Moi !”. E mentre cerchiamo di decifrare l’ennesima espressione in dialetto Diola, ecco la sorpresa! Vediamo arrivare un pick-up pieno di scatoloni: sono loro, i nostri pacchi! Padre Nicolas è riuscito a farli trasportare da un suo collega del seminario, anche lui di nome Nicolas. Consegnamo tutto a Clementine. Finalmente la missione pacchi è compiuta! Grazie, SPIRITO ma soprattutto grazie Clementine! E’ stata lei ovviamente ad organizzare tutto il trasporto dei pacchi così da poter sfruttare il pick up di Nicolas anche per lo spostamento a Carabane. Insomma, come dire: “Aiùtati, che il ciel ti aiuta!” Salutiamo i bambini “A ce soir!” e partiamo per Carabane su due mezzi, il taxi ed il più confortevole pick-up di Padre Nicolas. Salgo su quest’ultimo insieme a Clementine, Francesca e Franca: “La direzione”. Gli altri sul taxi. Non è una questione di privilegio: il viaggio durerà più di un’ora ed abbiamo un’occasione unica per parlare tranquillamente con Clementine dei programmi futuri. Discorriamo dei nuovi progetti per l’orfanotrofio, del materiale da procurare, dei bambini da adottare, della possibilità di farle fare un viaggio in Italia. Clementine ci fa presente le difficoltà ad avere il permesso dalla Casa Madre e studiamo una soluzione per poterla aiutare noi dall’Italia ad ottenere tali permessi.

Il paesaggio è molto bello, la vegetazione rigogliosa, enormi baobab e fromager ci accompagnano lungo il tragitto. Nicolas ci spiega che il Baobab è una fonte preziosissima di sostentamento per le popolazioni locali. Di questa straordinaria pianta si usa tutto: i frutti che oltre ad essere mangiati, possono essere utilizzati per ricavare una bevanda ed una farina per condire il cous cous, le foglie vengono consumate come verdura, i rami sono impiegati per costruire amache, il legno in edilizia essendo resistente all’attacco delle termiti. Arriviamo a Elinkine e di fronte a noi sulla riva del fiume vediamo un enorme albero. E’ LUI, quello del nostro volantino, quello che ha ispirato il nostro logo.

Prendiamo una piroga e ci dirigiamo verso l’isola di Carabane, dopo aver mostrato i nostri passaporti ad un posto di polizia sulla riva. La distesa d’acqua è enorme, ma veniamo a sapere che è solo un’ansa dell’ancor più grande fiume. Infatti dopo un quarto d’ora di navigazione appare il Casamance, tanto grande da non riuscire a vedere la sponda opposta. Sbarchiamo sull’isola. Spiaggia enorme e grandi palme, un paesaggio tropicale, da cartolina. Eppure solo fino a qualche secolo fa era un inferno. Su questa isola che domina l’estuario del Casamance sull’Atlantico venivano ammassati gli schiavi prima di essere imbarcati per le Americhe.

Si vede una chiesa antica di centinaia di anni, le prigioni degli schiavi e l’inquietante cimitero dei coloni francesi. Clementine ci mostra una tomba grottesca a forma di piccola piramide dove, dice, il comandante della guarnigione francese ha voluto essere sepolto in piedi insieme al suo cane. Sempre eccentrici questi Cugini, pensiamo, speriamo almeno che il cane fosse morto prima di lui. Tutto è abbandonato, diroccato ma allo stesso tempo selvaggio e affascinante. Nicolas ci spiega il suo rammarico: “Lo stato non fa niente, ma si potrebbe valorizzare questo posto che è la storia del nostro paese”. Purtroppo il Senegal ha ben altri problemi, ma concordiamo con Nicolas che la memoria storica è vitale per una nazione così come per tutto il mondo. Soprattutto se si tratta di una memoria universale come quella dello schiavismo e delle deportazioni. Del resto, davanti a certe realtà, ci imbarazza un po’ la nostra eredità di europei! Dopo aver pranzato sotto un fresco berço facciamo una passeggiata lungo la spiaggia tra mucche e maiali. Nicolas mi chiede un curioso favore: se al mio ritorno in Italia sia possibile inviargli un CD di canzoni tradizionali italiane. Senza lasciarmi sfuggire l’occasione, intono in suo onore sulla spiaggia “O Sole Mio!” con tanto di acuto finale di petto, ma mi manca la spalla, manca Gianadrea, accidenti! Del resto, davanti a certe realtà, si è sempre orgogliosi di essere italiani! Riprendiamo la piroga e ritorniamo sulla riva.

Il taxi che avrebbe dovuto aspettarci, è scomparso, ma nessun problema! Saliamo tutti sul furgone. Cristina e Giulia salgono sul cassone dietro, insieme a Clementine che insiste per lasciare agli altri il posto nell’abitacolo: è abituata, dice lei. Ormai non ci stupisce più niente di questa energica suora. Lungo il tragitto, incontriamo molta gente che cammina verso Oussouye. Percorreranno in tutta tranquillità più di 10 Km. Qui il principale mezzo di trasporto sono i piedi. Alcuni comunque insistono per avere un passaggio, ma Nicolas prosegue avendo cura di mostrare a tutti che il mezzo è pieno. “Se ci fosse posto, mi dovrei fermare, perché si potrebbero offendere” ci spiega, quasi intuendo la nostra perplessità da occidentali ognuno-per-sè-e-Dio-per-tutti. “Qui è scontato aiutarsi quando si può”. Ad un tratto incontriamo una famiglia, che cammina di gran lena. Tutti trasportano qualcosa, le donne sfilano eleganti e leggere tenendo in equilibrio oggetti di ogni genere sulla testa, mentre un bambino segue tutti cercando in qualche modo di tenere il passo e reggendo nella mano una buffa gallinella per le ali. Clementine sbattendo energicamente la mano sull’abitacolo grida a Nicolas “Arrêté! Seulement l’enfant!” Il nostro mezzo si ferma e carica il ragazzino più piccolo, del resto “non saranno venti chili di smilzo bambinetto con gallina a far fermare il pick up”. Infatti dopo appena 200 m la frizione si spacca di netto sotto il piede sinistro del povero Padre Nicolas, lasciandoci (tanto per cambiare) in panne in mezzo alla savana. Tutti tiriamo il solito sospiro rassegnato e ormai divertito. Tutti tranne il ragazzino, che capito l’andazzo, salta agilmente giù per la fiancata e si incammina senza fare una piega, con la sua bella gallinella in mano, cercando nuovamente di rincorrere i suoi. Cercando una soluzione al nostro problema suggerisco a Nicolas di inserire la 2° marcia e far muovere il furgone con il motorino di avviamento. Noi dietro a spingere (tanto per cambiare). L’operazione funziona, il mezzo si riavvia e balziamo al volo nel cassone posteriore, rinunciando a malincuore a raccattare di nuovo il ragazzino lungo la strada. Dopo pochi Km vediamo un furgone fermo sul tragitto senza carburante e strabordante di gente che chiede un passaggio o del gasolio. Nicolas sta volta ha un’altra vera scusante, “siamo al completo e la frizione è rotta”, urla dal finestrino! E’ sconsolante, sfigati che chiedono aiuto ad altri sfigati. Nicolas annuncia ironicamente che ha deciso di inserire la terza marcia. Ridendo e scherzando la marcia entra davvero ed improvvisamente la frizione inizia a funzionare. “Quando si è con i preti c’è sempre la provvidenza ad aiutarti” commenta Franca a Padre Nicolas, che sorride. Misteri africani! E tra mille peripezie, eccoci finalmente arrivati all’orfanotrofio! Nicolas deve ripartire per Ziguinchor e Clementine, che come al solito ha già organizzato tutto, propone al prete, di portarsi dietro i ragazzi più grandi dell’orfanotrofio che il giorno seguente dovranno iniziare la scuola in città. Padre Nicolas però non è convinto e scherza “Credo che non si debba approfittare troppo della provvidenza!”. Ma alla fine cede e riparte con i più grandi alla volta di Ziguinchor. Nel frattempo ritroviamo tutti i nostri piccoli amici, “Alulùm, Alulùm!”. I bimbi corrono verso il pick-up ed incominciano a saltellare su e giù scatenati come non mai. Terance, uno dei più piccoli, con il suo sorrisino da furbetto che la sa lunga e gli occhietti vispi, allunga le mani verso Giulia. “Alulùm, moi” “Sì, sì alulùm!” rispondiamo, cercando di interpretare il loro desideri. Cristina e Francesca ridono: “Ma sapete cosa significa alulùm?”. “Durante lo scorso viaggio, ce lo siamo chiesto per giorni, finchè non abbiamo posto la domanda ad un ragazzo di Cap Skirring, che ovviamente è scoppiato in una grossa risata lasciandoci sempre più perplesse.” “Poi ci ha spiegato che semplicemente Alulùm significa “(uomo) bianco” in Diola. E pensare che noi continuavamo a rispondere “Alulùm, oui oui”, avranno pensato che siamo un po’ stordite!.” Ma ormai l’allegria lascia il posto alla malinconia che velocemente ci assale. Il viaggio sta per finire e non sappiamo se domani riusciremo a tornare all’orfanotrofio per salutare i bambini. Francesca coccola Paulette e Jean, Flavia si spupazza Jean Bassene detto “Budino”, mentre Giulia stringe le guanciotte del tenero Barnabe. Cristina lascia a Bertrand a una foto ricordo scattata insieme durante il viaggio di Pasqua e il bimbo si precipita a nascondere il prezioso regalo sul fondo di un armadio polveroso. Tutti ci prepariamo in qualche modo a partire, mentre il cielo scurisce rapidamente come il nostro umore. Magicamente ricompare il taxi desaparecido e riprendiamo la nostra polverosa strada del ritorno, salutando Clementine e tutti i bimbi sul cancello dell’orfanotrofio. Come al solito il paesaggio africano che scorre lascia affiorare pensieri e sensazioni della giornata. “Alulùm, Alulum!…”. Che strana parola. Un suono così ancestrale e tribale, carico di storia e memoria. Forse lo stesso segnale che indicava concitato l’arrivo dei cacciatori di uomini dalla costa nell’entroterra. Suona quasi come “Al lupo, al lupo”, ed in effetti… eppure…“Alulùm…”. Un suono così antico, pronunciato candidamente dalle voci allegre ed innocenti dei bambini, che accolgono a braccia aperte i turisti ed i pallidi visitatori, ha un non-so-che di grottesco, paradossale. Ci penso e ci ripenso e capisco ciò che lo SPIRITO dice, ma la nostra testa non vuole capire. Forse è proprio questo che insegna l’Africa, è questo che insegnano i bambini, gli innocenti di tutto il mondo. “Alulùm, l’uomo bianco” è bianco e basta e non significa nulla se non bianco. E che c’è di strano, che c’è di male? Un bambino dice quello che vede senza giudizio, nè tantomeno pre-giudizio e accoglie con la speranza di ricevere caramelle e non catene, semmai incuriosito e divertito dai volti pallidi, dai capelli fini e dai peli su gambe e braccia che simpaticamente si premurano di tirare e staccare. Quante volte invece descrivendo un uomo Africano omettiamo di dire che semplicemente è “nero”, come se fosse un’offesa, un’ostentazione di razzismo. Ma il nostro assurdo imbarazzo è la vera offesa. Se solo imparassimo ad apprezzare la varietà dei volti degli uomini come una ricchezza, se solo avessimo la pura curiosità di chi vede nel “diverso”, nello straniero, qualcosa da scoprire e conoscere, non da ignorare o omologare, il razzismo non avrebbe neanche senso di esistere.

Arrivati all’albergo troviamo Gianandrea sempre ammalato, ma anche Luisella è febbricitante. A loro dire è normale che si ammalino in coppia. Sarà influenza? La causa della febbre è presto svelata quando Gianandrea si accorge che su una gamba ormai violacea è apparsa una piaga, a causa di una insignificante escoriazione procurata tre giorni prima mentre scaricava del materiale. Grande spavento! “Bhè almeno non è malaria”, si sdrammatizza. Ma allora, se non è influenza, cosa c’entra la febbre di Luisella? Direte voi. Misteri dei Sormani! Serve un medico, ma Gianandrea è restio “Oh attenti che non voglio mica lo stregone”. Ed infatti quello che arriva dopo mezz’ora è poco più di uno santone. Si presenta in tenuta da ginnastica, senza strumenti, nè medicinali. Controlla la gamba del malato e chiede se abbiamo medicine. Prontamente sfoggiamo tutte le nostre dotazioni farmaceutiche. Lui rovescia tutto sul letto ed inizia la “pesca”. Trova lo Zimox e infila una pastiglia in bocca a paziente, prende il paracetamolo e chiede: “Questo?”, “Per la febbre?” rispondiamo e rapidamente gli propina anche quello, mentre Gianadrea, inebetito, ingoia tutto senza fiatare. Siamo tutti quanti ammutoliti al capezzale del malato ad assistere a questa comica scena. Il luminare afferra la scatola dei Moment, mentre noi spieghiamo “Mal di testa”, e prontamente tenta di fare ingoiare l’ennesima pastiglia al malato… ma Luisella si ribella e lo blocca appena in tempo. Dopo le ultime indicazioni il nostro amico saluta e va, mentre tutti realizziamo che i tentativi in dialetto milanese da parte di Gianandrea di spiegare la funzione dei farmaci, venivano interpretati come indicazione di sintomi. Comunque la gamba non è affatto in buono stato e sta volta davvero pensiamo: speriamo che lo SPIRITO ce la mandi buona, anche sta volta! 04 Gennaio 2007 Finalmente… Irene Finalmente Gianandrea e Luisella in simbiosi sono sfebbrati e possono venire con noi all’orfanotrofio di Kabrousse.

Oggi inizia la scuola e possiamo vedere tutti i bambini che frequentano le elementari, fra i quali Suor Martine ci segnalerà i più bisognosi, che proporremo in Italia per le adozioni.

Tutti prendono un taxi tranne io che preferisco fare una passeggiata a piedi, tra la gente del villaggio che riprende a lavorare dopo la pausa delle feste natalizie/tabaskinizie. Ma appena giunto all’orfanotrofio, Gianandrea mi comunica che ha dimenticato in albergo la cinepresa e gli dispiace non filmare i bambini a scuola. Siamo: 5 donne, una bambina, un “convalescente” ed io. Indovinate a chi spetta tornare in albergo? Non ho voglia di rifarmi altri 3 Km a piedi! Vedo una bicicletta, l’unica, è una bella Mountan Bike, e domando ad un maestro chi sia il proprietario, per chiederla in prestito. Il maestro mi presenta un ragazzino. Lo sguardo è eloquente: avrebbe preferito una mazzata! Ma il maestro interviene e lo convince dietro la promessa che ne avrò molta cura. Sei Km in bici non sarebbero niente con le nostre strade, ma fateli sulle vie sabbiose del Senegal a 30 °C. Oltretutto un dubbio mi assale durante le pedalate: e se incontro per la strada il padre grande e grosso del bambino, mentre guido la bicicletta del figlio…Mmm meglio non pensarci e accelerare. Torno dopo un’ora con la telecamera e riconsegno la bicicletta insieme ad una nostra maglietta AMICOSENEGAL come regalo per il ragazzino che se ne torna in classe raggiante.

E’ l’intervallo scolastico ed il cortile della scuola si riempie di un’infinità di bambini che ci assalgono con tutte le loro effusioni e risate, mentre Franca e Luisella sbrigano nell’ufficio di Martine le pratiche per le adozioni. Purtroppo veniamo a sapere che qualche bambino si è trasferito, tra cui proprio il bimbo adottato da Giulia. Che sfortuna. Cercheremo di rimediare in qualche modo. Ma forse è giunto il fatidico momento dell’incontro con Irene. Chiediamo a Martine, che nel frattempo sta organizzando le fotografie dei bambini per le nuove adozioni, se hanno rintracciato la famiglia della bambina. Ci riferisce che sanno dove abita, ma il villaggio è molto lontano e non sanno se riusciranno a portarla, mentre Suor Domitilla interviene dicendo che forse la porterà un suo zio in motorino. In motorino? Ma se Irene ha 8 mesi! Non capiamo. Ma attendiamo sempre più perplessi.

Il tempo scorre inesorabile e il taxi per il ritorno in albergo è prenotato per le ore 13.00.

E’ mezzogiorno e Irene non si vede. Ci sediamo sotto il porticato della scuola in attesa. Alcuni genitori e nonni dei bambini stanno aspettando che i loro piccoli escano da scuola e si trattengono con noi a parlare.

12,30. Irene non si vede. Siamo tutti preoccupati in particolare Francesca e Luisella che hanno improntato questo viaggio soprattutto in funzione di questo incontro. Come sarà Irene? In fondo l’hanno vista solo Francesca e Cristina ed aveva solamente un giorno di vita.

12,45. Fra un quarto d’ora arriva il taxi e di Irene neanche l’ombra. Dovremo partire senza averla vista? In questi mesi abbiamo parlato tanto di Iei e ce la siamo immaginata sorridente nel suo villaggio con la mamma e la nonna. E’ nata con la nostra associazione e starà crescendo, come la nostra associazione. E’ in nostro simbolo.

12,50. Siamo tristi, sconfortati, rassegnati e ci prepariamo per l’arrivo de taxi. Quando ad un tratto… in fondo al cortile… vediamo una robusta signora che indossa un coloratissimo vestito tradizionale. Indica noi con un dito e sorride. Si avvicina e continua a fare segno verso di noi, dietro di lei intravediamo una giovane ragazza dai lunghi capelli ricci. In braccio ha una bambina, sorride e indica alla piccola di guardare verso di noi. Sono ancora distanti, ma ci accorgiamo che pronunciano continuamente una parola, non sentiamo, ma leggiamo sulle loro labbra… “IRENE!” gridiamo tutti insieme e corriamo verso di loro. Tanta commozione e tanta gioia. La bambina è davvero bellissima e mamma e nonna sembrano due persone squisite. Ed anche questa “mission impossibile” è stata ultimata! In questo paese succede anche questo, perché nell’aria c’è LO SPIRITO.

05 Gennaio 2007 Grazie, SPIRITO Ultimo giorno, non ci vogliamo pensare. Le valigie sono pronte e vengono portate all’aereoporto. Ma ci resta un velo di malinconia, Gianandrea e Luisella non hanno più rivisto Clementine ed i bimbi, dal giorno in cui si sono ammalati. Se ci fosse il tempo prenderebbero un taxi e correrebbero a Oussouye a salutare tutto l’orfanotrofio. Ma non è possibile, dobbiamo essere in aeroporto per le ore 13,00. Chiamo Clementine al telefono e le mando il saluto di tutti noi, mentre nel piazzaletto della reception attendiamo, con tutti gli altri ospiti dell’albergo, l’ora di trasferirci in aeroporto. Non conosciamo nessuno delle altre persone, in fondo non siamo mai stati in albergo e non abbiamo potuto allacciare amicizie. I nostri pensieri sono ricchi di ricordi e di emozioni ma il nostro cuore è triste. Quando ad un tratto…Dalla strada si sente un vociare di bambini ed un gran movimento. Corriamo tutti verso l’uscita… è CLEMENTINE! E’ venuta a salutarci, in braccio ha un fagottino, intorno a lei alcuni bambini 1… 2… 3… 4… 13…14…15. Si è portata i quindici bimbi più piccoli, compresa Serena che tiene in braccio. 18 persone su un taxi da 7 posti! Diavolo di una Clementine, che sorpresa! L’arrivo dei bimbi crea scompiglio tra tutti gli ospiti dell’albergo che si “rubano” i bambini, si passano Serena e ci tempestano di domande. “Ma chi sono questi bambini? Chi siete voi? Cosa fate?” “Noi pensavamo che foste dei “missionari”!” Vogliono sapere tutto della nostra associazione e promettono che ci contatteranno al loro ritorno in Italia. Clementine riceve offerte da tutti e una signora si avvicina a Francesca infilandole in mano una grossissima offerta. Francesca ha un attimo di smarrimento poi invita la benefattrice a consegnare la grossa somma direttamente alla suora. Superato lo shock iniziale iniziamo a notare i particolari più gustosi dei bimbi. Per l’occasione molti di loro indossano i vestiti che abbiamo portato con i nostri pacchi. Jean Pierre indossa la giacca a vento comprata da noi in Italia durante la sua visita di Settembre e che non aveva potuto portare a casa. “Quando l’ha vista nello scatolone ha voluto metterla a tutti i costi” conferma Clementine. E nonostante i 27 gradi Jean Pou si tiene stretto il suo abbigliamento da bulletto delle periferie americane: canottiera, giacca a vento, pantaloni larghi e scarpe 5 numeri più grandi, uno spasso! Gli diciamo di toglierla perché fa caldo ma non se ne parla, è sua e deve farla vedere.

Ma il migliore è Terance: completo gessato grigio, tono su tono, accompagnato da scarpe di …Barbie! Fantastico! Cristina chiede a Bertrand se ha conservato la loro foto, “Oui, alla maison” risponde teneramente. Nel frattempo Charles, Bertrand e Kadidiatou sono al centro degli obiettivi dei turisti: come al solito sono i nostri “ragazzi-immagine”. Finchè qualcuno di loro non nota … il mare! Ma certo il mare, molti di loro l’avranno visto solo da lontano, altri mai. Tutti alla spiaggia: un momento indimenticabile. I bimbi restano a bocca aperta davanti all’immensità delle acque, qualcuno ha paura, ma i più temerari si lanciano nel gioco delle onde. Cristina, Giulia, Flavia e Francesca si divertono ancora di più. “Alulum, Alulum! Prends moi!” “Prendi me!” grida Terance con aria furbetta tendendo le braccia. E Giulia ha deciso: visto che non ha più un bambino per l’adozione, adotterà proprio lui che non ha ancora un benefattore. E’ un bellissimo finale di vacanza per tutti, ma per noi è molto di più. Purtroppo ora è davvero il momento di partire e ci dirigiamo verso la strada. Mi viene incontro un ragazzo del posto cui avevo promesso che avrei lasciato le mie scarpe da ginnastica che apprezzava molto. “Non posso” dico “le sto usando ora e le altra scarpe sono nella valigia che è già in aeroporto”. Vedo la sua delusione. Tolgo le scarpe e gliele regalo. Andrò in aeroporto scalzo. Tutti i bimbi salgono sul taxi e si stipano nei sedili posteriori. E’ il momento dei saluti. “Addio Jean Pou, a presto Charles, ciao ciao Kadidiatou e Bertrand, bye bye Terance, Barnabe, Jules. Ma quanti siete ?!” La commozione tracima da tutti i nostri pori. Ad ogni abbraccio Clementine ci ringrazia, con le lacrime agli occhi. “Merci, merci pour tout”. Nessuno ha parole.

Grazie a te Clementine per tutto quello che fai e per quanto ci hai regalato in questi giorni. Sale sul taxi e si allontana. Addio Bimbi, addio Clementine, addio SPIRITO. By Cristina e Giovanni Conforti per le foto del viaggio www.Amicosenegal.It



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