Samos

Due innamorati della Grecia, ne scoprono l'ennesima bellezza, patrimonio dell'umanità!
Scritto da: silvialuca
samos
Partenza il: 10/07/2010
Ritorno il: 17/07/2010
Viaggiatori: 2
Spesa: 1000 €
Io, Silvia, e mio marito Luca siamo due “splendidi” (si fa per dire) 40enni o giù di lì innamorati della Grecia. Quest’anno avevamo in mente tutt’altra meta, però il mio subconscio continuava a sussurrarmi “Grecia, Grecia…..” e in quattro e quattr’otto la nostra meta è tornata in terra ellenica. Avendo già visitato 19 isole (io) e anche qualcuna di più (lui), siamo andati per esclusione e la scelta è caduta su Samos. Primo problema: eravamo a ridosso della partenza e i prezzi non erano indifferenti. Tra l’altro noi amiamo viaggiare per conto nostro, siamo refrattari ai gruppi e ai viaggi organizzati, quindi le opportunità erano costosette. Alla fine abbiamo optato per un pacchetto trovato su Internet della Phone and go, l’unico che proponesse un costo ragionevole per volo e hotel (e pazienza se stavolta avremmo saltato le nostre solite domatia). Problema: le recensioni trovate su Internet della Phone and go erano per lo più pessime, tanto che le mie perplessità mi hanno portata a minacciare Luca di morte se i racconti dei nostri sventurati predecessori si fossero ripetuti. Invece, la nostra esperienza è stata positiva: puntuali i voli (da Malpensa, andata alle 5 del mattino con arrivo a Samos alle 8.50; da Samos, con scalo a Mykonos, volo alle 9.40 con arrivo alle 12.50); cortese l’assistenza, sia a Malpensa che a Samos, dove la gentilissima Manuela era pronta e disponibile per soddisfare tutte le richieste; impeccabili i transfer aeroporto / hotel. Una considerazione a parte va fatta per l’hotel prescelto (sulla carta), l’ Oceanida Bay, che si è rivelato carino esteriormente ma dalla mobilia triste e dalla pulizia dignitosa, ma d’altronde cosa ci si può aspettare da un 2 stelle in Grecia? Si trova nelle vicinanze di Pithagorio, in mezzo alla campagna, ed è terra di conquista per aggueritissime zanzare che ci hanno massacrato! A cavallo di un tossicchiante scooter 125 (mi raccomando, niente di meno, in quanto a cilindrata: le salite di Samos possono essere micidiali), “armati” dei racconti dei TPC che ci hanno preceduti e di creme solari a fattore di protezione elevato, ci siamo lanciati alla scoperta dell’isola, e non ne siamo rimasti delusi, anzi. Verdissima, con mare cristallino e spiagge per tutti i gusti, resti archeologici e ottima cucina, Samos ci ha permesso di godere di una vacanza a 360 gradi. Il tempo era splendido, sempre piuttosto ventilato, cosa piacevolissima pensando all’afa lasciata in Italia (ma un golf per la sera può rendersi opportuno, soprattutto se ci si muove sulle 2 ruote). Il primo giorno, stanchi per il viaggio notturno, abbiamo optato per un salutare riposo sulla bellissima spiaggia di Tsamadou, divisa in due parti: a destra popolata da nudisti, a sinistra da gente in costume. Il costo giornaliero di un ombrellone e due lettini è di 8 euro; il gestore su richiesta procura bibite fresche e panini o gelati. Sulla spiaggia c’è anche una doccia (inconsueto, per la Grecia!). Per la prima cena ci siamo affidati a uno dei racconti di TPC e siamo andati a Kokkari (paese davvero delizioso) al ristorante “Kalamies”, dove abbiamo goduto di una buona cena con una scenografia davvero suggestiva: il nostro tavolo era proprio di fronte al mare! Nonostante luglio già inoltrato non c’era molta gente e il servizio della dolce Irini è stato impeccabile. L’indomani, domenica, abbiamo esplorato le spiagge di Psili Ammos (sabbiosa ma, proprio per questo,affollata di troppi bambini e troppo urlanti per i nostri gusti) e Kerveli (piccola ma molto carina), quindi abbiamo fatto un giro nell’interno, con sosta a Mytilini (con la tipica piazzetta sulla quale si affacciano i ristoranti e i vecchietti che giocano e parlano), per arrivare a Pithagorio. Qui abbiamo consumato la peggiore cena della nostra vacanza, per colpa mia: confesso che volevo vedere la finale dei Mondiali, il paese era affollatissimo di olandesi in tenuta arancione d’ordinanza e io mi sono fiondata in un ristorante dove c’era qualche tavolo libero davanti a un televisore. Il ristorante si chiama Manolis e non so cosa ci abbiamo servito, ma so che nemmeno i gatti hanno voluto mangiarlo!!! Il lunedì mattina siamo ripartiti con il nostro sempre più affaticato scooter e abbiamo visitato alcuni paesi come Manvratzei, Platanos (che suppongo prenda il nome dal grande albero che sovrasta la piccolissima piazza centrale, dove si affacciano tre ristoranti), il Monastero di Megali Panagias (uno dei pochissimi siti aperti di lunedì, che in genere è giorno di chiusura), Karlovassi (cittadina piuttosto anonima ed evitabile) e infine abbiamo affrontato una vera e propria sfacchinata: la camminata di 1 ora e mezza circa verso la spiaggia di Megalo Seitani. Per carità, la camminata tra gli alberi è piacevole, decisamente meno gradevole la temperatura quando si cammina sotto al sole: il risultato però è la possibilità di godere di una lunghissima spiaggia di pietre praticamente deserta, dove ci siamo riposati dapprima con un bagno nel mare freddino e poi con una dormita ristoratrice prima di affrontare un’altra ora e mezza di cammino per recuperare il nostro mezzo. La sera, per compensare lo sforzo, ci siamo concessi una cena davvero ottima a Pithagorio, nel ristorante “Remataki”: tavoli sulla spiaggia, con l’accompagnamento musicale delle onde, cibi squisiti e molto curati (passeranno anni prima che dimentichi la loro versione del garlic bread, una specie di bruschetta, e le tortine di formaggio che mi hanno fatta impazzire). Il terzo giorno lo abbiamo dedicato alle vestigia e abbiamo visitato il tunnel di Eupalino, il santuario della Madonna della Grotta (particolare), il castello di Lykourgos Logothetis, quindi il santuario di Era a Héraion (al momento ci sono pochi resti e bisogna lavorare di fantasia, ma stanno scavando) e il Monastero di Timios Stavros, per poi concludere la giornata nell’ormai “nostra” spiaggia Tsamadou. Per cena ci siamo fermati nelle vicinanze della spiaggia, sulla strada per Pithagorio, al ristorante “Garden”, che si trova leggermente sotto il livello della strada : cena buona, niente di trascendentale, ma gustosa e abbondante (anche troppo: accidenti alla nostra golosità). Il mercoledì lo abbiamo dedicato alla costa sud occidentale e abbiamo fatto un salto alla spiaggetta sotto alla taverna “The end of the world”, non semplicissima da raggiungere: bisogna “godersi” un tot di km di sterrato per poi arrivare alla taverna, lasciare il mezzo e iniziare a scendere (l’ultimo pezzo l’ho fatto abbarbicata agli scogli per paura di cadere, maledicendo le mie scarpe inadatte e anche un po’ Luca, ecco). Certo la spiaggetta è deliziosa, ovviamente deserta, e l’acqua splendida, ma….. ! Anche qui, pranzo compensatorio alla taverna di cui avevo letto su TPC, con il simpatico Andreas che mi ha regalato un’esperienza davvero indimenticabile (i fiori di zucchini ripieni). Quindi, di nuovo in sella e via verso Drakei, l’ultimo paesino raggiunto dalla strada, evitabile, se non fosse per alcuni personaggi davvero tipici che abbiamo incontrato: le vecchiette sulla porta, gli uomini che parlano tra loro a voce alta roteando i loro “rosari” (so che hanno un nome particolare, ma non me lo ricordo). Il tempo di una coca cola e via verso la Grotta che si dice abbia nascosto per un certo periodo Pitagora e i suoi allievi dal dittatore. Strada sterrata e tutta in salita, ovviamente. A parte la fatica mostruosa dello scooter, che non ce la poteva fare e ci ha costretto a scendere e affrontare alcuni tratti a piedi, quando finalmente si arriva in cima al parcheggio c’è ancora un bel pezzo da fare a piedi in salita: il percorso è discretamente agevole ma anche qui, qualche pensiero non proprio benevolo nei confronti di Pitagora mi è venuto (peraltro tra me e lui c’è una vecchia ruggine che risale alle mie elementari, quando mi hanno costretta a studiare le tabelline e l’area del triangolo, con i suoi quadrati sui cateti: ma chi se ne importa???). Scherzi a parte, è un bel luogo, con un bellissimo panorama. Dopo l’abbondante pranzo io e Luca avevamo deciso di limitarci a un gelato, poi, mano a mano che si avvicinava l’ora di cena, i nostri buoni propositi venivano sempre meno e abbiamo finito per piazzarci di nuovo in un ristorante, questa volta a Chora: abbiamo scelto “Sinidiasi”, dove ci siamo concessi una cena molto buona in un ambiente familiare e informale. Giovedì abbiamo lasciato Samos per un’escursione di un giorno al favoloso sito archeologico di Efeso, in Turchia. L’escursione ci era stata proposta dalla Phone and go al prezzo di 77 euro a persona. Una rapidissima ricerca ci ha permesso di scoprire che la stessa identica gita era in vendita presso una qualunque delle molteplici agenzie sparse per l’isola, a costi inferiori, così l’abbiamo acquistata per 60 euro in una di queste. Partenza dal porto di Samos (capoluogo) con la nave Samos Star alle 9 invece che alle previste 8.30 causa un ritardo delle autorità portuali nel controllo documenti, un viaggio di circa un’ora e venti e poi siamo arrivati nel porto turco di Kusadasi. Qui i turisti si sono sparpagliati nei vari pullman con guide nelle diverse lingue: per fortuna c’erano parecchi italiani e abbiamo potuto avere una guida (una ragazza davvero molto brava) nella nostra lingua. Da Kusadasi a Efeso abbiamo fatto un viaggio di circa 20 minuti in pullman, poi l’ingresso nel sito. Il caldo era davvero notevole, ma la bellezza del luogo ci ha ammaliati, ripagandoci della fatica. D’altronde solo il 15% del sito è stato scoperto e una percentuale ancora inferiore è aperta alle visite… Dopo la visita al sito, della durata di un’ora e mezza circa, siamo stati condotti a consumare un pasto di non eccelsa qualità (ma costo contenuto) in una struttura anonima sulla strada, quindi abbiamo pagato pegno alla solita visita turistica a una fabbrica di tappeti, poi un’oretta di shopping individuale nei bazar di Kusadasi (io non amo l’insistenza dei commercianti turchi e ho comprato poco, ma ci sarebbe stato da fare un bel rifornimento di vestiti a poco prezzo) e rientro nell’ormai “nostra” isola di Samos, dove – dopo la confusione del bazar- mi sono sentita tranquilla e rilassata come non mai. Per la nostra penultima cena abbiamo scelto di tornare a Kokkari al Kalamities: c’era un vento terribile ma la bontà del cibo e la bellezza dello scenario erano intatte. Venerdì è stato l’ultimo giorno godibile: al mattino abbiamo visitato il Museo Archeologico del capoluogo, che contiene poche opere ma alcune davvero notevoli (come l’impressionante Kouros) , poi ci siamo inerpicati in montagna verso due paesini che ancora mancavano al nostro appello – Vourliates e Manoletes: il primo non mi ha detto granché, mentre il secondo è delizioso, con tante botteghe artigiane. Peccato solo che nel suo consueto tentativo di trovare scorciatoie, tra l’uno e l’altro Luca mi abbia inflitto ben 11 km di una stradina di montagna che non si poteva definire nemmeno sterrata, ma un ammasso di pietre più o meno grandi e dissestate, che mi hanno fatta sudare freddo per almeno 40 minuti di accidentato percorso (per non parlare degli scricchiolii delle mie non più giovani ossa, messe a dura prova dai continui salti!). Sfiniti da questo camel trophy, abbiamo concluso la giornata nella spiaggia di Tsamadou, che abbiamo salutato con rimpianto quando ormai il sole tramontava. Dopo aver restituito lo scooter, oramai prossimo alla pensione, siamo tornati da Remataki per la nostra cena di addio: ottima anche questa, ma il ristorante era preso d’assalto da frotte di clienti (che fossero sbarcati a migliaia???) e purtroppo si sono dimenticati di portarmi le agognate tortine di formaggio …. Che delusione! Tortine mancate a parte, Samos ci ha offerto una bella settimana di vacanza e ancora una volta la Grecia si è confermata il luogo dove lasciamo sempre il cuore.


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