L’Argentina india

Argentina, Salta.
Scritto da: Matusca
l'argentina india
Partenza il: 29/04/2013
Ritorno il: 02/04/2013
Viaggiatori: 2
Spesa: 500 €
Dal momento che la Pasqua cadeva a ridosso del 2 di aprile (ricorrenza della guerra delle Malvine) per cui erano stati concessi due giorni in piú di festa, io ed un amico che ha l’auto abbiamo deciso di fare un giretto verso nord, passando peró per Santiago dell’Estero che nessuno di noi conosceva. Santiago é la piú vecchia cittá argentina (1543) ma conserva solo pochi edifici coloniali, in compenso é una cittá con molto verde, gradevole e la sua gente é amabilissima. l’unico neo é stato che, nonostante si lamentino tanto, gli argentini viaggiano molto ed é stato difficile trovare da dormire. Il giorno seguente, dopo un giro nel parco che costeggia il Río Dulce, siamo andati a La Banda (pochi km dalla cittá). Nel paese non c’é molto ma é la culla della chacarera uno dei molti ritmi del paese ed il cui strumento principale é il violino. Sono una fan sfegatata di Peteco Carabajal (una famiglia tutta di musicisti e cantanti) e di Sixto Palavecino quindi non potevamo non farci un salto. Tra l’altro molte canzoni sono in quechua, perché Santiago é zona di indios (ormai non puri) di linguia quechua che si studia anche nelle scuole. Quel giorno a La Banda c’era il mercato di piazza e pareva di essere in un qualsiasi paesetto del Centro America: finalmente eravamo arrivati nell’Argentina profonda, quella reale non quella falsa creata dai porteños (scusate ma ho fatto mia la mentalitá dell’argentino di provincia).

Dopo siamo andati a San Miguel di Tucumán (ma tutti usano solo l’ultima parola) che, ringraziando il cielo, non é molto turistica anche se conserva ancora molti edifici coloniali, inoltre é facile trovare all’alloggio: all’ufficio turistico puoi telefonare gratis a quasi tutti gli hotel della cittá finché non trovi quello di tuo gusto. Nel pomeriggio abbiamo fatto un giro nelle yungas. La sera ci siamo visti uno spettacolo nella Casa dell’Indipendenza (lí fu firmato l’atto di indipendenza nel 1816). Di Tucumán si puó dire solo che é bella, gradevole, con molto verde e la cui gente é amabilissima. Il giorno dopo ci siamo messi in cammino verso nord passando per la fitta selva dove ad un certo punto c’é un mirador spettacolare e il monumento all’Indio. Quando termina la selva si sbuca nel Valle di Tafi. Qui abbiamo fatto un salto a El Mollar dove sono stati riuniti molti menhir trovati nella zona. Una delusione é stata Tafí del Valle, me lo ricordavo come un paesino pittoresco e ci siamo ritrovati nel casino piú completo, con turisti da tutte le parti, per cui siamo fuggiti. Da lí si prende la famosa RutaN40 che attraversa le Valli Calchaquí. I calchaquí sono un sottogruppo degli indios Diaguitas: le valli percorrono tre province: Catamarca (in cui non siamo stati), Tucumán e Salta. La parte tucumana é notevole: in poco piú di 200km ho contato circa 8 paesaggi diversi. Abbiamo fatto una fermata ad Amaicha del Valle (dove é nata Mercedes Sosa, come si noterá quando viaggio tendo a fare pellegrinaggi), un paese carino che conserva un’aria coloniale. Da lí siamo andati a Quilmes, rovine incas in un posto strategico da cui si domina una vallata: chi ha fiato per arrivare fino in cima gode di una vista spettacolare e se gli fa male l’altezza per soli 5 pesos puó comprare un po’ di coca (le foglie sono perfettamente legali). Le rovine oggi sono gestite dalla comunitá india del posto; con 10 pesos non solo entri ma puoi richiedere una guida che ti racconti la storia del luogo e della sua gente. L’artigianato é splendido, ho comprato il po’ e l’assai ma avrei comprato tutto.

Da Quilmes siamo andati a Cafayate e qui una tragedia: non si é trovato da dormire a pagarlo oro: emergenza turistica (parola di addetto), allora siamo tornati indietro a Tombolón: niente. Abbiamo provato a San Carlos ed é stata l’opzione vincente, paese tranquillo, con una sua identitá, con gente calorosissima, compresa la polizia. In paese e a Cafayate non c’era piú benzina per cui ci siamo rivolte al commissariato per sapere dove trovarla, hanno telefonato almeno in 5 o 6 posti fino a che hanno trovato il posto giusto. Le Valli Calchaquí a Salta sono spettacolari. Nella prima parte del tragitto ci sono almeno 4 o 5 quebradas (canyon) tutte diverse tra loro (non ricordo i nomi) oltre che la Cuesta de Cardones (cactus tipo quelli del deserto di Sonora). A Molinos non ci siamo fermati perché lo conoscevamo ma chi va si fermi, é gradevole con una bella chiesa in stile cuzqueño. Le valli terminano a Cachi, paesino che era una posta inca (come gli altri che ho rammentato), con una sua ben precisa conformazione architettonica coloniale e molto ben tenuto. Come se non bastasse dal cimitero si gode una vista impressionante della vallata. La prima parte della strada per Salta é sull’altipiano e si passa attraverso il “Parque de los cardones”, in cui ci sono 3 o 4 miradores grazie ai quali si puó camminare tra i cardones e vedere il panorama. Uno arriva a 3430 m di altitudine. Poi inizia la discesa, prima troviamo la Cuesta del obispo (vescovo), ha quel nome perché chi soffre solo un poco di vertigine se la passa pregando considerando anche che la strada non é asfaltata, peró il panorama é impagabile. Ancora piú bella, peró, é la Quebrada de Escalpe: montagne maestose dalla terra rossa, incredibili, onestamente non trovo le parole adatte e per di piú il giorno prima mi si era rotta la macchina fotografica per cui non posso allegare foto. Poi si trova la Quebrada dei Infernillo, nome proprio ad hoc: strada stretta non asfaltata che costringe a fermarsi per far passare chi viene in senso contrario. Comunque consiglio di fare il viaggio inverso da Salta alle Valli: arrivare in cima alla montagna e sbucare dalle nuvole sull’altipiano emoziona molto di piú (l’ho fatto circa 20 anni fa). A Salta che conosciamo molto bene ci siamo fermati poco e siamo tornati a Tucumán da dove il martedí siamo ripartiti per Rosario (913km)

E’ stato un bel viaggio, non solo é bello il paesaggio, ma siamo davvero nell’America profonda, in un’Argentina piú vera che riconosce le sue origini che l’accomunano agli altri paesi, con gente meravigliosa, gentile, che ti sorride ed é naturale: gli viene cosí dal cuore.



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