C’era una volta Torino: una città da fiaba, esoterica e misteriosa. 5 giorni per scoprire il meglio della “capitale sabauda”

Cinque giorni in una città dove è sempre bello tornare, in inverno ancor di più
Scritto da: letisutpc
c’era una volta torino: una città da fiaba, esoterica e misteriosa. 5 giorni per scoprire il meglio della capitale sabauda

Torino è una di quelle città dove si torna sempre volentieri, soprattutto in inverno, quando ti appare bellissima, racchiusa fra le Alpi innevate e quando il freddo ti costringe ad entrare in uno dei meravigliosi caffè a bere un bicerin o una cioccolata calda … l’adoro!

Torino, questo lo dicono tutti, è anche la città italiana che più ricorda Parigi, con i suoi viali e controviali tanto simili ai boulevards, le piazze gigantesche dove troneggiano monumenti imponenti ed i bellissimi palazzi antichi con abbaini che suscitano romanticismo anche nei cuori di pietra. Di sera poi, quando due delle sue piazze più iconiche, Piazza Castello e Piazza San Carlo, si illuminano, lo spettacolo è assoluto.

Dopo questa premessa passiamo alla sostanza, ovvero il nostro viaggetto invernale di 5 giorni a Torino, fra nuove scoperte e piacevoli conferme.

  • Mezzo di trasporto: Italo treno
  • Alloggio: affidandoci come sempre ad Airbnb troviamo un mini appartamento nella contrada dei Guardinfanti, la zona medievale di Torino, in posizione strategica sia per arrivare dalla stazione di Porta Nuova (10 minuti a piedi), sia per muoversi in città.
  • Trasporti: noi abbiamo girato prevalentemente a piedi, prendendo il tram e la metro solo un paio di volte: per l’occasione non abbiamo fatto alcun tipo di abbonamento.
  • Guide utilizzate: guida Touring Torino, ed. 2020; L’altra Torino: guida insolita di esplorazione urbana, ed. 2022; Torino insolita e segreta, 2022. Tante informazioni utili le abbiamo trovate nel blog Guida Torino e navigando in rete seguendo i nostri interessi.

Partiamo?

Giorno 1: partiamo, ma quando arriviamo?

piazza san carlo

In inverno può capitare che il tempo sia brutto, nel caso si anticipano le partenze. Morale della favola, a causa del tempo brutto nella nostra regione, abbiamo preso un treno molto mattutino, ma abbiamo dovuto poi attendere a lungo a Bologna per un guasto elettrico sulla linea proveniente dal sud, arrivando a Torino con 45 minuti di ritardo. Vabbè che ci importa, siamo in vacanza.

Percorrendo via XX Settembre, nel giro di 10 minuti arriviamo in via Barbaroux dove si trova il nostro alloggio: guidati telefonicamente dall’host Matteo entriamo nel palazzo e prendiamo possesso del nostro appartamento, piccolo ma molto funzionale e molto green, visto che il verde è il colore dominante. La camera da letto è al piano di sopra, in stile orientaleggiante, molto carina. Tempo di disfare i bagagli e ci catapultiamo fuori in cerca di qualcosa da mangiare: la focacceria Roberta fa al caso nostro, con croccanti focacce liguri una più buona dell’altra. Una volta rifocillati partiamo per una prima esplorazione: essendo stati già varie volte a Torino, questa volta vogliamo dare la precedenza a ciò che in passato ci era sfuggito per mancanza di tempo.

Cominciamo dalla Porta Palatina, simbolo della Torino romana assieme al parco archeologico e al teatro romano che si trova all’interno del recinto del Palazzo Reale. A poca distanza il mercato di Porta Palazzo, uno dei mercati all’aperto più grandi d’Europa e simbolo della Torino multietnica. Vista l’ora, le bancarelle sono state ormai smantellate, però possiamo vedere i 2 grandi padiglioni che si trovano sulla piazza, l’Antica tettoia dell’orologio che risale ai primi del 900 e ospita il mercato di alimentari e il Mercato centrale, che dopo l’intervento di Massimiliano Fuksass è adibito ad area di ristorazione. Da qui al duomo il passo è breve e la visione di un filmato sulla Sacra Sindone è l’occasione per riposare un po’ i nostri piedi stanchi. Nella cappella dedicata, un velo racchiude il sudario di Gesù, visibile solo in particolari ricorrenze. Visto che c’è ancora un po’ di luce attraversiamo il cortile del Palazzo Reale ed entriamo nei giardini, abbastanza spogli, data la stagione. Ad attirare la nostra attenzione è l’opera “Pietre preziose” di Giulio Paolini che rappresenta Guarino Guarini, autore della cupola della Cappella della Sacra Sindone, con un’espressione scoraggiata tra le macerie della stessa cupola. L’incendio del 1997 arrecò gravi danni alla cappella, oggi restaurata e restituita alla cittadinanza assieme ai giardini reali. Il materiale marmoreo che fa parte dell’opera è quello originale annerito dall’incendio. Una volta usciti da Palazzo reale eccoci in Piazza Castello dove sia la facciata del Palazzo che Palazzo Madama sono interessati dai restauri: chissà che splendore, una volta completati!

Prossima tappa via Roma, con i suoi eleganti negozi delle griffes più famose. Meravigliosa la Galleria San Federico, con il cinema Lux che evoca atmosfere anni 20 e l’invitante negozio di Victoria Secret, dove ogni donna sogna di essere una modella voluttuosamente avvolta in questa lingerie super sexy e profumata da fragranze sensuali. Lasciando una scia profumata, proseguiamo fino a Piazza San Carlo, altro salotto buono cittadino che si sta accendendo delle luci notturne. Da qui arriviamo fino a via Lagrange per dedicare un po’ del nostro tempo alla Rinascente, calda ed accogliente e con tante cose belle da vedere ed eventualmente comprare. Dopo un’oretta ci riaffacciamo su Piazza San Carlo: una visitina al famoso toro è d’obbligo, così come le foto al portico con l’iconica insegna del Caffè Torino. E’ tempo di tornare al nostro alloggio, giusto il tempo ma solo per cambiarci d’abito e darci una rinfrescata: per la cena abbiamo prenotato alle “Cantine Barbaroux”, proprio di fronte a casa, dove mangiamo specialità piemontesi come ravioli del plin, brasato e bonet innaffiati da un ottimo barbera. Il conto non è economico, ma mettiamola così, non dobbiamo prendere freddo sulla via del ritorno.

Giorno 2: 2 musei da paura

lingotto torino

La giornata di oggi sarà in parte dedicata ad alcuni musei di Torino, concentrati nella zona universitaria e che prevedono l’entrata gratuita il mercoledì. Attraversando il quartiere di San Salvario, un tempo malfamato ma oggi pieno di locali e ristoranti e tanti negozi di artigiani, arriviamo al museo di antropologia criminale “Cesare Lombroso”, che con le sue teorie dell’uomo delinquente fondò l’antropologia criminale italiana. E’ proprio lo scheletro dello stesso studioso a dare il benvenuto ai visitatori di questo insolito museo che da tempo volevamo visitare. Teschi e calchi funerari di tutta l’èlite delinquenziale del tempo, dai ladri agli stupratori agli assassini, fanno bella mostra di sé nelle ampie sale espositive. Molto interessanti i manufatti realizzati dai reclusi dei manicomi, indice di una creatività e perizia davvero notevoli. Diciamocelo, le teorie lombrosiane furono completamente surclassate dagli studi successivi e lui si fece forse prendere un po’ troppo la mano dall’adesione a dottrine che con la scienza avevano poco a che fare, comunque è da riconoscergli il merito di aver dato vita all’antropologia criminale moderna e di avere messo a disposizione della scienza e degli appassionati l’enorme quantità di materiale raccolto durante i suoi studi. A fianco del museo Lombroso ce n’è un altro altrettanto insolito, il museo della frutta Francesco Garnier Valletti, che espone migliaia di esemplari in plastica di frutti realizzati nella seconda metà dell’800.

Dulcis in fundo, si fa per dire, il museo di anatomia umana Luigi Rolando, una sorta di museo delle cere, ma anatomiche. In una sala gigantesca con soffitti di cui non si vede la fine, ci si sente proprio catapultati nel XIX secolo. Nelle bellissime vetrine di legno scuro fanno bella mostra di sé tutte le parti anatomiche del corpo umano ed anche alcune mummie risalenti ad epoche ed etnie lontane. A dispetto della collezione, l’organizzazione del museo è molto moderna, con QR code posizionati su ogni vetrina. Lasciamo il palazzo degli istituti anatomici, su cui svettano 2 insoliti minareti che erano stati progettati come camini da aspirazione per consentire il cambio d’aria nelle sale settorie e nei laboratori.

Dopo aver mangiato 2 focacce al volo prendiamo la metro destinazione Lingotto: è un’emozione vedere dove sorgeva la fabbrica della FIAT, la cui sede rimase qui fino all’inizio degli anni ’80 del secolo scorso. Provo a pensare alla moltitudine di operai che ogni giorno varcavano questi cancelli per produrre, fra le altre, anche le utilitarie che divennero uno status symbol delle famiglie italiane negli anni 50 e 60. Con il trasferimento della produzione auto a Mirafiori, si pensò ad un utilizzo alternativo di questa enorme area e si arrivò all’assetto attuale, di contenitore polivalente progettato da Renzo Piano. Mentre gli esterni rimasero pressoché invariati, la struttura interna subì profonde modifiche. Nacquero una galleria commerciale, un albergo, una multisala e la zona fiere/manifestazioni nella palazzina adiacente. Sul tetto del corpo centrale invece fu costruita la Bolla, una sala riunioni circolare in vetro con vista spettacolare sulle Alpi. Sullo stesso livello anche una pista d’atterraggio per elicotteri (era così che si spostava l’Avvocato). Quella che era la pista di collaudo delle auto, unica in Italia, è diventato un giardino pensile mentre la preziosa collezione d’arte di Gianni e Marella Agnelli ha dato vita alla Pinacoteca, ospitata nello Scrigno, progettato dallo stesso Piano: con un unico biglietto si possono visitare entrambi, noi decidiamo di non entrare ma ci concediamo una mezz’ora di riposo sul comodo divano del bookshop a sfogliare libri d’arte.

All’uscita decidiamo di visitare Eataly per comprare un po’ di specialità piemontesi da mangiare i prossimi giorni nel nostro appartamento. Le sedi di Eataly sono veramente grandi e belle, in questi giorni si può usufruire anche di una scontistica su alcuni prodotti e noi ne approfittiamo. A fine pomeriggio ci concediamo anche un the/aperitivo prima di riprendere la metro e tornare nel nostro appartamentino dove ci gustiamo una bella cenetta.

Giorno 3: Dalla GAM a Superga

superga

Oggi è deciso: si va a visitare la Galleria di arte moderna, rinnovata nell’allestimento della sua sezione dell’800. Grazie alla Rinascente card entriamo a prezzo ridotto e ci immergiamo subito nella pittura ottocentesca, piemontese e non, con quadri e sculture bellissime.

Anche la sezione storica del 900 è molto interessante, con opere degli autori più rappresentativi, da Casorati a De Chirico, Morandi, Severini e anche Modigliani, oltre che dei massimi esponenti del contesto europeo. C’è poi la sezione contemporanea, che può piacere o meno, con una rappresentanza internazionale davvero notevole, a cui fa da riscontro quella italiana rappresentata da artisti del calibro di Capogrossi, Fontana, Burri, Vedova e Schifano. Anche la GAM di Torino, come quella di Milano, ha soddisfatto le nostre aspettative sia per le opere esposte che per la sede espositiva. Una volta usciti scopriamo che un tiepido sole sta illuminando la città, l’ideale per fare una capatina a Superga. Prima però facciamo un brunch con cappuccino e paste in una bella pasticceria. Con il tram 15 attraversiamo tutta Torino fino alla fermata Sassi, da dove pensiamo di prendere la tramvia a dentiera verso Superga, ma ahimè questa tramvia funziona (quando funziona) solo nel fine settimana, quindi entriamo in un micro bus assieme a tante altre persone e per una strada tutta curve ma molto panoramica raggiungiamo la basilica in una ventina di minuti. Il colpo d’occhio è eccezionale, favorito anche dal cielo terso di questo pomeriggio invernale. La prima tappa, dolorosa ma imperdibile per gli amanti del calcio, è la visita al memoriale del Grande Torino, la squadra italiana più forte di tutti i tempi che qui perì il 4 maggio del 1949, di ritorno da una partita in Portogallo. I tifosi negli anni hanno omaggiato questo memoriale con i simboli delle loro squadre, aldilà di ogni rivalità. Ogni 4 maggio la squadra del Torino si reca a rendere omaggio ai loro grandi predecessori, sempre seguita da una folta schiera di sostenitori.

Come ci racconta un simpatico volontario all’interno della chiesa, la basilica fu fatta costruire, di malavoglia, da Vittorio Amedeo II di Savoia al grande architetto Filippo Juvarra, un voto per celebrare la vittoria dell’esercito piemontese sulle truppe francesi avvenuta nel 1706. L’impianto, sia interno che esterno è un trionfo del barocco. Non è possibile vedere né il chiostro né le tombe dei Savoia in quanto l’apertura, nei mesi invernali, è solo nel fine settimana.

Una volta lasciata la basilica, percorriamo un breve tratto in discesa per riprendere il pulmino che ci riporterà in pianura, poi il tram 15 fino in centro. Incuriositi da un po’ di confusione, insolita in questa città ordinata e silenziosa, ci spostiamo verso Piazza san Carlo da dove fra poche ore partirà il Rally storico di Montecarlo. Le auto pronte per la partenza sono bellissime, dalle utilitarie alle Ferrari, tutte tirate a lucido per questa competizione. Ci aggiriamo fra le file ordinate e assistiamo all’arrivo della fanfara dei bersaglieri che saluta tutti i partecipanti. Una volta a casa ceniamo con i ravioli del plin conditi con un sughetto semplice di pomodorini fatto da me. Davvero buoni!

Giorno 4: Una biblioteca, due gallerie e finalmente un bicerin!

galleria subalpina

Oggi è l’ultimo giorno pieno che passiamo a Torino, cerchiamo di sfruttarlo al massimo! Per prima cosa visitiamo la Biblioteca Reale, la cui entrata è in un angolo di Piazza Castello che si vede a fatica, ma il fiuto della bibliotecaria va a colpo sicuro! L’area dedicata alla visita è abbastanza ristretta e il famoso autoritratto di Leonardo da Vinci non è visibile, nondimeno la sala centrale col soffitto a botte è molto suggestiva, ma il mio, lo so, è un commento di parte.

Adesso è il turno delle gallerie, molto simili sia nell’aspetto che nell’atmosfera ai passages parigini. La Galleria Umberto I, costruita alla fine degli anni 80 del 19. secolo dove sorgeva l’Ospedale Mauriziano, conduce al mercato di Porta Palazzo: al suo interno la storica farmacia Mauriziana, bar e negozi di antiquariato e modernariato. Da qui al Santuario della Consolata il passo è breve: l’interno è il trionfo del Barocco, con stucchi e dorature che si inseguono in un ambiente insolito e labirintico. Di fronte al santuario il famoso “Bicerin”, caffè storico famoso per la gustosa bevanda a base di crema al latte, caffè e cioccolato, assolutamente da non perdere ma anche da non mescolare, come ci spiega la cameriera che viene a prendere la nostra ordinazione. Seduti al tavolino d’angolo del locale, quello al quale pare sedesse spesso Cavour, ci gustiamo questa specialità torinese in tutta calma. È ora di vedere l’ultima galleria, la Subalpina, affacciata su Piazza Castello: costruita negli anni 70 del 19. secolo, la sua particolarità è la grande aiuola centrale su cui si affacciano raffinati negozi, il caffè Baratti & Milano e il cinema Romano, un tempo caffè concerto frequentato da Edmondo De Amicis, il papà del libro Cuore.

Dopo un passaggio da Palazzo Carignano e una sosta all’Antica focacceria San Francesco per una focaccia maritata e una co ‘a meusa (specialità di Palermo, ndr), giriamo per il centro storico scoprendo angoli sempre nuovi e negozi storici come la cioccolateria Caffarel dove acquistiamo un po’ di buonissimi gianduiotti. Oggi è il giorno della memoria e decidiamo di vedere la proiezione pomeridiana al cinema Nazionale del film Hometown : la strada dei ricordi, che celebra l’amicizia e la reunion fra Roman Polanski e Ryszard Horowitz, tornati a Cracovia, loro città d’origine, dopo più di 70 anni dalla terribile esperienza dell’Olocausto. La nostra idea era quella di festeggiare la nostra ultima serata torinese con un bell’aperitivo, ma visto che siamo riusciti a prenotare alla Piola da Cianci dopo giorni di inutili tentativi (dovete farlo di persona, al telefono non rispondono) è qui che ci dirigiamo. Il posto è affollatissimo ed il nostro tavolo è all’aperto, ma grazie ai portentosi funghi caloriferi il freddo non si sente. Ordiniamo specialità piemontesi e mezzo litro di vino e per finire un bonet, molto più buono (ed abbondante) di quello mangiato la prima sera alle Cantine Barbaroux. Mentre torniamo a casa la movida impazza fra le stradine della vecchia Torino e il nostro isolato, la Contrada dei Guardinfanti, è particolarmente vivace e festoso.

Giorno 5: Cit Turin e poi bye bye

cit torino

Come tutte le cose belle anche la nostra mini vacanza sta per finire: a malincuore lasciamo il nostro appartamentino e, trolley in mano partiamo alla scoperta di nuove zone della capitale sabauda. Per prima cosa ci immergiamo nell’ampia Via Garibaldi, ennesima arteria commerciale cittadina che ci conduce a piazza Statuto, dominata dal monumento ai caduti del Frejus. Tale monumento e l’intera piazza sono legati a storie di magia nera e bianca, esoterismo e massoneria che fanno di Torino una delle capitali di questa ritualità. L’angelo in cima al monumento è considerato Lucifero, con la stella a 5 punte simbolo appunto del demonio. Il fatto che a poca distanza dalla piazza sorgesse il cinema Statuto, tristemente noto per il devastante incendio del 1983 che costò la vita a 64 persone, rafforza ancor di più l’idea di Torino come città maledetta.

Per fortuna che oltre la piazza si apre il Corso Francia, sul quale si snoda una meravigliosa parata di villini liberty che riconciliano con la bellezza: da villa Raby allo splendido Palazzo Fenoglio, al Palazzo della Vittoria detto dei draghi, alla casa castello di via Bagetti, tutti da ammirare con il naso per aria. I nostri passi ci portano poi in Piazza Martini, detta Piazza Benefica dal nome della associazione caritatevole che aveva sede proprio qui. Tutti i giorni in questo spiazzo si svolge un mercatino soprattutto tessile, con qualche bancarella anche di frutta e verdura. Percorrerlo con il trolley non è il massimo ma i torinesi hanno un’eleganza ed un aplomb innati e non ci mandano a quel paese. Un’ occhiata all’orologio ci dice che per noi è ora di fare dietro front, non prima però di esserci fermati per un pranzo veloce in un simpatico self-service vegano della zona. Adesso non abbiamo più scuse per non trascinare i nostri trolley verso la stazione di Porta Susa, che ci appare in lontananza come un enorme tubo di acciaio e vetro che ha preso il posto, dal 2009, della vecchia stazione da dove, nel 19. Secolo, arrivavano tanti patrioti pronti ad imbarcarsi nell’impresa dei Mille o ad arruolarsi fra le file dell’esercito sabaudo. A pensarci, non sembra vero! Visto che manca ancora un po’ di tempo all’arrivo del nostro treno, prima di imbucarci fra i 3 livelli della stazione, ci godiamo il tiepido sole invernale all’ombra del grattacielo Intesa Sanpaolo, realizzato da Renzo Piano.

Un treno per Parigi è in arrivo, che bello sarebbe proseguire il nostro viaggio in una città per tanti aspetti simile a quella che stiamo lasciando… ma è solo un sogno, per ora!

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Foto di Fabio Fistarol su Unsplash

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