Praga secondo me

Patrizio visita la città seguendo l'itinerario della Turistapercaso Stefania, pubblicato nel nostro sito!
Patrizio Roversi, 31 Mar 2010
praga secondo me
Ci sono tanti modi diversi di fare lo stesso viaggio. Ognuno fa storia a sé. E ogni resoconto è soggettivo e relativo. Questo è il racconto di quello che ho visto nella capitale ceca vivendo alla luce del sole. Senza pormi limiti. Né di tempo né di età.

C’è una Praga giovanile dinamica e notturna, ma c’è anche quella dei turisti più adulti, magari interessati al passato. Dovendo vivere qualche giorno in città, ho consultato il nostro sito turistipercaso.it per cercare informazioni. Ho trovato il racconto di Stefania C. e ho deciso di seguire passo passo il suo itinerario. Ecco il racconto di com’è andata, in questo botta risposta a distanza tra Stefania e me, che ho seguito le sue tracce.

Stefania: arriviamo a Praga l’8 novembre nel tardo pomeriggio. Capiamo subito che è una città speciale. Dopo aver disfatto i bagagli, ci addentriamo nelle stradine della città e raggiungiamo la piazza della Città Vecchia che di sera è il palcoscenico di Praga: la chiesa di Tyn illuminata sembra un castello delle fiabe. Tutto intorno, palazzi di stili architettonici diversi. Dalla piazza si diramano le vie e viuzze che portano al fiume (via Karpova), al quartiere ebraico, e verso il cuore della città vecchia. Patrizio: io a Praga ci sono stato ai primi di dicembre: la prima cosa che ho notato è che fa un freddo cane. Quando si va in un posto si ha sempre un’idea di quel che si vuole, o si spera di trovare. Per me Praga è la Primavera del ’68, Kafka, la Mitteleuropa, la birra, il gulasch e i film che ci hanno girato, soprattutto Amadeus, di Forman.

Stefania: la prima sera ceniamo al ristorante U Supa di via Celetna, che faceva parte di una lista che avevo preparato prima di partire curiosando tra i vari racconti di viaggio. Ma lo sconsiglio vivamente in quanto caro, fumoso e rumoroso. Suonano musica dal vivo: canzoni locali, ma anche – purtroppo – italiane. Impossibile fare conversazione, a meno di sedere nella saletta adiacente. Patrizio: anche io sono andato al U Supa, che vuol dire (credo) La Zuppa ed è uno dei ristoranti tradizionali, con tavoloni stile birreria e che – dicono – è ancora frequentato dai praghesi. Ma ci sono andato a pranzo, sul tardi. Non c’era ressa ne rumore. Ho mangiato delle stupende rape rosse e dei crauti ottimi, il prosciutto di Praga era buono, sia quello “normale” che quello ripassato al forno, ottima la birra (né bionda né rossa, direi castana). Naturalmente il piatto forte è stata la zuppa di rape e salsiccia piccante. Mi hanno offerto anche un digestivo d’erbe, immancabilmente locale e artigianale. Ho speso 500 corone, circa 20 euro. PS: ovviamente per 20 euro non ho mangiato tutte le cose sopra descritte, alcune le ho assaggiate dal piatto degli altri, anche perché ero a dieta…

Stefania: il giorno dopo il tempo è bellissimo e andiamo al castello a piedi percorrendo prima il Ponte Carlo e poi la scalinata nuova da piazza Malostranske. Patrizio: ho avuto la fortuna di avere un compagno di merende e passeggiate d’eccezione: Beppe Chierici, grande attore, cantante, maestro della Commedia dell’Arte, Arlecchino che negli ultimi anni si è affermato anche a Parigi. Lui Praga la conosce bene e mi ha insegnato un percorso-furbo: se si prende la metro e si arriva alla fermata di Malostranke c’è una scalinata abbastanza dolce che ti porta subito in quota, al Castello, dove in questo modo si entra dalla porta posteriore, quella della Torre Nera. Di qui si fa la famosa e obbligatoria passeggiata, attraverso il castello verso la Moldava e il centro ma… è tutta discesa!

Stefania: all’interno del complesso del Castello, visitiamo l’antico Palazzo Reale e la basilica di San Giorgio, un’antica chiesa romanica la cui facciata è stata ricostruita in stile barocco. Qui, in una teca, sono conservate le ossa di santa Ludmilla. Proseguendo nella visita, arriviamo al Vicolo d’oro. Al numero 23 c’è un piccolo museo che espone antiche armature e abiti d’epoca. Si sviluppa al primo piano del gruppo di case di fronte all’entrata del Vicolo, e alla fine di questo “corridoio” c’è la possibilità di provare il tiro a segno con la balestra. Il Vicolo d’oro deve il suo nome al fatto che ospitava, nel XVII secolo, i laboratori degli orafi , mentre la leggenda vuole che le origini derivino dalla presenza degli alchimisti, che per volere del re Rudolf II cercavano la formula magica per creare l’oro. Alla fine del Vicolo c’è la Torre di Dalibor, che prende il nome dal suo primo occupante. Nella Torre sono visibili anche gli strumenti di tortura usati all’epoca. Patrizio: Pagate il biglietto per poter entrare a vedere tutte le attrazioni del Castello. Nel Vicolo d’oro mi sembrava di stare a Disneyland: tutto perfetto, tutto pulito, tutto nuovo. Invece no: è tutto vero, tutto mantenuto, tutto perfettamente restaurato. Tutto a Praga mi sembrato curatissimo: l’Onu aveva messo nel 1990 Praga nella lista nera dei monumenti in pericolo, ma evidentemente da allora qui hanno fatto un ottimo lavoro. Certo, ogni casetta del Vicolo d’oro ospita un negozietto turistico, ma ognuno di essi mantiene una sua originalità, artigianalità, dignità. Io, per esempio, sono entrato da un piccolissimo antiquario che vendeva stampe e cartoline fatte a mano, con i bordi sollevati, in cui davanti si vede un soggetto in primo piano, dietro uno sfondo e ci si possono appoggiare gli occhi come nei vecchi giocattoli. È in questa viuzza che ha abitato davvero Kafka, a cui è dedicata alla fine del vicolo una statua moderna, non bella, ma evocativa: un uomo schiacciato da un enorme teschio! Segue appunto la Torre della tortura con macchine da supplizio spaventose, e relative leggende terrificanti, come quella del prigioniero violinista defenestrato perché suonava troppo bene. In realtà, si riferiva al “violino” nel senso di una macchina da tortura che faceva “cantare” chiunque…

Stefania: la Chiesa di San Vito, imponente edificio in stile gotico, purtroppo la domenica non apre fino a mezzogiorno. E non ci è stato possibile visitarla. Patrizio: anche noi siamo arrivati davanti alla porta della chiesa, di domenica, alle 11. E anche a noi hanno detto che non si poteva entrare, perché c’era la messa fino a mezzogiorno. Solo che noi (io e Beppe) facciamo di mestiere i commedianti. Beppe Chierici ha fatto onore al suo cognome ecclesiastico e ha assunto un atteggiamento mistico-autoritario (nel suo vasto repertorio evidentemente deve avere anche un San Francesco o un Cardinale Richelieu) e ha affermato solennemente che lui era per l’appunto venuto a messa. Così ci hanno fatto entrare. Ci siamo incamminati per vedere le vetrate liberty di Alfonse Mucha, nel contesto severo e gotico dell’immensa cattedrale. Ma immediatamente una specie di gendarme-chierico (tipo il cattivo del Codice da Vinci) ci ha spinto in uno dei banchi da messa, e ha chiuso la porta a doppia mandata. Prigionieri! Chiusi, sequestrati in Chiesa. Condannati a una messa forzata. Che, in realtà, è stata una esperienza bellissima: l’organo, il coro, i Cechi che si scambiano davvero un segno di pace, così alla fine ci siamo abbracciati con gente sconosciuta… Ho invidiato quelli che facevano la comunione: sarebbe stato bello, in un Paese straniero dove non conosci nessuno, poter dividere un rito comune. Poi, la cattedrale l’abbiamo vista, tra torme di turisti: magnifiche le vetrate, la cappella e la tomba del santo, fatta con due tonnellate di argento.

Stefania: dopo una passeggiata, torniamo a Malà Strana per visitare la famosa chiesa del Gesù Bambino. La troviamo piena di fedeli in preghiera di fronte alla famosa statuetta di Gesù, che pare abbia dispensato un certo numero di grazie. Anche noi gli rivolgiamo una preghiera, poi andiamo in sacrestia a fare quattro chiacchiere con padre Anastasio, un prete impegnato nelle missioni in Africa. Poi, per andare sul sicuro, decidiamo di andare a mangiare una pizza (niente male) al ristorante Romeo (sempre su via Karlova). Patrizio: io invece sono andato a spasso da solo, e ho cercato di sedermi in uno dei tanti ristoranti del centro, ma nessuno mi ha voluto perché appunto avrei occupato un tavolo da solo. Alla fine sono entrato al Ristorante Ruby, nella piazzetta subito dietro alla chiesa di Tyn (Tymnsky dvur 5, Satè Mesto, Praga 1), un ristorantino un po’ fighettino e trendy, dove però ho mangiato pesce crudo squisitissimo, meglio che al mercato del pesce di Tokio, e una zuppa di pesce superba, ho bevuto solo acqua e ho speso ben 1310 corone (54 euro). Stavo per uscire quando il cameriere mi ha fatto notare la scritta “tips are not included”. Avevo già pagato con la carta, avevo in tasca di moneta solo 50 corone (2 euro appena), le ho mollate lì e sono praticamente scappato: non imparerò mai!

Stefania: la mattina seguente partiamo di buon ora per la visita del quartiere ebraico con le sue sinagoghe. Alla fine, le abbiamo viste solo dall’esterno, anche perché abbiamo dedicato un bel po’ di tempo a curiosare nei negozi di antiquariato. Patrizio: beppe ha voluto a tutti i costi portarmi a vedere dall’interno il vecchio cimitero ebraico, su via Siroka, dietro la piazza della Chiesa di Tyn. E aveva ragione: è una delle immagini più forti di Praga: uno squarcio di terra in mezzo ai palazzi ottocenteschi della città vecchia, con migliaia di lapidi di diversi marmi, colori ed epoche: per l’esattezza 12 mila lapidi. Sono una appoggiata all’altra, alcune dritte altre sghembe. Per mancanza di spazio il cimitero (che è stato usato dal 1439 fino al 1787) è stato più volte riempito successivamente di terra, per cui le sepolture stanno su vari strati. Tra gli altri qui è sepolto il rabbino Low, inventore del Golem, la creatura mostruosa che avrebbe dovuto difendere gli ebrei e poi si è rivoltata contro il suo creatore. Pare che le vittime ebree del nazismo a Praga siano state più di 70 mila. Il cimitero è indimenticabile. Abbiamo fatto la visita parallelamente a un gruppo di giovanissimi francesi con la kippa, alcune ragazze restauravano le tombe, raschiando via il muschio. Ancora una volta l’identità religiosa regala un senso d’appartenenza invidiabile.

Stefania: girare a piedi ti regala una sorpresa a ogni angolo. La città nuova è un susseguirsi di negozi, ma mantiene un’atmosfera particolare. Il viale che arriva a piazza Venceslao potrebbe essere paragonato agli ChampsÉlysées, anche se non ha l’aspetto sofisticato di Parigi. Ma la sua connotazione austera e mitteleuropea gli conferisce un fascino davvero particolare. In realtà, secondo me Praga è molto più bella e romantica di Parigi, forse perché è più raccolta, perché ha uno stile architettonico più uniforme, meno metropolitano. Ci colpisce anche il fatto che non circolino molte automobili e immaginiamo ironicamente la stessa situazione nel centro di Roma. Arriviamo di fronte al Museo Nazionale e fotografi amo la lapide che ricorda la protesta di Jan Palach e Jan Zajic e commemora tutte le vittime del comunismo. Molto triste. Mia figlia non capisce: fa la seconda media e sta ancora studiando i Longobardi. Rifletto sul fatto che forse i programmi di storia dovrebbero essere fatti al contrario. Patrizio: siamo stati a piazza Venceslao, con un gruppo di amici e colleghi giovani, dai 20 ai 30 anni. Nessuno sapeva nulla né della Primavera di Praga, né di Jan Palach, né di Dubceck e nemmeno di Havel. Tutta gente assolutamente colta, preparata, sensibile, laureata, politicamente mediamente informata. È agghiacciante il buco di memoria che ci stiamo scavando attorno, dove rischiamo di sprofondare.

Stefania: il giorno dopo – ahimé l’ultimo – ci alziamo molto presto perché vogliamo arrivare in tempo per vedere l’Orologio Astronomico battere le ore nove. Patrizio: l’Orologio Astronomico può lasciare qualcuno deluso, forse perché non emette raggi laser o effetti speciali degni di un cartone animato della Pixel, ma è emblematico: c’è la statuetta snodata di uno scheletro – la morte – che suona una campana, e sopra appaiono alla finestra i dodici Apostoli. È un attimo, ma l’immagine è forte: c’è dentro tutto, memento mori, Bergman, l’inquisizione, il gotico…

Stefania: riusciamo a fare un ultimo giro sul ponte Carlo e visitare il mercatino della città vecchia, dove spendiamo le ultime corone che ci sono rimaste in tasca. In quest’occasione verifichiamo personalmente qualche esempio di mancanza di cordialità dei praghesi di cui avevo letto nei racconti di viaggio. Peccato… Patrizio: secondo me, qui come in tutti i Paesi del nord e soprattutto della rigorosa mitteleuropa, è una questione di mentalità e di stili di vita differenti dai nostri. L’ho verificato mille volte: noi mediterranei (italiani, ma anche francesi e spagnoli) facciamo casino, parliamo ad alta voce, cambiamo idea tre volte sulle ordinazioni al ristorante, chiediamo sempre delle varianti al menù, agli orari, alle tariffe, alle regole. Io, scusandomi delle mie stranezze (tipo chiedere una tartare senza cipolla o una zuppa senza aglio) ho trovato gente quantomeno accondiscendente…

Stefania: l’aereo all’ora di pranzo ci riporta a casa con la voglia di ritornare per visitare meglio la città. Forse sotto la neve. Patrizio: grazie Stefania, sei stata un’ottima guida. E seguire le tue orme, sia pure andando per la mia strada, mi è stato molto utile. Così funziona la Comunità dei turistipercaso…