Dalla Val di Susa alle montagne del Tour de France

Un santuario sospeso tra cielo e terra, un fortilizio abbarbicato sulla roccia dura, graziosi borghi montani e una salita che serpeggia ripida sui fianchi di una vetta mitica: questi sono gli ingredienti di un week end indimenticabile sul confine italo-francese
Scritto da: alvinktm
dalla val di susa alle montagne del tour de france
Partenza il: 18/07/2014
Ritorno il: 20/07/2014
Viaggiatori: 2
Spesa: 500 €
Un santuario sospeso tra cielo e terra, un fortilizio abbarbicato sulla roccia dura, graziosi borghi montani e una salita che serpeggia ripida sui fianchi di una vetta mitica: questi sono gli ingredienti di un week-end indimenticabile sul confine italo-francese. Unire cultura, montagna, buona cucina, sport e divertimento in uno sola breve vacanza è il sogno di molti e noi ci siamo riusciti in un caldo fine settimana di luglio, forse uno dei pochi vista la pazza stagione estiva che ci tiene in balia di temporali, vento, neve a basse quote e temperature autunnali. Il passaggio della quattordicesima tappa del Tour de France sul leggendario Col d’Izoard si è rivelata il pretesto per scoprire la Val di Susa, ricca di storia e arte. Una volta tra queste montagne passava la via Francigena, antico percorso di pellegrinaggio che in epoca medievale collegava l’Europa centrale a Roma passando per Saint Michel Mount in Cornovaglia, Mont Saint Michel in Francia e allungandosi a nord sino all’isola di Skelling Michael in Irlanda e a sud fino al Santuario di San Michele Arcangelo vicino a Foggia per poi concludersi a Gerusalemme. Si capisce quindi come la Val di Susa raccolga in poco spazio importanti testimonianze della storia del nostro paese e della religione cristiana.

PRIMO GIORNO

Circa 300 chilometri separano Sondrio, dove viviamo, dalla suggestiva Sacra di san Michele, che sorveglia l’accesso alla verdissima Val di Susa sulla cima del Monte Pirchiriano a 962 metri di altezza e, che dal 1994 è divenuta il simbolo della Regione Piemonte. (Sito internet: http://www.sacradisanmichele.com/)

Molto tempo fa la Sacra troneggiava sulla via Francigena, ben visibile a tutti i pellegrini che potevano raggiungerla salendo una suggestiva mulattiera tra i boschi di latifoglie. Ai piedi dell’Abbazia una piccola chiesa romana, costruita nei primi secoli del cristianesimo e della quale rimangono i ruderi, accoglieva i viandanti introducendoli al mistico cammino di purificazione. Oggi in pochi seguono il sentiero perché una stretta, ma certamente più agevole strada asfaltata, permette di raggiungere il monte con l’auto; solo un breve tragitto si deve percorrere obbligatoriamente a piedi dal parcheggio sino all’ingresso del sito che, passo dopo passo, appare più grandioso e austero.

Curioso sapere che la Sacra è stata costruita con rocce di origine oceanica in quanto un tempo il mare ricopriva queste zone e che bellissimi marmi di origine corallina impreziosiscono il Portale dello Zodiaco.

Sembra inoltre che anche gli animali abbiano percepito la magia del luogo dato che un gruppo di camosci, solitamente abituati ad altitudini più elevate, hanno scelto come casa le selve circostanti.

UN PO’ DI STORIA

L’abbazia nacque nel X secolo come monastero benedettino divenendo ben presto un centro culturale e religioso di primissimo livello in Europa. Purtroppo, al pari di altri luoghi gemelli, dopo alcuni secoli di ricchezza iniziò una progressiva e inarrestabile decadenza che culminò nel 1622 con l’abolizione del monastero. Bisognerà attendere sino al 1836 per il recupero dell’edificio, voluto da Re Carlo Alberto di Savoia che affidò al sacerdote filosofo Antonio Rosmini il compito di ospitarvi l’istituto della Carità. Ancora oggi i Padri Rosminiani sono i custodi del monumento.

Avvicinandosi alla Sacra un senso di pace e serenità invade il nostro cuore. La vista sulla valle e le alte vette è magnifica e le pietre dell’edificio si sovrappongono una sopra l’altra mischiandosi alla roccia viva come a volersi fondere con il monte stesso.

L’alta facciata che accoglie il visitatore è in realtà il basamento alto 26 metri e alla sua sinistra si trova la moderna statua in bronzo fuso dell’Arcangelo Michele che con il palmo della mano sinistra rivolto verso l’alto accoglie i pellegrini e con la mano destra è pronto a brandire la spada per combattere il male. Superato il punto informazioni, dopo alcuni gradini si varca il portale accedendo al percorso spirituale e fisico della Sacra che inizia ai piedi dello Scalone dei Morti, luogo di sepoltura dei monaci e dei benefattori dell’Abbazia. In cima al ripido Scalone si trova la Porta dello Zodiaco sulle cui lesene sono scolpiti i segni dello zodiaco, di sedici costellazioni e di alcune figure floreali e animali inoltre, i bellissimi capitelli raffigurano soggetti biblici, come Caino e Abele, e medievali, come grifoni e sirene. Dal porticato al suo esterno si possono ammirare gli eleganti archi rampanti edificati per consolidare la struttura al di sopra di un’ampia gradinata che conduce al portale romanico della chiesa formato da snelle colonnine ornate da capitelli floreali. Sulla porta sono intarsiati le armi dell’Arcangelo Michele e la figura del diavolo con il corpo da serpente e la testa d’uomo. La chiesa è semplice con i suoi possenti pilastri che separano le tre navate, grandi affreschi risalenti al XVI secolo e dipinti abbelliscono le pareti mentre i sarcofagi in pietra custodiscono i resti di esponenti della casa dei Savoia. Il percorso di visita prosegue in discesa sino alle rovine del monastero, antica dimora di monaci tra il XII e il XIV secolo, e alla torre di Bell’Alda dalla quale si procede verso l’uscita.

La torre è divenuta famosa per la leggenda riguardante una ragazza di nome Alda che, dopo essersi lanciata dalla sua sommità per sfuggire ai soldati di ventura, giunse illesa ai piedi del monte per volere degli angeli. La vanità e il denaro tuttavia le costarono la vita dato che al secondo tentativo si sfracellò sulle rocce.

La visione della Sacra nello specchietto retrovisore dell’auto ci accompagna per diversi chilometri ma non possiamo indugiare, un altro splendido luogo ci attende e con entusiasmo superiamo l’abitato di Susa per svoltare a sinistra verso il Passo del Monginevro in una vallata più stretta e amena. Pochi minuti e su uno sperone di roccia che s’innalza nel centro sopra il fiume Dora ci appare il FORTE DI EXILLES. (Sito internet:

UN PO’ DI STORIA

Il forte conosce la sua prima battaglia nel 1140 tra i conti d’Albon e i conti di Savoia e purtroppo, dopo 600 anni di battaglie, subisce la completa distruzione per mano di Napoleone dopo il trattato di Parigj del 15 maggio 1796. Bisogna attendere il 1815, anno di ritorno dei Savoia, per la nuova costruzione ancora più imponente e dalla quale fortunatamente non venne più sparato un solo colpo di cannone o mortaio. Dopo la seconda Guerra Mondiale fu abbandonato subendo incurie e razzie ma finalmente nel 2000 venne recuperato e reso visitabile.

Sulla facciata della chiesetta nella spianata ai suoi piedi, una semplice ma significativa frase ricorda tutti i caduti della Prima e Seconda Guerra Mondiale: ‘Il tramonto degli eroi non avrà fine’.

Dopo la biglietteria si accede all’ascensore che, superando un dislivello di ben cinquanta metri tra due altissime pareti di roccia liscia perfettamente verticale, ci accompagna al cuore del Forte. Quindi un ponte levatoio e una profonda volta conducono all’Opera Cavaliere, un ampio cortile di forma trapezoidale attorno al quale si sviluppano ambienti con diverse funzioni, come gli alloggi e la cappella. Da qui partono le visite guidate al Sottotetto e al Basso Forte indispensabili per comprendere le vicende del sito.

Nel Sottotetto si rivivono i momenti di vita quotidiana degli abitanti di Exilles durante la guerra grazie alla narrazione realistica e toccante di due vecchietti, la cui immagine viene proiettata sulle colonne che sostengono le travi del pesante tetto in ardesia. Si scopre che qui vi era una colombaia dove appunto venivano allevati i colombi viaggiatori da utilizzare per trasmettere messaggi ai battaglioni. Inoltre si è incuriositi dallo spesso terrapieno centrale studiato per attutire i colpi di cannone sferrati dai nemici. In caso di assedio infatti, grazie a un sistema di travi scorrevoli, il tetto veniva scoperchiato per evitare che l’intera struttura andasse a fuoco e le palle di cannone cadevano sul terrapieno: metodo semplice ma estremamente ingegnoso per l’epoca.

Il percorso di visita al Basso Forte comprende invece una serie di fortificazioni sul lato più esposto della rocca, quello meridionale verso la Francia. Si inizia dalle scuderia per poi scendere una ripida e stretta scala fino alla polveriera e alle postazioni dell’artiglieria dove sono ancora visibili gli anelli di ancoraggio per i cannoni. Il Grande Fossato, dove i nemici non avevano alcuno scampo di sfuggire ai colpi di fucile, si apre ai piedi della Batteria Reale mentre risalendo la scala del paradiso ricavata nella roccia umida, si scoprono le celle d’isolamento, la cantina, il Cortile delle Galere e le prigioni alternativamente utilizzate anche come camerate.

Vale la pena abbandonare il Forte seguendo il tragitto pedonale che si snoda a partire dalla Seconda Tenaglia dove s’incontra l’impressionante Pozzo scavato nella roccia intorno al 1755 e profondo ben settanta metri. Camminando su una lunga rampa in acciottolato si arriva alla Prima Tenaglia costruita per difendere il fronte di gola verso Susa e si esce attraverso la Porta Reale collegata al ripido terrapieno grazie a un ponte levatoio. Da qui si può godere in pieno dell’imponenza della struttura che precipita a picco sul profondo fossato esterno: davvero impressionante.

MOSTRE AL FORTE DI EXILLES

Nei locali adiacenti la cappella è stata allestita la bellissima mostra itinerante del prestigioso premio ‘Wildlife photografer of the year‘ che comprende più di cento immagini vincitrici fra le 18 categorie previste. L’evento, organizzato dal Museo di Storia Naturale di Londra in collaborazione con il BBC Wildlife Magazine, si tiene ogni anno dal 1964 e nell’edizione 2013 i concorrenti sono stati 43000 provenienti da 98 paesi. Inutile dire che le fotografie sono delle vere e proprie opere d’arte ed è scontato emozionarsi mentre se le ammira.

Il Forte ospita anche una Mostra Olimpica dedicata ai XX giochi olimpici invernali celebrati a Torino nel 2006…interessante ma non entusiasmante.

Per la notte ci attende l’hotel nel piccolo ma grazioso abitato montano di Sauze di Cesana, a pochi minuti dal più noto e attrezzato borgo di Cesana Torinese dove infatti trascorriamo una piacevole serata passeggiando nel grazioso centro storico pedonale pieno di negozietti e di invitanti trattorie.

SECONDO GIORNO

Quest’oggi dobbiamo attraversare il confine attraverso il Passo del Monginevro, in francese Montgenevre, per pedalare sulle montagne rese mitiche dalla corsa ciclistica più famosa al mondo: il Tour de France (Sito internet: http://www.letour.fr/us/). Lasciamo l’auto lungo la discesa francese del valico per raggiungere in sella alla nostra bici da corsa la cittadella di Briançon a 1239 metri. Già dalle prime ore del mattino si respira l’atmosfera frizzante e frenetica che precede il passaggio della prestigiosa tappa alpina. Auto dell’organizzazione controllano il percorso e sistemano transenne e cartelli, ristoratori e negozianti si preparano al grande flusso di turisti che fra poco affolleranno le vie del paese e un lungo serpentone di ciclisti, compresi noi, inizia a scalare il mitico Col d’Izoard la cui vetta è posta a 2360 metri di altezza dopo venti chilometri di salita.

Per un appassionato di ciclismo assistere a una tappa del Tour de France è come per un tifoso di calcio andare allo stadio o per un motociclista recarsi al Mugello per la Motogp. Le emozioni sono le stesse anche se gli sport sono diversi. L’unica differenza è che nel ciclismo si può pedalare sulle strade percorse dai campioni e alzandosi sui pedali sembra di condividere le loro fatiche, la voglia di arrivare in cima e quella forza che spinge l’uomo a proseguire nonostante il freddo, la pioggia o peggio la neve, per sentirsi vivo e orgoglioso di se stesso. Per un giorno il silenzio della montagna è rotto dall’allegria e dal tifo della gente, il verde dei pini e il grigiore della roccia sono ravvivati dai colori delle bandiere, italiane, francesi, inglesi, americane, tedesche, spagnole e molte ancora che sventolano ai lati della strada. Ognuno raggiunge la cima come preferisce, a piedi, in roller, in mountain bike, sospinto dalle persone che dalla sera prima sono giunte fin qui con i camper e che sportivamente sostengono chiunque gli passi a fianco rendendolo in questo modo protagonista. Salendo si sentono parlare lingue diverse, che per un giorno magicamente riescono a comprendersi senza conoscersi, si odora il profumo proveniente dai tanti barbecue e si scherza con tutti.

Sul valico scattiamo l’immancabile foto sotto la stele divenuta il simbolo di questa montagna e poi cerchiamo la posizione migliore per assistere al passaggio dei corridori, magari in un tratto particolarmente impegnativo o sulla serie degli ultimi tornanti. Tutto qui? Certo che no perché ad animare l’attesa c’è la meravigliosa carovana del Tour, una sorta di carnevale itinerante composta da decine di automobili ‘conciate per le feste’ proprio come dei carri allegorici con musica e giovani che rallegrano l’atmosfera ballando e lanciando migliaia di gadget come magliette, cappellini, portachiavi, borse, frisbee, caramelle… non mancano neppure (fra il pubblico) i supereroi come Capitan America, Batman e Robin. Insomma una vera e propria festa ad alta quota.

Finalmente arrivano i primi e il tifo esplode, sui loro visi la determinazione della vittoria, a seguire il gruppo maglia gialla, quest’anno dell’incredibile siciliano Vincenzo Nibali, poi il gruppone dei velocisti e via via tutti gli altri da soli o in due, ragazzi dall’espressione sofferente che noi appassionati incitiamo ancora di più con i nostri ‘alé, alé’.

Guardiamo la fine della tappa davanti a uno dei televisori messi a disposizione dai tanti camperisti e alla fine risaliamo in bici soddisfatti per la bella giornata di sole (soltanto qualche nuvola si è addensata nel pomeriggio), di sport e di montagna che abbiamo avuto la fortuna di vivere.

Curiosità

Gli italiani che passarono per primi sul Col d’Izoard durante una tappa del Tour de France sono stati: nel 1925 e 1926 Bartolomeo Aymo, nel 1938 e 1948 Gino Bartali, nel 1949 e 1951 Fausto Coppi, nel 1960 Imerio Massignan, nel 1993 Claudio Chiappucci e l’ultimo nel 2006 Stefano Garzelli.

TERZO GIORNO

Ci sveglia una pioggerella sottile che picchietta leggera sul terrazzo in legno fuori della nostra camera. Le nuvole sono basse e la temperatura è scesa notevolmente rispetto ai giorni precedenti, perciò di scalare il Sestriere in bicicletta non se ne parla. Optiamo quindi per il programma pensato in caso di mal tempo e durante il ritorno ci fermiamo a Susa per una breve visita del suo centro storico. Premetto che provenendo dal Monginevro Susa non offre uno scenario allettante tuttavia, una volta che ci si addentra tra le vie ordinate e silenziose, se ne possono apprezzare i monumenti che per la lunga storia non sono pochi.

Partiamo dall’altra riva del fiume Dora Riparia dove sorge la chiesa di Santa Maria del Ponte del XIII secolo per poi attraversare il ponte e arrivare in Piazza Bartolomei dove sorge la Torre Civica e la casa dei Bartolomei. Proseguiamo fino alla Cattedrale di San Giusto fondata nel lontano 1027 e alla vicina e antica Porta Savoia anche chiamata Porta del Paradiso risalente III secolo. Arriviamo all’Arco di Augusto, ai resti dell’Acquedotto Romano che alimentava le Terme Graziane e all’altare celtico curioso per gli incavi, coppelle, probabilmente usati per sacrifici animali. Scendiamo sino all’Anfiteatro Romano per poi concludere la visita ai piedi dell’altura che ospita l’imponente Castello della Contessa Adelaide.

Purtroppo non posso approfondire la mia descrizione perché a causa delle condizioni metereologiche non abbiamo dedicato alle attrazioni il tempo che certamente meritavano. L’obiettivo e di tornarci una seconda volta, magari in occasione di una prossima vicina tappa del Tour de France, e di trascorrere un’intera giornata a Susa concedendoci anche un gustoso pranzo in una trattoria tipica.



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